LE BANCHE ITALIANE AI MASSIMI

Perché sembra essere il momento d’oro per le banche italiane? Non soltanto per l’ottima performance delle loro azioni sui mercati azionari, ma anche e soprattutto perché la congiuntura attuale sembra ancora una volta favorirne la profittabilità, le aggregazioni (anche Cross-Border) e il possibile allentamento delle restrizioni normative. Dunque, se anche l’economia italiana non farà faville è ragionevole ritenere che le banche italiane potranno continuare a godere di un’invidiabile situazione di contesto in cui fare molti profitti. Ma riusciranno a raggiungere il livello di quelle americane?

 

LE PERFORMANCES IN BORSA

Dopo il cospicuo rialzo dei tassi d’interesse provocato dalle banche centrali in risposta alle pressioni inflattive (nel 2023) il sistema bancario globale ha iniziato a guadagnare decisamente più che in passato. Il 2024 è stato un anno d’oro per tutti i principali istituti italiani, che hanno performato meglio dei rivali europei. Da gennaio l’indice Ftse Italia Banks ha guadagnato il 55,18%, mentre l’Euro Stoxx Banks «solo» il 22,39%.

LE PROSPETTIVE DI CONTESTO

Per le banche gli esperti si aspettano dividendi abbondanti anche nel 2025 e un sostegno ai margini derivanti dall’incremento delle commissioni e dagli ulteriori tagli ai costi comuni che derivano dalle aggregazioni in corso. Inoltre le prospettive di rallentamento dell’economia è possibile che spingeranno le banche centrali ad allentare le politiche monetarie, fornendo agli istituti di credito ulteriore liquidità per fare prestiti e finanziare infrastrutture.

Senza contare il fatto che i rendimenti dei titoli di stato a medio e lungo termine sembrano inesorabilmente in crescita e facendo impennare la “curva dei rendimenti “ (il livello dei tassi per ciascuna durata). Cosa che può favorire le banche ampliando la forbice tra tassi attivi (tipicamente riferiti a ciascuna durata del prestito) a quelli passivi (tipicamente calibrati sui tassi a breve termine).


LA LIQUIDITÀ POTREBBE INCREMENTARE

È vero che gli ulteriori tagli dei tassi a breve termine da parte delle banche centrali saranno un importante banco di prova anche per le banche italiane (perché, se riuscissero a far scendere anche i tassi a medio-lungo termine, contribuirebbero a ridurre la suddetta forbice da intermediazione del denaro). Ma non solo la discesa dei tassi a lungo termine al momento sembra improbabile, in più oggi con il calo dei tassi e dello spread stanno piuttosto prevalendo i disinvestimenti dai titoli del Tesoro, per monetizzare le plusvalenze. E la liquidità ricavata resta parcheggiata presso le banche, che aumentano così la loro liquidità.

Le analisi Abi fotografano a settembre consistenze nei depositi delle banche italiane in crescita annua dello 0,3% a 1.781 miliardi (+2% nel mese precedente). Sempre l’Abi rileva che la remunerazione dei depositi sui conti correnti continua a scendere sulla scia del taglio dei tassi della Bce, a ottobre era lo 0,52% medio, in rispetto allo 0,54% del mese precedente (era 0,02% prima della partenza dalla fase di rialzo dei tassi da parte di Bce nel luglio 2022).

IL RISIKO BANCARIO: IL CASO UNICREDIT


I titoli del settore finanziario non solo hanno già fatto felici i loro azionisti in Europa per il secondo anno di seguito ma -a differenza dei comparti produttivi- si accingono a proseguire la corsa anche nel prossimo, e non soltanto per il tanto atteso risiko bancario europeo aperto da UniCredit con la sua mossa su Commerzbank.

IL RISIKO BANCARIO: IL CASO BANCO-MPS

In Italia la doppia mossa del Banco BPM potrebbe avere posto le basi per la nascita del terzo polo bancario, dopo UniCredit e Intesa. BANCO BPM infatti -anche grazie all’OPA su Anima e all’acquisto del 5% di Monte dei Paschi di Siena- ha realizzato un incremento di valore del 102% dall’inizio dell’anno, superiore anche a quello di BPER: 101%. Ora il Banco, mettendo insieme quel 5% di MPS all’eventuale acquisto della quota residua di proprietà dello Stato e sindacando le quote acquisite con quelle di altri privati (Caltagirone e Del Vecchio) potrebbe risultarne il primo azionista e di fatto il soggetto controllante.


GLI OTTIMI RISULTATI DI BILANCIO

Occorre inoltre considerare l’ottimismo generale che per il settore bancario deriva dai conti dei primi nove mesi del 2024, i quali hanno evidenziato ottimi profitti dei sette maggiori istituti italiani (con un nuovo record a 20,2 miliardi, in crescita del 22% sull’anno precedente). Gli analisti di Jp Morgan dopo questi risultati stanno aggiornando le stime sulle banche italiane e aumentando le previsioni sull’utile netto stimato per il 2024-26 con la conseguenza di rivedere al rialzo anche le previsioni di prezzo dei titoli azionari.

Ad esempio la cavalcata degli ultimi mesi ha permesso a Intesa SanPaolo di diventare la banca più capitalizzata dell’Unione Europea (circa €70 miliardi) non solo con l’ottima integrazione dell’UBI (acquisita oramai a qualche anno fa), ma anche perché performano bene anche le sue “fabbriche prodotto”, come la SGR Eurizon e l’assicurazione Intesa SanPaolo Vita. Per gli analisti la corsa dell’istituto sarà vertiginosa: non soltanto ha realizzato un utile di oltre 7 milioni primi nove mesi del 2024, ma anche per il 2025 si prevedono faville: oltre 9 miliardi.

VERSO UN’ULTERIORE CONCENTRAZIONE DEL MERCATO

D’altra parte quella dei grandi poli bancari europei sembra una necessità. Solo con le grandi dimensioni (o con un deciso ulteriore taglio dei costi) gli istituti di credito potranno proiettare anche nel lontano futuro le speranze di crescita dei margini. Si spiega anche così l’importanza di controllare le fabbriche di prodotto del risparmio gestito per sostenere i ricavi nel tempo


Come pure la ricerca di nuove acquisizioni si spiega con la necessità di mettere a fattor comune gli ingenti investimenti tecnologici che da qui a breve si renderanno necessari per adeguare i sistemi digitali bancari alle nuove capacità di analisi dei “Big Data” e all’intero universo dell’Intelligenza Artificiale (a partire dagli sportelli virtuali). Molti dei quali investimenti si giustificheranno quasi soltanto con la grande dimensione.

IL “GAP DI VALUTAZIONE” CON L’AMERICA

Inoltre il risiko bancario permetterebbe anche di ridurre il gap di capitalizzazione tra le banche europee e quelle americane (JP Morgan vale quasi dieci volte Intesa San Paolo). Per accorciare il divario ci vorrebbero però nuovi passi avanti verso l’Unione bancaria Europea, una prospettiva piuttosto remota nella congiuntura attuale. Ma c’è da scommettere che -in un contesto generale piuttosto piatto per le borse europee, i titoli bancari potranno dare migliori soddisfazioni ai loro azionisti.


Oltreoceano peraltro non è affatto detto che i titoli bancari abbiano già raggiunto i loro massimi. Non c’è infatti soltanto l’attesa generica delle Borse Valori per le nuove mosse del Presidente Eletto, ma anche la concreta aspettativa che i titoli bancari possano vedere ridotti i numerosi vincoli regolamentari precedentemente imposti dall’amministrazione Biden e di conseguenza molto importanti Family Offices stanno ora riposizionandosi sul settore finanziario. E c’è da scommettere che -seppure in modo limitato- alla fine ciò possa succedere anche a casa nostra o che quantomeno possa tendere a ridursi il “gap di valutazione” tra le banche.

Stefano di Tommaso

 




APPUNTI DI TRADING

N. 99 – sab 16 nov 2024

 

Operazioni in essere : nessuna

GOLD FEB 25

Il contratto DEC GOLD sarà in consegna a fine novembre e quindi passerò al contratto feb 2025, che costa circa 24 usd in più

Come da sensazioni, a causa delle chiusura ben sotto 2700, GOLD, nel ciclo scadente il 4 – 8 nov, non aveva tenuto un comportamento idoneo a qualificarlo “minimo da comperare”

Avevo scritto :

“GOLD è sceso parecchio sotto il prezzo di 2700 collegato al tempo ( ha segnato 2643 cash ) e la settimana ha anche chiuso poco sotto 2700. Il comportamento non farebbe pensare ad un minimo da comprare.“

Tra lu 18 nov e ve 29 nov ho calcolato un segnale temporale di rango modesto, che potrebbe riportare GOLD CASH a un rialzo intorno a 2650 – 2670

Questa salita di un centinaio di dollari, se volessi operare, richiede di inserire lo stop loss sotto il minimo di gio 14 nov a 2536 CASH ( circa 2560 FEB FUT )

Quindi potrei acquistare il future febbraio a 2580 con stop loss a 2550.

Mi convince poco, a causa della intervenuta rottura del minimo di 2603 CASH, che era stato registrato durante un ciclo temporale importante, dello stesso livello di 2353 CASH( minimo centrato nella W 90 da 1616 che fu il prezzo dal quale iniziò la salita ( agli esordi di questa Lettera ).

Ma gli effetti della rottura di 2603 potrebbero sentirsi, forse, dopo un rimbalzo a 2650 – 2670, per poi, se GOLD mi volesse accontentare, spingere al ribasso fino a mettere sotto pressione l’altro minimo rilevante, a 2353.

Un po’ complicato, quasi visionario.

Da fare forse con i soldi miei, non di questa Lettera.

Devo ancora una volta ricordare che l’area di acquisto a basso rischio resta tra 1998 e 2088 USD.

Essendo un livello molto lontano, il ripiego può essere un acquisto non troppo sopra 2353 ( potrebbe essere circa 2400 GOLD CASH ), con stop loss non sotto 2277, in modo tale che l’eventuale perdita sia contenuta e consenta di eseguire un secondo acquisto nell’area a basso rischio.

SILVER MARZO 25

Come GOLD, anche SILVER vede il suo fut dicembre andare in consegna a fine mese, ma SILVER sarà liquido su scadenza marzo 2025 e così, eventualmente, opererò.

Segnalo che il fut marzo costa 42 cent più di dicembre.

In 15 gg è sceso da 34,86 a 29,68 usd ( un massacro )

L’ area di acquisto poteva essere intorno a 30 usd, ma non vedevo uno stop loss gestibile.

SILVER , per dimostrare che avevo ragione, è sceso fino a 29,68.

Se tale livello reggerà altri 2 – 3 gg, potrebbe essere utilizzato come stop loss per un eventuale acquisto.

La salita potrebbe essere anche interessante, fino a 33 – 33,60.

Ma SILVER ha un comportamento troppo violento da quando è uscito dai grandi segnali di feb – mar 2024 ( massimi di 23,5 e 25,77 )

Se non tornerà almeno vicino a quell’area, non lo ritengo gestibile aggiornando solo una volta alla settimana.

DOW JONES INDU CASH

La settimana appena chiusa ha esordito lu 11.11 registrando il massimo storico a 44486 DJ CASH e poi è sceso ogni giorno, di oltre 1000 punti in totale.

Ritengo che il livello di 41647 ( con successivo outside rialzista di 2800 punti fino a 44486 ) sia il livello di stop loss per qualsiasi long, oggi troppo lontano per essere utilizzabile.

NASDAQ 100 CASH

Spero di non annoiare i lettori riproponendo quasi interamente quanto avevo scritto nella precedente per spiegare il mio differente approccio al NAS 100, rispetto al DOW JONES.

Avevo scritto :

“Benchè NAS 100 abbia fatto una impennata simile in termini percentuali a DOW JONES, la analisi tecnica mi indicava una possibilità di intervento proprio nel range da 20691 a 21100 circa, mentre non ho al momento alcun livello utilizzabile per DJ.

Quindi potrebbe essere che il primo intervento della Lettera sull’azionario U.S.A. avvenga su NAS 100 e non su DOW JONES.

Ho individuato segnali di tempo tra lu 4.11 e ven 15.11 – di medio impatto – ma ritengo che i cicli temporali possono essere sovrastati dalla significatività delle settimane elettorali.

Preferirei, per avere un livello di vendita non troppo basso, che NAS 100 restasse sopra il minimo di ottobre ( 19622 ) in queste due settimane piuttosto importanti, ma cercherò anche una strategia di riserva, giorno per giorno.

Comunque, prima di ragionare su una vendita in rottura, devo cercare una vendita in forza da 20691 a 21100. Non vi può essere un livello di stop loss attendibile, quindi l’operazione non è praticabile da questa Lettera.

Rammentato quanto sopra, se la salita del 5 % avvenuta con la vittoria di TRUMP si fermerà non molto oltre 21100, cercherò una vendita in inversione di una barra giornaliera ( rottura del minimo di ogni giorno precedente, anche in outside ) sin da questa settimana 11 – 15 novembre.

L’unico stop loss fondato oggettivamente sarebbe il top assoluto che sarà stato registrato prima della vendita. Osserviamo insieme, senza fretta.”

NAS 100 ha segnato un nuovo massimo storico a 21182, non molto oltre 21100; ho quindi effettuato con i miei quattrini la vendita mart 12.11 alla rottura del minimo di lu 11.11; la posizione è ancora in essere, ma vedo difficile rompere al primo tentativo il “minimo di Trump” registrato a 19880 ai primi di novembre, in attesa delle presidenziali.

Per il momento ho inserito lo stop loss in pari, al livello di ingresso e sto a vedere.

La Lettera torna all’opera, cercando di vendere il NAS 100 ai prezzi a cui ho eseguito le mie operazioni martedì 12 nov. ’24

Pertanto, sin dal mattino di lu 18.11, la Lettera inserirà i seguenti ordini :

vendo 1 DIC MICRO NAS FUT a 20900 e

vendo 1 DIC MICRO NAS FUT a 21150, entrambi con stop loss a 21350, appena sopra il top storico registrato lu 11.11

Leonardo Bodini

 

 




TUTTI GLI EFFETTI DEL “TRUMP TRADE”

Cosa succederà all’economia globale dopo la vittoria travolgente del presidente-eletto americano? E cosa succederà ai mercati finanziari dopo l’entusiasmo iniziale? Molti si attendono una profonda riorganizzazione del panorama economico e politico e, ovviamente, un rialzo dei profitti relativi a tutti i cosiddetti “Trump Assets”, a partire dai listini di borsa (e in particolare dai titoli ”energetici”), fino ai Bitcoin e alle azioni di Tesla. Anche il Dollaro americano ha reagito al rialzo sulla scia della speranza che il nuovo corso proietterà l’America verso politiche espansionistiche e “pro-business”. Ma chi rischia di fare maggiormente le spese del cambio di guardia al governo americano è l’Europa…

 

IL BALZO DELLE BORSE AMERICANE

I mercati finanziari hanno immediatamente registrato un notevole cambio di prospettive dopo la vittoria di Donald Trump e del suo partito politico negli Stati Uniti d’America. È stato subito ribattezzato Trump Trade, in memoria di ciò che era avvenuto esattamente otto anni fa. Non soltanto perché la sua vittoria non era scontata ed è stata invece travolgente, ma anche per il fatto che Trump, ora che controlla anche i due rami del Parlamento d’oltreoceano, è in grado di invertire seriamente le politiche attuali e di far crescere i profitti di molte aziende.

Nella settimana appena conclusa l’S&P 500 è salito del 4,7% . I Magnifici 7, composti da Microsoft (MSFT), Meta Platforms (META), Amazon.com (AMZN), Apple (AAPL), NVIDIA (NVDA), Alphabet (GOOGL) e Tesla (TSLA), sono balzati in avanti dell’8,3%.

I mercati finanziari hanno dunque avuto una reazione considerevole alle elezioni statunitensi ma in particolare sono le grandi società tecnologiche che hanno beneficiato di più, dal momento che la vittoria elettorale è stata determinata soprattutto da Elon Musk. Gli investitori hanno sostanzialmente celebrato un forte ritorno dell’ottimismo e stanno ora cercando di fattorizzare tutti i possibili effetti delle politiche preannunciate dal presidente eletto.

In effetti da candidato Trump aveva impostato tutta la sua campagna elettorale su tre misure “chiave”: 1) un taglio dell’imposta sui profitti aziendali dal 21% al 15%, 2) nuove tariffe sulle importazioni e 3) una forte limitazione all’immigrazione. Proviamo a scendere dunque in dettaglio.


IL TAGLIO DELLE TASSE E IL RISCHIO PER I TITOLI DI STATO

Esso significherà inequivocabilmente più ricchezza per le aziende americane e dunque una maggior capitalizzazione per le quotate. Ma è probabile che significherà anche una maggior propensione agli investimenti dal momento che i ritorni dei medesimi possono venire amplificati dalla minor tassazione dei profitti.

Una possibile conseguenza negativa tuttavia potrebbe essere l’impatto sul già importante deficit dei bilanci pubblici, che potrebbe contribuire al rialzo dei tassi sui titoli di stato, già in corso:


I DAZI SULLE IMPORTAZIONI

Anche per controbilanciare i tagli fiscali Donald Trump ha proposto l’imposizione di tariffe del 60% sul prezzo dei beni provenienti dalla Cina e fino al 20% su quelli provenienti dal resto del mondo. Ovviamente però ci vorranno molti mesi prima che i dettagli delle nuove politiche commerciali americane vengano alla luce.

In teoria la misura dei dazi è orientata a creare un forte incentivo a produrre o assemblare prodotti all’interno degli USA e dunque a sospingere gli investimenti industriali e le piccole e medie imprese, ma il rischio è che esse agiscano al rialzo sui prezzi finali dei beni acquistati dai consumatori, incrementandoli e dunque inflazionandoli. In teoria ciò dovrebbe avvenire in un contesto di inflazione calante, ma alcuni segnali recenti ne indicano invece una ripresa:


Se il quadro inflazionistico dovesse tornare a preoccupare però le politiche di Trump potrebbero risultare ulteriormente inflazionistiche. Difficile peraltro fare oggi previsioni a medio termine sull’inflazione, sebbene la sensazione, guardando il grafico sopra riportato, è che il suo rialzo non sia già terminato.

LA STRETTA SULL’IMMIGRAZIONE

Un’altra promessa di Trump, una stretta sull’immigrazione, potrebbe portare a salari dei lavoratori americani più alti, poiché molte aziende si troveranno ad affrontare un bacino sempre più ridotto di lavoratori costretti dal bisogno ad accettare lavori sottopagati.

Il Fondo Monetario Internazionale (che tuttavia sembra parteggiare per gli oppositori di Trump) lo scorso mese si era spinto a prevedere una decisa riduzione dell’attività economica globale se le tariffe, insieme alle regole migratorie più severe e a una conseguente restrizione del numero dei lavoratori disponibili, dovessero ridurre la capacità industriale e generare aspettative di riaccensione dell’inflazione dei prezzi, con ovvi effetti di possibile rimbalzo sul costo del denaro: secondo l’ FMI l’effetto combinato di tali politiche americane arriverebbe a ridurre dello 0,8% la produzione economica globale l’anno prossimo e l’1,3% nel 2026.

GLI EFFETTI DELLE ASPETTATIVE SUL COMMERCIO GLOBALE

I dazi annunciati potrebbero modificare in maniera decisiva i flussi degli scambi commerciali internazionali, ovviamente però questo dipenderà molto da come sarà concepita l’applicazione dell’eventuale regime tariffario. Un primo effetto praticamente certo sarà quello di far levitare le tariffe di spedizione e di logistica, dal momento che molti importatori americani si affretteranno a ricevere e immagazzinare merci provenienti dal resto del mondo prima dell’insediamento della nuova amministrazione presidenziale.


Un effetto collaterale di questa frenesia prima che vengano chiusi i cancelli riguarda già i titoli azionari delle grandi società di spedizione quotate in borsa, scesi in modo consistente già dal primo giorno dopo il risultato delle votazioni.

LE ATTESE RELATIVE AI CAMBI VALUTA E AI TASSI D’INTERESSE

L’incertezza relativa al costo del lavoro, ai prezzi dei beni importati e, conseguentemente, all’inflazione, potrebbe spingere la Federal Reserve Bank of America a cambiare il proprio orientamento oggi indirizzato ad un allentamento delle restrizioni monetarie e a un calo dei tassi d’interesse da questa governati direttamente (quelli a breve termine).

L’impatto delle aspettative relative al possibile rialzo dei tassi d’interesse (quelli a medio e lungo termine, come si è visto dal grafico sopra riportato dei rendimenti dei titoli di stato sono già impostati all’insù) sta facendo levitare le quotazioni in borsa delle principali banche internazionali, anche perché si creerebbe un maggior divario tra i tassi americani e quelli europei, che viceversa dovranno ora, quasi di necessità, scendere maggiormente per favorire gli investimenti in un’economia che fa molta fatica a riprendere la corsa.

Questo meccanismo, già in atto dalla scorsa settimana, sta favorendo l’apprezzamento del Dollaro Americano (soprattutto sull’Euro, ma anche sulle divise di conto asiatiche) e, al tempo stesso, induce una riduzione dei costi in Dollari per le importazioni e dunque aiuta a tenere a bada l’inflazione interna americana.


I SETTORI CHE POTRANNO AVERE UN BENEFICIO DAL “TRUMP TRADE”

Secondo un recente rapporto di Goldman Sachs, la rielezione di Trump comporterà probabilmente un incremento della spesa per la difesa da parte dei paesi dell’Unione Europea, con un costo stimato pari allo 0,5% del PIL ogni anno. Anche le azioni della difesa dall’altra parte dell’Atlantico potrebbero registrare maggiori afflussi, poiché in passato “Trump ha aumentato la spesa per la difesa nel suo primo mandato da presidente e probabilmente farà lo stesso anche questa volta” Le azioni delle principali aziende produttrici di sistemi per la difesa hanno infatti già “festeggiato” con cospicui apprezzamenti la vittoria elettorale di Trump.

Anche l’approccio volto a favorire la ricerca e l’estrazione di risorse energetiche tradizionali (gas e petrolio in primis) anticipato dalle politiche economiche promesse da Trump, nonché l’impegno ad assegnare più permessi per le esportazioni di Gas hanno già alimentato le quotazioni delle azioni delle principali società petrolifere. Questo, unito alla prospettiva di una regolamentazione più flessibile, potrebbe dare una vera spinta alle azioni del comparto energetico. Parallelamente è tuttavia previsto un calo degli investimenti in titoli emessi da aziende che promuovono investimenti a favore dell’ESG (Environmental, Social, Governance). Trump potrebbe orientare diversamente (e ridurre) gli investimenti in sostenibilità ambientale nell’intero Occidente.

Le banche viceversa potrebbero risultare le vincitrici assolute dei prossimi quattro anni, non soltanto per le attese di tassi d’interesse crescenti (e dunque anche della forbice di intermediazione del denaro), ma anche per l’attesa riduzione delle regolamentazioni introdotte in precedenza dall’amministrazione Biden e per la necessità di finanziare un maggior volume complessivo di investimenti.

LE CRIPTOVALUTE DIVERRANNO MONETA LEGALE?

Un’altra scommessa (già vinta dalle prime ore dopo la vittoria repubblicana) è relativa al ruolo del Bitcoin. La criptovaluta più diffusa al mondo è salita ai suoi massimi storici il giorno del risultato delle elezioni e potrebbe trarre vantaggio anche a lungo termine dalla promessa di Trump di rendere l’America “la capitale delle criptovalute del pianeta”, così come potrebbe beneficiare in funzione della prospettiva di allentare la regolamentazione sulle attività relative alle monete digitali, cosa che potrebbe rilanciare l’interesse per le medesime quali strumenti di investimento.

Per converso i settori più sensibili ai possibili incrementi dei tassi di interesse, come l’immobiliare, i beni di consumo, le produzioni dei beni di prima necessità e i servizi di pubblica utilità, sono stati i più colpiti dal Trump Trade, a causa delle aspettative che la Fed potrebbe rallentare o addirittura fermare l’era dei tagli dei tassi. Le politiche proposte da Trump, come tagli alle tasse, deregolamentazione e tariffe di importazione più elevate, puntano con decisione verso un’inflazione più elevata e un conseguente rafforzamento del dollaro.

ADESSO I TASSI DELL’EUROZONA DOVRANNO SCENDERE ANCORA

Secondo il medesimo rapporto di Goldman Sachs, la produzione economica europea potrebbe subire un colpo dello 0,5% in termini di PIL reale, con la Germania che affronta una contrazione dello 0,6% e l’Italia un calo dello 0,3%. Le proiezioni di crescita dell’eurozona sì riducono dunque allo 0,8% nel 2025 e all’1,0% nel 2026, al di sotto delle previsioni precedenti e delle aspettative degli analisti. I tassi di interesse della BCE, inizialmente previsti al 2% nel 2025, ora dovrebbero dunque scendere ancora, all’1,75%, con un ulteriore taglio di 25 punti base previsto entro luglio 2025.


I MERCATI BORSISTICI

Sino ad oggi le borse americane sono state le maggiori beneficiarie della vittoria di Trump, non soltanto per la loro prevalenza sul resto del mondo in termini di redditività e liquidità, e nemmeno solo per la promessa di tagliare le imposte. Sono state comunicate infatti -più o meno nelle stesse ore- nuove misure di stimolo alla crescita economica varate dalla Cina e gli analisti immaginano che le politiche dell’amministrazione repubblicana stimoleranno nuovi cospicui investimenti industriali, i cui effetti percepiti sono evidentemente positivi. Dunque insieme alla borsa americana anche quelle cinesi hanno registrato cospicui incrementi.

I settori in crescita che avranno la maggior possibilità di beneficiare di tagli fiscali e dei maggiori rischi sistemici, tra cui le imprese a più elevata tecnologia, i beni di consumo discrezionali e servizi di comunicazione, sono stati già premiati dalle borse di tutto il mondo.

LE PROSPETTIVE PER L’UNIONE EUROPEA

All’opposto occorre notare che i mercati azionari del vecchio continente sono rimasti notevolmente sotto pressione dopo le notizie del 6 Novembre, nonostante l’ottimismo generale degli investitori. A contribuire in tale direzione le grandi incertezze relative alla politica e all’economia tedesche e il rischio che, nei prossimi due mesi in cui l’amministrazione democratica resterà al comando alla Casa Bianca, la guerra Russo-Ucraina possa subire una decisa accelerazione. Non per nulla le previsioni economiche dell’Eurozona sono state tagliate dopo la vittoria di Trump.


I dati della Commissione europea indicano che l’Unione europea ha esportato 502,3 miliardi di euro di beni negli Stati Uniti nel 2023, con macchinari e veicoli che rappresentano quasi 207,6 miliardi di euro di questo totale. Le sole esportazioni di auto ammontavano a circa 40 miliardi di euro, con la quota maggiore proveniente dalla Germania. Ora la prospettiva di tariffe statunitensi su questi settori critici ha già avuto un impatto sulle azioni delle case automobilistiche tedesche.


Secondo il già citato rapporto, Goldman Sachs ha di conseguenza abbassato le sue proiezioni di crescita per l’eurozona allo 0,8% nel 2025 e all’1,0% nel 2026, entrambe al di sotto delle previsioni precedenti e delle aspettative del consenso.


Infine occorre osservare che le tendenze della spesa per armamenti crescono a dismisura con l’arrivo di un presidente americano poco propenso a supportare le politiche fortemente interventiste in Ucraina dell’Unione Europea. Oltre alle implicazioni economiche sulle possibili tariffe più elevate alle esportazioni verso gli USA, la rielezione di Trump comporta infatti pressioni sulla spesa militare dell’Europa. Se Unione Europea e Regno Unito mantenessero l’attuale impostazione di supporto quasi illimitato alle spese militari dell’Ucraina, dovendo compensare il sostanziale abbandono del fronte di guerra da parte delle forze militari americane potrebbero trovarsi persino a superare l’obiettivo di spesa per armamenti e apparati militari recentemente proiettato dalla NATo al 2% del PIL, e sarebbero costretti ad affrontare un notevole esborso finanziario.

Solo a margine occorre peraltro affrontare l’eventualità che questo scenario, qualora rimanesse immutato, potrebbe acuire le attuali tensioni politiche interne all’Europa, rallentandone o addirittura invertendone l’ulteriore integrazione. Non per nulla Trump ha già fatto sapere che preferirà trattare con le singole nazioni piuttosto che con Draghi o la Commissione di Ursula von Der Leyen.

Stefano di Tommaso

 




APPUNTI DI TRADING

N. 98 – sa 9 nov 2024

Operazioni in essere : nessuna

Premessa

La dimensione ( oltre 2500 punti da 41647 a 44157 ) del range dell’outside rialzista settimanale contemporaneo alla elezione di TRUMP purtroppo “rovina” il grafico dell’azionario U.S.A. ; affermo ciò nel senso che l’analisi tecnica lavora su una probabilità statistica basata, tra l’altro, su una media ampiezza delle barre e, di fronte ad eventi simili, occorre che i range ritornino normali, salvo accettare stop loss veramente molto ampi.

GOLD DICEMBRE 24

Abbiamo ora vissuto il ciclo scadente il 4 – 8 nov, di rango ben inferiore a quelli di luglio ( 2353 ) e di ottobre ( 2603 ) che ho evidenziato in giallo nei grafici settimanali e giornalieri allegati a questa Lettera.

Poiché il prezzo collegato a tale ciclo era poco sopra 2700 GOLD CASH e ci trovavamo nei pressi, valeva la pena di osservare bene queste 5 sedute.

Avevo scritto :

“Non sia mai che, per adempiere al tempo di inversione, scenda di pochi dollari, segnando un minimo -alto-, per salire ancora. Lo stop loss sarebbe in tal caso a 2603 GOLD CASH. Non intendo comunque comprarlo.”

GOLD è sceso parecchio sotto il prezzo collegato al tempo ( ha segnato 2643 cash ) e la settimana ha anche chiuso poco sotto il livello di 2700 che collegava il prezzo al tempo.

Il comportamento non farebbe pensare ad un minimo da comprare.

Se volessi sfruttare il segnale di presunta inversione ( segnato un minimo, quindi inversione al rialzo ) dovrei comprare vicino allo stop loss di 2643 CASH.

Vedremo il contegno di GOLD nella settimana entrante.

Devo ancora una volta ricordare che l’area di acquisto a basso rischio resta tra 1998 e 2088 USD.

Essendo un livello molto lontano, il ripiego può essere un acquisto non troppo sopra 2353 ( potrebbe essere circa 2400 GOLD CASH ), con stop loss non sotto 2277, in modo tale che l’eventuale perdita sia contenuta e consenta di eseguire un secondo acquisto nell’area a basso rischio.

GOLD comunque è molto sopra questi prezzi e quindi continuo a cercare una vendita in forza ( molto vicina a 2790 CASH ), da raddoppiare alla eventuale rottura di 2643 GOLD CASH.

Non ora.

SILVER DICEMBRE 24

In 10 gg è sceso da 34,86 a 30,84 usd ( un massacro ) , ben diverso dalla discesa lenta di GOLD.

Le aree di acquisto sono intorno a 30 usd, ma non vedo uno stop loss gestibile; poi intorno a 26 – 27 usd.

Giunti eventualmente in tale fascia, l’acquisto si potrà eseguire se SILVER traccerà un doppio – triplo minimo ove piazzare uno stop loss.

DOW JONES INDU CASH

Prima di prendere posizione sull’azionario U.S.A., era certamente prudente attendere che vi fosse il risultato delle presidenziali, che è stato esplosivo.

Volevo vendere sopra la solita trend line, vale a dire almeno vicino a 43000 di DJ CASH, dopo che si fosse capito l’esito del voto.

Eccomi accontentato; esito non disputato.

Aspiravo a vendere sopra 43000, siamo oltre 44000.

Avevo scritto :

L’impatto della scadenza dei cicli di 104 settimane da ott 2022 ( 28660 ) e di 52 settimane da ott 2023 ( 32327 ) probabilmente verrà vanificato dallo stato ipnotico pre – elettorale, ma non escludo che la loro rilevanza, provata statisticamente, possa estrinsecarsi dopo l’elezione.

Segnalo che 41704 è anche il nuovo minimo di ottobre, quindi la sua eventuale rottura avrà un discreto significato, sempre se ciò non avverrà prima di un esito elettorale definitivo.”

Lunedì 4 nov DOW JONES è sceso di un nulla a 41647 prima delle votazioni e poi TRUMP, dopo 8 anni, ha dato lo stesso boost del nov 2016.

Finora a 44157 DJ CASH.

Ci penso un po’.

NASDAQ 100 CASH

Benchè NAS 100 abbia fatto una impennata simile in termini percentuali a DOW JONES, la analisi tecnica mi indicava una possibilità di intervento proprio nel range da 20691 a 21100 circa, mentre non ho al momento alcun livello utilizzabile per DJ.

Quindi potrebbe essere che il primo intervento della Lettera sull’azionario U.S.A. avvenga su NAS 100 e non su DOW JONES.

Avevo scritto :

“Ho individuato segnali di tempo tra lu 4.11 e ven 15.11 – di medio impatto – ma ritengo che i cicli temporali possono essere sovrastati dalla significatività delle settimane elettorali.

Preferirei, per avere un livello di vendita non troppo basso, che NAS 100 restasse sopra il minimo di ottobre ( 19622 ) in queste due settimane piuttosto importanti, ma cercherò anche una strategia di riserva, giorno per giorno.

Comunque, prima di ragionare su una vendita in rottura, devo cercare una vendita in forza da 20691 a 21100. Non vi può essere un livello di stop loss attendibile, quindi l’operazione non è praticabile da questa Lettera.”

Rammentato quanto sopra, se la salita del 5 % avvenuta con la vittoria di TRUMP si fermerà non molto oltre 21100, cercherò una vendita in inversione di una barra giornaliera ( rottura del minimo di ogni giorno precedente, anche in outside ) sin da questa settimana 11 – 15 novembre.

Non praticabile dalla Lettera.

L’unico stop loss fondato oggettivamente sarebbe il top assoluto che sarà stato registrato prima della vendita.

Osserviamo insieme, senza fretta.

Leonardo Bodini