SELL IN MAY AND SAIL AWAY ?

Statisticamente ha (quasi) sempre funzionato. Esiste un’innegabile stagionalità nell’andamento mese per mese dei corsi di borsa. Basta guardare il grafico qui sotto riportato per rendersene conto: il rendimento di giardinetti di azioni corrispondenti all’indice della borsa di New York che sono state comperate a Maggio e tenute fino a Ottobre è stato in media (a seconda degli anni in cui il mercato è stato “toro” o “orso”) molto inferiore al rendimento del medesimo giardinetto di azioni comperate viceversa a Novembre e tenute fino ad Aprile.

 


COSA SUCCEDE DOPO IL RECUPERO DEL DIVARIO CHE SI ERA CREATO?

Se quindi da un lato c’è stato un deciso recupero rispetto all’ondata di vendite che avevano investito le borse di tutto il mondo dopo il cosiddetto “liberation day” (2 Aprile), dall’altro lato c’è anche un’altra questione sulla quale occorre riflettere: dopo che con la settimana scorsa il recupero delle borse si è completato (qui sotto il grafico dell’indice MIB della borsa di Milano) è lecito attendersi una prosecuzione della crescita dei corsi altrettanto impetuosa?


Addirittura l’indice della borsa di Francoforte ha superato i livelli precedenti (oltre a sopravanzare decisamente la performance dell’indice principale della borsa di Wall Street):


Dunque siamo di fronte all’ennesimo bivio: continueranno le quotazioni delle borse a crescere come hanno fatto fino ad oggi dopo il crollo iniziato lo scorso 2 Aprile? È probabile che la risposta sia positiva, ma non necessariamente subito.

E, come si sa, la tempistica in borsa conta più delle previsioni azzeccate. La stagionalità delle quotazioni suggerisce, al momento, una possibile pausa di riflessione, anche se non esiste un criterio “serio” al riguardo. Qui sotto ad esempio la media mensile dei rendimenti degli investimenti azionari della borsa americana negli ultimi 30 anni:


LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO…

Il punto è che al momento esistono numerose ragioni per essere rialzisti sui mercati, quali ad esempio l’ottima stagione dei profitti del primo trimestre dell’anno, ai massimi di sempre come si può vedere dalla tabella riportata. Cosa che farebbe pensare ad un falso allarme circa il rischio di contrazione dei risultati aziendali.


E QUELLE DEL PESSIMISMO…

Ovviamente le preoccupazioni al riguardo si concentrano sul possibile futuro, sul quale al momento nessuno è in grado di fare buone previsioni. Ad esempio la “guidance” (qui sotto il grafico relativo) che le principali società dell’indice S&P500 hanno, per prudenza, rivisto al ribasso le loro previsioni circa gli utili dei prossimi trimestri. Una mossa che non significa necessariamente che gli utili fletteranno, ma soltanto che riflette l’incertezza.


TASSI E PETROLIO

Senza contare il fatto che le valutazioni aziendali dipenderanno anche dal livello dei tassi d’interesse a lungo termine, sul quale al momento v’è altrettanta incertezza, come si può vedere dall’andamento (incerto anch’esso) del rendimento implicito espresso dai titoli di stato americani a 10 anni (che per il momento non è calato come ci si sarebbe atteso), in funzione anche della riduzione percepita negli States del rischio di recessione. Nello stesso grafico qui sotto riportato si può leggere l’andamento del prezzo del petrolio (il Brent in questo caso), che ha sempre avuto un andamento simile a quello dei rendimenti a lungo termine americani e che stavolta, invece, se ne dissocia non poco:


INFLAZIONE E DEBITO PUBBLICO

L’andamento al ribasso del prezzo del petrolio farebbe pensare ad un calo prospettico dell’inflazione (che addirittura in Cina è scesa sotto lo zero), mentre un andamento incerto del rendimento percentuale espresso dai titoli di stato americani a 10 anni potrebbe suggerire una dinamica dei tassi che riflette i dubbi degli investitori professionali circa la sostenibilità del debito pubblico americano. Al quale l’amministrazione Trump sta prestando la massima attenzione (qui sotto l’andamento del debito pubblico americano negli ultimi mesi).


Difficile dunque mettere a segno delle previsioni in un contesto di totale imprevedibilità come quello attuale, dove ad esempio anche il regime dei cambi valute viene sottoposto ai medesimi scossoni della guerra che si sta consumando negli Stati Uniti d’America tra la politica e la grande finanza. Come è noto Donald Trump punta a rivitalizzare l’export a stelle e strisce e di conseguenza vede relativamente bene una certa svalutazione “competitiva” del Dollaro.

Cosa che è fino ad oggi sostanzialmente riuscita nei confronti di quasi tutte le altre valute (in particolare quelle europee) e che ha spuntato le unghie all’intenzione della Cina di recuperare il terreno perduto sul fronte delle esportazioni verso gli USA (a causa delle tariffe doganali) con la svalutazione del Renminbi, come si può vedere dal grafico sotto riportato:


Prevedere cosa succederà perciò da qui alla fine dell’anno è arte divinatoria. Ad esempio circa l’inflazione ci sono notizie che possono essere considerate positive. Ad esempio, come si può vedere dal grafico qui sotto riportato, la Cina è già in deflazione e, per uscirne, è probabile ne utilizzerà la leva delle facilitazioni monetarie, cioè dell’espansione del credito e della svalutazione competitiva. Se i colloqui di Ginevra iniziati lo scorso fine settimana dovessero portare ad un sostanziale accordo con gli USA, ecco che la liquidità che il Paese più popoloso del mondo metterà in circolazione aiuterà di fatto l’intera economia globale e, al tempo stesso, aiuterà l’America a ridurre il proprio tasso d’inflazione, togliendo un ulteriore tassello dí apprensione agli investitori che ancora temono la stagflazione americana.


Restiamo al riguardo relativamente ottimisti perché restano fino ad oggi invariate le ragioni fondamentali che avevano spinto al rialzo le borse di tutto il mondo fino al momento dell’installazione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Al momento tuttavia regna ancora grande incertezza circa l’evoluzione del commercio internazionale dopo lo scossone impresso dal Presidente americano e circa le possibili conseguenze per lo sviluppo dell’economia globale.


Ovviamente ciò non incentiva gli investitori a buttarsi di nuovo a capofitto nell’investimento azionario e costituisce motivo di timore per le sorti dei debiti pubblici occidentali, anche se, come si può leggere dal grafico sopra riportato, l’indice del “sentiment” degli investitori che oscilla tra paura e avidità ha avuto, nelle ultime settimane una nuova impennata. Dovuta però più all’opportunità di investire dopo un cospicuo calo del mercato che ad aspettative di lungo termine.

Dunque c’è da attendersi ancora una certa volatilità nel prossimo futuro e una possibile ulteriore propensione a rimanere almeno parzialmente liquidi (cioè fuori dal mercato azionario) da parte degli investitori professionali, in attesa di vedere effettivamente cosa succederà al commercio internazionale, ai consumi e all’inflazione.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 121 – sa 9 mag 2025

Operazioni in essere : nessuna

GOLD GIU 25

Dopo una spinta di 544 USD da 2956 ( lu 7.4 ) fino a 3500 cash ( mart 22.4 ) compiuta in sole 10 sedute, GOLD è sceso il primo maggio a 3203 cash, ritracciando oltre il 50 % in 7 sedute.

GOLD potrebbe ridiventare interessante intorno a 2956, che rappresenterebbe un ritracciamento di oltre il 50 % della spinta da 2536 a 3500.

Due lettori hanno obiettato che 2956 è lontano ed hanno invitato ad un maggiore sforzo, per trovare livelli più vicini ( fateci divertire……)

Aumento lo sforzo, con conseguente maggior rischio.

In realtà andrebbe verificato se questa settimana venisse avvicinato il minimo di 3202 GOLD CASH segnato il recente 1.5, possibilmente senza venire rotto.

Se così fosse, potrei comperare una dose leggera tra 3230 e 3202 cash con stop loss da valutare dopo l’eseguito.

Scopo ?
Guadagnare qualcosa nell’eventuale riavvicinamento a 3432 segnato il 6 – 7 maggio;

quindi farei prima un long sotto 3230 cash per finanziare uno short sopra 3400 cash.

E’ una operazione di piccolo respiro, cui non sono avvezzo, ma cerco di utilizzare una apparente riduzione di volatilità, dopo sedute infuocate AFTER TRUMP SPEECH.

Se poi,
– Riuscissi a comprare sotto 3230,
– e rivendessi sopra 3400 una maggior dose, giovandomi di un piccolo recente profitto da investire in stop loss,

potrei cercare un raddoppio della posizione in caduta dopo una vendita oltre 3400, idealmente su un rimbalzo oppure, in mancanza di esso, a rottura di 3203.

Fattibile ?

Complessa, da monitorare ogni giorno.

SILVER LUGLIO 25

Benchè GOLD e SILVER stiano dimostrando forze relative molto diverse, anche in questi tempi di Mercati nervosi, tendono a non andare da parti opposte.

Quindi, similmente a quanto sopra descritto per GOLD, anche per SILVER delineo una strategia di breve termine, che è la più difficile, in quanto è più sensibile agli umori estemporanei.

Penso di controllare per quanto reggerà il minimo del 1.5 di circa 31,70 SILVER CASH ( “circa” perché sto scrivendo da fuori studio e mi manca la strumentazione consueta) e cercare un acquisto per guadagnare nella, eventuale, ennesima risalita intorno a 33,70 cash

Potrei quindi eseguire un acquisto tra 32 e 31,70 SILVER CASH per vendere intorno a 33,5 – 33,70 – ovviamente cash.

Serve una riduzione della volatilità settimanale, per contenere gli stop loss.

Mi piacerebbe che intorno a 31,7 – 32 vi fosse un doppio minimo che reggesse almeno fino a ve 23.5, per dare maggior significato a questo livello, che regge solo da 6 gg di trading.

Ora la distanza tra prezzo cash e di future luglio sembra stabilizzata a circa 20 cents, ma non possiamo scordare il recente episodio in cui la differenza balzò da + 90 cents a meno 80 cents.

Evento comico, tragico e non gestibile, con la conseguenza che anche una corretta analisi effettuata su SILVER CASH sarebbe stata stoppata sul future, al rialzo e poi al ribasso.

Avrebbe mandato tutti a casa con ossa rotte, senza colpe.

Non avevo operazioni, quindi nessuna perdita.

DOW JONES INDU CASH

I range di 3000 punti quotidiani del 7-8-9 aprile sembrano ormai lontani e quindi ricomincio cercare una possibilità di trading a rischio contenuto.

Vedo un range potenzialmente interessante di vendita intorno al minimo di gennaio 2025 a 41844, estendibile di qualche centinaio di punti, ma non fino all’ultimo top ( 42821 ) prima del crollo.

Gio 8.5 DOW CASH ha segnato 41773 e quindi DJ si è avvicinato al range di vendita.

La mia valutazione del tempo che scorre, mi porta a pensare che entro 5- 10 gg di trading possa esserci un top da vendere ( area 41800 – 42300 cash ) : difficile piazzare uno stop loss prima di aver venduto, ma lo definirei ragionevole intorno al top di 42821 cash.

La vendita in forza va gestita giorno per giorno, alla rottura del minimo del giorno precedente, ma questa Lettera è settimanale e quindi devo scegliere una strategia che regga per 5 gg di trading.

Se il minimo di mart 6.5 reggerà fino almeno a ve 16.5, avrò anche un eventuale punto di raddoppio della vendita eseguita in forza, purchè DJ non sia salito troppo oltre 41773, appena registrato; diversamente il raddoppio dewlla posizione short richiederebbe uno stop loss troppo ampio.

Tutto ciò premesso, da lu 12.5 inserirò il seguente ordine :

vendo 1 GIUGNO MICRO DJ FUT a 42400 con stop loss da inserire inizialmente a 43200 e da abbassare sopra il top della settimana 12 – 16 maggio, solo da lu 19.5

Poiché sembra che la mia narrazione di un trading ipotetico ( non eseguito, purtroppo nemmeno da me, nonostante i più ampi stop loss che utilizzo fuori Lettera ) abbia interessato parecchio, lo ripropongo con stralci, ma con una aggiunta finale.

“Un lettore mi ha recentemente interrogato su quale sarebbe potuto essere il trading eseguito su DOW JONES, accettando uno stop loss molto più ampio.

Le domande sono ben accette, anche se mi brucia ancòra parecchio la mia inazione a fronte di una previsione formulata molti mesi prima ………..

Ripercorro sul grafico giornaliero un possibile comportamento…………….

Poiché l’ importante segnale di tempo scadeva in febbraio 2025, avrei dovuto :

vendere a rottura del minimo di febbraio di 43100 DJ CASH , ( la rottura si verificò già il primo marzo ) mettendo lo stop loss sopra il massimo assoluto di 45073 ( spostarlo al top di gennaio di 45054 ad evidenza non riduce la perdita ) con un rischio di oltre 2000 punti
– vendere ancòra a rottura di 40661, minimo di marzo; questa vendita doveva essere eseguita il 3 aprile, nel pieno marasma generato dalle parole di Trump.

Nel mentre, per entrambe le vendite eseguite, lo stop loss poteva essere abbassato sopra 42821, livello dell’ultima svolta di PREZZO.

Non sto descrivendo un trading agevole, ma qui viene il difficile.

Nei 3 gg da lu 7.4 a merc 9.4 le dichiarazioni del presidente hanno generato range giornalieri di circa 3000 punti, quindi oltre il range medio mensile.

In sostanza, solo se avessi avuto grande fiducia nel target di 37000, avrei ottenuto una chiusura in forte profitto.

Diversamente, si viene coinvolti nel marasma e si rischia di chiudere una operazione, a lungo studiata, ad un prezzo condizionato da un oratore molto potente, che parla a MERCATI APERTI.”

Proseguo il mio commento : l’acquisto a 37000 non poteva avere nessuno stop loss, se non in percentuale sul mio patrimonio disponibile; uno sport rischioso, che dà buoni risultati solo se si possiede :
– forte conoscenza tecnica,
– forte convinzione di possedere questa conoscenza,

il tutto applicato ad una dose contenuta del patrimonio;

rispettate tutte le condizioni, si poteva ( si doveva ? ) comprare una dose omeopatica di DOW JONES intorno a 37000, con stop loss di almeno il 10 %.

( operatività lontanissima dalla logica di questa Lettera )

Si doveva poi alzare lo stop loss al livello di ingresso solo dopo che Trump aveva finito il suo trading personale ( ammesso che ora smetta, visti gli annunci sui farmaci biotech ).

Quanto poi ad avere il coraggio di aprire una posizione al rialzo sulla trendline, intorno a 37000 – 37500, era necessario avere in tasca un recente profitto al quale non mi fossi già affezionato e una forte convinzione nella analisi svolta in precedenza.

NASDAQ 100 CASH

Dopo essere sceso del 25.5 % da 22222 ( segnalato come un numero quanto meno strano, mi ricordava SP 500 a 666 nel marzo 2009 ) a 16542, NAS 100 sembra aver ripreso una forza relativa superiore a DOW JONES.

Tra 20500 e 22000 esaminerò il comportamento, per eventuale vendita.

Annoto che finora NAS 100 ha segnato gio 8.5 il suo top post crollo di 20249, non granchè.

Guarderò anche il minimo del giorno precedente merc 7.5 a 19605, controllando quanti gg reggerà.

Segnalo infine che NAS 100 nella mente dei più viene associato, fino a immaginarlo coincidente, con l’andamento dei Magnifici 7, ma esso è anche caratterizzato da molti titoli biotech, che capitalizzano centinaia di miliardi cadauno.

Questi potrebbero subire dazi ritorsivi dalla UE nell’ipotesi ventilata ieri dal SOLITO di rimuovere l’esenzione dai dazi U.S.A. sulla quale, sino ad ora, nemmeno si poneva il dubbio.

Non sono in grado di stimare l’eventuale impatto di dazi ritorsivi UE sulle vendite, sugli utili e sulla capitalizzazione delle varie AMGEN, BIOGEN, REGENERON, VERTEX, GILEAD ………….., ma certamente l’indice NAS 100 li vede co-protagonisti.

Non esistono solo APPLE, GOOGLE…..

NOTA FINALE

La prospettiva di ritiro del grande Warren, non immediato e nemmeno tanto credibile, mi ha colpito.

Ne dubito molto, salvo che si senta poco bene.

Gli auguro salute di ferro e che continui ad illuminarci.


Leonardo Bodini




LA CICALA E LA FORMICA

I mercati finanziari hanno recuperato tutto quanto perduto dopo lo scorso 2 Aprile (il cosiddetto “Liberation Day” ). Ora però occorre chiedersi cosa potrà succedere: le borse dopo il rimbalzo torneranno a scendere oppure riprenderanno ancora più quota? Come al solito dipende: dalle prospettive dell’economia reale, ma anche dai profitti delle principali grandi aziende del mondo e dai tassi d’interesse, che a loro volta dipenderanno dall’inflazione. Ma l’andamento delle borse americane asiatiche sembra rivolto in direzione opposta a quello delle borse europee. Vediamo perché e cosa potrebbe succedere in futuro.

 


WALL STREET E MAIN STREET

Nel grafico qui sopra riportato l’andamento dell’indice principale di Wall Street (lo Standard & Poor 500) che mostra la manovra speculativa al ribasso e l’altrettanto rapida ripresa delle quotazioni sino allo scorso venerdì 2 Maggio. Tuttavia la ripresa dell’indice non ha superato i livelli del 2 Aprile. Secondo il mainstream per le prospettive economiche dell’occidente è stata percepita una forte minaccia a causa dell’incertezza geopolitica globale, a seguito dalle forti dichiarazioni del nuovo Presidente USA relative alle restrizioni alle importazioni dal resto del mondo. Ma occorre anche ricordare che la borsa americana era universalmente considerata sopravvalutata.

In sintesi gli investitori hanno reagito molto male a tali dichiarazioni cavalcando aspettative di stagflazione. La settimana scorsa tuttavia gli stessi investitori hanno dovuto prendere atto di due buone notizie : l’apertura della Cina al dialogo sulle politiche commerciali con l’America e la conferma della forza relativa dell’economia di quest’ultima (attraverso le buone notizie sulla creazione di 177mila nuovi posti di lavoro). A seguito delle quali hanno fatto marcia indietro ed estinto totalmente quel ribasso rispetto alle quotazioni precedenti allo scorso 2 Aprile.

Rispetto all’inizio dell’anno tuttavia le borse americane restano ancora in ribasso, mentre in Europa da inizio anno siamo ben al di sopra della parità, come si può leggere dalle tabelle:


MA I PROFITTI RESTANO BUONI…

Ma i mercati finanziari riflettono le aspettative relative ai profitti futuri che sono al momento molto oscillanti, dai timori più marcati alle speranze più rosee. Se andiamo a guardare i risultati delle maggiori multinazionali tecnologiche americane (grafico qui sotto) ancora una volta troviamo un deciso avanzamento, tanto nei ricavi quanto nei profitti:


Dunque cosa sta succedendo? I profitti delle principali aziende americane stanno davvero frenando? E in tal caso la tendenza macroeconomica generale che si è vista per i primi tre mesi dell’anno potrà trasformarsi in una nuova discesa del listino? Tecnicamente ciò è possibile, dal momento che l’incertezza relativa ai dazi per una certa parte dei costi dei fattori produttivi (molti dei quali vengono importati dall’Asia) inciderà senza dubbio negativamente, almeno per quanto riguarda le piccole imprese. Ma occorre guardare molto oltre per formulare previsioni più accurate.

A COSA È DOVUTO IL CALO DEL PIL AMERICANO

Se andiamo ad analizzare a cosa sia dovuto il brusco calo del PIL americano del primo trimestre 2025 emerge chiaramente come il balzo delle importazioni (esportazioni nette negative) sia stata la quasi unica componente che ha generato la sua frenata (come si può leggere inequivocabilmente dal grafico sotto riportato), oltre a un piccolo contributo derivante dal calo della spesa pubblica. Però senza il forte aumento delle importazioni addirittura avremmo potuto vedere un’accelerazione della crescita a causa dell’andamento positivo delle altre componenti.


E allora chi ha ragione? Gli ottimisti (che affermano che l’effetto dazi sia quantomai passeggero e che addirittura essi abbiano imposto una deflazione dei prezzi) o i pessimisti (secondo i quali gli effetti reali dell’incertezza devono ancora manifestarsi)? Probabilmente entrambi. Il che evidenzia un bel dilemma: quale delle due opinioni prevarrà sull’altra? Oppure hanno entrambi ragione e alla fine i maggiori costi derivanti dai dazi alle importazioni si controbilanceranno approssimativamente con il calo dei prezzi energetici?

DOLLARO E PETROLIO

La risposta non è banale e probabilmente cosa succederà davvero all’economia americana in uno spazio di tempo ragionevole non può saperlo davvero nessuno. Se però teniamo conto dell’altro fattore che pesa sui costi delle importazioni -la discesa del cambio del Dollaro– (come si può vedere qui sotto) allora l’impressione è che gli effetti si mescoleranno tra di loro generando un possibile aumento (almeno temporaneo) dei prezzi dei beni importati con la conseguenza di un probabile ulteriore rallentamento dei consumi (in linea con le attese).


Da notare tuttavia è che nel lungo termine l’andamento dei prezzi al consumo (l’inflazione) è proporzionale all’andamento del prezzo dell’energia, a sua volta molto dipendente da quello del petrolio. Quest’ultimo invece continua a scendere, avendo appena superato al ribasso la soglia psicologica dei 60 dollari al barile (come si può vedere dal grafico qui sotto riportato):


Dunque è ragionevole pensare che nel tempo il minor prezzo dell’energia e la possibile discesa dei tassi d’interesse possano favorire i bilanci delle piccole e medie imprese americane anche se al momento queste sono le più colpite dalla scarsa disponibilità di merci importate. Dunque è ragionevole pensare che al momento l’economia reale possa continuare a flettere sotto i colpi di una discesa dei consumi discrezionali e di un aumento dei prezzi dei beni importati, ma anche che nel tempo le tendenze possano invertirsi.

I MERCATI FINANZIARI POSSONO ANDARE IN CONTROTENDENZA

Però i mercati finanziari si curano soltanto fino a un certo punto dell’andamento dell’economia reale, privilegiando invece i due fattori che possono influenzare il valore attuale dei profitti netti futuri delle imprese quotate (cioè soprattutto quelle di maggiori dimensioni): i margini sui ricavi e i tassi d’interesse a medio termine. I primi sono la base per la creazione di profitti lordi, i secondi sono il fattore di sconto dei profitti netti futuri (se il tasso di sconto scende il valore attuale sale). E su entrambi al momento ci sono soltanto buone notizie.

Dunque non è improbabile che le borse possano registrare andamenti quantomeno non negativi mentre l’economia americana nel secondo trimestre possa invece continuare a flettere. Uno spunto in tal senso ci viene fornito dal calo progressivo della volatilità della borsa americana, come si può vedere dal grafico discesa al di sotto della media a 50 gg e vicina a incrociare anche quella a 200 gg. :


LA CICALA (L’EUROPA) E LA FORMICA (GLI USA)

Se vogliamo fare un paragone con le classiche fiabe di Esopo, Fedro e LaFontaine potremmo equiparare la situazione attuale dell’economia americana a quella di una formica nel corso dell’estate, che sta mettendo ordine a casa propria per avere sufficiente spazio di manovra (e risorse) per l’inverno.


Per l’Europa valgono quasi i ragionamenti opposti: al momento se da un lato i capitali fuggiti dall’America sono in parte finiti nel vecchio continente (andando ad alimentare la liquidità delle borse europee, in primis quella tedesca che è la più esposta alle iniziative europee di riconversione delle fabbriche automobilistiche in produzione di armamenti), dall’altro lato una parte delle mancate esportazioni cinesi a basso prezzo verso gli USA può ora rivolgersi all’Unione Europea contribuendo a calmierare i prezzi al consumo. Nel grafico qui sotto possiamo notare l’andamento particolarmente positivo del cambio Euro/Dollaro dovuto al suddetto afflusso di capitali da oltreoceano:


Occorre poi tenere conto dell’effetto della rivalutazione dell’Euro anche contro lo Yuan cinese (nel grafico sotto riportato) che può generare deflazione dei prezzi dei beni importati, ivi comprese talune materie prime. Senza contare i benéfici effetti dei cali dei tassi d’interesse (che migliorano il reddito disponibile dei consumatori e favoriscono gli investimenti fissi) e del prezzo del petrolio. Anche la probabile riduzione degli oneri ambientali imposti dall’Unione Europea potrebbe contribuire a rilasciare risorse che possono favorire i consumi.


Dunque nel breve termine non stupirebbe vedere margini di crescita del prodotto interno lordo europeo (non includendo però la Gran Bretagna per numerosi motivi), sebbene nel medio termine (cioè quantomeno a partire dal secondo semestre dell’anno) la bilancia potrebbe pendere dalla parte opposta, dal momento che i governi europei stanno continuando ad incrementare i loro debiti pubblici e rischiano di coinvolgersi in un conflitto duraturo con la Federazione Russa. E a causa del fatto che, con i dazi e con la rivalutazione dell’Euro, non potranno che registrare una riduzione delle esportazioni, le quali costituiscono il motore effettivo dell’economia continentale.

Anche i bilanci delle banche continentali, il cui valore capitale rappresenta una fetta importante della capitalizzazione delle borse europee, potrebbero ridurre i margini a causa del calo importante della forbice dí intermediazione sul costo del denaro. Mettendo in tal modo le basi per una futura discesa delle quotazioni. Nel grafico l’andamento di un ETF che replica il principale indice europeo del settore banche:


Seguendo il precedente paragone (sulla Formica e la Cicala) l’Europa potrebbe perciò essere accostata alla cicala, che al momento gode di una situazione favorevole ma che non sta facendo nulla per stare meglio nel prossimo futuro, quando le condizioni ambientali (geo-politiche) potrebbero risultare meno favorevoli. L’Europa dovrebbe approfittare del positivo contesto ambientale per investire pesantemente in infrastrutture e in tecnologie, invece di riconvertire le fabbriche automobilistiche per la produzione di armamenti. Anche se non si può escludere che riesca a fare passi anche in tal senso.

LE PREVISIONI PER I MERCATI FINANZIARI

I ragionamenti al riguardo di ciò che accadrà in futuro possono discendere dalle tendenze sin qui delineate: un contesto generale ancora difficile per i mercati finanziari americani, con la grande incognita di una banca centrale (la FED) che tiene duro almeno fino all’estate nel timore di fiammate inflazionistiche, mentre la congiuntura potrebbe risultare relativamente positiva per quelli europei, con il vento in poppa per l’afflusso di capitali dall’estero (anche dalla Cina) e caratterizzati da valutazioni aziendali relativamente contenute rispetto a quelle d’oltreoceano (con uno spazio dunque di riequilibrio del gap). Situazione che potrebbe tuttavia ribaltarsi a partire dall’estate (o anche prima) quando la congiuntura favorevole potrebbe terminare per il vecchio continente (e i tassi d’interesse ritornare a salire). Allora la cicala potrebbe smettere di cantare e la formica potrebbe iniziare a trarre beneficio dei passi precedentemente compiuti, ritrovandosi in posizione forse privilegiata nel nuovo assetto geopolitico.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 120 – sab 2 mag 2025


Operazioni in essere : nessuna


GOLD GIU 25

Dopo una spinta di 544 USD da 2956 ( lu 7.4 ) fino a 3500 cash ( mart 22.4 ) compiuta in sole 10 sedute, GOLD è sceso il primo maggio a 3203 cash, ritracciando oltre il 50 % in 7 sedute.

GOLD potrebbe ridiventare interessante intorno a 2956, che rappresenterebbe un ritracciamento di oltre il 50 % della spinta da 2536 a 3500.

Pare un livello lontano, ma nei negozi le catenine non si vendono più.

Salgono solo le riserve delle banche centrali.

CINA in testa.

Impossibile fare trading; sono consentiti solo ATTI DI FEDE, senza stop loss.

Attendo.

SILVER LUGLIO 25

Un lettore ha notato che da tempo segnavo sul grafico di SILVER CASH il livello di 33,70 e, dopo che il Mercato ha toccato 33,68 per poi invertire, mi ha chiesto cosa quel livello rappresentasse per me.

Nulla di paragonabile alla scadenza temporale di marzo 2025 su SILVER ( tanto meno il segnale che avevo in febbraio 2025 su DOW JONES, non sfruttato e che stento a perdonarmi ).

Semplicemente ho notato che in ottobre 2024 e nel recente marzo 2025 in quell’area sembra esservi un ostacolo, quasi una calamita.

Sarà utile ancòra ?

Penso di sì, anche se è solo un livello di PREZZO, senza la ben maggiore forza di un segnale di TEMPO.

Nella mia operatività i segnali di TEMPO hanno dato maggior aiuto rispetto a semplici livelli di PREZZO.

Quando scade il TEMPO e contemporaneamente mi trovo ad un livello di PREZZO che per me ha un medio o grande significato, trovo la più grande CONVINZIONE e accetto di aprire una operazione anche se lo stop loss richiesto è molto oltre i miei parametri abituali.

Ciò premesso, osservo che SILVER CASH, dopo essere ancora una volta tornato intorno a 33,70 – livello che da molte settimane evidenzio sul grafico, ha perso rapidamente 2 dollari.

Avevo scritto :

“Nei prossimi 5 – 10 gg di trading cercherò personalmente una vendita da 34 a 34,5 di SILVER CASH e quindi tra 34,3 e 34,8 di luglio future con la seguente modalità :

dopo l’ eventuale salita almeno a 34,3 del future, venderò alla rottura del minimo di ogni giorno precedente, inserendo lo stop loss sopra il massimo che sarà stato segnato nella settimana di vendita.

Quale è la novità ?

Che non fisso lo stop loss il sabato precedente, ma dal giorno successivo alla vendita.

Teoricamente il rischio sale, ma scende la probabilità statistica di essere stoppati.

Provo con il mio denaro; solo poi verrà inserito nella Lettera, nata molto prudente.”

SILVER, da lu 28.4, ha imboccato la discesa, senza toccare nemmeno 34,3 del future luglio e quindi non ha consentito nemmeno a me ( fuori Lettera ) di inaugurare la nuova e maggiore propensione al rischio.

DOW JONES INDU CASH

Un lettore mi ha recentemente interrogato su quale sarebbe potuto essere il trading eseguito su DOW JONES, accettando uno stop loss molto più ampio.

Le domande sono ben accette, anche se mi brucia ancòra parecchio la mia inazione a fronte di una previsione formulata molti mesi prima e anche troppo precisa :

– nella durata del rialzo, fino a febbraio 2025;
– nell’individuare come target la trendline di pendenza dimezzata, ben evidenziata in giallo, con l’unico torto di aver immaginato che non venisse rotto 37122 – bottom anno precedente ( ma la rottura è durata poche ore, giusto il tempo di qualche stop loss ).

Ciò premesso, ripercorro sul grafico giornaliero un possibile comportamento, evidenziando i rischi relativi.

Poiché l’ importante segnale di tempo scadeva in febbraio 2025, avrei dovuto :

vendere a rottura del minimo di febbraio di 43100 DJ CASH , (la rottura si verificò già il primo marzo) mettendo lo stop loss sopra il massimo assoluto di 45073 ( spostarlo al top di gennaio di 45054 ad evidenza non riduce la perdita ) con un rischio di oltre 2000 punti
– vendere ancòra a rottura di 40661, minimo di marzo; questa vendita doveva essere eseguita il 3 aprile, nel pieno marasma generato dalle parole di Trump.

Nel mentre, per entrambe le vendite eseguite, lo stop loss poteva essere abbassato sopra 42821, livello dell’ultima svolta di PREZZO.

Non sto descrivendo un trading agevole, ma qui viene il difficile.

Nei 3 gg da lu 7.4 a merc 9.4 le dichiarazioni del presidente hanno generato range giornalieri di circa 3000 punti, quindi oltre il range medio mensile.

In sostanza, solo se avessi avuto grande fiducia nel target di 37000, avrei ottenuto una chiusura in forte profitto.

Diversamente, si viene coinvolti nel marasma e si rischia di chiudere una operazione, a lungo studiata, ad un prezzo condizionato da un oratore molto potente, che parla a MERCATI APERTI.

Quanto poi ad avere il coraggio di aprire una posizione al rialzo sulla trendline, intorno a 37000 – 37500, era necessario avere in tasca un recente profitto al quale non mi fossi già affezionato e una forte convinzione nella analisi svolta in precedenza.

Se invece si assumono le decisioni tra un proclama e l’altro, si diviene parte del gregge e non mi interessa.

Se volessi consolarmi, ma mi occorre altro tempo, posso solo pensare agli amici gestori che hanno mantenuto i long e hanno passato giorni intensi.

Senza aver ad oggi risistemato l’equity line.

Sul piano operativo, ancòra ci troviamo nella terra di nessuno, in cui lo stop loss supera l’utile possibile.

NASDAQ 100 CASH

Dopo essere sceso del 25.5 % da 22222 ( segnalato come un numero quanto meno strano, mi ricordava SP 500 a 666 nel marzo 2009 ) a 16542, NAS 100 sembra aver ripreso una forza relativa superiore a DOW JONES.
Tra 20500 e 22000 esaminerò il comportamento, per eventuale vendita.

NOTA FINALE

Un lettore mi ha chiesto perché mi sottopongo ad un certo sforzo di analisi ( felice che ciò sia compreso, almeno da taluni ) per poi inserire nella Lettera solo poche strategie.

Rispondo che :

– i Mercati non sono sempre gestibili;
– io stesso non sono sempre altrettanto intraprendente;
– se potessi stare molto fuori dai Mercati, limitandomi ad analizzarli, per poi agire poche volte con convinzione, avrei raggiunto uno dei miei maggiori obiettivi;
– infine, elaborare una strategia che possa reggere da un sabato all’altro, senza poter intervenire, garantisco essere difficile ( con un presidente siffatto, pare quasi impossibile, ma sono fiducioso )

Leonardo Bodini