SVALUTAZIONE MA NON INFLAZIONE

La scorsa settimana la banca centrale americana (che spesso guida tutte le altre banche centrali) ha ridotto il tasso di sconto di un quarto di punto ma ha anche lanciato qualche segnale di allarme circa la possibilità di ulteriori passi nella medesima direzione. Si è vista perciò qualche piccola inversione degli andamenti dei mercati: i rendimenti di azioni e titoli a reddito fisso sono leggermente aumentati, dollaro e petrolio si sono apprezzati un po’. La cosa è abbastanza normale: un vecchio detto di borsa recita “buy on rumors, sell on news”, ma questo non significa che le tendenze di fondo siano cambiate. Anzi, gli ultimi dati sull’inflazione nel mondo lasciano sperare che questa non abbandoni i livelli attuali e sia dunque meno probabile una nuova ondata di rialzi dei prezzi, anche grazie al fatto che quelli di petrolio e materie prime rimangono relativamente quieti.

Ciò continua ad alimentare un pericoloso ottimismo di fondo, nonostante quasi tutti gli indicatori relativi ai mercati finanziari si trovino vicini ai massimi di sempre e rendano statisticamente più probabili eventuali correzioni e picchi di volatilità delle quotazioni. In particolare resta forte la sensazione che gli investimenti sull’intelligenza artificiale possano continuare a trainare lo sviluppo economico americano nonostante il mercato del lavoro non brilli e i consumi non ruggiscano. Quello che però si può notare è che le cose vadano meglio per le grandi multinazionali che possono contare su grande solidità finanziaria e che stanno raccogliendo risorse a mani basse approfittando della grande liquidità dei mercati. Le piccole e medie imprese invece restano meno favorite e si attende di vedere se il costo del denaro continuerà a calare e se la liquidità resterà alta. Lo stesso vale per le banche, motori delle borse europee, le quali tuttavia evidenziano ancora ottime rendite di posizione nonostante la tendenza a una riduzione dei tassi d’interesse.

In generale in tutto il mondo i profitti aziendali delle grandi corporation quotate in borsa continuano a superare le attese, nonostante i dati macro-economici globali siano poco brillanti al di fuori dell’America. Tuttavia l’effetto combinato dell’abbondanza di utili delle società quotate e della grande liquidità dei mercati sta puntellando le quotazioni di qualsiasi cosa, impedendo pericolosi smottamenti. Anzi, le aspettative di fondo degli investitori professionali restano buone, almeno fino a fine anno.

Questo impedisce che criptovalute, metalli preziosi e altri beni-rifugio riprendano la loro corsa al rialzo (anche perché lo hanno fatto già a lungo) anche se l’altro motivo per il quale i risparmiatori acquistano azioni è per contrastare la svalutazione monetaria, dal momento che le aziende sono percepite come attività reali. E più aumenta la svalutazione più è probabile che le criptovalute e gli altri beni-rifugio possano riprendere quota.

Molto dipenderà anche dalla complessa situazione geopolitica globale, che finora ha visto l’amministrazione repubblicana americana scatenare molte guerre commerciali che in prima battuta hanno spaventato i mercati ma che in seguito, in modo relativamente inaspettato, hanno fatto segnare diversi punti a suo favore. Trump sta ottenendo infatti un flusso consistente di denaro dalle tariffe doganali e numerose promesse, facilitazioni o risorse per le imprese americane da buona parte degli altri paesi del mondo. Ciò ha limitato le preoccupazioni per il debito pubblico a stelle e strisce e, a sua volta, ha tranquillizzato i mercati.

L’ottimismo di fondo dei mercati tuttavia è principalmente dettato dall’abbondante liquidità immessa dalle banche centrali (che persino la Fed contribuirà ad accrescere) e dalla riuscita della manovra americana volta a ridurre i prezzi delle commodities (materie prime e derrate alimentari). Più volte tuttavia in passato i mercati hanno mostrato miopia e hanno poi improvvisamente cambiato idea. Oggi poi il numero di fattori che potrebbero oscurare l’orizzonte di ottimismo di borse e mercati resta decisamente elevato. In particolare è forte la tendenza di quasi tutte le nazioni del mondo a incrementare i debiti pubblici e a richiedere alle banche centrali di monetizzarne almeno una parte. Questo significa che proseguirà inesorabile la perdita del contenuto di valore intrinseco delle principali divise monetarie, anche se al momento ciò continua, per numerosi motivi, a non tradursi in un cospicuo rialzo dei prezzi di beni e servizi.

Ovviamente tutti sanno che questo disaccoppiamento tra svalutazione monetaria e inflazione non potrà durare in eterno, così come le banche centrali non potranno continuare in eterno a pompare liquidità sui mercati. Alto rimane anche il rischio di nuovi allarmi (che provocherebbero rialzi generalizzati dei prezzi delle materie prime) a causa del numero elevatissimo di situazioni di conflitto locale ove la maggior parte delle nazioni OCSE è (anche militarmente) contrapposta a quelle appartenenti ai BRICS. Eppure per il momento i mercati finanziari si mostrano resilienti e continuano a puntare a nuovi record, principalmente in funzione del fatto che la tendenza di fondo dei tassi d’interesse sembra ancora volta al ribasso.

Facile dedurne che la situazione può al tempo stesso restare rosea per un tempo indefinito ma anche che, a un certo punto, quell’eccesso di ottimismo può generare anche improvvise e grosse delusioni sui mercati, alimentando l’instabilità, cioè volatilità e riallineamenti delle quotazioni verso il basso. L’economia tuttavia ha a che fare con le vicende umane e resta, in buona parte, più una filosofia che una scienza esatta (oltre che “triste”, come dicevano Malthus e Carlyle). E per continuare con le citazioni, Oscar Wilde osservava argutamente che nel mondo nulla è più costante della precarietà…
Stefano di Tommaso


































