AMAZON PIGLIA TUTTO

Con l’ultima acquisizione annunciata: la più famosa catena di americana di supermercati per cibi biologici, il gigante del commercio online Amazon, una delle società con la maggior capitalizzazione al mondo, mostra la sua voglia di ridefinire il commercio online arrivando anche a vendere cibo di ottima qualità a due passi dall’abitazione della maggior parte dei suoi clienti americani.

 

Adesso che un operatore commerciale come Amazon, caratterizzato da una gamma vastissima di prodotti, da prezzi bassi (in virtù del fatto che lavora tramite internet) da un dialogo diretto con la propria clientela registrata e, per questo, da una grande conoscenza della medesima, salta il confine della distribuzione fisica per divenire un concorrente diretto delle altre grandi catene di supermercati, il mercato finanziario sembra pronto a scommettere che per queste ultime i giorni sono davvero contati!

Esistevano in passato delle segmentazioni commerciali che distinguevano tre tipi di operatori della GDO (grande distribuzione organizzata): i negozi di cibi biologici (i migliori e più cari), i supermercati e gli ipermercati (con una gamma molto ampia di prodotti e prezzi medi) e i discount stores (che offrono una scelta ridotta, una qualità non eccelsa e i prezzi più bassi). Immaginate un operatore che si propone con il meglio di ciascuna categoria: una gamma vastissima di prodotti, i prezzi più bassi del mercato e la miglior qualità possibile. Eccezionale nevvero?

Ecco cosa potrebbe significare per la sua diretta concorrenza la combinazione che Amazon intende proporre al numero sterminato di suoi affezionati clienti che già la utilizzano come banca (ovviamente online), che già la utilizzano per i servizi di internet e cloud computing, che già ne apprezzano l’offerta televisiva, l’immensa libreria online, tutte le altre proposte commerciali che vanno dagli elettrodomestici all’abbigliamento, con i servizi di consegna a domicilio in una o due ore (per ora solo nelle grandi città).

Ecco anche quale modello dovrebbero seguire i suoi concorrenti se volessero azzardarsi a contrastarla, a tutto beneficio del consumatore che può trovare ogni genere di risposta alle sue esigenze quotidiane praticamente con un solo operatore come Amazon.

Adesso si spiegano meglio gli enormi investimenti in logistica che Amazon ha dispiegato in tutti i principali paesi del mondo, senza i quali sarebbe più difficile mantenere le proprie promesse di efficienza e convenienza. Si inizia a vedere la prospettiva completa della strategia “piglia tutto” di Amazon: ridefinire le modalità e i sistemi distributivi nel mondo civile unificandoli sotto un’unica insegna per allargarne la sfera di azione e guadagnare dal dialogo diretto con i consumatori e dai costi più bassi che il nuovo sistema può consentirle.

Ovviamente l’occupazione non potrà che calare nella distribuzione organizzata (come nelle banche, negli altri negozi, nei servizi online di peggior qualità e nell’immobiliare), per far posto a magazzini sempre più efficienti e automatici e a un maggior numero di bloggers, tecnici informatici ed elettronici, e costruttori di nuovi sistemi di trasporto automatico.

Ma questo è il progresso, ragazzi! La battaglia dei Luddisti è sempre stata persa in partenza. Il dilemma sta tutto nella scelta tra l’accettarlo, il conviverci e cercare di guadagnarci, oppure scansarlo, rimandarlo, rifiutarne gli svantaggi e, alla fine, inevitabilmente perderci!

 

Stefano di Tommaso




IL DILEMMA DEI MERCATI

Tanto tuonò che piovve: le borse si avviano a una correzione. Ma quanto importante?

 

Le borse europee tengono botta galleggiando su di un sostrato di maggior liquidità e ottimismo, quelle asiatiche e americane sentono tuttavia franare il terreno sotto i piedi e, soprattutto, i titoli più colpiti dal bradisismo della correzione dei mercati sono quelli che sino a ieri avevano dato le maggiori soddisfazioni: i tecnologici. Per assurdo la loro parabola ha seguito da vicino quella delle fortune politiche di Donald Trump, che -se vogliamo ascoltare i media- sembrava invece il loro più acerrimo rivale.

 

Persino le banche centrali, che negli ultimi mesi stanno facendo di tutto per rendersi prevedibili, affidabili e di supporto alla crescita economica, stavolta deludono il mercato, dal momento che tirano dritto per la loro strada anche quando -dato il momento di dubbi, soprattutto geo-politici- ci si poteva aspettare anche da parte loro qualche dubbio o qualche temporeggiamento in più sulla fine degli stimoli monetari e il ritorno a un livello di tassi di interesse più elevati del “quasi zero” che è andato in onda per qualche anno.

I banchieri centrali sanno di avere pochi strumenti a disposizione per il momento in cui la fine del ciclo economico positivo si manifesterà. E per questo motivo (oltre che per far contenti i loro azionisti: i banchieri commerciali) vogliono riportare più in alto l’asticella dei tassi. Ovviamente non possono farlo con una “doccia fredda” come dicono gli Inglesi e -per descrivere il programma di normalizzazione intrapreso- la Yellen l’altro ieri si è lasciata scappare una metafora tipicamente anglosassone, dicendo che: sarà noioso come “osservare la vernice che si asciuga”. La stessa cosa succederà ai mercati finanziari?

Ma se l’inflazione indietreggia, il prezzo dell’energia rimane più stabile di un monolite di granito, la dinamica salariale non s’incendia, la crescita economica mantiene il suo ritmo e, addirittura, i rendimenti dei titoli obbligazionari scendono, i mercati si chiedono per quale motivo le banche centrali dovrebbero tirar dritto “a prescindere”? Qui però le cose si complicano perché-si sa- i banchieri perseguono tutti il mito della “forward guidance” cioè della capacità di influenzare il corso degli aventi sulla base della credibilità dei propri annunci e, se avevano annunciato per tempo qualcosa per l’intero 2017, allora vogliono far vedere che non scherzavano. Nemmeno quando il “mood” è cambiato e quel programma non piace più.

LA VERA QUESTIONE RIGUARDA LA CRESCITA ECONOMICA GLOBALE

La delusione che proviene dai banchieri centrali tuttavia può contribuire a intonare negativamente gli animi, può alimentare l’aspettativa che si ridurrà la grande liquidità che sino ad oggi ha sostenuto i mercati, ma non può spiazzare gli investitori più di tanto se il resto del quadro economico generale non cambia davvero. Anche perché la liquidità dei mercati è alimentata comunque in modo consistente dal flusso rilevante di profitti e dal moltiplicatore globale del credito.

E qui però casca l’asino! Quali sono dunque le reali prospettive per l’economia globale? Gli analisti finanziari ritengono che il destino delle borse nei prossimi mesi dipenda principalmente dalla risposta che la maggioranza degli operatori riuscirà a darà su questa domanda. Il sottoscritto piuttosto di recente si è espresso inequivocabilmente in termini positivi al riguardo (si legga l’articolo “Red Shift” cliccando sul seguente link: http://giornaledellafinanza.it/2017/06/05/red-shift/).


Ma il dibattito scende poi in profondità in relazione all’impatto che le nuove tecnologie potranno avere in termini di spiazzamento dei lavoratori che dovrebbero riuscire a riorientarsi per da seguito alle esigenze dei datori di lavoro da una parte e in termini di avanzamento della produttività del lavoro dall’altra. Anzi: gli interrogativi proseguono in termini di impatto inflazionistico che ne può conseguire e arriva a toccare l’affidabilità delle rilevazioni statistiche su cui si basano le politiche economiche e la loro capacità di tener conto dei fenomeni della sharing economy o del commercio online.

E qui la nostra narrazione si ferma: se accettiamo il principio che nell’immediato non conta tanto ciò che sta succedendo davvero bensì quello che la maggioranza degli operatori ritiene plausibile, ecco che il dilemma dei mercati si materializza in tutta la sua consistenza, lasciando ulteriormente spazio ad un corollario: l’indeterminatezza del movimento dei mercati in corso sussisterà sino a quando non potranno emergere informazioni più complete circa le tendenze economiche di fondo.

WHAT NEXT?

Aspettiamoci perciò un’estate intera di tentennamenti anche se, a modesto avviso di chi scrive, non ci sono catastrofi all’orizzonte. È chiaro che se l’oceano pacifico dei mercati si increspa un po’, allora i risultati delle puntate di Borsa dipenderanno moltissimo dal momento in cui si è entrati su un titolo e da quello in cui se ne esce. Ben più di un operatore sta solo aspettando infatti qualche storno per trovare buone occasioni d’acquisto e questa mi fa ragionevolmente pensare che il mio ottimismo non sia del tutto arbitrario!

 
Stefano di Tommaso




È IN ARRIVO UN NUOVO CRASH DELLE BORSE?

Il Professor James Rogers, (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Jim_Rogers) storico socio di SOROS, fa o suoi interessi nello sperticarsi in queste profezie (per poter affermare un giorno: io l’avevo detto) ma in realtà ogni anno le Borse prima o poi scendono, per poi tornare a crescere!

 

JIM ROGERS: The worst crash in our lifetime is coming

 

È vero: esiste il pericolo che dalle vette più alte mai raggiunte dai mercati sino ad oggi si possa inciampare e precipitare rovinosamente. Certamente, più in alto ci si è spinti e più precipitoso potrebbe essere il ruzzolone! Più si è gonfiata la bolla speculativa dei mercati e più sonoro potrebbe esserne lo scoppio!

È altrettanto vero però che i mercati sono giunti da tempo a quelle vette, i portafogli degli investitori sono stati fatti “rotare” diverse volte (passando da alcune “asset class” che generavano tanta cassa ad altre che promettono tanta crescita). A molti risparmiatori sono stati proposti investimenti alternativi e beni-rifugio, molto terrorismo è stato fatto circa la Brexit, l’impeachment di Donald Trump e l’eccesso di debito cinese, ma ciò nonostante i mercati non sono apparsi mai tanto tranquilli come in questo periodo.

PERCHÉ LE BORSE VOLANO ALTE

I motivi? Se vogliamo parlare il linguaggio dei tecnici: tanta liquidità innanzitutto, ma anche molte altre buone notizie per l’economia mondiale, i profitti delle società quotate, la scarsezza di alternative valide, la mancata ripresa dell’inflazione ma anche la scomparsa dello spettro della deflazione, il venire meno dei timori di crollo delle economie dei paesi emergenti… eccetera, eccetera, eccetera!
La verità terra-terra è tuttavia forse molto più adeguata a spiegare cosa sta succedendo alle borse: il più prolungato periodo di pace globale della storia dell’umanità, il più marcato salto di qualità della scienza e della tecnica che si sia mai verificato e la più elevata popolazione mondiale mai registrata sul pianeta sono tutti meravigliosi fattori di crescita “sistemica” delle risorse economiche, dei valori aziendali, dei diritti di sfruttamento delle tecnologie.
Quel che ne consegue è che le aziende generano cassa, fanno profitti, investono nel futuro, distribuiscono dividendi e formano nuove leve di dirigenti e operai super-specializzati. I mercati finanziari non possono ignorare la cosa: essi registrano nuovi record man mano che tutti hanno capito che per fare soldi devono riuscire a detenere attività finanziarie e profittare dalle medesime.

È UNA BOLLA SPECULATIVA?

Il fenomeno straordinario cui assistiamo è ovviamente al tempo stesso anche una bolla speculativa pericolosa, ma non mancano le ragioni per cui la medesima si alimenta. Può scoppiare? Certo che sì, ma dipende anche da tutto quel che gli succede intorno: i “vigilantes” delle frodi fanno bene il loro mestiere? le banche centrali si dimostrano credibili e sagge? i governi sostengono le classi più povere e al tempo stesso assicurano il sottostrato di infrastrutture e semplificazioni burocratiche necessarie affinché le imprese non smettano di prosperare?
Se la risposta è sì avremo poco da temere: ridimensionamenti e nuove rotazioni dei portafogli, alti e bassi più o meno marcati e nuovi miti tecnologici o modaioli li agiteranno sicuramente, ma non dovrebbero riuscire a scuotere una quercia più solida di prima: l’economia globale sembra in realtà rafforzarsi.
Se la risposta è invece negativa, se nuove guerre, nuove follie politiche, nuove concentrazioni eccessive di potere e ricchezza provocheranno scossoni, conflitti, scontri sociali o più semplicemente errate allocazioni delle risorse, allora ci sarà molto più da temere per le borse, che non potranno non tenerne conto.
È perciò il partito della guerra quello che dobbiamo tenere davvero, il complotto globale, la devianza delle istituzioni, la corruzione in generale e l’ingiustizia in particolare. Il vero pericolo è che questo meraviglioso momento storico di straordinaria crescita economica e scientifica dell’umanità abbia termine, Dio non volesse anche bruscamente. Allora le cornacchie avranno avuto ragione da vendere! È possibile, ma non direi che sia così probabile.


Stefano di Tommaso




GUERRE: DALLA “BELLE ÈPOQUE” AI GIORNI NOSTRI

La Storia ci mostra che la gestazione di una guerra, se mira a influenze e profitti su altre zone, dura spesso alcuni anni: bisogna confrontarsi con gli interessi di altri e curare alleanze strategiche. Oggi stiamo assistendo ad episodi che sembrano ribaltare vecchi giochi di alleanze; si va verso una guerra “seria”? Si cerca un casus belli?

 

Anche la prima guerra mondiale ebbe una lunga gestazione, con intese e accordi lungo l’arco della bella époque, celati dietro di essa. Si dice “belle époque”, e si pensa subito a Parigi; Si dice “belle époque”, e si pensa subito alle ballerine del Moulin Rouge, ai gaudenti tra feste e tavoli da gioco; un epoca senza pensieri, insomma. Ma parleremo, invece, della belle époque palermitana, dal lusso mille volte superiore a quello parigino, e molto meno plebea.

La belle époque, dall’ultimo decennio dell’Ottocento sino alla prima guerra mondiale, vide molte novità e la loro diffusione, che resero più bella la vita: l’illuminazione elettrica, la radio di Guglielmo Marconi, la diffusione del telefono, il primo volo dei fratelli Wright, l’automobile, il cinematografo, l’art nouveau, le grandi esposizioni, le grandi navi da crociera.

Molto probabilmente quelle innovazioni contribuirono a cambiare il mondo e, con esso, gli equilibri politici pre-esistenti.

Qualcuno ha voluto considerare l’affondamento del Titanic nel 1912 come la fine della belle époque. Ma in realtà fu la prima guerra mondiale a spazzare via tutto. I testi di Storia scolastici ci hanno banalmente raccontato che la guerra scoppiò perché il 28 giugno del 1914 a Sarajevo furono assassinati l’arciduca d’Austria, ed erede al trono, Francesco Ferdinando e la moglie Sofia. Un mese dopo l’imperatore Francesco Giuseppe dichiarò guerra alla Serbia, e la catena di interventi da parte di altre Nazioni a seguito di varie alleanze porterà ad una ecatombe di quasi dieci milioni di soldati e cinque di civili, con la mobilitazione di settanta milioni di soldati. Ma l’attentato di Sarajevo non fu la causa scatenante, bensì un occasionale casus belli, sfruttato da Francesco Giuseppe per imporsi nei Balcani.

Nel periodo che precedette la guerra il ruolo maggiore lo ebbero le alleanze già esistenti, a parte l’Italia che cambiò idea “all’ultimo momento” con il presidente del consiglio Sidney Sonnino che si sganciò dalla Triplice Alleanza stipulata nel 1882 con Germania e Austria per unirsi alla Triplice Intesa di Francia, Gran Bretagna e Russia. Di fatto, l’Italia si dichiarò neutrale il 3 agosto 1914, ma il 26 aprile del 1915 Sonnino denunciò il trattato del 1882 e fu guerra contro l’Austria.

Dopo il 1918 cambiarono molti assetti territoriali, non solo in Europa ma anche nelle terre africane e orientali sino ad allora oggetto di colonie e spartizione di interessi; interessi economici, dunque, quelli che portarono alla guerra dopo che vennero meno alcuni accordi sulle zone di (futura) influenza in Africa e Medioriente; la guerra sancì il ridimensionamento di Austria e Germania, la rivoluzione russa e la fine degli Zar, con una diversa spartizione dell’Africa e del Medioriente.
Ma dove e quando, in quell’epoca, le grandi Nazioni prendevano accordi e, a parte le formali alleanze nelle sedi appropriate, decidevano le sfere di influenza? Erano (come ancora lo sono oggi) necessari incontri preliminari informali, per poi giungere a tavoli ufficiali di trattativa. Gli incontri informali venivano camuffati spesso da incontri occasionali in luoghi di vacanza e svago.

Se si pensa alla belle époque con i suoi divertimenti, viene a mente Parigi. Ma vi era una città in cui i fasti erano altrettanto vissuti, sebbene non in rutilanti casinò bensì alle sontuose feste dei grandi palazzi padronali, feste che annoveravano tra gli invitati i potenti di mezza Europa: Palermo, sebbene si narri infinitamente meno della sua belle époque e degli incontri che vi si svolgevano, e che probabilmente hanno contribuito a cambiare il destino d’Europa.
La Sicilia era terra di grande ricchezza e antica aristocrazia, nulla a che vedere con i parvenus dell’entourage sabaudo; e le famiglie della sola aristocrazia palermitana (con proprietà anche in varie parti della Sicilia) erano circa trecento: una settantina si fregiavano del titolo di principe, una cinquantina di duca ed altrettanti tra conti o marchesi, ed una ottantina di baroni. In realtà, però, tali casate erano generate da matrimoni tra i loro rampolli, che aggiungevano titoli a titoli. I nomi delle famiglie più in vista erano Trabia, Lanza, Branciforte, Tasca, Notarbartolo, Alliata, Spinelli, Mazzarino, Gangi, Butera, Niscemi… E, a seguito dei matrimoni, si creavano nuovi rami come Lanza di Scalea, Lanza Tasca, Lanza di Niscemi, eccetera. Una concentrazione di antica aristocrazia, quella di Palermo, che forse non aveva uguali con nessuna altra città europea.

E poi c’erano i borghesi arricchiti, che per dare un titolo alla loro figliolanza, la facevano sposare con aristocratici rampolli di famiglie piene di debiti, il cui saldo veniva onorato dal borghese di turno; ed ancora, c’erano ricche famiglie inglesi, come i Whitaker, gli Ingham, i Woodhouse, i Domville, con interessi nel commercio marittimo e nelle zolfare. Ricchezza e nobiltà, parafrasando.

La più nota e importante famiglia “borghese” che con matrimoni vari acquisì titoli nobiliari fu quella dei Florio, per intenderci quelli del Marsala e della Targa Florio; ed il più famoso fu Ignazio Florio, il mecenate che spese otto milioni dell’epoca per il restauro del Teatro Massimo; era il marito di donna Franca Jacona dei baroni di san Giuliano; donna Franca Florio, semplicemente, considerata all’epoca la donna più bella ed elegante d’Italia, ed anche d’Europa, secondo alcuni.

Le famiglie di antico sangue blu erano spesso imparentate con grandi nomi del gotha europeo; e quindi molti esponenti dell’aristocrazia europea frequentarono Palermo, nei venti anni della belle époque.

A guardare l’elenco di date e di nomi, relativi a vacanze palermitane, feste, incontri, si rimane impressionati: cosa c’era dopotutto di così speciale, a Palermo, da meritare tanto successo in campo internazionale? Feste grandiose nei palazzi della nobiltà, ovviamente; cene sontuose nei loro saloni; cene più ristrette a bordo dei lussuosi yachts dei visitatori; ma poi, le dame rimanevano a conversare, e gli uomini si ritiravano nel fumoir con sigaro e caffè; di cosa parlavano? Osserviamo date e nomi di coloro che “visitarono” Palermo, ospiti delle grandi famiglie, c’è da riflettere.

– 1896, Guglielmo II come principe ereditario; vi ritornerà da Kaiser di Germania nel 1904,1905,1908;
– 1889, Vittoria di Sassonia-Coburgo-Gotha, imperatrice di Germania e madre di Guglielmo II; tornerà nel 1891;
– 1898, re Leopoldo del Belgio, che cercava il placet delle altre potenze europee per entrare nel Congo;
– 1898, Vittorio Emanuele III con la moglie Elena, ma ancora principe ereditario; vi ritornerà da re nel 1902 e 1903;
– 1902, il granduca tedesco di Holdenburg, molto vicino al Kaiser e ammiraglio della Marina imperiale;
– 1903, la regina Amelia del Portogallo;
– 1903, Filippo di Sassonia-Coburgo-Gotha, che diede ricevimenti esclusivi sul suo yachts Saphire;
– 1903, la regina Guglielmina d’Olanda;
– 1906, arciduchessa Elisabetta Maria nipote di Francesco Giuseppe, col marito principe Otto di Windischgraetz;
– 1907, Edoardo VII di Inghilterra, e vi ritornerà nel 1909;
– 1908; il principe Oscar di Prussia;
– 1908, il Kaiser Guglielmo II dà una cena sul suo panfilo Hoehnzollern: tra gli invitati Il principe di Trabia, il conte di Mazzarino, il senatore del Regno d’Italia Tasca Lanza, Ignazio Florio, e l’inglese Withaker;
– 1909, Federico Augusto III di Sassonia.

Sin qui, le principali teste coronate in visita a Palermo; ma c’è un altro elenco interessante:

– 1902, barone Nathaniel Rotschild, banchiere con sede a Vienna;
– 1904, banchiere olandese Vanderbildt, che vi tornerà nel 1907;
– 1904, banchiere John Pierpont Morgan, più semplicemente J.P.Morgan.

Da notare: fortissima la presenza di visitatori legati alla Germania; alta intensità di incontri nel decennio precedente lo scoppio della guerra; infine, la presenza dei più importanti banchieri dell’epoca.

Le belle époque palermitana, in quegli anni, offrì concerti diretti da Puccini, Toscanini, i teatri Bellini GTB e Massimo offrirono Sarah Bernhardt, Eleonora Duse e D’Annunzio, Ermete Zacconi, ed anche Trilussa e Pascarella; i salotti letterari per le dame, curati dal novelliere Giuseppe Pitrè ospitarono, oltre D’Annunzio, anche Rostand, Verne, Maupassant; e Wilde, pur se invitato da Pitrè, non fu però ricevuto in molti salotti. Così, mentre le dame nei pomeriggi e nei dopocena si dilettavano con salotti letterari, i loro mariti negoziavano.

Oggi, dopo circa un secolo, il mondo appare assai diverso ma, come allora, la scienza e la tecnologia hanno fatto giganteschi passi in avanti, contribuendo insieme alla variabile demografica, a ridisegnare il paesaggio politico internazionale.

E ugualmente, come allora, i focolai di guerra si moltiplicano e gli equilibri geo-politici si complicano, ma ciò nonostante sembra che con Taormina la storia si ripeta: gli incontri si moltiplicano e si tornano a fare in Sicilia o in altre amene località turistiche, come la turca Bodrum (l’antica Alicarnasso), dove è stata indetta per Settembre la prossima conferenza del misterioso Bilderberg Club, noto per radunare gli uomini più potenti e più influenti della Terra.

C’è una guerra seria in gestazione? Certo, a quegli incontri ci sono altrettanti banchieri e capi di stato, ma i nuovi padroni del mondo non sono quasi mai i discendenti delle teste coronate di un secolo fa: oggi c’è un “nuovo ordine mondiale” in cabina di regia.

Come i loro predecessori però, essi si incontrano sempre più spesso, negoziando alleanze e zone di influenza, con la stessa intensità che si era vista un secolo prima, alla vigilia del primo grande conflitto.

Dove ci porteranno quegli incontri? Quali nuovi assetti di comando si preparano?


Dedo Di Francesco

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