BANCHE SUPERSTAR

È possibile sia tornato il momento di comprare i titoli delle banche in Borsa. Non soltanto per i “rilanci” giudicati da tutti cosa necessaria per concludere le attuali Offerte Pubbliche. Ma anche perché le fusioni e acquisizioni in corso potrebbero generare nuovi giganti per capitalizzazione, la cui redditività potrebbe spiccare il volo.

 

RIPRENDE IL RISIKO DELLE BANCHE

Qualche tempo fa s’era scritto su queste colonne che stava per partire una nuova stagione di aggregazioni bancarie, innanzitutto perché la prospettiva di possibili ulteriori discesa dei tassi d’interesse (nella settimana entrante potremmo assistere ad un nuovo taglio da parte della Banca Centrale Europea) costringe le banche a muoversi per tempo per migliorare la propria efficienza e non farsi cogliere impreparate quando si dovesse ridurre la forbice sui tassi che fino ad oggi ha benedetto i loro profitti.


Ma anche perché l’intero sistema finanziario europeo appare ancora piuttosto frammentato ed è oramai universalmente riconosciuto che le banche di minori dimensioni riescono ad esprimere una minor redditività, sinanco negli Stati Uniti d’America, dove i tassi d’interesse restano più elevati (nel grafico un confronto).


A prima vista tuttavia il risiko bancario che si sta sviluppando in Italia sembra un gran pasticcio, e forse lo è. Al momento nessuna delle iniziative lanciate dalle banche italiane su altre banche è stata così incisiva da risultare immediatamente vincente.

NESSUNA OFFERTA PUBBLICA AL MOMENTO E’ ANDATA IN PORTO

L’offerta di Banca Ifis su Banca Illimity è risultata ad esempio troppo bassa mentre Banco BPM avrebbe dovuto agire con molta decisione se avesse davvero voluto conquistare subito Monte Dei Paschi, UniCredit avrebbe dovuto alzare il tiro se avesse voluto davvero conquistare subito Banco BPM e Monte Dei Paschi avrebbe dovuto (aggiungerei: se avesse potuto) offrire di più per Mediobanca per muovere dalla sua parte gli altri soci. Al momento è stata stoppata (dalla politica tedesca) sinanco la mossa di UniCredit per aggregare la tedesca HypoVereinsbank (controllata da UniCredit dal 2005) con Commerzbank.

Tra i veri motivi per i quali le iniziative suddette non sono risultate decisive però non c’è soltanto la scarsità del capitale impiegato, ma anche e soprattutto la presenza di risvolti politici e di forti personalismi, non tutti completamente razionali. Il Banco BPM probabilmente credeva di avere dalla sua parte la maggioranza di governo del nostro Paese quando ha pensato di prendere Monte Dei Paschi, senza considerare la forza -e il protagonismo- dei due soci forti di quest’ultima: Del Vecchio (tramite il plenipotenziario della famiglia: Milleri) e Caltagirone. Forza esercitata anche nei confronti della politica, che ufficialmente finge di restarne estranea.

LA LOTTA TRA NAGEL E I SUOI AZIONISTI

Milleri e Caltagirone a loro volta non soltanto avevano ambizioni ben più ampie che quelle di restare comprimari di una ex banca popolare presente quasi soltanto nel Nord Italia, ma hanno (anche e soprattutto) una quota importante del capitale di Mediobanca e delle Generali. Quest’ultimo poi non è soltanto un colosso assicurativo ed europeo, ma anche un grande operatore nel “private banking” (cioè nella gestione dei risparmi). Anzi: probabilmente ciò che ha scatenato l’iniziativa di Monte Dei Paschi nel lancio dell’offerta pubblica su Mediobanca è proprio la recente mossa di Generali che ha deliberato di passare la mano su questo fronte ad una Joint Venture con i francesi di Natixis.


Generali lo ha deciso con il voto contrario in assemblea di Milleri e Caltagirone e addirittura contro le indicazioni ricevute dal Governo Meloni. La Joint Venture di fatto sposta quell’attività in Olanda e la delega ad un management straniero. E questo accade con il beneplacito (se non con la regia) di Mediobanca, il cui organo di controllo evidentemente ha ottenuto proprie contropartite, essendo da tempo in rotta di collisione con alcuni tra i suoi più importanti azionisti, cioè le famiglie Del Vecchio e Caltagirone. Certificando così un possibile conflitto di interessi tra azionariato e management.


UN PASTICCIO, MA ANCHE UN’OPPORTUNITÀ PER IL MERCATO

E forse è proprio da queste considerazioni che nasce la spiegazione del motivo per il quale il risiko bancario che si sta delineando è sì un vero pasticcio, ma è al tempo stesso anche una bella opportunità per il mercato azionario. Il pasticcio nasce probabilmente dal fatto che occorrevano più capitali (e più investitori) per riuscire al primo colpo in ciascuna di queste manovre avviate e non facilmente concludibili. Ma anche dal fatto che le questioni in campo non sono del tutto lineari e alla luce del sole. La politica ha evidentemente deciso di non guardare passivamente a queste manovre (e in parte anche a ragione). L’opportunità invece deriva dal pasticcio: le ipotesi di fusioni e acquisizioni bancarie infatti soprattutto se andranno avanti a colpi di pesanti rilanci, potrebbero contribuire non poco ad alimentare i due fattori che risultano sempre essenziali perché il valore delle azioni quotate si innalzi: la contendibilità del controllo e le aspettative di maggior efficienza.

Il polverone che si sta alzando può fare cioè molto bene alla borsa italiana non soltanto perché i giochi che vediamo sembrano tutti piuttosto lontani dall’essere già fatti e perché evidentemente ciascuna delle possibili aggregazioni è suscettibile di generare sinergie, economie di scala e migliori efficienze operative, cioè di incrementare i profitti delle banche coinvolte. Ma anche perché quel che si può intravedere all’orizzonte è la possibile discesa in campo di altri attori interessati a mettere il proprio zampino nel calderone dal quale uscirà il nuovo volto della finanza italiana: da Unipol a Banca Intesa fino forse ai grandi gestori dei fondi speculativi internazionali, i quali sino ad oggi hanno invece osservato in silenzio.

STA PER ARRIVARE LA “CAVALLERIA”?

Dalla partita sono fino ad oggi mancati infatti Cimbri (Unipol) che storicamente è sempre stato vicino al management di Mediobanca, oltre che concorrente di Generali, di fatto oggi indirettamente sottoposto al controllo di quest’ultimo. Ma anche Banca Intesa, che è sempre stata ”sensibile” alle indicazioni ricevute dalla politica e che non è necessariamente la più contenta qualora le manovre di aggregazione bancarie in corso portino alla creazione di un vero “terzo polo” dopo di essa e di UniCredit.


IL MERCATO ITALIANO È STATO POCO LIQUIDO FINO AD OGGI

Ricordiamoci inoltre che la Borsa italiana sta attraversando un periodo piuttosto negativo dal punto di vista della liquidità del mercato, con diverse aziende quotate che hanno deciso il “de-listing”. Ciò avviene anche perché sino a ieri molti capitali sono fuggiti dall’Italia e poi per la concorrenza dei titoli del Tesoro italiano, la fame di denaro del quale prosciuga di fatto liquidità all’investimento azionario.

Ora invece, con i riflettori che si accendono sulle grandi manovre di aggregazione delle banche in corso, il mercato borsistico potrebbe beneficiare di nuovo interesse, in primis proprio da parte degli investitori stranieri. La possibilità che queste ultime riescano a generare profitti generosi anche in futuro non potrà che destare la loro attenzione! E questa potrebbe significare che arriva maggior liquidità sul mercato.


Difficile dunque prevedere cosa succederà, a parte l’elevata probabilità che ciascuna di queste offerte pubbliche di acquisto o scambio possano subire dei “rilanci”. Ma non è difficile prevedere che, nel bailamme, i titoli del comparto bancario ne avranno un beneficio. Più difficile è rispondere invece all’altra domanda: se anche il Paese ne otterrà qualcuno.


I TASSI D’INTERESSE HANNO FINITO DI SCENDERE?

Un’ultima considerazione riguarda le prospettive dei tassi d’interesse: la Federal Reserve Bank of America ha parlato chiaro: non ci sarà nessun taglio ulteriore dei tassi per almeno un semestre! Ma addirittura la banca centrale del Giappone li ha appena alzati (e si sa che spesso quel che succede in Giappone spesso poi accade nel resto del mondo). Da questo punto di vista l’ulteriore taglio dei tassi di sconto previsto per questa settimana da parte della Banca Centrale Europea potrebbe perciò essere l’ultimo. E, se fosse, costituirebbe l’ennesima buona notizia per il comparto bancario italiano.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 107 – sab 25 gen 2025

 

Operazioni in essere : nessuna

Premessa :

da tempo ho indicato gennaio come mese di possibile svolta per GOLD con obiettivo intorno a un doppio massimo a 2790 cash e indicato gennaio – febbraio per indici azionari U.S.A. ( in particolare DOW JONES ) con obiettivo sopra 44000, fino al doppio massimo a 45073 cash.

Mi concentro su GOLD, giunto al target e che ritengo possa subire una pausa di questa eccezionale salita partita da 1616 – 1810 e attendo che inizi febbraio per considerare una vendita di DJ.

GOLD APR 25

Passo al contratto APRILE 2025, in quanto febbraio va in consegna.

Avevo scritto :
“……………in gennaio 2025 ho un segnale che attrae GOLD CASH intorno al prezzo di 2790 per un eventuale doppio massimo, area che eventualmente può essere utilizzata per aprire lo short e per questo motivo cercavo l’acquisto.”

La Lettera aveva provato ad acquistare a 2620 feb fut, ma il prezzo era stato solo sfiorato.

Ora siamo nell’area di doppio massimo e intendo iniziare a prendere le misure per una o più operazioni short.

GOLD è un treno in corsa e ci vuole molta pazienza.

Se prosegue a salire, non vi è uno stop loss con logica grafica; devo quindi cercare una vendita in inversione di barra giornaliera, plurigiornaliera o settimanale ( ma l’ultimo range weekly è 2689 – 2785 e 100 usd sono uno stop loss non adatto a questa Lettera )

Ciò premesso, sin dal mattino di lu 27.1, inserirò i seguenti ordini :

vendo 1 APRILE MICRO GOLD a 2820 con stop loss a 2860
e
vendo 1 APRILE MICRO GOLD in rottura del minimo segnato nei due giorni precedenti ad ogni giorno ( ora sarebbe 2768 di gio 23.1 ) con stop loss 10 usd sopra il massimo che avrà registrato da gio 23.1 in poi ( ora sarebbe 2822 di ve 24.1 + 10 usd = 2832 )

Il secondo ordine sarà da me annullato in caso che venga colpito lo stop loss a 2860, per la regola secondo cui la Lettera, dopo stop loss su un mercato, lo evita per una settimana.

Questa mia operatività è certamente complessa, ma spero comprensibile per i lettori.

Aggiungo infine che su GOLD sto cercando una operazione strategica, che possa durare anche oltre 30 gg e, mediamente, un Mercato, per concedere di sfruttare poi un vero trend, richiede stop loss più ampi dello standard nella fase di apertura delle operazioni.

SILVER MARZO 25

Resta valido quanto scrissi nella precedente :

“SILVER dimostra una evidente minore forza relativa rispetto a GOLD, per la distanza ben maggiore dal top di 34,86 cash e per i top settimanali fortemente in calo.

Sta assumendo sempre maggiore importanza il doppio minimo a 28,75.

Vedremo insieme se sarà utilizzabile prima come stop loss per un acquisto e, possibilmente, poi per una vendita in rottura.

Serve prima che SILVER salga almeno tra 31,5 ( livello colorato in giallo ) e 32,50”

Segnalo sin da ora che in marzo 2025 scadrà un ciclo temporale di medio – alto rilievo, soprattutto se si trattasse di un minimo che si manifestasse tra il top di marzo 2024 ( 25,77 ) e il top di febbraio 2024 ( 23,50 )

Sono livelli talmente lontani che, più che un auspicio, pare una provocazione.

Ma non è così.

DOW JONES INDU CASH

Siamo pienamente nel bimestre che attendevo da tempo per apertura di ribasso su DOW JONES

Dalla settimana 2 – 6 dic ( 45073 ) DJ è molto sceso fino al ………………… ciclo scadente tra lu 6.1 e ve 17.1 , che secondo me era idoneo a far risalire l’azionario U.S.A., …………………..ma non sono riuscito a salire a bordo con un acquisto per ottenere un utile da reinvestire nella operazione di vendita di più ampio respiro, che attendo nei prossimi 15 – 20 gg di trading.

Senza fretta, visto che il segnale coinvolge anche febbraio, cerco di vendere nelle prossime settimane sopra la trend line in essere dal lontano ott 2022 ( da 28660 )

Ho segnato in giallo l’area preferita di vendita.

La recente settimana 21 – 24 gen ( il 20 era chiuso per M. L. King day ) ha spinto altri 1000 punti portando a 2700 la salita dal 13 gen ( 41845, doppio minimo crescente rispetto al 41647, prezzo TRUMP )
– Siamo quindi sopra 44000 cash, che era il requisito minimo per analizzare una possibilità di vendita
– Abbiamo sfiorato il livello 44574 cash che era il minimo del 2 – 6 dic
– Entrando in febbraio, mi piacerebbe molto salire intorno al doppio massimo e, possibilmente, vivere una inversione fruttuosa per la lettera.

NASDAQ 100 CASH

NAS 100 è stato veramente dispettoso perché è sceso a 20538 cash, sfiorando il mio ordine di acquisto e poi è salito similmente a DOW JONES.

In febbraio immagino che sceglierò DJ per aprire uno short, ma da dicembre i due indici azionari hanno un comportamento insolitamente simile.

Vedremo insieme.

Lascio ancora per questa settimana la Nota finale che avete trovato in calce alla precedente N. 106, in quanto due clienti dello studio sono stati particolarmente colpiti dallo scenario da me delineato, nel tempo e nel prezzo.

Ricordo a tutti che è solo una ipotesi, pur frutto di anni di osservazioni.
Se fosse di più, saremmo tutti molto ricchi.

 

“Mi attendo un top da vendere in gennaio per GOLD ( ideale intorno al top assoluto di 2790 ) e tra gennaio e febbraio ( meglio se fosse la prima metà ) sugli indici U.S.A. e questo sarà il focus delle prossime Lettere.

Mi serve che DJ CASH salga almeno a 44000 ( meglio 44500 – sotto il minimo della settimana 2 – 6 dic 2024 ), mentre è molto difficile stimare un obiettivo per NAS 100, che verrà gestito con il tempo, prima che con il prezzo.

Sto cercando una possibilità a rischio contenuto di eseguire prima un acquisto sugli indici azionari U.S.A. per finanziare lo stop loss che, per aprire una operazione strategica, spesso deve essere più ampio del normale, quasi che il Mercato richieda un maggior tributo per sedere al tavolo.”

Leonardo Bodini

 

 




TRE TRILIONI

L’Italia non se n’è quasi accorta ma il debito pubblico ha superato la scorsa settimana la soglia psicologica dei 3000 miliardi di euro, e questo senza che i media del “mainstream” (tv e giornali prevalenti) dessero alla notizia alcun risalto. Anzi! Senza che si muovesse nemmeno lo “spread” (l’indicatore più frequentemente utilizzato per “misurare la febbre delle finanze di stato” attraverso la differenza tra i tassi italiani e quelli tedeschi a 10 anni), fermo a poco più dell’1%. Un bel risultato mediatico (i precedenti governi erano invece assai bersagliati e per molto meno dalla stampa) ma un pessimo risultato per il Paese.

 

IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

I soli interessi pagati sul debito del Tesoro (ai tre trilioni occorre ricordare che si aggiungono i debiti di Regioni, Provincie e Comuni: circa altri 300 miliardi) sono costati all’Italia 78 miliardi di euro nel 2023 (per il 2024 non lo sappiamo ma è noto che sono scesi al 3,5% in media, dunque all’incirca 100 miliardi di euro). Ma se il tasso medio sembra in discesa, il totale del debito sul quale gli interessi sono calcolati è invece in salita. Di qui i timori sulla sostenibilità del pagamento degli interessi sui titoli di stato. Infatti su un Prodotto Interno Lordo di circa 2,13 trilioni il deficit di bilancio, proiettato a circa il 3,8% del P.I.L. per l’anno in corso fa la bella cifra di 81 miliardi di euro di spesa non coperta dalle entrate (quasi pari agli interessi sul debito).

Per contestualizzare tali numeri occorre ricordare che, nel triennio 2021-23 il debito nominale è aumentato di 290 miliardi di euro: da 2.678 miliardi a 2.868 miliardi, anche se in rapporto al Prodotto Interno Lordo il debito pubblico italiano è sceso dal 154,3% del 2021 al 134,8 del 2023 (principalmente a causa dell’inflazione galoppante) ed è poi risalito al 135,8% nel 2024 (e probabilmente ancora oltre nell’anno in corso).

Ora ricordiamoci quali si presume sia stato il peso degli interessi pagati sul totale delle entrate tributarie nel 2024: 100 milioni su 688. Cioè il 14,5%. E sebbene le entrate risultino in aumento del 5% (24,2 miliardi) rispetto allo stesso periodo (11 mesi) dell’anno precedente (2023) sono troppo poche rispetto a 3 trilioni di debito (pari a 4,4 volte le entrate totali).


MA I TASSI SALGONO…

Però il problema non è lo spread con il debito della Germania, quanto il costo degl’interessi in assoluto, che nelle ultime settimane è cresciuto non di poco. Nel grafico qui sotto viene riportato il tasso medio europeo dei titoli con durata di 10 anni, che come si vede da Dicembre è tornato quasi ai massimi di periodo.


E questo accade proprio mentre la Banca Centrale Europea affronta un problema inatteso: l’inflazione dei prezzi dei servizi nell’area euro non si schioda dal 4,0% da oramai 13 mesi.


…E L’INFLAZIONE NON CALA

L’indice dei prezzi al consumo complessivo (la linea blu nel grafico sopra riportato) rimane anch’esso più o meno ai livelli di 13 mesi fa (cioè non scende) soprattutto perché fino il costo dei prodotti alimentari si è stabilizzato e ha smesso di calare mentre il costo dell’energia ha addirittura ripreso a crescere e rischia di continuare, a causa dell’effetto perverso che ha in Europa il costo del gas naturale, mosso al rialzo dalla costanza della domanda cui fa riscontro una disponibilità inevitabilmente in discesa a causa del blocco delle importazioni dalla Russia.


IL DILEMMA DELLA BCE…

Il dilemma della Banca Centrale Europea è dunque il seguente: se non allenta la politica monetaria L’Eurozona rimane in recessione, ma se fa scendere ancora i tassi al di sotto del tasso d’inflazione (lo scorso 12 dicembre ha tagliato il tasso di deposito di altri 25 punti base portandolo al 3,0%), rischia di favorire la ripresa dell’inflazione. E di dover presto fare marcia indietro.

Senza contare il problema del prezzo del petrolio, che oramai sembra aver invertito la rotta al ribasso che aveva tenuto fino all’autunno inoltrato:


…E QUELLO DEL CAMBIO CON IL DOLLARO

E senza contare l’ulteriore problema del cambio contro il Dollaro, che è sceso piuttosto decisamente (di quasi 10 punti %) a partire da Ottobre scorso ed è di per sé un ulteriore fattore inflattivo (per l’incremento che genera nel costo dell’energia e delle materie prime che vengono importate).

Il problema dei debiti pubblici e, conseguentemente, dei tassi e dell’inflazione, peraltro non è soltanto europeo, ma riguarda l’intero Occidente. Quello riportato nel grafico che segue è il deficit pubblico federale americano (al quale va anche sommato anche quello dei governi locali):


Non stupisce dunque che i rendimenti (cioè i tassi impliciti a lungo termine) dei bond emessi dal tesoro americano risultino oggi molto più alti di quanto non fossero fino all’estate scorsa. I tassi d’interesse del debito privato peraltro in genere seguono i rendimenti del Tesoro e questa è una iattura perché, se l’obiettivo delle banche centrali europee era ritardare o almeno ammorbidire il rischio di recessione economica, allora dovevano agire per ridurre i tassi a lungo termine, non lasciarli correre verso l’alto.

LA CURVA DEI RENDIMENTI TORNA POSITIVA

Il grafico che segue mostra come è mutata la “curva dei rendimenti” (cioè i tassi per ciascuna scadenza) dei titoli di stato americani nel corso della seconda parte del 2024 (da fine Luglio 2024 al 10 Gennaio 2025):


Come sui può ben vedere, i tassi a breve termine nella seconda metà de 2024 sono scesi di circa mezzo punto, ma quelli a lungo termine sono saliti del doppio (105 punti percentuali). E l’inclinazione della curva non sembra ancora nemmeno troppo accentuata, cosa che suggerisce l’ipotesi che la sua inclinazione potrebbe aumentare.

La macroeconomia ci insegna che una crisi del debito pubblico può riuscire a provocare una crisi finanziaria globale. E oggi la maggior parte dei paesi OCSE mostra un debito pubblico eccessivo. E l’incertezza circa la capacità di ripagare tale debito è fino ad oggi cresciuta con il tempo. Questo è anche il principale motivo per cui i tassi sono divenuti più alti per le scadenze più lunghe.

STAMPARE MONETA? O ATTRARLA ?

Certo, i governi possono sempre ripagare il debito stampando altra moneta, ma la storia recente ci insegna che stampare moneta crea inflazione, a volte fuori controllo. Ciò significa in termini di potere d’acquisto che il danaro che un giorno verrà rimborsato non varrà tanto quanto quello che è stato prestato. Ecco perché oggi chi sottoscrive titoli a lungo termine richiede tassi più alti: per mantenere il potere d’acquisto in previsione di un’inflazione che per il momento non sembra andare a zero.

Ma soprattutto i nostri vicini di casa (soprattutto: olandesi, austriaci, tedeschi e francesi) non ce lo farebbero fare. Noi non abbiamo più una banca centrale che può decidere una cosa del genere e la BCE sembra voler mantenere un atteggiamento molto restrittivo, nonostante la quasi-recessione. Hanno persino bacchettato la negoziabilità dei nostri crediti fiscali!

Dunque l’unica risposta per cercare di risollevare le sorti del nostro Paese sembra quella di riuscire ad attrarre capitali e finanziamenti dal resto del mondo, prospettando investimenti interessanti e limitandone la tassazione dei relativi rendimenti. Questo aiuterebbe a “lubrificare” l’economia reale del Paese e a sostenere la spesa per interessi. Non è facile, ma è anche molto difficile immaginare dell’altro…

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 106 – sa 18 gen 2025

Operazioni in essere : nessuna

GOLD FEB 25 ( dal 29.1 userò il future aprile )

Nella N. 104 del 4 gen 2025 avevo scritto :

“……………………il grafico giornaliero sembra consentire un acquisto; poiché l’obiettivo di salita appare contenuto ( intorno a 100 usd ), lo stop loss che mi posso permettere non deve superare un terzo di tale obiettivo”

Il movimento da 2614 CASH ha dato circa 110 usd di salita e quindi GOLD ha già espresso il target minimo che questa Lettera indicava.

Tuttavia in gennaio 2025 ho un segnale che attrae GOLD CASH intorno al prezzo di 2790 per un eventuale doppio massimo, area che eventualmente può essere utilizzata per aprire lo short e per questo motivo cercavo l’acquisto.

Non posso rincorrere GOLD ; l’unica possibilità è inserire un ordine di acquisto intorno a 2650 feb fut, con stop loss sotto 2620, ma devo concentrarmi sugli indici U.S.A., per quanto leggerete nel prosieguo.

SILVER MARZO 25

SILVER dimostra una evidente minore forza relativa rispetto a GOLD, per la distanza ben maggiore dal top di 34,86 cash e per i top settimanali fortemente in calo.

Sta assumendo sempre maggiore importanza il doppio minimo a 28,75.

Vedremo insieme se sarà utilizzabile prima come stop loss per un acquisto e, possibilmente, poi per una vendita in rottura.

Serve prima che SILVER salga almeno tra 31,5 ( livello colorato in giallo ) e 32,50

DOW JONES INDU CASH

Ripenso spesso al fatto che nella settimana 2 – 6 dic, in cui vi era un ciclo temporale di medio – alto significato, DJ ha ritoccato il massimo storico da 45071 a 45073 cash, esprimendo un range molto contenuto, poco oltre l’uno % e, diffidando della capacità di un range piccolo di invertire un Mercato, avevo preteso che fosse seguito da un outside ribassista per aprire la posizione al ribasso.

Da quella settimana DOW JONES è molto debole ed è sceso oltre 3000 punti sotto il top assoluto e quindi ben 2500 punti sotto il minimo della settimana 2 – 6 dic alla rottura del quale avrei dovuto vendere.

Il ciclo scadente tra lu 6.1 e ve 17.1 , che secondo me era idoneo a far risalire l’azionario U.S.A., sta facendo il suo lavoro, ma non sono ancora riuscito a salire a bordo con un acquisto per ottenere un utile da reinvestire nella operazione di vendita di più ampio respiro, che attendo nei prossimi 15 – 20 gg di trading.

Cerco infatti di vendere nelle prossime tre settimane sopra la trend line in essere dal lontano ott 2022 ( da 28660 )

Ho segnato in giallo l’area preferita di vendita.

Per provare ad arrivare alla vendita con un profitto, da lu 20 gen inserirò il seguente ordine :

compero 1 MARZO MICRO DJ FUT a 42200 con stop loss a 41800

NASDAQ 100 CASH

Avevo scritto :
“Mi attendo un rimbalzo…..….e vedo supporti a : 20315 – 19880 “

Nella settimana 6 – 10 gen NAS 100 CASH era sceso fino a 20715 e nella settimana 13 – 17 gen il segnale che ho calcolato lo attirava in area 20400 – 20500 quindi, senza coinvolgere la Lettera, solo con i miei quattrini, avevo deciso di usare la seguente strategia : comprerò in inversione di barra giornaliera ( sopra il top di ogni giorno precedente, anche in outside ) solo dal giorno in cui NAS 100 CASH sarà sceso almeno sotto 20500.”

NAS 100 evidentemente la pensava più o meno come me, quindi è sceso a 20538 cash, sfiorando 20500 ed è risalito di 1000 punti fino a 21515 in 4 gg.

NAS 100 rende la vita dura, ma per questo sto raffinando l’analisi.

Come per DOW JONES, anche per NASDAQ 100 cerco un acquisto per arrivare al presunto top di vendita con un profitto da reinvestire in uno stop loss e quindi, da lu 20 gen inserirò il seguente ordine :

compero 1 MARZO MICRO NAS 100 FUT a 20800 con stop loss a 20500

Nota finale

Mi attendo un top da vendere in gennaio per GOLD ( ideale intorno al top assoluto di 2790 ) e tra gennaio e febbraio ( meglio se fosse la prima metà ) sugli indici U.S.A. e questo sarà il focus delle prossime Lettere.

Mi serve che DJ CASH salga almeno a 44000 ( meglio 44500 – sotto il minimo della settimana 6 -10 dic 2024 ), mentre è molto difficile stimare un obiettivo per NAS 100, che verrà gestito con il tempo, prima che con il prezzo.

Sto cercando una possibilità a rischio contenuto di eseguire prima un acquisto sugli indici azionari U.S.A. per finanziare lo stop loss che, per aprire una operazione strategica, spesso deve essere più ampio del normale, quasi che il Mercato richieda un maggior tributo per sedere al tavolo.

Leonardo Bodini