GUERRA & BUSINESS

Mentre il Regno Unito festeggia il compleanno del re e gli Stati Uniti quello del presidente (entrambi con parate militari) il medio oriente brucia e miete vittime umane, in uno scambio di missili tra due nazioni che sono lontane più di mille chilometri l’una dall’altra. I ridicoli i tentativi dei governi occidentali di giustificare l’attacco hanno anche fatto perdere loro credibilità nel proporre una soluzione diplomatica. Israele sembra aver deciso di andare avanti nel colpire le postazioni militari iraniane e l’Iran sembra ancor più deciso a non lasciare impuniti i colpi ricevuti. La guerra in Medio Oriente è dunque scoppiata in pieno.

 

L’OCCIDENTE SPALLEGGIA L’ATTACCO DI ISRAELE

Inconsistente appare la tesi dell’occidente di giustificare l’iniziativa di Israele con la teoria che l’Iran non deve avere la bomba atomica (mentre si lascia che Israele ce l’abbia). Il risultato è scontato: lo scambio di missili rischia di andare avanti a lungo da entrambe le parti. Con gli USA poi che aiutano fin troppo palesemente Israele e con il rischio che di conseguenza altri paesi faranno altrettanto a favore dell’Iran (la Cina ha già iniziato), appare piuttosto probabile un allargamento del conflitto all’intero bacino mediorientale.


I “BRICS” POTREBBERO SUPPORTARE L’IRAN

Il punto è che l’Occidente ha tentato troppo smaccatamente di imporre Israele come potenza militare regionale mentre l’Iran, che ha mostrato una ferrea volontà di non lasciarsi disarmare rispondendo colpo su colpo, è apparsa vittima e sta richiamando l’aiuto dei suoi alleati. Il rischio è dunque quello di un allargamento del conflitto militare non soltanto all’intero Medio Oriente ma forse anche al resto del mondo, dal momento che il coinvolgimento americano può determinare l’intervento concreto di altri paesi “BRICS” (quali Russia, India, Cina ecc…), i quali hanno compreso fin troppo bene che se stavolta lasceranno l’Iran da solo correranno il rischio di essere bersagli delle prossime iniziative militari occidentali.


Ed è sotto gli occhi di tutti che la situazione di tensione attuale sta già provocando inevitabili conseguenze in termini di difficoltà nei trasporti navali da Oriente a Occidente nonché in termini di rincaro di petrolio e gas. Cosa che può spingere gli americani ad intervenire anche nello stretto di Ormuz e nel Golfo Persico, contribuendo essi stessi in tal modo ad allargare conflitto in modo indefinito.

IL RISCHIO DI UNA RIPRESA DELL’INFLAZIONE

Il rischio concreto è quello di far avverare un allarmismo in campo economico che sembrava fino ad oggi ampiamente smentito dai fatti: quello dell’avvento della stagflazione (stagnazione + inflazione). I rialzi nei costi di trasporto delle merci che vanno da Oriente a Occidente a quel punto saranno soltanto una parte del problema, insieme al prezzo dell’energia e alla riduzione degli scambi internazionali.


Ma purtroppo le brutte notizie della geopolitica non sembrano fermarsi qui: il nuovo conflitto rischia anche di legittimare il riarmo europeo, con gli enormi sprechi di risorse finanziarie che esso comporta per un continente i cui governi appaiono molto indebitati, incapaci di conseguire l’equilibrio di bilancio e bisognosi di sostenere con incentivi fiscali lo sviluppo economico.

IL CONFLITTO ALIMENTA RIARMO E INSTABILITÀ

E c’è di più: la polveriera mediorientale sta minando in profondità il processo di rinnovamento politico americano che, con la vittoria di Donald Trump, sembrava sul punto di rivoluzionare (in senso pacifista e costruttivo) la geopolitica globale. In altre parole il conflitto in corso mina la leadership politica di Donald Trump, il quale non è riuscito a imporre una pace nell’Europa dell’Est e sull’Iran si è già espresso troppo e a sproposito, facendo capire di conoscere da tempo i piani di assalto da parte d’Israele, dunque addossandosene delle responsabilità che non gli portano alcun beneficio.


LE BORSE HANNO IMBOCCATO LA VIA DELLA PRUDENZA

È probabile dunque che la magra figura fatta da un Presidente al potere da pochi mesi generi ulteriore instabilità politica negli USA e che questa piaccia assai poco ai gestori dei risparmi i quali alimentano (o riducono) l’umore dei mercati finanziari con le loro decisioni in merito alle masse di denaro amministrate. Sentendo puzza di bruciato essi retrocedono dal percorso di restaurazione dell’ottimismo che era appena iniziato, penalizzando i listini azionari e contribuendo al ribasso del Dollaro americano. Questo però è maggiormente vero nel medio termine, una volta che la situazione sia più chiara. Nel breve le borse potrebbero invece addirittura salire, sulla scia delle aspettative di grandi ordinativi militari e di maggior spesa pubblica che, notoriamente, alimenta lo sviluppo economico.

La macroscopica discesa del principale indice a Wall Street

QUALI “ASSET CLASS” CI GUADAGNANO?

Teoricamente la rotazione dei portafogli verso lidi più tranquilli poteva favorire i titoli a reddito fisso, con la conseguenza di possibili ribassi dei rendimenti impliciti, ma fino ad oggi gli unici beneficiari dei capitali in fuga dalle borse americane sono stati Europa e Asia, oltre che ancora una volta oro e criptovalute. Dunque non è da escludere che tale tendenza possa proseguire, penalizzando la crescita dell’economia americana e, di riflesso, quella dell’intero Occidente.


Dunque è lecito attendersi minor crescita e, forse, più inflazione (a causa della possibilità che proseguano i rincari del petrolio). Se ciò si somma agli effetti dei dazi americani sulle merci importate (che pur hanno sempre contato davvero assai meno di quanto fosse strombazzato da una stampa occidentale nel complesso ostile a Trump) il risultato potrebbe appunto essere l’auto-realizzazione delle aspettative di stagflazione che fino ad oggi apparivano infondate.

IL RISCHIO DI UN PETROLIO PIÙ CARO

In realtà non è così sicuro che il petrolio possa consolidare il rincaro degli ultimi giorni, dal momento che c’è nel mondo più offerta che domanda ma, come si può vedere dal grafico sotto riportato, il suo prezzo ha raggiunto la “trendline” di lungo termine. Se la superasse potrebbe avviarsi un lungo ciclo ciclo rialzista.

Prezzo del Petrolio al Barile

E dal momento che l’incertezza potrà anche giustificare un probabile nuovo immobilismo dei banchieri centrali (chi di loro prenderebbe il rischio di scommettere su ulteriori discese dell’inflazione?), possiamo immaginare che i tassi d’interesse non continueranno a scendere o che potrebbero addirittura risalire, penalizzando ulteriormente lo sviluppo economico.


CHI CI GUADAGNA DAVVERO ?

E allora viene da chiedersi: c’è qualcuno che da questa guerra può trovare beneficio? La risposta migliore parrebbe essere: “nessuno” ma, paradossalmente, non è così. Innanzitutto gli sforzi bellici rischiano di svuotare le casse dell’Occidente a favore della grande finanza dal momento che, per sostenerli, c’è molto bisogno di energia, manufatti e materie prime. In secondo luogo essi avvantaggiano l’economia di paesi come Russia, India, Cina e tutti gli altri “emergenti” che esportano “commodities” petrolio, gas e lavorazioni a basso costo. I quali potrebbero decidere che il tempo gioca a loro favore in una situazione del genere, alimentando il conflitto anche per non darla vinta troppo facilmente. Inoltre un indiretto coinvolgimento dei BRICS nella polveriera mediorientale potrebbe permettere all’industria bellica non-occidentale di fare importanti passi avanti, testare tecnologie e tenere impegnato su un fronte scomodo un avversario (l’asse anglo-americano) che già progettava nuove iniziative in Asia e Sud-America.


E la “Corporate America“ osserva che non è poi un cattivo affare vendere altri armamenti e tecnologie ai militari, nonché petrolio e gas dei quali è oramai esportatrice netta. Inoltre uno scenario che vede L’Europa che decide finalmente di riarmarsi e l’America che al,tempo stesso getta nel discredito Donald Trump è esattamente ciò che i “Neo-Conservatori” si auguravano fino a ieri. Dunque anche per essi la prosecuzione del conflitto mediorientale può apparire foriera di grandi profitti e di nuovi scambi commerciali.

LA STORIA POTREBBE RIPETERSI…

Sempre che la storia non arrivi a ripetere biecamente quanto accadde mezzo secolo fa, quando la guerra del Kippur scatenò una serie di instabilità sui mercati che alimentarono ampiamente inflazione e incertezza a lungo termine penalizzando lo,sviluppo economico dell’intero pianeta. Il che difficilmente in questo caso farebbe gli interessi dell’Occidente.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 126 – sa 14 giu 2025

Operazioni in essere : nessuna

Giovedì 5.6 era stato venduto 1 AGOSTO MICRO GOLD a 3365, stoppato ve 13.6 alle ore 8.15 del mattino ( apertura della SIM ) a 3443,8 USD ( nella notte è stato saltato lo stop loss di 3430 per attacco di Israele all’ Iran ) con una perdita di 788 USD pari a Euro 685

GOLD AGO 25

GOLD, dopo la vendita a 3365, era sceso lentamente a 3313 ( ago fut ) fino a lu 9.6 per poi risalire ogni giorno, con strappo notturno finale nella notte tra 12 e 13 giugno.

Guarda caso, il capo di Israele ha poi dichiarato ve 13.6 che proprio lu 9.6 aveva informato gli alleati ( USA in primis ) che avrebbe bombardato l’Iran.

Progressiva salita di GOLD e anche del petrolio.

Questo Mercato mette a dura prova.

Difficile lavorare.

Vedremo se romperà la “cifra tonda” di 3500 cash.

Credo dipenderà dagli sviluppi bellici.

Troverei interessante se, diversamente, rompesse in giù, sotto il recente minimo di 3293 GOLD CASH ( corrispondente a 3313 ago fut ) registrato lu 9.6 al mattino, prima delle telefonate di Benjamin.

SILVER LUGLIO 25

Avevo riscontrato che nella settimana 12-16 maggio scadeva un segnale di Tempo di media importanza, in cui SILVER ha segnato un minimo a 31,65 cash ed è risalito fino alla solita area di 33,70 cash, come fosse attirato da un magnete.

Finito maggio, in cui scadeva anche un segnale mensile interessante, già il primo giugno SILVER ha rotto con violenza il doppio top 34,86 – 34,58 sviluppando in un solo giorno un range molto ampio e spingendo poi fino a 36,88.

Quello che era un tetto ( area 33,7 usd ) potrebbe da ora essere un supporto utile per aprire operazioni di acquisto, con stop loss non sopra 31,65 cash.
Continuo ad osservarlo.

SP 500

I livelli :
– area TOP assoluto, vale a dire 6147 del 19 feb 2025 oppure
– circa 5500 ( 50 % della discesa dal 19.2 al 4835 del 7.4, durante lo show del capo )

sono validi anche per il resto di giugno.

Osserverò il comportamento tra 6050 e 6150 circa.

Ha sfiorato a 6059 cash la parte bassa del range che avevo indicato da settimane.

Avendo finalmente trovato un segnale anche su NAS 100 ( 23 – 27 GIU ) preferisco non anticipare la svolta in giù.

Mi auguro che questo Mercato non mi sfugga in basso come ha fatto DOW JONES in febbraio 2025, ma si trattava di un segnale di ben altra portata.

DOW JONES INDU CASH

Sostituito da SP 500, al momento.

Continua a dimostrare meno forza relativa di SP 500.

NASDAQ 100 CASH

NAS 100 presenta un pattern simile a SP 500, ma beneficia di un segnale statisticamente meno affidabile.

Esattamente come SP 500, sta sfiorando il top del 19 feb 2025.

Tecnicamente è giustificata una vendita intorno al top di 22222 cash ma, trattandosi del top assoluto, non esiste uno stop loss grafico e quindi posso operare solo in inversione.

Avendo calcolato un segnale settimanale, non molto importante, per il 23 – 27 giugno, attendo, sperando che rallenti l’azione, nell’attesa che maturi il tempo.

Leonardo Bodini




BORSE: PMI ALLA RISCOSSA?

Giunte di nuovo ai massimi storici le Borse proseguiranno la loro corsa? Così come è probabile che prendano una pausa, è altrettanto possibile che titoli delle piccole e medie imprese (PMI) dell’intero Occidente possano trovarsi sul punto di vivere il loro momento di gloria. Giunte a un recupero piu o meno completo dei loro corsi, le borse, dopo i cali dovuti all’allarmismo per le tariffe doganali americane, sembrano voler scommettere su un periodo di sviluppo economico dell’Occidente. Se le attuali tendenze proseguissero (buon andamento dell’economia, discesa dei tassi d’interesse e moderazione delle dinamiche salariali), sarebbe nuovo ossigeno per le valutazioni d’azienda, in particolare per quelle delle PMI.


LE BORSE EUROPEE STANNO RECUPERANDO IL DIVARIO

Quelle europee inoltre fino ad oggi sono rimaste particolarmente trascurate dalle borse: nonostante la ripresa generale dei corsi nell’ultimo mese, i loro titoli sono rimasti indietro in Europa di quasi il 20% rispetto a quelli delle imprese maggiori dall’inizio del 2022. E dall’inizio dell’anno le quotazioni delle pmi europee sono cresciute di oltre il 10% contro il 7% in media delle aziende più grandi.

DIFFERENZA TRA LE QUOTAZIONI DELLE PMI E QUELLE DELLE MAGGIORI IMPRESE IN EUROPA

LE CAUSE DELL’INTERESSE VERSO LE PMI

Di qui l’interesse degli investitori, attratti dal ribasso dei tassi di interesse continentali e dalle attese di una spinta alla crescita derivante dall’importante piano di stimoli pubblici allo sviluppo economico messi in campo dalla Germania. In America invece i tassi a breve termine (quelli che determinano il costo dei finanziamenti) sono stati mantenuti elevati dalla banca centrale, penalizzando in tal modo soprattutto le imprese di minori dimensioni per la loro caratteristica di ricorrere maggiormente alla leva finanziaria per sostenere la propria crescita.

LA RIPRESA DELLE QUOTAZIONI DELLE PMI È STATA MAGGIORE IN EUROPA

NEGLI USA LE PMI NON BRILLANO ANCORA

Certo anche negli USA i titoli delle pmi quotate si sono ripresi dopo lo shock del “liberation day” (2 Aprile) sull’attesa di almeno un paio di tagli del costo del denaro entro la fine dell’anno da parte della banca centrale, ma la loro performance a Wall Street non è stata migliore di quella delle imprese maggiori così com’è invece successo in Europa. Il che potrebbe significare una maggior crescita potenziale dell’indice Russel 2000 rispetto all’indice Sp500, rimasto decisamente indietro negli ultimi 3 anni


In Europa inoltre è in arrivo un profondo rivolgimento della struttura industriale. E in questa prospettiva ciò che sembra più invitante per gli investitori oggi è il poter operare tra le pmi una miglior selezione dei titoli sui quali investire. Una possibilità decisamente meno spiccata investendo sulle imprese di grandi dimensioni che spesso continuano a godere del loro posizionamento storico sul mercato ma che, indubbiamente, offrono minori attese di crescita del valore.

LE ATTESE SULL’ECONOMIA

Ma soprattutto occorre tenere presente che l’eventuale scelta di rivolgersi ai titoli azionari delle pmi implica un’attesa positiva per lo sviluppo economico del vecchio continente, perché se fosse altrimenti queste imprese sarebbero le prime a farne le spese. In effetti l’indice di ottimismo economico nell’area euro è aumentato a 94,8 punti a maggio dai 93,8 nell’aprile del 2025.


Anche negli USA nell’ultimo mese si registra comunque una piccola ripresa della fiducia, soprattutto da parte dei consumatori, come si può vedere dal grafico qui sotto:


Dunque l’Eurozona in questo momento quanto a prospettive economiche sembra addirittura più invitante degli USA.


IN ATTESA DI MAGGIOR LIQUIDITÀ DEL MERCATO

In Italia infine sembra inoltre prendere finalmente piede il cosiddetto “fondo dei fondi” di sistema, nel quale dovrebbero piovere, oltre ad investimenti dei privati, anche contributi pubblici finalizzati ad indirizzare il risparmio gestito verso le piccole e medie imprese italiane. Quando ciò finalmente avverrà potrà materializzarsi una migliore liquidità del mercato azionario delle piccole e medie imprese. La poca liquidità del mercato è stata infatti sino ad oggi causa prima delle -bassissime- valutazioni d’impresa espresse dalle attuali quotazioni azionarie.

Questo, insieme alla considerazione del fatto che i bilanci delle banche (le quali rappresentano una componente decisamente importate del nostro listino azionario) non potranno continuare a godere dei medesimi grandi profitti del passato con i ribassi in corso dei tassi d’interesse (e dunque della forbice sull’intermediazione del denaro), potrebbe sospingere le quotazioni di borsa delle PMI, che dovrebbero comunque beneficiare anche del maggior credito disponibile conseguente all’allentamento della politica monetaria.


Assisteremo dunque ad una prosecuzione del rialzo dei listini delle piccole e medie imprese? C’è chi ci scommette e in effetti resta relativamente più difficile che a proseguire la corsa siano soltanto le imprese del settore militare, le banche e le assicurazioni. Staremo a vedere, soprattutto quando partiranno gli investimenti del Fondo dei Fondi italiano.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 125 – sa 7 giu 2025

Operazioni in essere : giovedì 5.6 venduto 1 AGOSTO MICRO GOLD a 3365, ora con stop loss a 3430.

GOLD AGO 25

Le chiusure mensili di aprile e maggio 2025 sono uguali ( 3288 cash )

Il top di marzo ( 3127 ) è quasi uguale al minimo di maggio ( 3121 )

Quindi 3288 e 3121 divengono livelli da osservare.

Gio 5.6 GOLD ha rotto il minimo del giorno precedente ( 3367 ago fut ) e questa Lettera ha venduto a 3365, ora con stop loss a 3430 ( sopra top del 2 – 6 giugno )

Da lu 9.6 inserirò i seguenti ordini :

vendo 1 AGO MICRO GOLD a rottura di 3310 ( minimo del 2 – 6 giugno ) abbassando lo stop loss per le due posizioni aperte a 3400 ago fut ( top di ve 6.6. )

vendo 1 AGO MICRO GOLD a rottura di 3250 ( minimo del 26 – 30 maggio ) abbassando lo stop loss a 3365 per le tre posizioni aperte.

Operazione di breve respiro, che difficilmente porterà sotto 3120 cash.

SILVER LUGLIO 25

Per qualche motivo che non vedo nell’economia, SILVER, un metallo industriale più che una riserva di valore, è schizzato in alto, mentre GOLD sembra aver rallentato.

Avevo riscontrato che nella settimana 12-16 maggio scadeva un segnale di Tempo di media importanza, in cui SILVER ha segnato un minimo a 31,65 cash ed è risalito fino alla solita area di 33,70 cash, come fosse attirato da un magnete.

Finito maggio, in cui scadeva anche un segnale mensile interessante, già il primo giugno SILVER ha rotto con violenza il doppio top 34,86 – 34,58 sviluppando in un solo giorno un range molto ampio e spingendo poi fino a 36,33.

Quello che era un tetto ( area 33,7 usd ) potrebbe da ora essere un supporto utile per aprire operazioni di acquisto, con stop loss non sopra 31,65 cash.

Continuo ad osservarlo.

SP 500

Nelle prossime due settimane questo Mercato poteva scegliere tra due prezzi ben diversi :

– area TOP assoluto vale a dire 6147 del 19 feb 2025 oppure
– circa 5500 ( 50 % della discesa dal 19.2 al 4835 del 7.4, durante lo show del capo )

Ha deciso di salire.

Osserverò il comportamento tra 6050 e 6150 circa. Manca circa il 2 %

Forse da lu 16.6 inserirò una vendita sotto il minimo del 9 – 13 giugno.

DOW JONES INDU CASH

Sostituito da SP 500, al momento.

NASDAQ 100 CASH
In questi gg NAS 100 presenta un pattern simile a SP 500 , ma beneficia di un segnale statisticamente meno affidabile.

Esattamente come SP 500, dista circa il 2 % dal top del 19 feb 2025.

Ricordo che invece DJ è ancora 2000 punti sotto il top di 45073 toccato in dic 2024 e in gen 2025. Dista quindi il 4,5 % dai massimi.

Tecnicamente è giustificata una vendita intorno al top di 22222 cash ma, trattandosi del top assoluto, non esiste uno stop loss grafico e quindi posso operare solo in inversione.

Ciò premesso, dopo che GIU NAS 100 FUTURE sarà salito almeno a 22300,

venderò 1 GIU MICRO NAS 100 alla rottura del minimo di ogni giorno precedente ( una sola vendita nella settimana ) con stop loss sopra il massimo che avrà segnato da lu 9.6 in poi.

Leonardo Bodini