L’ULTIMO URRÀ

La Federal Reserve Bank of America (FED) ha annunciato la scorsa settimana un coraggioso ”doppio”taglio dei tassi d’interesse (non di 1/4 di punto come di solito, bensì di mezzo punto percentuale) e le borse di (quasi) tutto il mondo hanno celebrato l’evento con grande passione e nuovi record! Le mosse della FED orientano peraltro il comportamento di buona parte delle altre principali banche centrali non solo perché è l’emittente della principale valuta di scambio del mondo, ma anche perché ha influenza sul mercato finanziario più sviluppato del pianeta.

 


TUTTI APPLAUDONO

La notizia di per sé appare positiva, perché segue coerentemente gli annunci fatti durante l’estate dal governatore della FED e perché è stata accompagnata dalla dichiarazione di quest’ultimo di voler proseguire anche in futuro con l’abbattimento del costo del denaro. Essa tende così a normalizzare la politica monetaria stringente che si era resa necessaria a seguito di una lunga stagione di inflazione dei prezzi, combattuta con un forte ma tardivo rialzo dei tassi d’interesse, i quali hanno determinato un paio d’anni di “vacche grasse” per le banche e il sistema finanziario in generale, ovviamente a spese dell’industria e dell’economia reale.

L’elevato costo del denaro aveva poi iniziato a minare la sostenibilità degli ingenti debiti pubblici dell’Occidente, a partire da quello americano, la cui spesa per interessi è giunta a costituire una parte rilevante del totale della spesa pubblica. Il contesto generale era dunque tale che non appariva comunque possibile lasciare i tassi d’interesse a livello elevato ancora troppo a lungo.

UNA SITUAZIONE ANOMALA

Ciò nonostante l’economia americana non sembra averne sofferto troppo: il prodotto interno lordo è in crescita di circa il 3% annuo e i profitti delle imprese quotate a Wall Street non sono mai stati così alti. Non capitava da un trentennio che i tassi d’interesse venissero tagliati mentre i profitti aziendali continuano a crescere!


Ovviamente però affinché i mercati finanziari restino anche in seguito di buon umore molto dipenderà da ciò che succederà qualche tempo dopo

Nel grafico che segue viene infatti mostrato cosa succede di solito quando la banca centrale inizia a tagliare i tassi d’interesse nei due scenari: se una recessione economica è in arrivo oppure se non lo è. Come si può vedere nel primo caso in passato le borse sono calate di un 15-20% nei 12 mesi successivi, nell’altro sono salite.

LE DISCRIMINANTI DELL’OTTIMISMO

Dunque perché la borsa resti ottimista occorre concorrano una serie difattori a delineare una congiuntura positiva. L’evoluzione dei quali potrebbe corroborare la decisione di abbassare i tassi d’interesse con vigore oppure di fatto ridicolizzarla con il senno di poi. Eccone alcuni:

  • Le altre banche centrali seguiranno a ruota? Oppure queste ultime resteranno alla finestra con il risultato che lasceranno svalutare il dollaro favorendo soltanto le esportazioni americane?
    L’eccesso di liquidità che si riscontra sui mercati finanziari all’ingrosso potrà finalmente filtrare fino al livello delle piccole imprese e dei consumatori? O continuerà ad alimentare la bolla speculativa delle grandissime multinazionali tecnologiche quotate a Wall Street?
  • L’inflazione dei prezzi è davvero stata sconfitta o sta soltanto beneficiando di un vistoso ribasso di energia e materie prime?
  • La recessione è davvero stata evitata (in America, ovviamente: a casa nostra ce la siamo già beccata)? Oppure il calo dell’attività economica sta comunque arrivando e, anche stavolta, le banche centrali stanno solo prendendone atto in ritardo?
  • La disoccupazione resterà ai bassi livelli che hanno prevalso nel corso dell’anno o alla fine risalirà comunque? E di conseguenza il reddito disponibile per consumi resterà elevato? O viceversa?
  • I prestiti al dettaglio e alle piccole e medie imprese potranno finalmente essere più accessibili? O il calo dei tassi sarà presto compensato da maggiori commissioni bancarie a causa della scarsa concorrenza del settore finanziario?
  • Il mercato immobiliare potrà riprendersi in un regime di tassi più bassi? O i salari reali della classe lavoratrice sono rimasti così indietro rispetto all’inflazione che i consumi continueranno a ristagnare e alla fine gli investimenti immobiliari continueranno a ridursi nonostante il minor costo del denaro?

I PROFITTI AZIENDALI NON SONO MAI STATI COSÌ ALTI

Le borse insomma hanno bisogno di vedere all’orizzonte una serie crescente di profitti netti delle imprese quotate per poggiare il proprio ottimismo su basi solide e non soltanto sulle aspettative di sviluppi miracolosi dovuti alla nuova era dell’intelligenza artificiale.


Al momento tuttavia tali profitti netti restano ottimi, come si può vedere dal grafico qui sopra riportato, anche se per il futuro non è detto che le stime potranno restare altrettanto ottimistiche. La borsa di New York scommette sul cambio di paradigma che sarà provocato dall’intelligenza artificiale e i multipli di valutazione delle principali imprese Ivi quotate rimangono estremamente elevati soltanto perché il mercato sconta la prosecuzione di tali extra-guadagni.

Il tema della corretta valutazione dei titoli quotati appare dunque centrale: se le prospettive di reddito future non potranno risultare altrettanto rosee allora si può creare un divario da colmare tra il valore di capitalizzazione espresso dal mercato azionario e quello implicito (più basso) derivante dall’attualizzazione di minori utili futuri. Un divario che -a parità di inflazione attuale, oggi intorno al 2%- non potrà che essere colmato da un ribasso dei listini.

LA LIQUIDITÀ DEI MERCATI AZIONARI CORROBORA LE QUOTAZIONI

Un altro fattore che ha contribuito non poco alla storica corsa dei listini azionari è stato quello della cospicua liquidità gentilmente fornita al sistema dalle banche centrali. La liquidità In circolazione è stato infatti senza dubbio il fattore che più ha corroborato le meravigliose performances di molti titoli azionari e, ovviamente, anche delle cripto-valute. Nel grafico qui sotto riportato possiamo ad esempio vedere quanto le quotazioni del Bitcoin siano state legate sino ad oggi all’andamento della liquidità del sistema.


Anche se occorre precisare che la liquidità che affluisce ai gestori di patrimoni e ai loro intermediari dipende anche da altri fattori, quali ad esempio l’atteggiamento fiducioso dei risparmiatori e le aspettative macroeconomiche. Queste ultime sono alla base degli afflussi e deflussi di denaro da un paese all’altro e da una borsa all’altra. E come si può osservare qui sotto gli Stati Uniti d’America da quaranta anni a questa parte hanno drasticamente ridotto il tasso di risparmio e contano sempre di più sull’afflusso di risparmi dall’estero:


Ovviamente la liquidità affluita alla Borsa americana ha corroborato non poco le sue quotazioni. Ma quanto è ragionevole pensare che questa tendenza proseguirà indefinitamente?

I CICLI DEL CREDITO

Infine occorre notare che, negli ultimi decenni, più che cicli economici si sono soprattutto potuti osservare cicli del credito. La liquidità in circolazione cioè dipende non poco dall’appetito che i risparmiatori di tutto il mondo mostrano per i titoli a reddito fisso, i quali spesso sono antagonisti dei titoli azionari (quando ai primi affluisce cioè più liquidità la medesima viene sottratta ai secondi). Anche per questo motivo essa tende a oscillare piuttosto ciclicamente, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato, il quale peraltro potrebbe suggerire per il prossimo futuro dell’ulteriore ottimismo:


IL PERICOLO DI UNA RECESSIONE

Il quadro appare tuttavia ugualmente poco rassicurante. Se una recessione nei prossimi mesi dovesse comunque arrivare a manifestarsi anche negli Stati Uniti d’America (magari perché si è sviluppata nel resto del mondo e si propaga anche lì) allora probabilmente potremmo assistere a un calo di Wall Street (e di riflesso anche di quasi tutte le altre piazze finanziarie), non soltanto a causa del fatto che i profitti aziendali non potranno continuare a correre come hanno fatto sino ad oggi, ma anche e soprattutto perché molti investitori tornerebbero a privilegiare i titoli a reddito fisso, a scapito dei titoli azionari.

Un “soft landing” implicherebbe una riduzione della domanda tanto delle materie prime quanto dei prodotti finiti e questo tenderebbe a calmierare i prezzi (cioè l’inflazione), oltre che i profitti. In tale scenario è probabile che la banca centrale americana continuerà a far scendere vistosamente i tassi d’interesse (i soli sui quali ha una capacità esplicita di manovra: quelli a breve termine) ma questo non significherà che i tassi a lungo termine scenderanno altrettanto, e nemmeno che i titoli azionari continueranno a correre.


Anzi! Le loro quotazioni scontano infatti il flusso di flussi di cassa futuri, attualizzandoli sulla base dei tassi a lungo termine. Questi ultimi sono principalmente determinati dall’andamento delle quotazioni dei titoli di stato a lunga scadenza, la cui domanda è decisamente probabile che resti più debole della cospicua offerta.

LA DIVARICAZIONE DEGLI SCENARI

Se i tassi d’interesse a lungo termine impliciti nelle quotazioni dei titoli pubblici resteranno cioè elevati, è probabile che le valutazioni implicite delle imprese quotate a Wall Street risultino eccessive rispetto ai valori attuali. Certamente potremo vedere in tal caso una curva degli interessi di nuovo inclinata positivamente ma questo non significherà automaticamente delle performances positive delle borse! Nel grafico qui riportato si può vedere chiaramente come i tassi a lungo termine invece di scendere sono saliti!


Sui mercati si respira insomma aria da “ultimo urrà”, con molto ottimismo sulle performances a breve termine delle borse in attesa che si concluda positivamente un anno elettorale (fatto che sicuramente ha inciso sulla decisione della FED di tagliare i tassi con decisione), ma senza troppe speranze circa che quello che potrebbe succedere dopo la conclusione delle elezioni presidenziali americane.

Godiamoci dunque il momento magico ma, al tempo stesso, teniamo conto per tempo dell’opportunità di un’ampia diversificazione dei portafogli !

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 91 – sa 21 sett 2024

Operazioni in essere : nessuna.

Lunedì 16 sett è stato stoppato a 41700 1 SETT MICRO DJ che era stato venduto venerdì 13 sett a 41200.

Operazione durata poche ore, con una perdita di 500 punti x 0,5 USD pari a 250 USD ( 228 EURO )

Premessa

Avevo scritto : “invito i lettori a dirigere la propria attenzione alla rubrica dedicata al DOW JONES, rileggendo con pazienza anche la riproposizione di stralci della Lettera precedente. Questo Mercato tra 39993 e 41600 circa forse sta giocando una partita importante. Se così fosse, prima di scegliere in che verso andare, dovrà sballottare gli operatori cercando di bruciare gli stop loss agli estremi di questo range.”

Sembra sia così.

Di certo non compero DOW JONES sopra la trend line alla quale appare magnetizzato da ott 2022.

GOLD DICEMBRE 24

GOLD, dopo che nella settimana 9 – 13 settembre ha rotto i top “piatti” delle tre settimane precedenti tracciando una grande barra di 100 usd ( 2485 – 2586 CASH ), ha spinto molto forte.

Posso stare fuori, oppure inserire un acquisto nella fascia da 2530 a 2485 CASH, con stop loss a 2470 CASH.

Attendo l’eventuale ritracciamento.

SILVER DICEMBRE 24

In dieci sedute è volato da 27,70 a 31,40 con una salita di 13,35 %.

Ingestibile.

Segnalo che ha rotto dopo 15 settimane la linea di top calanti

32,51

31,75

30,18

e questo è un segnale oggettivo di ritrovata forza.

E’ ragionevole che il livello di 28,57 circa da tetto sia divenuto supporto, con possibilità di un long tra 28 e 29 USD, con stop loss pari al recente minimo di 27,69.

Vedremo se scenderà a tale livello.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“il livello di circa 40000 DJ CASH è già un primo ostacolo alla discesa e, se questo Mercato vorrà complicare il quadro grafico al massimo livello, potrebbe :

già lu 9 settembre aprire alle 15.30 ora italiana in gap down intorno a 40000, indugiare brevemente intorno a tale livello e poi salire fino a 41000 – 41500 durante la settimana 9 – 13 settembre, per poi scendere, anche pesantemente.

Ma sarebbe un disegno veramente dispettoso.

Purtroppo DOW JONES, con 2 gg di ritardo rispetto alla mia ipotesi, ha toccato 39993 cash e, come fulminato da tale livello, è schizzato su oltre 41500, chiudendo venerdì sera ai massimi.

E’ stato peggio che dispettoso.

DOW JONES ha espulso operatori posizionati al rialzo sfiorando 40000 e poi quelli posizionati al ribasso a 41700 ( compreso me, personalmente e in quanto Lettera N. 90 ), dopo un outside mensile rialzista in agosto e un outside settimanale rialzista il 9 – 13 settembre.

Come ho già detto, se poi dovesse rompere al ribasso 39993 prima e 38499 poi, smonterebbe qualsiasi manuale di analisi tecnica.

Stiamo a vedere.

NASDAQ 100 CASH

Prosegue la sua debolezza rispetto a DOW JONES.

NAS 100 sta provando ad interrompere la linea dei top decrescenti e, per darne evidenza, allego un grafico giornaliero.

Attendo che offra una figura utilizzabile.

Considerazione finale, limitata ai Mercati azionari

Sulla carta tutto è a loro favorevole :

– le elezioni U.S.A. presentano statistiche molto favorevoli per i 60 gg che le precedono;
– eletto il presidente, deve partire il rally di Natale;
– è iniziato un ribasso dei tassi, che sembra mondiale, corale e sincrono;
– i titoli del NAS 100 dopo rapide discese a rotazione, si difendono meglio.

Sarà tutto vero, ma non mi sorprenderei se il grande W. Buffet proseguisse a fare cassa.

Dovrò avere un po’ della sua visione rallentata dello scenario complessivo e per questo, ritengo, molto più lucida e cercare livelli motivati per comprare ( mi auguro che GOLD offrirà un ingresso prima o poi ) oppure stop loss di ampiezza ridotta e gestibile per vendere.

Leonardo Bodini

 




RIPARTE IL RISIKO BANCARIO EUROPEO

La notizia della possibile acquisizione di Commerzbank da parte di UniCredit ha rilanciato le attese del mercato finanziario per una ripartenza complessiva delle fusioni e acquisizioni in tutta Europa, non soltanto perché è quanto invoca la Banca Centrale Europea, bensì anche per una serie di motivi strutturali qui esaminati, i quali fanno sì che -a nostro avviso- la giostra delle compravendite di banche -sonnecchiante fino alla prima metà dell’anno- non possa che riprendere invece a correre.

 

IL CALO DEI TASSI D’INTERESSE FARÀ SCENDERE GLI UTILI DELLE BANCHE?

Dopo una lunghissima attesa per la discesa dell’inflazione che tardava ad arrivare è finalmente stata inaugurata l’era dei “tagli” dei tassi d’interesse da parte delle principali banche centrali, anche perché oggi sono più diffusi che in passato i timori (o i dolori, dove è già successo) dei danni che possono derivare dalla recessione economica. Ma mentre è probabile che la recessione non colpirà tutti i territori e tutti i settori industriali allo stesso momento e nello stesso modo (gli Stati Uniti d’America ad esempio sembrano particolarmente resilienti alla prospettiva di una recessione, quelli dell’Unione Europea sembrano invece esserci già dentro da tempo), è già molto chiaro che l’ondata di riduzione dei tassi d’interesse sembra oggi propagarsi in giro per il mondo in modo molto più veloce e uniforme.

Ora dunque tutti si chiedono se -insieme ai tassi d’interesse- scenderanno parimenti anche i profitti degli istituti di credito, i quali hanno molto beneficiato del paio d’anni di inflazione e tassi elevati. E adesso che le banche centrali hanno iniziato a muoversi davvero i grandi investitori hanno avviato la cessione di buona parte dei titoli azionari di banche e finanziarie da loro posseduti, anche per prendere beneficio delle supervalutazioni raggiunte.

I GRANDI INVESTITORI VENDONO I TITOLI BANCARI

E’ ad esempio cronaca di questi giorni la cessione di una quota importante di Bank of America da parte della Berkshire Hathaway di Warren Buffett per circa 7 miliardi di dollari. Così come sono balzate alla ribalta della cronaca le decisioni di vari governi europei di cedere le loro partecipazioni in grandi istituti di credito nazionali: quello olandese di in Abn Amro, quello italiano in Monte Paschi, quello inglese in NatWest e quello federale tedesco in Commerzbank.

LA RICERCA DI MAGGIORI DIMENSIONI

Non è poi così scontato prevedere di quanto scenderanno i profitti delle banche, dal momento che molte di esse godono di posizioni oligopolistiche e che la contrazione del loro margine d’interesse potrebbe essere compensata dalle plusvalenze sul portafoglio titoli, dall’efficientamento della gestione che potrebbe derivare dall’intelligenza artificiale e dalla specializzazione in particolari comparti.

Ma è anche sempre più chiaro che -nel nuovo scenario- a mantenere elevati profitti saranno quasi soltanto gli istituti di credito di maggiori dimensioni, che potranno compensare il calo dei margini con le economie di scala dei costi e la più elevata stabilità degli utili che può provenire dalla diversificazione territoriale.

LE ECONOMIE DI SCALA E LE NECESSITÀ EUROPEE

Questo sembra essere il motivo principale per il quale potrebbe essere tornato il momento della ripresa della giostra di fusioni e acquisizioni tra banche e istituti finanziari/assicurativi, Ivi comprese le cosiddette ”fabbriche di prodotto” che afferiscono loro, ciascuna delle quali necessita di poter raggiungere una notevole massa critica per raggiungere un elevato grado di efficienza. Molti istituti di credito insomma stanno prendendo atto del fatto che, senza incrementare le loro dimensioni aziendali, non potranno restare competitivi e reggere le sfide che si profilano.

Così come il rapporto Draghi, venuto alla luce nei giorni scorsi, sembra andare nella medesima direzione: saranno necessari istituti di credito di grandi dimensioni per supportare l’ingente mole di investimenti da lui sollecitata al fine di permettere all’Euro-zona di riprendere un cammino di sviluppo economico. E poi chi, come UniCredit, ha guadagnato una super-valutazione dei propri corsi azionari, oggi cerca di sfruttare la propria ingente capitalizzazione per tentare una fusione importante, conscio del rischio che di qui a poco tempo essa possa ridursi.

 

LA NECESSITÀ DI AGIRE “CROSS-BORDER”

Anche la diversificazione territoriale potrebbe risultare premiante in vista di una maggior integrazione bancaria europea, dal momento che le migliori opportunità di aggregazione per le banche dell’Unione potranno risultare al di fuori dei propri confini nazionali. Il Caso Commerzbank sembra rispondere appieno a questa logica: sembra infatti che il governo federale tedesco prima che all’Unicredit abbia offerto il proprio pacchetto di azioni alla Deutsche Bank, tra l’altro uno dei maggiori istituti di credito d’Europa, ma questi abbia rifiutato anche per la scarsa prospettiva di sinergie di costo che poteva emergere dall’unione di due istituti che primeggiano nel medesimo territorio.

ANDREA ORCEL
UniCredit tra l’altro aveva già superato i confini territoriali della Germania da diversi anni e ha mostrato di saper fare anche su quel territorio ottimi profitti. Dal punto di vista del suo leader, Andrea Orcel, non è stato dunque mal investito il miliardo e mezzo di euro che è costata la partecipazione del 9% raggiunta nell’istituto di Francoforte sul Meno, di cui una metà acquisita dal governo e l’altra in borsa.

L’ESCA DELLA BASSA VALUTAZIONE DI COMMERZBANK

Perciò la valutazione del 100% alla quale è stata acquisita la quota di Commerzbank è all’incirca 16 miliardi di Euro. Anche ipotizzando un premio del 20% per riuscire ad acquisirne il restante 16% (prima della soglia dell’OPA e, verosimilmente, della proposta di OPS da parte di UniCredit) parliamo di una valutazione di Commerzbank nell’ordine di 19-20 miliardi di euro, contro un patrimonio netto di quest’ultima di circa 25 miliardi di euro. Un buon affare dunque, a partire dal valore degli asset in palio.

UNICREDIT È GIÀ FORTE IN GERMANIA

In realtà poi UniCredi non ha soltanto beneficiato della sua mossa a sorpresa per il balzo del 15% che le azioni Commerzbank hanno fatto subito dopo l’annuncio, e nemmeno soltanto per la possibilità di esprimere immediatamente un nuovo management in Germania, già attivo nella gestione della divisione tedesca di UniCredit, quello di HypoVereinsBank (HVB), dopo che il vertice di Commerzbank aveva annunciato il suo prossimo ritiro. In realtà il ramo tedesco di UniCredit, la HVB (che conta per circa il 20% degli asset di UniCredit) mostra una redditività sul capitale investito del 20% contro quella del 7% di Commerzbank: dunque è verosimile pensare che il management tedesco della HVB, una volta al comando di Commerzbank possa raggiungere risultati decisamente migliori del pregresso nel gestirla.

LA POSSIBILITÀ DI UN’OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO

Il vero asso nella manica di UniCredit consiste tuttavia nella possibilità di risultare credibile nel proporre, dopo che fosse riuscito ad acquisire altre azioni Commerzbank sino alla soglia dell’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA), una fusione tra i due istituti, beneficiando dell’ottimo livello di capitalizzazione che ha accumulato, a fronte di multipli decisamente inferiori di capitalizzazione della Commerzbank, dovuti alla minor capacità di esprimere crescita e profitti (oggi UniCredit può contare su una redditività sostenibile dell’ordine di 10 miliardi l’anno).

LE ALTRE CANDIDATE DEL RISIKO BANCARIO

Il punto che risulta più interessante però non è sapere se una banca italiana riuscirà a vincere le resistenze sindacali tedesche nei confronti dell’acquirente o se riuscirà a mettere insieme in tempo un pacchetto di azioni che gli possa permettere di proporre la fusione, bensì il fatto che a livello più generale altri istituti non potranno che muoversi parimenti, a pena di non poter mantenere gli attuali livelli di capitalizzazione di borsa.

Parliamo ad esempio di una delle principali banche europee – il Credit Agricole– che già possiede una quota del 10% nel capitale del Banco BPM, piuttosto che del gruppo Unipol-BPE, che sembra candidato all’integrazione con il Monte dei Paschi di Siena. Così come la spagnola Santander che sembra pronta a digerire il boccone della francese Société Génerale.

Al momento le più grandi banche europee sono le seguenti:

  1. ING Bank
  2. Lloyds Banking Group
  3. Barclays Plc
  4. Groupe BPCE
  5. Societé Générale SA
  6. Deutsche Bank AG
  7. Banco Santander SA
  8. Crédit Agricole Group
  9. BNP Paribas SA
  10. HSBC Holdings PLC
  11. UBS Group
  12. UniCredit SpA
  13. Crédit Mutuel Group
  14. Intesa SanPaolo SpA
  15. Royal Bank of Scotland Group PLC
  16. Credit Suisse Group
  17. Banco Bilbao Vizcaya Argentaria
  18. Standard Chartered PLC
  19. Rabobank
  20. Nordea Bank.

GLI INGENTI INVESTIMENTI NECESSARI IN INTELLIGENZA ARTIFICIALE

La ragione della possibile corsa che potrebbe scatenarsi in Europa non sta peraltro soltanto nella ricerca di motivi per poter sostenere gli ingenti incrementi nella capitalizzazione di borsa degli istituti di maggiori dimensioni, bensì principalmente nella necessità di poter sostenere e “giustificare” gli ingenti investimenti nell’iper-digitalizzazione richiesti dall’introduzione delle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale, essenziali per poter esprimere il massimo livello di competitività.

IL VALORE IN MLD DI $ DEGLI INVESTIMENTI IN ARTIFICIAL INTELLIGENCE DELLE BANCHE
A livello dimensionale infatti i maggiori istituti bancari del mondo (JPM, ICBC, BOFA, CCB, ABC, BOFC, HSBC, WELLS F., GOLDMAN S., MORGAN S.) non si trovano nell’Eurozona bensì in America e in Asia. Ed è evidente che costoro avranno, a bocce ferme, molto maggiori possibilità di evolvere nelle tecnologie innovative rispetto alle loro concorrenti europee.

Stefano di Tommaso

 




APPUNTI DI TRADING

N. 90 – sa 14 sett 2024

Operazioni in essere : venerdì 13 sett venduto 1 SETT MICRO DJ a 41200, ora con stop loss a 41700

Nota bene : invito i lettori a dirigere la propria attenzione alla rubrica dedicata al DOW JONES, rileggendo con pazienza anche la riproposizione di stralci della Lettera precedente. Questo Mercato tra 39993 e 41600 circa forse sta giocando una partita importante.

Se così fosse, prima di scegliere in che verso andare, dovrà sballottare gli operatori cercando di bruciare gli stop loss agli estremi di questo range.

GOLD DICEMBRE 24

Avevo scritto :

“Da metà agosto il grafico giornaliero di GOLD CASH espone uno zig zig erratico tra 2470, doppio minimo e 2530, triplo massimo e questo “ non trend” suggerisce di non operare. Deciderà da che parte uscire rispetto a questo range di soli 60 USD e rianalizzerò.”

GOLD sembra aver deciso di uscire al rialzo, non prima di aver “assaggiato” a 2485 la parte bassa del range 2470 – 2530 CASH

Sottolineo che nella settimana 9 – 13 settembre GOLD ha rotto i top “piatti” delle tre settimane precedenti tracciando una grande barra di 100 usd ( 2485 – 2586 CASH )

Dopo questa uscita escludo assolutamente di vendere; non vi sarebbe alcun livello oggettivo di stop loss.

Posso stare fuori, oppure inserire un acquisto nella fascia da 2530 a 2485 CASH, con stop loss a 2470 CASH.

Attendo l’eventuale ritracciamento.

SILVER DICEMBRE 24

Nell’ultima settimana è volato da 27,70 a 30,92 con una salita di 11,6 %.

Ingestibile.

Segnalo che ha rotto dopo 15 settimane la linea di top calanti

32,51

31,75

30,18

e questo è un segnale oggettivo di ritrovata forza.

E’ ragionevole che il livello di 28,57 circa da tetto sia divenuto supporto, con possibilità di un long in tale area con stop loss pari al recente minimo di 27,69.

Vedremo se scenderà a tale livello.

DOW JONES INDU CASH

Due clienti – lettori mi hanno chiamato mercoledì sera quando DOW JONES CASH è sceso a 39993, per poi schizzare rapidamente in alto, chiedendo se ero contento che avesse raggiunto il supporto indicato nella N. 89 ( anche se non avvenuto già alla apertura di lunedì 9.9 )

Sì e no.

Fa piacere aver ipotizzato un livello di supporto che poi scatena una inversione così ampia, ma la facilità con cui DOW JONES tra merc 11 e ven 13 ha ripercorso al contrario tutta la settimana 2 – 6 settembre riagganciando la più volte citata trend line da 28660 ( ott 2022 ) mi impressiona non poco.

Invito a rileggere quanto avevo scritto ( non annoiatevi, tornerà utile ai lettori pazienti ):

“DJ continua a sentire molto la forza di attrazione della nota trend line tracciata dal minimo di ott 2022 , il cui ritracciamento al 50 % è stato sfiorato una sola volta in ott 2023 e mai più avvicinato…………………..

Potrebbe bastare per fermarsi, ammirare le indubbie qualità estetiche di questo doppio massimo e tornare un po’ indietro.

…………………….mi chiedo se l’outside rialzista di agosto possa scatenare, come nei casi evidenziati in giallo un importante movimento ( rialzista ), oppure se la eventuale, ora quasi non immaginabile, rottura del minimo di 38499 sia il vero punto di interesse.”

e infine :

la situazione attuale di DOW JONES secondo me è molto particolare e questo indice deve sbrigarsi a riavvicinare la trend line tracciata da ott 2022.

Ritengo che abbia a disposizione solo 4 – 6 giorni; se ci riuscirà, forse sarà riuscito ad annullare un pattern veramente brutto.

Diversamente, se la discesa partita mart 3 settembre ( lu 2 sett U.S.A. chiuso per Labour Day ) proseguisse oltre mart 10 – merc 11 settembre, ritengo probabile una accelerazione al ribasso. Fuori dalla Lettera, che è settimanale, cercherò in qualche modo di gestire giorno per giorno questo quadro per profittarne, ma ovviamente esprimere una strategia che possa reggere da lu 9 a ve 13 sfiora l’impossibile.

………………………………..Quella che segue è una osservazione molto personale, che non ha conseguenze operative per la Lettera :

il livello di circa 40000 DJ CASH è già un primo ostacolo alla discesa e, se questo Mercato vorrà complicare il quadro grafico al massimo livello, potrebbe :

già lu 9 settembre aprire alle 15.30 ora italiana in gap down intorno a 40000, indugiare brevemente intorno a tale livello e poi salire fino a 41000 – 41500 durante la settimana 9 – 13 settembre, per poi scendere, anche pesantemente.

Ma sarebbe un disegno veramente dispettoso.”

Purtroppo DOW JONES, con 2 gg di ritardo rispetto alla mia ipotesi, ha toccato 39993 cash e, come fulminato da tale livello, è schizzato su oltre 41500, chiudendo venerdì sera ai massimi.

E’ stato peggio che dispettoso.

La Lettera ha venduto venerdì 13 pomeriggio 1 SETTEMBRE MICRO DJ a 41200, ora con stop loss a 41700

Se in settimana la vendita non verrà stoppata, verrà rollata entro gio 19.9 sul contratto dicembre che vale circa 400 punti in più.

Infatti ven 20.9 scadrà il contratto di sett 2024.

Il Mercato è salito anche ( poco ) oltre 41500 CASH e ha chiuso ai massimi, andando una ennesima volta a riagguantare la trend line.

Francamente, dopo che DOW JONES sta sballottando nelle due direzioni, con outside mensile rialzista in agosto e con outside settimanale rialzista il 9 – 13 settembre, se poi dovesse rompere al ribasso 39993 prima e 38499 poi, smonterebbe qualsiasi manuale di analisi tecnica.

Immagino che non lo farà, ma mi limito a tenere lo stop loss a 41700 e non aggiungo altri ordini di vendita.

Stiamo a vedere.

NASDAQ 100 CASH

Prosegue la sua debolezza rispetto a DOW JONES.

Mentre DJ continua a riagguantare la trend line martellando l’area 41500, NAS 100 segna massimi decrescenti, pur con barre giornaliere di percentuale pericolosa, come nell’outside rialzista di merc 11.9

Mi concentro quindi su DJ.

Leonardo Bodini