UN BELLISSIMO MA INSTABILE EQUILIBRIO

Per spiegare il motivo per il quale le borse hanno ripreso a salire (in basso il grafico dell’indice SP500) e l’inflazione a scendere, si è preso a cagione il prezzo del petrolio, mentre l’economia globale non entra in recessione ma anzi continua a crescere. Qualcuno ha rispolverato la teoria di Goldilocks, la “bambola dai riccioli d’oro” (che è felice quando la situazione sembra rispondere a un equilibrio perfetto) per spiegare che le cose potrebbero evolvere ancora meglio. Siamo però non proprio concordi su tale visione e proviamo qui a spiegarne il perché. L’apparenza può ingannare, nonostante l’evidente iato che si sta creando tra l’economia dell’Eurozona e quella del resto del mondo, dove tutto sommato la recessione non c’è mai stata, la liquidità abbonda e la tecnologia evolve molto più in fretta che a casa nostra.

 


IL PETROLIO È SCESO DEL 33%, BENZINA E ELETTRICITÀ MOLTO MENO

Sebbene infatti il resto del mondo si trovi in una condizione generale economica decisamente migliore della zona Euro, tale condizione tuttavia pare dipendere parecchio dall’attuale (e non necessariamente duraturo) ribasso del prezzo del petrolio (vedi il grafico qui sotto riportato), dal momento che esso incide per il 90% sul prezzo dell’energia, cosa che a sua volta resta una delle principali determinanti dell’inflazione dei prezzi industriali e, con un certo ritardo, al consumo. Situazione che consente all’industria di tenere alti i propri margini e dunque i profitti.

Il differenziale dei costi per l’energia tra Europa e resto del mondo è tuttavia notevole, soprattutto per l’Italia: da noi l’elettricità è a 200 euro per megawattora negli Usa e in Cina sotto gli 80 euro. E per il gas le distanze sono ancora maggiori, 60 euro/MWh da noi, 12 negli Usa (ed era così anche da noi prima della guerra in Ucraina). In realtà tuttavia il mercato dell’energia è tutt’altro che ”libero” e di conseguenza i prezzi al consumo restano vittima di oligopoli di fatto che strozzano gli utilizzatori finali.

Per la benzina è per questo motivo, oltre al fatto che in Italia circa il 60% del suo prezzo è costituito da accise, che sono fisse, cioè non proporzionali al prezzo della materia prima. Dunque quando quest’ultima costa meno il prezzo al pubblico non scende corrispondentemente. Per l’elettricità idem: pesa la componente fissa delle bollette che in tutta Europa sostiene gli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili, ma che oggi “strozza” gli utenti finali, impedendone il calo.

L’EFFETTO CINA SU MATERIE PRIME E PETROLIO

Ma perché il petrolio scende? Possibile che dipenda dalla presunta crisi economica della Cina che ne avrebbe decurtato la domanda? No, non è possibile, anche perché la Cina è tutt’altro che in crisi e il suo prodotto interno lordo anche quest’anno crescerà del 5% (o -nel peggiore dei casi- del 4%, cioè ben più degli USA e diverse volte di più dell’Europa).

Ma la Cina ha impostato negli ultimi giorni un intervento molto forte a sostegno dello sviluppo economico (quantitative easing fiscale) e ha cambiato letteralmente le carte in tavola, contribuendo a far crescere la fiducia sui mercati finanziari di tutto il mondo. I due effetti più evidenti sono stati i record di tutte le borse (in particolare la borsa di Hong Kong, che è letteralmente decollata, e quella di Shangai, come si può vedere dai 2 grafici riportati):

La Cina però da un lato sta implementando con successo una politica di decarbonizzazione (ed è di gran lunga il più grande produttore al mondo di pannelli fotovoltaici) e dall’altro lato trova più conveniente fare contratti a lunghissimo termine con la Russia per acquistare numerose materie prime, nonché inaugurare nuovi oleodotti per acquistare il petrolio direttamente. In tal modo la sua domanda materie prime e combustibili sui mercati internazionali tende a scendere sempre più, mentre resta elevata l’offerta di prodotti industriali finiti a prezzi più bassi della concorrenza occidentale.

Il comparto automobilistico euro-americano ne è un esempio: oggi è in crisi principalmente per il fatto che l’industria “automotive” rimane spiazzata dalla concorrenza asiatica di prodotti che stanno raggiungendo i più elevati standard occidentali ma vengono fabbricati e venduti a prezzi parecchio più competitivi.

IL CARTELLO DEI PAESI ESTRATTORI DI PETROLIO

Senza dubbio poi anche l’OPEC sta facendo la sua parte, dal momento che nessuno dei Paesi aderenti al cartello rispetta al momento il contingentamento della produzione e che dunque l’Arabia Saudita sembra aver deciso di sbattere il pugno sul tavolo incrementando anch’essa la produzione e inaugurando una possibile stagione di guerra dei prezzi, sino a quando nell’OPEC non verrà ristabilito un equilibrio. C’è dunque la possibilità che i ribassi delle quotazioni dell’oro nero proseguano, nonostante i venti di guerra e nonostante il fatto che l’economia globale non sia in vero declino.

L’ECCESSO DI LIQUIDITÀ DEL SISTEMA SOSTIENE I LISTINI DI BORSA

Ma nelle ultime settimane le borse montano (e prima di loro e più di loro salgono i beni rifugio: oro e diamanti in testa) non soltanto per le attese di ulteriori ribassi dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, ma soprattutto perché a livello internazionale c’è forse troppa liquidità in circolazione. Una spia di questa liquidità è senza dubbio la quotazione del Bitcoin, cresciuta parecchio nell’ultimo mese, come si può vedere dal grafico:


Le aspettative sono peraltro a favore di un’ulteriore crescita della liquidità, poiché le banche centrali -rilasciando le restrizioni monetarie (che in realtà non hanno mai imposto severamente)- non soltanto abbassano i tassi ma riprendono anche a pompare nuovo denaro a favore del sistema bancario, con il duplice scopo di sostenerlo ma anche per quello implicito di permettergli di sottoscrivere le emissioni sempre maggiori di titoli di stato dell’Occidente.

La controprova del fatto che il ”sentiment“ di mercato non è così splendido come potrebbe sembrare è infatti fornita dal mercato americano delle Initial Public Offerings (IPO) dove si vede una scarsa propensione degli investitori ad accogliere nuove matricole nel listino azionario, nonostante i livelli record raggiunti dall’indice SP500, come si vede dal grafico:


IL MONDO AFFOGA NEI DEBITI

Al momento poi l’Occidente accresce il suo debito ben più del resto del mondo per vari motivi. Ad esempio: la crescente spesa militare, gli stimoli a go-go dell’economia, il welfare che appare sempre meno sostenibile, il costo dei programmi di transizione verde e di quelli per la transizione digitale, eccetera… Ovviamente tutto questo nel medio termine non potrà che tradursi in ulteriori svalutazioni delle principali divise di conto monetario, a partire dal Dollaro, che ancora conta parecchio sull’assorbimento di buona parte del suo eccesso di base monetaria da parte dei Paesi Emergenti. L’America cioè è ancora finanziata non poco dai paesi emergenti!


MONETIZZAZIONE E REPRESSIONE FINANZIARIA

Tutti sanno da tempo che oramai per quasi tutti i governi occidentali le uniche due strade percorribili per ridurre l’attuale livello di indebitamento del sistema sono:

  • quella della repressione finanziaria, che consiste in una serie di politiche attuate dai governi per incanalare i fondi verso I titoli di stato che emettono. Tale politica spesso avviene a spese dei risparmiatori e degli investitori. È una strategia comunemente utilizzata quando ci si trova ad affrontare livelli elevati di debito e opzioni limitate per il suo rimborso;
  • quella della sua progressiva “monetizzazione”, ovvero l’acquisto dei titoli del debito pubblico da parte delle banche centrali. Ma è un’altra cosa che non può non generare il “debasing” della moneta di conto legale, ovvero togliere terreno sotto le sue fondamenta di valore, poichè ne amplia la stampa e di fatto la svaluta. Cosa che nel tempo non può non ripercuotersi in ulteriore inflazione dei prezzi.

Non per nulla l’indice che misura il cambio del Dollaro americano (e l’Euro non fa che seguire, discostandosene ben poco) si trova oggi ai minimi degli ultimi due anni e rischia di andare oltre!


IL VERO CALCOLO DELL’INFLAZIONE

In parte peraltro l’effetto della svalutazione delle principali divise di conto si è già visto, dal momento che il prezzo di buona parte dei beni che contano nella vita delle persone delle classi medio-alte (cioè ville, auto sportive, diamanti, barche, viaggi, sanità privata, ecc…) è cresciuto ben più del computo dell’inflazione che viene riportato dagli istituti di statistica.

Lo mostra chiaramente il prezzo dell’oro (il quale spesso resta l’unica vera misura dell’inflazione monetaria ”reale”), raddoppiato in pochi anni. C’è dunque un’inflazione dei prezzi ricompresi nei “panieri” ufficiali, sulla cui base vengono effettuati una serie di calcoli dí pubblica utilità, e poi c’è un’inflazione dei prezzi dei beni più rari, quelli al di fuori del paniere statistico, che continua invece a correre, nel breve termine più o meno quanto l’oro, nel lungo termine esattamente quanto l’oro.


COSA DEDURNE ?

Se teniamo conto del fatto che l’attuale situazione “ideale” che fa sfondare nuovi record alle borse e che consente buoni margini all’industria si basa su due fattori altamente instabili quali il ribasso dei prezzi delle materie prime e l’incremento della liquidità in circolazione, evidentemente gli investitori non dormono sonni tranquilli. La situazione geopolitica resta molto tesa e al momento non viene esacerbata principalmente per il fatto che i protagonisti di buona parte delle tensioni (gli americani) attendono i risultati delle elezioni presidenziali (il prossimo 5 Novembre).

Inoltre mentre è probabile che la liquidità in circolazione sui mercati resti elevata ancora a lungo (ma oggi questo accade soprattutto grazie ai poderosi stimoli del governo cinese alla propria economia, dunque potrebbe durare soltanto fino a fine anno), favorendo di fatto la capitalizzazione dei maggiori titoli azionari globali, non è altrettanto certo che il prezzo di petrolio e quello materie prime resterà basso a lungo, senza contare le ulteriori spinte inflazionistiche derivanti dalla monetizzazione dei debiti pubblici e dagli stimoli fiscali in deficit. Buona parte dei beni il cui prezzo cresce è tuttavia oggi esclusa dai panieri di beni le variazioni dei quali vengono rilevate dalle statistiche.

Dunque il sistema finanziario globale resta in meraviglioso ma precario equilibrio, sebbene si stimi che possa andare avanti almeno fino ai primi di Novembre, vale a dire un mese intero, che in borsa è pur sempre un’eternità.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 92 – sabato 28 settembre 2024

Operazioni in essere : nessuna.

GOLD DICEMBRE 24

GOLD, dopo che nella settimana 9 – 13 settembre ha rotto i top “piatti” delle tre settimane precedenti tracciando una grande barra di 100 usd ( 2485 – 2586 CASH ), ha spinto molto forte, salendo altri 100 usd, fino a 2685.

Se analizzo il grafico giornaliero, posso inserire un acquisto nella fascia da 2530 a 2485 CASH, con stop loss a 2470 CASH.

Preferisco guardare la figura più grande espressa dal grafico settimanale e osservare la salita da 1984 di feb 2024 fino al top di gio 26.9 a 2685, sempre di GOLD CASH.

Incremento di 700 usd pari al 35 %, in soli 7 mesi.

I supporti importanti sono molto lontani :

2353 in luglio 2024 alla scadenza del ciclo di 90 settimane da 1616

2277 – 2294 in maggio – giugno

Il grafico settimanale evidenzia che la salita quasi verticale iniziata ai primi di marzo 2024 verrebbe annullata al ritorno sotto 2100

Possibile ? Sempre, ma non ora.

Se GOLD si calma e offre una laterale, con conseguente riduzione di ampiezza dello stop loss, potrò intervenire.

SILVER DICEMBRE 24

In 14 gg è volato da 27,69 a 32,71 con una salita di 18.1 %.

Ingestibile.

Segnalo che ha rotto dopo 15 settimane la linea di top calanti

32,51

31,75

30,18

e questo è un segnale oggettivo di ritrovata forza.

E’ ragionevole che il livello di 28,57 circa da tetto sia divenuto supporto, con possibilità di un long tra 28 e 29 USD, con stop loss pari al recente minimo di 27,69.

Vedremo se scenderà a tale livello.

Ricordo ai lettori che i segnali importanti dell’anno scadevano in febbraio ( top di 23,5 cash ) e marzo ( top 25,77 cash )

23,5 – dopo la sua rottura – non si è più visto, mentre il livello di 25,77 è stato avvicinato due volte con due interessanti pull back a 26,02 e 26,45 ; peccato che in mezzo ai due pull back sia salito da 26,02 fino a 32,51 poi riperdendo quasi tutto il guadagno a 26,45.

Ben capite quale misura di rischio richiedeva una operatività.

Non posso comprare a questi prezzi.

Attendo una riduzione della volatilità per vendere.

DOW JONES INDU CASH

Un lettore mi ha chiesto :

– perché nella N. 89 di sabato 7 sett avevo scritto che a 40000 circa vi era un ostacolo ?
– Se avevo questa opinione, perché non ho comprato ?

Ottime domande, rispondo.

Ritenevo che, se DOW JONES è veramente forte, come sta dimostrando ora meglio di NAS 100, il top di marzo 2024 ( ciclo di 180 mesi dal grande minimo del marzo 2009 ) a 39889, ormai rotto in su di circa il 5 %, poteva diventare supporto.

Non ho comprato a quel prezzo, perché questa salita non durerà in eterno e stavo cercando di vendere sopra la solita trend line che accompagna DJ da ott 2022, tracciata da 28660, ormai a tutti ben nota.

NASDAQ 100 CASH

Prosegue la sua debolezza rispetto a DOW JONES.

NAS 100 ha interrotto la linea dei top decrescenti e, per darne evidenza, allego un grafico giornaliero.

Giovedì 26.9 ha anche chiuso il gap che restava aperto da metà luglio intorno a 20270, quindi diventa interessante per una eventuale vendita.

Osservo la settimana 30.9 – 4.10 e poi decido

Leonardo Bodini

 




L’ULTIMO URRÀ

La Federal Reserve Bank of America (FED) ha annunciato la scorsa settimana un coraggioso ”doppio”taglio dei tassi d’interesse (non di 1/4 di punto come di solito, bensì di mezzo punto percentuale) e le borse di (quasi) tutto il mondo hanno celebrato l’evento con grande passione e nuovi record! Le mosse della FED orientano peraltro il comportamento di buona parte delle altre principali banche centrali non solo perché è l’emittente della principale valuta di scambio del mondo, ma anche perché ha influenza sul mercato finanziario più sviluppato del pianeta.

 


TUTTI APPLAUDONO

La notizia di per sé appare positiva, perché segue coerentemente gli annunci fatti durante l’estate dal governatore della FED e perché è stata accompagnata dalla dichiarazione di quest’ultimo di voler proseguire anche in futuro con l’abbattimento del costo del denaro. Essa tende così a normalizzare la politica monetaria stringente che si era resa necessaria a seguito di una lunga stagione di inflazione dei prezzi, combattuta con un forte ma tardivo rialzo dei tassi d’interesse, i quali hanno determinato un paio d’anni di “vacche grasse” per le banche e il sistema finanziario in generale, ovviamente a spese dell’industria e dell’economia reale.

L’elevato costo del denaro aveva poi iniziato a minare la sostenibilità degli ingenti debiti pubblici dell’Occidente, a partire da quello americano, la cui spesa per interessi è giunta a costituire una parte rilevante del totale della spesa pubblica. Il contesto generale era dunque tale che non appariva comunque possibile lasciare i tassi d’interesse a livello elevato ancora troppo a lungo.

UNA SITUAZIONE ANOMALA

Ciò nonostante l’economia americana non sembra averne sofferto troppo: il prodotto interno lordo è in crescita di circa il 3% annuo e i profitti delle imprese quotate a Wall Street non sono mai stati così alti. Non capitava da un trentennio che i tassi d’interesse venissero tagliati mentre i profitti aziendali continuano a crescere!


Ovviamente però affinché i mercati finanziari restino anche in seguito di buon umore molto dipenderà da ciò che succederà qualche tempo dopo

Nel grafico che segue viene infatti mostrato cosa succede di solito quando la banca centrale inizia a tagliare i tassi d’interesse nei due scenari: se una recessione economica è in arrivo oppure se non lo è. Come si può vedere nel primo caso in passato le borse sono calate di un 15-20% nei 12 mesi successivi, nell’altro sono salite.

LE DISCRIMINANTI DELL’OTTIMISMO

Dunque perché la borsa resti ottimista occorre concorrano una serie difattori a delineare una congiuntura positiva. L’evoluzione dei quali potrebbe corroborare la decisione di abbassare i tassi d’interesse con vigore oppure di fatto ridicolizzarla con il senno di poi. Eccone alcuni:

  • Le altre banche centrali seguiranno a ruota? Oppure queste ultime resteranno alla finestra con il risultato che lasceranno svalutare il dollaro favorendo soltanto le esportazioni americane?
    L’eccesso di liquidità che si riscontra sui mercati finanziari all’ingrosso potrà finalmente filtrare fino al livello delle piccole imprese e dei consumatori? O continuerà ad alimentare la bolla speculativa delle grandissime multinazionali tecnologiche quotate a Wall Street?
  • L’inflazione dei prezzi è davvero stata sconfitta o sta soltanto beneficiando di un vistoso ribasso di energia e materie prime?
  • La recessione è davvero stata evitata (in America, ovviamente: a casa nostra ce la siamo già beccata)? Oppure il calo dell’attività economica sta comunque arrivando e, anche stavolta, le banche centrali stanno solo prendendone atto in ritardo?
  • La disoccupazione resterà ai bassi livelli che hanno prevalso nel corso dell’anno o alla fine risalirà comunque? E di conseguenza il reddito disponibile per consumi resterà elevato? O viceversa?
  • I prestiti al dettaglio e alle piccole e medie imprese potranno finalmente essere più accessibili? O il calo dei tassi sarà presto compensato da maggiori commissioni bancarie a causa della scarsa concorrenza del settore finanziario?
  • Il mercato immobiliare potrà riprendersi in un regime di tassi più bassi? O i salari reali della classe lavoratrice sono rimasti così indietro rispetto all’inflazione che i consumi continueranno a ristagnare e alla fine gli investimenti immobiliari continueranno a ridursi nonostante il minor costo del denaro?

I PROFITTI AZIENDALI NON SONO MAI STATI COSÌ ALTI

Le borse insomma hanno bisogno di vedere all’orizzonte una serie crescente di profitti netti delle imprese quotate per poggiare il proprio ottimismo su basi solide e non soltanto sulle aspettative di sviluppi miracolosi dovuti alla nuova era dell’intelligenza artificiale.


Al momento tuttavia tali profitti netti restano ottimi, come si può vedere dal grafico qui sopra riportato, anche se per il futuro non è detto che le stime potranno restare altrettanto ottimistiche. La borsa di New York scommette sul cambio di paradigma che sarà provocato dall’intelligenza artificiale e i multipli di valutazione delle principali imprese Ivi quotate rimangono estremamente elevati soltanto perché il mercato sconta la prosecuzione di tali extra-guadagni.

Il tema della corretta valutazione dei titoli quotati appare dunque centrale: se le prospettive di reddito future non potranno risultare altrettanto rosee allora si può creare un divario da colmare tra il valore di capitalizzazione espresso dal mercato azionario e quello implicito (più basso) derivante dall’attualizzazione di minori utili futuri. Un divario che -a parità di inflazione attuale, oggi intorno al 2%- non potrà che essere colmato da un ribasso dei listini.

LA LIQUIDITÀ DEI MERCATI AZIONARI CORROBORA LE QUOTAZIONI

Un altro fattore che ha contribuito non poco alla storica corsa dei listini azionari è stato quello della cospicua liquidità gentilmente fornita al sistema dalle banche centrali. La liquidità In circolazione è stato infatti senza dubbio il fattore che più ha corroborato le meravigliose performances di molti titoli azionari e, ovviamente, anche delle cripto-valute. Nel grafico qui sotto riportato possiamo ad esempio vedere quanto le quotazioni del Bitcoin siano state legate sino ad oggi all’andamento della liquidità del sistema.


Anche se occorre precisare che la liquidità che affluisce ai gestori di patrimoni e ai loro intermediari dipende anche da altri fattori, quali ad esempio l’atteggiamento fiducioso dei risparmiatori e le aspettative macroeconomiche. Queste ultime sono alla base degli afflussi e deflussi di denaro da un paese all’altro e da una borsa all’altra. E come si può osservare qui sotto gli Stati Uniti d’America da quaranta anni a questa parte hanno drasticamente ridotto il tasso di risparmio e contano sempre di più sull’afflusso di risparmi dall’estero:


Ovviamente la liquidità affluita alla Borsa americana ha corroborato non poco le sue quotazioni. Ma quanto è ragionevole pensare che questa tendenza proseguirà indefinitamente?

I CICLI DEL CREDITO

Infine occorre notare che, negli ultimi decenni, più che cicli economici si sono soprattutto potuti osservare cicli del credito. La liquidità in circolazione cioè dipende non poco dall’appetito che i risparmiatori di tutto il mondo mostrano per i titoli a reddito fisso, i quali spesso sono antagonisti dei titoli azionari (quando ai primi affluisce cioè più liquidità la medesima viene sottratta ai secondi). Anche per questo motivo essa tende a oscillare piuttosto ciclicamente, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato, il quale peraltro potrebbe suggerire per il prossimo futuro dell’ulteriore ottimismo:


IL PERICOLO DI UNA RECESSIONE

Il quadro appare tuttavia ugualmente poco rassicurante. Se una recessione nei prossimi mesi dovesse comunque arrivare a manifestarsi anche negli Stati Uniti d’America (magari perché si è sviluppata nel resto del mondo e si propaga anche lì) allora probabilmente potremmo assistere a un calo di Wall Street (e di riflesso anche di quasi tutte le altre piazze finanziarie), non soltanto a causa del fatto che i profitti aziendali non potranno continuare a correre come hanno fatto sino ad oggi, ma anche e soprattutto perché molti investitori tornerebbero a privilegiare i titoli a reddito fisso, a scapito dei titoli azionari.

Un “soft landing” implicherebbe una riduzione della domanda tanto delle materie prime quanto dei prodotti finiti e questo tenderebbe a calmierare i prezzi (cioè l’inflazione), oltre che i profitti. In tale scenario è probabile che la banca centrale americana continuerà a far scendere vistosamente i tassi d’interesse (i soli sui quali ha una capacità esplicita di manovra: quelli a breve termine) ma questo non significherà che i tassi a lungo termine scenderanno altrettanto, e nemmeno che i titoli azionari continueranno a correre.


Anzi! Le loro quotazioni scontano infatti il flusso di flussi di cassa futuri, attualizzandoli sulla base dei tassi a lungo termine. Questi ultimi sono principalmente determinati dall’andamento delle quotazioni dei titoli di stato a lunga scadenza, la cui domanda è decisamente probabile che resti più debole della cospicua offerta.

LA DIVARICAZIONE DEGLI SCENARI

Se i tassi d’interesse a lungo termine impliciti nelle quotazioni dei titoli pubblici resteranno cioè elevati, è probabile che le valutazioni implicite delle imprese quotate a Wall Street risultino eccessive rispetto ai valori attuali. Certamente potremo vedere in tal caso una curva degli interessi di nuovo inclinata positivamente ma questo non significherà automaticamente delle performances positive delle borse! Nel grafico qui riportato si può vedere chiaramente come i tassi a lungo termine invece di scendere sono saliti!


Sui mercati si respira insomma aria da “ultimo urrà”, con molto ottimismo sulle performances a breve termine delle borse in attesa che si concluda positivamente un anno elettorale (fatto che sicuramente ha inciso sulla decisione della FED di tagliare i tassi con decisione), ma senza troppe speranze circa che quello che potrebbe succedere dopo la conclusione delle elezioni presidenziali americane.

Godiamoci dunque il momento magico ma, al tempo stesso, teniamo conto per tempo dell’opportunità di un’ampia diversificazione dei portafogli !

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 91 – sa 21 sett 2024

Operazioni in essere : nessuna.

Lunedì 16 sett è stato stoppato a 41700 1 SETT MICRO DJ che era stato venduto venerdì 13 sett a 41200.

Operazione durata poche ore, con una perdita di 500 punti x 0,5 USD pari a 250 USD ( 228 EURO )

Premessa

Avevo scritto : “invito i lettori a dirigere la propria attenzione alla rubrica dedicata al DOW JONES, rileggendo con pazienza anche la riproposizione di stralci della Lettera precedente. Questo Mercato tra 39993 e 41600 circa forse sta giocando una partita importante. Se così fosse, prima di scegliere in che verso andare, dovrà sballottare gli operatori cercando di bruciare gli stop loss agli estremi di questo range.”

Sembra sia così.

Di certo non compero DOW JONES sopra la trend line alla quale appare magnetizzato da ott 2022.

GOLD DICEMBRE 24

GOLD, dopo che nella settimana 9 – 13 settembre ha rotto i top “piatti” delle tre settimane precedenti tracciando una grande barra di 100 usd ( 2485 – 2586 CASH ), ha spinto molto forte.

Posso stare fuori, oppure inserire un acquisto nella fascia da 2530 a 2485 CASH, con stop loss a 2470 CASH.

Attendo l’eventuale ritracciamento.

SILVER DICEMBRE 24

In dieci sedute è volato da 27,70 a 31,40 con una salita di 13,35 %.

Ingestibile.

Segnalo che ha rotto dopo 15 settimane la linea di top calanti

32,51

31,75

30,18

e questo è un segnale oggettivo di ritrovata forza.

E’ ragionevole che il livello di 28,57 circa da tetto sia divenuto supporto, con possibilità di un long tra 28 e 29 USD, con stop loss pari al recente minimo di 27,69.

Vedremo se scenderà a tale livello.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“il livello di circa 40000 DJ CASH è già un primo ostacolo alla discesa e, se questo Mercato vorrà complicare il quadro grafico al massimo livello, potrebbe :

già lu 9 settembre aprire alle 15.30 ora italiana in gap down intorno a 40000, indugiare brevemente intorno a tale livello e poi salire fino a 41000 – 41500 durante la settimana 9 – 13 settembre, per poi scendere, anche pesantemente.

Ma sarebbe un disegno veramente dispettoso.

Purtroppo DOW JONES, con 2 gg di ritardo rispetto alla mia ipotesi, ha toccato 39993 cash e, come fulminato da tale livello, è schizzato su oltre 41500, chiudendo venerdì sera ai massimi.

E’ stato peggio che dispettoso.

DOW JONES ha espulso operatori posizionati al rialzo sfiorando 40000 e poi quelli posizionati al ribasso a 41700 ( compreso me, personalmente e in quanto Lettera N. 90 ), dopo un outside mensile rialzista in agosto e un outside settimanale rialzista il 9 – 13 settembre.

Come ho già detto, se poi dovesse rompere al ribasso 39993 prima e 38499 poi, smonterebbe qualsiasi manuale di analisi tecnica.

Stiamo a vedere.

NASDAQ 100 CASH

Prosegue la sua debolezza rispetto a DOW JONES.

NAS 100 sta provando ad interrompere la linea dei top decrescenti e, per darne evidenza, allego un grafico giornaliero.

Attendo che offra una figura utilizzabile.

Considerazione finale, limitata ai Mercati azionari

Sulla carta tutto è a loro favorevole :

– le elezioni U.S.A. presentano statistiche molto favorevoli per i 60 gg che le precedono;
– eletto il presidente, deve partire il rally di Natale;
– è iniziato un ribasso dei tassi, che sembra mondiale, corale e sincrono;
– i titoli del NAS 100 dopo rapide discese a rotazione, si difendono meglio.

Sarà tutto vero, ma non mi sorprenderei se il grande W. Buffet proseguisse a fare cassa.

Dovrò avere un po’ della sua visione rallentata dello scenario complessivo e per questo, ritengo, molto più lucida e cercare livelli motivati per comprare ( mi auguro che GOLD offrirà un ingresso prima o poi ) oppure stop loss di ampiezza ridotta e gestibile per vendere.

Leonardo Bodini