LA CHIMERA DEI TASSI

Cosa ha detto di originale il governatore della banca centrale americana nel suo ultimo discorso? Difficile sintetizzarlo e anche difficile interpretarlo. Il discorso è stato di quelli buoni per ogni stagione. In breve: nulla che non sapessimo già. Anzi a mio parere se per la Federal Reserve Bank of America (FED) decidesse soltanto il suo Governatore sarebbero forse da prendere ben più alla lettera i suoi avvertimenti sull’inflazione, una parola citata ben 63 volte nel corso del discorso introduttivo all’appuntamento di Jackson Hole! Ma il mercato finanziario ha preferito cogliere gli aspetti distensivi del suo discorso celebrando la prospettiva di un allentamento della politica monetaria USA.

LA SVALUTAZIONE MONETARIA TIENE VIVA L’INFLAZIONE

E nonostante Jerome Powell resti probabilmente troppo politicizzato per voler fare qualcosa che favorisca l’attuale presidente americano, è difficile dargli completamente torto circa gli avvertimenti lanciati. Dal momento che, più che l’inflazione dei prezzi al consumo, è la svalutazione monetaria il vero tema da tenere ben presente nella congiuntura economica che stiamo vivendo. Una svalutazione che nasce dall’esigenza di monetizzare i debiti pubblici (riducendone il valore effettivo) e che tende inevitabilmente a trasferirsi periodicamente sul livello dei prezzi al consumo, anche se soltanto a regime torrentizio. Alla fine però essa alza comunque l’asticella dell’inflazione, che non scende soprattutto per questo motivo.

L’INFLAZIONE DIPENDE DA COME LA SI MISURA

Senza dubbio l’attuale regime di tassi elevati rende meno accessibile il credito al consumo in un’America il cui prodotto interno lordo dipende principalmente dai consumi cospicui. L’abbassamento degli interessi da pagare incentiverebbe dunque gli americani a spendere di più e a risparmiare meno, favorendo dunque l’inflazione. Ma aiuterebbe altresì gli investimenti, gli acquisti di beni durevoli e il prezzo da pagare per i finanziamenti di cui necessitano le piccole e medie imprese, stimolando di fatto la crescita economica.

Ma l’America in questo momento ha davvero bisogno di stimoli allo sviluppo economico? Oppure dovrebbe prestare più attenzione alla svalutazione del Dollaro e alle spinte inflattive che proverranno dai dazi alle importazioni?

LA VERA MISURA DELLA SVALUTAZIONE MONETARIA E’ IL PREZZO DELL’ORO

Il principale segnale di svalutazione del potere d’acquisto delle divise valutarie occidentali risulta infatti nel prezzo di un’oncia d’oro: nel lungo termine essa risulta come una misura piuttosto accurata della svalutazione monetaria (il suo potere d’acquisto nel tempo infatti non cambia) e, se volessimo prenderlo oggi a misura della svalutazione delle principali “fiat currencies” (cioè le divise valutarie disconnesse dal loro effettivo contenuto di valore implicito), dovremmo esserne parecchio allarmati, anche se gli attuali picchi nelle sue quotazioni rischiano di essere fuorvianti rispetto alla media delle quotazioni di lungo termine del metallo giallo. 

MA I TASSI A LUNGO TERMINE SONO UN’ALTRA COSA

Resta il fatto però che non soltanto il discorso del governatore della FED non ha fornito alcuna certezza circa la prospettiva di tagli dei tassi d’interesse a breve termine (cioè quelli direttamente governati) ma soprattutto non sembra esserci alcuna certezza nemmeno nel calo strutturale dei tassi d’interesse a lungo termine. Questo tema resta il motivo principale per il quale l’Amministrazione Federale insiste sulla necessità di un taglio del tasso di sconto. Ma sul livello dei tassi d’interesse a lungo termine influisce più l’importante domanda che proviene dai debiti pubblici in costante espansione per tutti i principali Paesi dell’Occidente che non la politica monetaria della banca centrale.

LE BORSE GIÀ SCONTANO UNA DISCESA DEI TASSI

Edward Yardeni nel suo ultimo bollettino a tal proposito ha appena parlato molto chiaro: le borse sono in territorio record e l’economia americana non cresce granché ma non mostra nemmeno segni di cedimento. Dunque c’è davvero bisogno di un taglio del tasso di sconto che, alla luce degli attuali massimi storici di Wall Street, non potrebbe che surriscaldare i mercati finanziari? Probabilmente no, al di là del fatto che le borse già lo scontano e che quindi anche soltanto una delusione in tal senso potrebbe provocare un importante ribasso. 

Morale: la cosiddetta “FED put” implicita nelle attuali generose quotazioni delle borse potrebbe essere stata sino ad oggi stimata con troppa compiacenza dagli investitori. Ma tutti sanno che oggi il principale “market mover” al momento è la liquidità (che resta ai massimi storici anch’essa) non l’aspettativa di uno o due tagli dei tassi d’interesse a breve termine, che potrebbe non riflettersi sull’andamento dei tassi a lungo termine.

NON È DETTO CHE I TASSI A LUNGO TERMINE SCENDERANNO

Anche in Europa peraltro gli operatori attendono ulteriori riduzioni dei tassi d’interesse, ma nel nostro caso con motivazioni più fondate: l’economia europea non cresce e le tariffe doganali di Donald Trump la affossano ulteriormente. Inoltre il cambio della moneta unica con il Dollaro è salito troppo e indubbiamente ulteriori riduzioni dei tassi praticati dalla Banca Centrale Europea potrebbero aiutare a calmierarlo. Si, ma neanche nell’Eurozona ci si attende davvero una discesa ulteriore dei tassi d’interesse a lungo termine, per il medesimo motivo di oltre oceano: il fabbisogno finanziario dei debiti pubblici continua a crescere e, per alimentarlo, gli investitori si aspettano rendimenti migliori, non peggiori.

Dunque anche qualora fossero in arrivo i tagli dei tassi questi potrebbero non modificare al ribasso nemmeno i rendimenti dei titoli di stato europei. 

LE BORSE HANNO CORSO FORSE TROPPO

La congiuntura finanziaria insomma si avvia verso un bel guazzabuglio: i listini delle borse valori sono già oggi ai massimi storici e difficilmente dunque faranno degli importanti passi avanti nel prossimo futuro. Mentre nulla toglie la possibilità che qualche cigno nero si affacci all’orizzonte (quello geopolitico, ad esempio, con il rischio di rilanciare verso l’alto il prezzo dell’energia), rovinando la festa dei mercati finanziari.

I tassi d’interesse a breve termine che tutti si attendono in discesa non hanno invero nessun vero bisogno di calare in questo momento (soprattutto in America), con il rischio peraltro che la loro eventuale mancata discesa possa deludere i mercati e creare i presupposti per possibili smottamenti delle Borse. 

NEMMENO IL COSTO DEL CREDITO SIAMO SICURI POSSA SCENDERE DAVVERO

E se la situazione di sostanziale stallo è quella che è, con tutta la liquidità che risulta in circolazione oggi, difficile pensare che quest’ultima crescerà ancora con un allentamento delle politiche monetarie. Così è altrettanto difficile pensare di attenderci per il prossimo futuro cali significativi del costo del denaro, che sarebbero invece importanti per dare fiato alla domanda di credito delle piccole e medie imprese e alla creazione dei presupposti per ulteriori investimenti tecnologici da parte di queste ultime. Indubbiamente la domanda di denaro da parte dei titoli pubblici crea uno spiazzamento difficilmente aggirabile per poter pensare di rivolgere alle PMI un maggior flusso di risorse.

ALTRO SVILUPPO ECONOMICO POTREBBE DERIVARE DALLE TECNOLOGIE

Ma occorre anche ricordare che l’economia è sempre stata definita la “scienza triste” perché per chi vi si diletta appare piuttosto facile lasciarsi andare a prevedere cupi scenari che spesso poi vengono smentiti dai fatti. Grandi cambiamenti economici sono in atto, derivanti dallo sviluppo di nuove tecnologie come pure dalla costante ricerca di nuove efficienze produttive e distributive. Gli importanti investimenti in atto e in programma (non soltanto nell’intelligenza artificiale) stanno contribuendo a cambiare radicalmente lo scenario economico.

Di conseguenza grandi benefici ne potranno discendere in termini di creazione di ricchezza. E anche se buona parte di tali benefici apparterranno ai grandi giganti tecnologici e un’altra parte consistente di tali benefici verrà sicuramente utilizzata per nuove entrate fiscali (per esempio attraverso i dazi doganali) che servono a finanziare i debiti pubblici in costante ascesa, nulla toglie che quel che resta potrebbe ugualmente contribuire a favorire una crescita economica che al momento invece (soprattutto qui in Europa) stiamo vedendo col contagocce, rovesciando dunque la narrativa prevalente che vede oggi una inevitabile tendenza al rallentamento dell’economia occidentale. 

Stefano di Tommaso




PERCHÈ L’ORO SEGNA NUOVI MASSIMI

Molti osservatori si chiedono in questi giorni cosa possa significare la quotazione record di un’oncia d’oro, giunta a circa 3500 dollari. La prima e più ovvia risposta è quella dell’incertezza: se chi investe i propri e gli altrui risparmi giudica pericoloso continuare ad investire sui mercati finanziari alle quotazioni massime recentemente raggiunte, allora cerca beni rifugio e tra questi di gran lunga il più liquido è l’oro. 

Ma c’è una seconda e meno ovvia risposta: la protezione dal progressivo processo di “debasing” delle principali divise di conto valutario, cioè dalla loro svalutazione di fatto, che sembra in questi ultimi tempi completamente slegata dalle rilevazioni statistiche dell’inflazione dei prezzi.

Gli operatori in generale comprano oro per allocare diversamente le masse gestite dal momento che le borse continuano a registrare nuovi massimi (e tutti sanno che quando sono salite troppo poi stornano) e sinanco i titoli di stato promettono poco di buono. C’è infatti una liquidità stratosferica in circolazione sui mercati che genera molta compiacenza in tutte le direzioni, simile a quella che si registrava nel 2007, e non soltanto per quanto riguarda le borse valori, ma anche per i titoli obbligazionari, il cui spread rispetto alle attività prive di rischio rimane oggettivamente ridotto.

Secondo un report pubblicato da Goldman Sachs il 31 luglio 2025 (titolo: Macro Credit Views: Too Tight to Chase, autore: Lotfi Karoui), gli investitori stanno trattando le obbligazioni corporate americane quasi alla pari dei titoli di Stato. Il dato che fa riflettere è lo spread tra bond societari e il Treasury, sceso a 79 punti base a livello globale.

Anche per i titoli azionari, le cui valutazioni sono praticamente ai massimi di sempre, appare difficile giustificare ulteriori slanci. Gli investitori sono convinti che i rischi di recessione siano contenuti. Ovviamente gli indici azionari riflettono soprattutto le valutazioni stratosferiche dei titoli ipertecnologici (i primi 10 titoli di Wall Street sono arrivati a pesare il 75% del totale della capitalizzazione di mercato, e non succedeva dal 1929), ma anche altri settori, come quello immobiliare e quello delle banche, appaiono troppo ben valutati. 

Anche se bisogna dire che sta progressivamente aumentando il prezzo delle opzioni ”put out of the money” (il cui prezzo di esercizio è più basso del prezzo attuale di mercato dell’azione sottostante) perché gli operatori che continuano ad acquistare le azioni stanno iniziando a coprirsi dal rischio di un crollo del mercato. E, se vogliamo provare a calcolare quanto il mercato sia sopravvalutato è sufficiente misurare il famoso indicatore di Warren Buffet, qui sotto riportato, che mette in relazione l’ammontare del prodotto interno lordo degli USA con la capitalizzazione di borsa dei titoli quotati a Wall Street:

Lo stesso accade nel comparto del credito strutturato, Goldman evidenzia segnali di disconnessione tra fondamentali e valutazioni, come nel caso dei titoli garantiti da mutui residenziali emessi da enti privati (per intenderci, quelli che hanno causato la crisi del 2008), dove le tranche subordinate (che sono le più rischiose perché assorbono per prime le perdite in caso di default dei mutui sottostanti) mostrano spread troppo compressi rispetto alla fragilità del mercato sottostante.

È brutto dirlo, ma tutte le ultime volte che si sono registrati picchi di liquidità disponibile sui mercati di questo genere, poi i mercati hanno avuto un crollo, come mostrato dal grafico qui sotto riportato:

Quali considerazioni trarre da questo raggelante sguardo sui mercati finanziari di Ferragosto 2025? Senza dubbio cautela! I mercati appaiono troppo compiacenti tanto per ciò che riguarda lo sviluppo economico quanto per ciò che riguarda le attese di profitti futuri delle imprese quotate. In secondo luogo ha senso prendere beneficio della grande liquidità in circolazione per raccogliere oggi risorse finanziarie in quantità e a condizioni che potrebbero invece risultare peggiori nel prossimo futuro!

Se nessuno scossone scuoterà i mercati finanziari infatti (cosa che tutti si augurano) rimane il problema dell’eccesso di indebitamento dell’intero Occidente che potrà essere sanato quasi soltanto attraverso la “monetizzazione” dei debiti pubblici. Cioè con le banche centrali che mano mano o riacquisteranno o ne favoriranno il collocamento attraverso l’incremento di liquidità (proprio come sta avvenendo oggi).

Cosa che evidentemente genera una riduzione del valore implicito nelle divise di conto valutario non sempre immediatamente percepibile con l’andamento dei prezzi al consumo, i quali dipendono anche da altri fattori, ma che prima o poi tendono a riflettere tale svalutazione. L’inflazione che vediamo non appare dunque destinata a scendere ulteriormente proprio per questo motivo, ed erode inevitabilmente i valori nominali, oltre a sospingere verso l’alto i tassi d’interesse affinchè chi investe in titoli a reddito fisso possa trovare almeno riparo in conto capitale.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 134 – sa 23 ago 2025

Operazioni in essere : nessuna ( nella pausa editoriale la strategia contenuta nella N. 133 ha eseguito due operazioni positive su GOLD, anche oltre le mie attese )
Premessa
La 135 e 136 saranno prive di grafici, perchè lu 25.8 inizio le mie ferie.

GOLD OTT 25 ( paragrafo molto lungo, che ripercorre gli eventi feriali )

Avevo delineato una strategia che gestisse GOLD da sa 2 ago a lu 25 ago, lasciando che fosse il metallo a decidere quando farmi uscire dal mercato e ribaltare la posizione, possibilmente con un profitto.

Avevo quindi stabilito quanto segue :

“Lu 4.8 lo stop loss sarà in pari a 3310 OTT FUT

Da mart 5.8 lo stop loss verrà ogni giorno alzato al minimo dei 2 gg precedenti ( quindi uno stop loss che può solo salire, come una ghigliottina )

Il giorno che la posizione al rialzo verrà stoppata, scatterà allo stesso prezzo il reverse, vale a dire l’apertura di un ribasso, della stessa ( infima ) quantità di 1 MICRO GOLD e inserirò contestualmente lo stop loss sopra il massimo che sarà stato segnato da lu 4.8 in poi.

Questo stop loss verrà abbassato a non più di 50 USD da ogni eventuale nuovo minimo giornaliero.”
Avevo anche scritto :

“….. trovo che la distanza di soli 22 gg intercorsa tra i due minimi del 30.6 e del 30.7 ( 3268 ) sia insolitamente breve e quindi non mi sorprenderei che GOLD provasse a riavvicinare il minimo del 30.7 “ ( ci ha provato, scendendo a 3311 cash, che è 70 % della salita da 3268 a 3409, quasi quello che mi attendevo )

Tutto ciò premesso, descrivo il comportamento di GOLD, come gestito dalla precedente N. 133.

Merc 30.7 avevo comprato 1 OTT MICRO GOLD a 3310 con stop loss che è stato alzato ogni giorno al minimo dei 2 gg precedenti.

Gio 7.8 alle 21 circa ( ora italiana ) TRUMP ha dichiarato che avrebbe imposto dazi su import di lingotti da 1 kg e da 100 once.

GOLD CASH resta fermo.

Il future scadenza ott 2025 schizza su di 70 usd fino a 3503 nella notte tra giovedì e venerdì.

Il minimo di OTT FUT segnato gio 7.8 fu 3403 e quello di ve 8.8 fu 3418

.
Lu 11.8 lo stop loss viene alzato a 3403, livello che viene quasi subito rotto, a metà mattina italiana.

La N. 133 chiude il long con un profitto ( 3403 – 3310 = 93 USD ) di 930 USD e nello stesso istante vende 1 OTT MICRO GOLD per girarsi al ribasso inserendo lo stop loss iniziale a 3503 ( il massimo registrato da lu 4.8 in poi ) che verrà poi abbassato 50 USD sopra ogni nuovo minimo giornaliero.

GOLD inizia una discesa insolitamente composta con nuovi minimi quasi ogni giorno e rimbalzi modesti, mai di 50 USD.

Tutto ciò prosegue fino a ieri ve 22.8, quando, nel pomeriggio, POWELL prospetta un probabile ribasso del tasso USA nel FOMC del 16 – 17 settembre.

Decollano le azioni U.S.A., salgono le cripto, sale GOLD – SILVER, sale T – BOND, dorme, o quasi, il DAX.

Lo stop loss della strategia era 50 USD sopra ogni minimo più basso segnato da OTT GOLD FUT ( 3326 di merc 20.8 + 50 USD ) vale a dire 3376 USD; viene eseguito a 3377, con un utile ( 3403 – 3377 = 26 USD ) di 260 USD, poco in assoluto, ma la N. 133 è riuscita a navigare tra due eventi esogeni ( TRUMP + POWELL ), senza poter intervenire.

Non poco.

Questa volta, non sempre avviene, la mia gestione, con correzioni giornaliere della strategia, ha prodotto un risultato esageratamente superiore, avendo potuto chiudere il long a 3466 ( come avevo ipotizzato nella parte finale del paragrafo della 133 dedicato a GOLD ) con ribaltamento al ribasso poche ore dopo a 3437.

Ma fare ciò richiede una SIM collaborativa e una operatività non meccanica.

Comunque non sempre, intervenendo giornalmente, si fa meglio di una Lettera settimanale.

Ciò premesso, attribuendo già da ora una discreta rilevanza al minimo della settimana 18 – 22 ago ( 3311 CASH e 3326 OTT FUT ), decido di :

Comprare 1 OTT MICRO GOLD FUT a 3360 con stop loss iniziale a 3330, che verrà alzato, dopo 2 gg dall’eventuale acquisto, ogni giorno al più basso degli ultimi 3 gg precedenti.

Da merc 27.8 inserirò anche una vendita di 1 OTT MICRO GOLD FUT a rottura di 3320, con stop loss da stabilire dopo l’eseguito.

Resta comunque valido quanto già scritto :

“Ho notato una significativa importanza ciclica nel trimestre luglio – settembre 2025.
Purtroppo un trimestre è lungo e non facile da gestire lo stop loss, per l’ampiezza del range di un periodo così esteso.”

SILVER DIC 25

Segnalo che il contratto con scadenza settembre andrà in consegna a fine agosto e quindi aprirò le eventuali posizioni su dicembre, che quota circa 65 cents oltre il prezzo cash, sul quale eseguo le analisi.

Nelle prossime due settimane mi interessa vendere in area 39,5 – 40, senza fretta, con stop loss da fissare dopo che avrà rotto il minimo di almeno 2 – 3 gg precedenti, quasi impossibile da gestire con una Lettera settimanale.

Ritengo che l’area solida di acquisto tuttavia si trovi solo da 28 ( livello toccato il 7.4 con i dazi di Trump ) a circa 26 usd.

Il livello di 26 fu supporto nel biennio 2011 – 2012 e tetto per tutto il 2022 – 2023.

Prezzi ora molto lontani. Ma SILVER sa picchiare duramente.

DAX

Per la prima volta allego un grafico del DAX, il mio indice azionario preferito dopo DJ.

Invito a guardarlo, senza alcun bias.

E’ da tempo sopra i massimi ante dazi.

Siamo in una laterale di soli 1000 punti ( 4 % ) da 12 – 13 settimane, vale a dire un trimestre. L’ultima settimana segna un range quasi non esistente…………

Merita attenzione.

DOW JONES

Il range di luglio presentava un certo rilievo ciclico ( purtroppo non pari a feb 2025 ) che lo ha attirato quasi esattamente agli stessi prezzi e per tutto il mese si era fermato nel range di feb 2025, quindi il mio interesse all’osservazione era molto aumentato.

Il range di luglio ( 43759 – 45017 ) era contenuto, ma già il primo agosto DJ ha tirato una botta in giù che complica di molto l’operatività, poi resa non possibile perché agosto è già da ora un mese di outside rialzista, figura grafica che sconsiglia di andare contro.

Ugualmente non penso per nulla di comprarlo.

Il minimo del 1 agosto a 43340 ha già un notevole significato, ma vediamo cosa si sviluppa tra Jackson Hole e il FOMC del 16 – 17 settembre.

NASDAQ 100 CASH

Registra nuovi massimi, marginali, quindi non si può cercare una vendita.

Comprarlo ? Vi dico che la penso un po’ peggio di W. Buffet, che, al 30 giugno 2025 ( dati resi pubblici il 16 ago ) ha cambiato APPLE con UNITED HEALTH e portato la liquidità sopra 350 billions.

Il controvalore delle azioni possedute è sceso a 254 billions.

Sembra abbia detto : “ voglio che ABEL sia libero di muoversi……….”
Figuriamoci !

Leonardo Bodini



 







TEMPESTE D’AGOSTO?

Il mese di Agosto -si sa- dal punto di vista delle borse riserva spesso delle sorprese, anche perché è per tutto l’Occidente un mese di vacanze nel quale dunque manca una parte della liquidità dei mercati ed è perciò il momento migliore per le manovre di speculatori e ribassisti. Forse anche per questo motivo alla fine della scorsa settimana i mercati borsistici hanno effettuato una brusca sterzata, ma certo di motivazioni per uno storno dei mercati non ne sono mancate!

 

LE BRUTTE NOTIZIE

Tanto per cominciare hanno avuto un riverbero le minacce pseudo-nucleari di Trump, che ha dichiarato di aver inviato due sottomarini alle coste della Russia. Ma non solo: i mercati finanziari hanno toccato i massimi storici ed è del tutto logico che più di qualcuno abbia voluto prendere profitto delle laute plusvalenze prima che lo facessero altri. Quando le borse raggiungono nuovi record c’è da aspettarsi qualche storno.


E non basta ancora: a metà settimana la Federal Reserve ha dichiarato al mondo di voler attendere a calare i tassi d’interesse a stelle e strisce, anche perché l’economia USA aveva mostrato una crescita molto importante nel secondo trimestre (+3% su base annua), ma il giorno successivo le statistiche relative al mercato del lavoro americane hanno raggelato le attese, mostrando una correzione inaspettata che fa pensare ad un’economia in sostanziale rallentamento che da Aprile a Giugno ha probabilmente accelerato soltanto per anticipare gli effetti dei dazi doganali.


IL RUOLO DELLA FINANZA AMERICANA

Il punto però è che l’America esprime ancora oggi la più importante piazza finanziaria del mondo ma è sempre di meno la locomotiva della crescita economica globale. Anzi: con la sostanziale restrizione alle importazioni voluta dal nuovo presidente e con le reciprocità che tale manovra comporta presso le altre nazioni c’è da prevedere non soltanto una disaffezione diffusa nei confronti della politica americana, ma anche una possibile ulteriore battuta d’arresto al commercio internazionale. Conseguentemente, è lecito ipotizzare anche ulteriori ridimensionamenti del Dollaro americano, fatto salvo evidentemente il caso in cui guerre e disastri umanitari potranno rinvigorirne le quotazioni, così com’è successo dopo le minacce nei confronti della Russia.


Anche perché la Cina, che per il momento ha accelerato le sue esportazioni nei confronti dell’Unione Europea, si troverà presto di fronte alla classica manovra americana tesa a scoraggiare che essa possa incrementare il suo ruolo commerciale nei confronti del vecchio continente, che resta la principale area d’influenza di Washington. L’Europa insomma è probabile che dovrà accettare un minore interscambio con buona parte del blocco dei paesi BRICS, cosa che fa temere per le esportazioni europee.


LA SITUAZIONE PUÒ FAVORIRE I TITOLI DI STATO

La grave situazione geopolitica voluta negli ultimi tempi dalla NATO peraltro resta il problema principale dei mercati, che temono nuove escalation delle tensioni con Russia e Cina e si posizionano di conseguenza su atteggiamenti difensivi. Cosa che fa pensare che, al di là delle manovre speculative del primo giorno di Agosto, altri grandi investitori inizieranno ad assumere posizioni più prudenti e a scaricare sul mercato titoli azionari per passare a quelli a reddito fisso. Il che peraltro può coincidere con quanto ha sempre voluto il nuovo presidente americano, il quale deve riuscire, pur senza l’appoggio della sua banca centrale, a ridurre il costo del debito. Nel grafico qui sotto l’andamento del rendimento implicito a 10 anni del T-Bond americano:


MA LA VOLATILITÀ PUÒ GIOCARE BRUTTI SCHERZI

Il punto però è che solitamente i mercati finanziari ad Agosto incrementano la loro volatilità, come si può vedere dal grafico qui sotto riportato, e ciò non promette bene per la fiducia che gli investitori possono riporre nemmeno al riguardo dei titoli di stato.


Ecco ad esempio cosa è successo lo scorso venerdì 1 Agosto:


E LA FINE DELL’ERA DELLE MAGNIFICENT SEVEN ?

E questo nonostante un’ottima stagione dei profitti trimestrali, soprattutto da parte delle grandi multinazionali tecnologiche, le quali tuttavia già scontano ottimi profitti per i prossimi anni e non costituiscono più un insieme omogeneo, come si può vedere dal grafico qui sotto riportato:


I grandi titoli americani supertecnologici cioè rischiano -da ora in avanti- di procedere in ordine sparso: da un lato ci sono NVIDIA e MICROSOFT che sono cresciuti parecchio e che, proprio in ragione di ciò, potrebbero subire anch’essi qualche presa di beneficio. Dall’altro ci sono titoli meno legati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e più ai consumi, come Apple e Netflix, i quali indubbiamente soffrono le prospettive di rallentamento della crescita globale.

CAUTELA DOPO I NUOVI MASSIMI

Come concludere dunque questa carrellata di informazioni sull’andamento dei mercati finanziari alle soglie della pausa ferragostana? Con una certa cautela, dettata non soltanto da considerazioni statistiche ma anche dal timore che nuovi colpi di scena possano rovinare la serenità delle ferie estive. La considerazione è peraltro accentuata dal fatto che le borse hanno quasi tutte toccato nuovi massimi storici, e che non è proprio scontato che questa tendenza prosegua in eterno.


Stefano di Tommaso