I TASSI D’INTERESSE STANNO SCENDENDO

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Le ultime rilevazioni potrebbero timidamente indicare una tendenza alla discesa dei tassi d’interesse da entrambe le sponde dell’Atlantico, cosa che alimenterebbe tanto una sana ripresa degli investimenti quanto nuovi possibili spunti per i listini delle borse valori. Ovviamente la volatilità che sta caratterizzando l’inizio del nuovo anno non aiuta a comprendere quanto ne sia concreta la speranza.

Il tasso d’interesse determina il costo di un prestito o il rendimento di un investimento. Quando esso aumenta il denaro in prestito diventa più costoso e scoraggia gli investimenti. Divengono meno attraenti le cedole fisse dei bond esistenti, facendoli scendere di prezzo. Così come aumenta il costo dei mutui, riducendo la domanda di case e quindi il loro prezzo. Tassi d’interesse maggiori in certe nazioni rendono più attraente investire nella loro divisa valutaria, provocandone un apprezzamento. Quando i tassi scendono, gli effetti sono invertiti.

 

I TASSI A LUNGO TERMINE CALANO ANCHE IN AMERICA

Negli USA i rendimenti impliciti dei Treasury Bond a 10 anni sono oggi molto più elevati che in Europa (e infatti il cambio del dollaro è decisamente salito) anche se la scorsa settimana sono discesi al 4,48%, in flessione rispetto al 4,57% del precedente venerdì (con una tendenza al ribasso, come si può notare dai tre massimi progressivamente decrescenti evidenziati nella linea superiore del grafico qui sotto riportato):

La linea rosa del grafico qui sopra (il prezzo del petrolio) mostra anch’essa una tendenziale riduzione e, se la discesa dell’oro nero dovesse proseguire al ribasso, anche i tassi potrebbero seguire. Come è possibile leggere dalle linee di tendenza delineate nel grafico sopra riportato, se l’andamento dei i tassi a lungo termine dovesse allinearsi (come è sempre stato negli ultimi anni) a quello del petrolio, potrebbero scendere al di sotto del 3%.

Però occorre ricordare che in America, con l’economia che corre e con la grande quantità di titoli del debito pubblico da rifinanziare, i tassi non possono scendere tanto quanto in Europa. E con i consumi che crescono e la disoccupazione tornata a scendere al 4%, i timori di ripresa dell’inflazione restano vivi. Anche per questo i futures delle quotazioni dell’oro restano attorno ai massimi storici a ridosso dei 2900 dollari l’oncia. La Federal Reserve Bank of America infatti ha già dichiarato che non taglierà i tassi (quelli che lei controlla, cioè i tassi a breve termine) per l’intero primo semestre del 2025. Lo stesso accade con il Bitcoin (oggi utilizzato spesso come bene-rifugio), giunto di nuovo a ridosso della soglia psicologica dei 100.000 dollari:

LE POLITICHE DI TRUMP POSSONO FAR BENE AI MERCATI

Tuttavia l‘amministrazione Trump non resta a guardare: l’aspettativa del mercato è che il nuovo presidente riuscirà a ottenere maggiori entrate fiscali derivanti dai dazi alle importazioni (il 10% già imposto alle merci in arrivo dalla Cina conta parecchio in America) e in parallelo le drastiche misure di taglio della spesa pubblica che Elon Musk ha promesso a Trump potranno avere un effetto calmieratore tanto sui redditi quanto sui consumi.

Se ciò accadesse allora è probabile che il calo dei tassi a lungo termine e la concretizzazione dei tagli alla spesa pubblica lascino spazio anche ad un taglio alle imposte e la cosa potrebbe evidentemente generare una buona boccata d’aria fresca per l’intero mercato finanziario. Poiché al momento Trump e Musk appaiono piuttosto credibili nel mantenere le loro promesse, gli investitori restano cautamente ottimisti e i listini azionari rimangono vicini ai loro massimi di sempre. La possibilità che i tassi a lungo termine scendano in America è infatti una buona notizia anche per il mercato obbligazionario, per il Tesoro e per la Borsa, dal momento che i flussi di cassa futuri che le società quotate promettono, vengono attualizzati al tasso dei Treasury.

E poi, qualora calasse ancora il prezzo del petrolio e sempre che non si manifestino altre spinte inflazionistiche, la Federal Reserve, non potrebbe rimanere ferma troppo a lungo. Come si può leggere nel grafico qui sotto riportato, la tendenza al ribasso dei tassi praticati dalle due principali banche centrali appare infatti soltanto appena iniziata:

L’EUROPA TAGLIERÀ ANCORA I TASSI

In Europa invece oggi non c’è alcuna crescita economica e l’erosione dei salari reali derivante dall’inflazione ha portato al ribasso consumi e investimenti. L’economia debole dell’Eurozona (a prescindere dal prezzo del petrolio) spinge dunque le aspettative relative all’inflazione verso una sua ulteriore riduzione al tasso-obiettivo del 2%. Questo giustifica l’attesa di ulteriori tagli dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale.

Ma la vera notizia positiva è che al momento anche a casa nostra i tassi a lungo termine sembrano muoversi in discesa, come mostra il grafico sotto riportato relativo ai tassi impliciti espressi dal mercato per il BTP a 10 anni:

Ovviamente il limite sotto al quale il tasso di sconto della BCE farà fatica a scendere è rappresentato dal cosiddetto “tasso neutrale”, cioè quel tasso di rifinanziamento degli intermediari finanziari che non rappresenta né uno stimolo né un freno all’inflazione o allo sviluppo dell’economia. Come si può vedere dal grafico qui sotto riportato, il mercato sconta altri tagli per i prossimi mesi ma comunque ipotizza un tasso minimo del 2% intorno a fine 2025, oltre il quale potrebbe anche risalire.

La Bce ha citato nuovamente lo scorso venerdì l’intervallo entro cui dovrebbe collocarsi il discusso “tasso neutrale”indicandolo in una forchetta compresa tra l’1,75% e il 2,25%. Il nuovo range, più ristretto rispetto a quello precedentemente indicato, potrebbe segnalare che c’è ancora spazio per due o tre nuovi tagli prima di raggiungere il livello di tassi in cui la politica monetaria non stimola né frena l’economia.

Ma l’utilità dell’indicatore è messa in dubbio dagli stessi esponenti della Bce, sostenendo che non tratta di uno strumento di politica monetaria, poiché non può essere misurata con precisione e i modelli che lo stimano comportano un “grado molto elevato” di incertezza. Negli ultimi mesi, il tasso neutrale è stato nei giorni scorsi al centro delle discussioni, poiché secondo diversi banchieri costituirebbe il prossimo obiettivo. Non per niente il consiglio Bce ha eliminato dal comunicato emesso lo scorso venerdì sui tassi, il riferimento al mantenere una politica monetaria “restrittiva”.

DOVE SI COLLOCHERÀ IL “TASSO NEUTRALE” ?

Il tasso neutrale è un concetto teorico, che risulterebbe determinato dall’incontro della domanda e dell’offerta di risparmio. Con i cambiamenti nell’economia globale legati alla decarbonizzazione, alla demografia e alla deglobalizzazione, possiamo osservare come si sia recentemente invertita la recente “congestione dei risparmi” ovvero l’eccesso di offerta di risparmio, che aveva contribuito alla discesa del tasso neutrale. Con la globalizzazione all’apice e la Cina che trasferiva i proventi della sua crescita delle esportazioni in Occidente, questi era inondato di risparmio.

Negli ultimi anni la maggiore produttività legata all’Intelligenza Artificiale ed investimenti nella transizione energetica sostenuti da sussidi statali potrebbero ulteriormente incrementare la domanda di risparmi/investimenti e portare ad un tasso neutrale più alto. È dunque un tasso convenzionale di equilibrio. È anche per questo che la sua definizione poggia non solo sulle decisioni contingenti delle Banche Centrali, ma anche su quelle attese dagli operatori per il futuro.

NONOSTANTE LA VOLATILITÀ LE BORSE POTREBBERO RESTARE TONICHE

La cosa interessante però è che la possibilità che i tassi d’interesse scendano ancora può adombrare quella che le quotazioni delle borse -nonostante siano vicine ai massimi storici- trovino una motivazione in più per crescere ancora o, quantomeno, restino elevate, per tutto l’anno in corso, sebbene la volatilità attesa dei corsi potrà forse risultare molto maggiore di quella dell’anno precedente (si veda il grafico qui riportato):

Di seguito invece il grafico che riporta l’andamento ancora positivo dell’indice MSCI relativo ai titoli azionari di tutto il mondo:

 

Stefano di Tommaso