LE RAGIONI DELL’ORO

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La ripida ascesa delle quotazioni dell’oro segna un solco profondo nelle finanze di ciascuno di noi, ed è soltanto la punta dell’iceberg di un mondo in forte trasformazione. Dal momento che il metallo giallo viene considerato il miglior scrigno nel quale conservare valore nel tempo, evidentemente il suo maggior costo certifica il crollo delle aspettative di conservazione del valore nelle principali divise monetarie: in primis il Dollaro americano e in rapida sequenza anche lo Yen giapponese, la Sterlina inglese e l’Euro.


E’ un indicatore della forza del cambiamento che sta travolgendo non soltanto i mercati finanziari ma anche l’intera economia reale del mondo occidentale, che fino ad oggi è stata buona parte di quella globale.

Non a caso contemporaneamente al decollo del prezzo dell’oro sono venuti a galla alcuni fattori dei quali occorrerà tenere conto nei ragionamenti:

  • l’economia americana non soltanto appare lanciata verso una crescita che rischia di rasentare il 4% annuo, ma appare addirittura in miglioramento! Ovviamente misurando il tutto in dollari, non in oro. Un vero e proprio surriscaldamento che cancella ancora una volta la periodicità delle oscillazioni dello sviluppo economico dei decenni passati e ogni precedente indicazione di “soft landing” che si è trasformato in un “no landing”;
  • anche i profitti delle aziende americane sono alle stelle e i motivi della prosecuzione dell’ “eccezionalismo americano” sono numerosi ed interessanti: a partire dalle maggiori vendite di armamenti al resto del mondo, per proseguire con lo sviluppo di avanzatissime tecnologie innovative (che contribuiscono ad accelerare la digitalizzazione dell’economia), fino alla grande disponibilità di credito e alla bassa tassazione dei redditi personali che contribuiscono a non ridurre i consumi;
  • tutto questo (insieme alla grande performance delle borse) sta comportando un afflusso netto di liquidità agli USA che, evidentemente, corregge la narrativa recente che prevede una debolezza strutturale del dollaro (dal momento che la sua domanda supera l’offerta). Ovviamente stiamo parlando del cambio del Dollaro verso Yen, Sterlina ed Euro (e probabilmente anche verso lo Yuan cinese, ma per altri motivi), non della debolezza del Dollaro nei confronti dei metalli preziosi e dei principali beni rifugio, che invece appare destinata a perdurare;
  • i debiti pubblici di quasi tutto il mondo continuano a correre, incrementando negli investitori la sensazione di dover prima o poi prendere atto della diminuita sostenibilità dei conti pubblici e di conseguenza dell’ineluttabile incremento della remunerazione in termini di tasso d’interesse richiesta dai risparmiatori per acquistarli;
  • le banche centrali continuano al tempo stesso (e non potrebbero fare diversamente) a sostenere le emissioni dei debiti pubblici, da un lato acquistando parti delle emissioni (dunque monetizzando direttamente parte del debito pubblico), dall’altro assicurando liquidità al mercato e agli intermediari finanziari che li acquistano per favorire il successo delle emissioni. In questo modo però esse favoriscono inevitabilmente la perdita del contenuto di valore delle monete, cioè la loro svalutazione, che non potrà non riflettersi nell’inflazione dei prezzi;
  • un’inflazione che dunque (almeno in America) appare destinata a crescere ancora. Non per i dazi alle importazioni (oramai correttamente vissuti come un evento isolato e non ripetibile), bensì per l’inevitabile risalita dei prezzi espressi in Dollari;
  • le banche centrali al tempo stesso hanno continuato a preferire di acquistare oro per le loro riserve, e quindi hanno contribuito alla crescita delle quotazioni di quest’ultimo.

Da notare che nel corso di quest’anno il costo dell’energia è rimasto relativamente contenuto nonostante la crescita economica, soprattutto a causa delle manovre messe in atto dalla nuova amministrazione americana (ivi compreso l’abbandono di fatto delle politiche di riduzione delle emissioni nocive) e al tempo stesso a causa dell’eccesso di offerta di petrolio, che ha superato abbondantemente la domanda.

Anche la stagnazione della produzione industriale globale ha determinato la debolezza del prezzo dell’energia. Ma per quanto tempo potremo girarci dall’altra parte rispetto alle esigenze globali di politiche ambientali, le quali comportano costi aggiuntivi per l’energia, che siano di stato o che siano addebitate a privati ? Prima o poi ne potrà conseguire che il costo dell’energia tornerà a salire, e con esso i costi delle produzioni industriali.

Di fronte a tali considerazioni appare più chiaro per quali motivi le attuali tendenze sembrano poter continuare nella medesima direzione:

  • le borse a proseguire la loro corsa, dal momento che la liquidità continua ad abbondare e i profitti anche;
  • l’oro a continuare nella sua folle corsa, dal momento che le ragioni per acquistarlo ancora superano quelle per iniziare a venderlo;
  • i tassi d’interesse a lungo termine (cioè i rendimenti richiesti dal mercato per i titoli a lunga durata espressi nelle principali valute) a crescere per soddisfare le aspettative crescenti degli investitori, i quali altrimenti preferiscono i titoli azionari o altre tipologie di beni reali quali gli immobili e i beni rifugio;
  • l’inflazione a riprendere corpo, alimentata dalla svalutazione operata dalle banche centrali, dalla crescita dei redditi nominali (soprattutto USA) e dall’inevitabile aumento dei costi dei fattori di produzione;

I prezzi dei beni reali quali anche quelli degli immobili e delle grandi infrastrutture sembrano perciò anch’essi destinati a crescere, quale riparo indiretto dalla svalutazione monetaria e ovviamente in funzione della loro relativa scarsità. Già oggi possiamo constatare un’ “inflazione finanziaria” che preme soprattutto sugli asset di maggior pregio, probabilmente destinata a crescere.

Stefano di Tommaso