IL VALORE DELLA “BRAND IMAGE” OVVERO COSA CONTA DI PIÙ : LA PERCEZIONE O LA REALTÀ DEI FATTI?

La presentazione, il Marchio e la Comunicazione sono tutto per l’impresa e per i suoi prodotti.  Senza di essi nemmeno la miglior performance al mondo riuscirà mai a far percepire il suo valore.  È intorno a questo concetto che gira la maggior parte delle strategie di qualunque azienda nel mondo, senza nulla togliere alla sua validità ed economicità industriali.

 

È noto l’esperimento organizzato di recente dal Washington Post con alcuni ricercatori scientifici che indagano sulla percezione umana degli eventi, i gusti e le priorità della gente, per dimostrare questo concetto  (cosa conta di più: la percezione o la realtà dei fatti?) in maniera assolutamente plateale: la performance che uno dei più grandi musicisti al mondo: Joshua Bell, ha fornito lo scorso gennaio ad un pubblico di migliaia e migliaia di persone che passavano dalla metropolitana di Whashington D.C., seduto in un angolo senza farsi riconoscere.

L’ESPERIMENTO DEL WASHINGTON POST

Violinist Joshua Bell turns train station into concert hall

 

Non solo Joshua è riconosciuto come uno dei più grandi esecutori contemporanei, ma ha anche suonato quel giorno sei pezzi di Johann Sebastian Bach tra i più difficili da eseguire mai scritti nella storia della musica per un totale di poco meno di un’ora, con un violino del valore di oltre tre milioni e mezzo. Persino la posizione, in un angolo della stazione, da cui suonava, era stata studiata per ottenere uno splendido effetto acustico.

Inutile dire che praticamente nessuno si è accorto di lui quel giorno, nessuno tra le moltissime persone di ogni età che sono transitate ha riconosciuto il suo talento e la sua mirabile esecuzione artistica, nonostante quella stazione della metropolitana fosse una delle più affollate del mondo, nonostante a quell’ora (di punta) fossero diverse migliaia le persone che vi si affollavano, nonostante che egli, due giorni prima, in uno dei principali teatri di Boston, avesse fatto il tutto esaurito e ottenuto un enorme successo per la medesima esecuzione musicale.

Due giorni prima infatti la sua fama internazionale, il risalto sulla stampa della serata in programma e un’organizzazione mirabile dell’evento avevano fatto si che i posti in teatro non solo fossero andati esauriti ma anche che fossero costati al numerosissimo pubblico non meno di 100 dollari l’uno !

Due giorni dopo il medesimo “prodotto” e il suo medesimo “produttore”, spogliati di ogni notorietà (Joshua suonava in incognito e con un cappellino da baseball in testa), di ogni comunicazione e di ogni organizzazione a supporto, hanno trovato nel pubblico ben poca attenzione e racimolato mancine complessive per una misera trentina di dollari.

Forse cento anni addietro un musicista del livello di Joshua Bell persino in una piazza affollata da gente di tutti i tipi sarebbe comunque riuscito a farsi notare e a riscuotere il successo che merita.

L’ASSOLUTA PREVALENZA DEL MARKETING

Ma oggi il mondo è molto molto più complesso: la gente ha una vita molto più organizzata, riceve migliaia di stimoli e di messaggi di ogni genere e tende a concentrare la sua attenzione soltanto su talune determinate priorità, seguendo sempre più spesso in modo disattento quasi solo i grandi mezzi di comunicazione di massa.

Il risultato è la vittoria assoluta di marketing e comunicazione sulla sostanza delle cose, soprattutto nelle società civili più evolute, soprattutto oggi che la digitalizzazione, la pluralità delle fonti di informazione (ivi compresi i nuovi numerosissimi canali comparsi su internet) e il bombardamento pubblicitario continuo determinano la quasi impossibilità di venire notati senza un adeguato armamentario mediatico.
Vale per le persone, sinanco le più famose e geniali, come per l’economia, l’industria, i servizi e le informazioni.

È la definizione dell’immagine di ogni concetto, cosa o persona, più che il concetto in sé, la cosa o la persona stessa, a decretarne il successo e il profilo pubblico.
Con le evidenti storture che ne derivano quando si arriva agli eccessi citati.

Gli imprenditori, i loro consulenti e i loro responsabili commerciali ne prendano la giusta contezza: la necessità di imponenti organizzazioni, di rilevanti budget di comunicazione e di uno staff di marketing che -probabilmente- conta di più (e costa altrettanto di più) di chi sviluppa prodotti e servizi, orienta moltissimo le strategie aziendali e la dimensione minima necessaria per poter competere in un mondo globalizzato e “multi-canale”!

 
Stefano di Tommaso




ARRIVA IL ROBO-INDEX

Nell’ultimo trimestre quasi tutte le categorie di investimento hanno guadagnato valore, ma nessuna di esse è cresciuta così tanto (+32% su base annua) come il Global Robotics & Automation Index (http://roboglobal.com) l’indice globale relativo alle aziende di robotica e automazione industriale (che per adesso monitora 82 imprese nel mondo).

 

La performance borsistica delle aziende che si occupano di robotica e automazione industriale è risultata, proprio nel periodo migliore degli ultimi tre-quattro anni per le borse, nettamente superiore a quella di tutte le altre categorie di società quotate.
Circa il doppio dell’indice azionario globale MSCI e quasi tre volte lo S&P500  (che a sua volta non registrava una performance come questa dalla fine del 2013). “Tanta roba” dunque !


Le motivazioni sono ovvie: non ci sono praticamente comparti industriali che non siano stati pesantemente travolti dall’incalzare delle tecnologie di automazione e robotica e, di conseguenza, è montato decisamente anche l’interesse di qualunque grande impresa o investitore ad acquisire, incorporare, quotare in borsa o finanziare le imprese che sono attive i questi campi.

Questo è anche il principale motivo per il quale è nato in America un indice che le censisce e le riguarda : siamo di fronte ad un vero e proprio punto di svolta della storia dell’economia industriale dal punto di vista dell’avanzamento tecnologico e della riduzione dei costi connessi allo sviluppo della robotica in praticamente ogni applicazione.

Tuttavia come si può leggere nella tabella sopra riportata, di possibili campi di applicazione della robotica ne sono stati censiti 13 con l’evidenza di uno spaccato delle performances dell’ultimo trimestre relative alle aziende quotate nel mondo principalmente attive in ciascuno di tali campi.

I MIGLIORI RISULTATI ARRIVANO DALL’INTERAZIONE CON IL MONDO REALE E DALL’ELABORAZIONE  DELLE IMMAGINI


Ebbene il settore dell’automazione che ha riportato le migliori performance è quello dell’attuazione, cioè dell’interazione della robotica con il mondo reale: vi appartengono per esempio aziende come l’israeliana MOBILEYE, recentemente acquisita a caro prezzo da INTEL, che si occupa del controllo della guida e dell’evitare le collisioni alle vetture senza guidatore, più avanti in media rispetto alle aziende che si occupano di processing (elaborazione delle informazioni quali ad esempio la realtà virtuale o l’eleaborazione in tempo reale delle immagini e delle parole percepite), ma anche più performanti di quelle attive nell’automazione dei processi industriali, oggi sulla bocca di tutti grazie all’avvento della cosiddetta “industry 4.0”.

Se il momento è particolarmente positivo per le aziende innovative e per le tecnologie in generale insomma, la punta avanzata di quelle aziende è senza dubbio la robotica, perché essa si applica a praticamente qualsiasi ambito e forse perché la digitalizzazione e l’interconnessione hanno raggiunto il loro apice e dunque consentono una sua relativamente facile applicazione e gestione.

PERCHÉ LA ROBOTICA PERFORMA DI PIÙ

L’avvento di internet 2.0 e dell’interazione tra gli oggetti che essa consente ha posto infatti le basi per un incremento della loro automazione , ma anche l’avvio di un profondo rinnovamento di ogni comparto industriale in quanto a costi di produzione e distribuzione.
Non solo dunque la robotica assolve all’ovvia necessità -per chi può permetterselo- di semplificarsi la vita quotidiana, ma soprattutto propone alle aziende le migliori risposte all’esigenza di maggior efficienza gestionale, per evitare di ritrovarsi i margini azzerati dalla concorrenza globale sui prezzi.

È noto il caso della Adidas, grande multinazionale dell’abbigliamento sportivo, che dopo un lungo percorso di delocalizzazione delle produzioni di scarpe, ha infine creato uno stabilimento-modello completamente automatico in Germania, dove gli unici operai che vanno in giro per la fabbrica sono i pochissimi tecnici e ingegneri altamente qualificati che ne assicurano il funzionamento.
Ovviamente i costi di produzione di quell’azienda sono competitivi con quelli dei paesi asiatici a più basso costo del lavoro!

Il galoppo delle innovazioni tecnologiche in ogni direzione infine completa il quadretto: le imprese che forniscono soluzioni robotiche e di automazione non hanno che da scegliere ogni giorno quali nuove tecnologie incorporare nei loro apparati, rinnovando continuamente l’offerta e migliorandone continuamente le performances. Nel loro caso dunque i margini industriali sono assai elevati perché l’integrazione di quelle tecnologie in sistemi complessi e fortemente autonomi è -per ora- un mestiere che sanno fare in pochissimi.

L’invito implicito da parte di chi ha sviluppato il ROBO-INDEX è dunque quello di preferire l’investimento nelle aziende che sviluppano i vari campi della robotica e dell’automazione, non solo perché al momento sono quelle che promettono i maggiori guadagni, ma soprattutto che scatenano i maggiori appetiti per venire acquisite dalle grandi multinazionali dei settori più tradizionali -primo fra tutti il comparto dell’ “Automotive”- che vedono in esse il modo per fare un deciso passo avanti nel rinnovamento dei propri prodotti e delle proprie tecnologie produttive.

È una rivoluzione industriale e dei consumi simile a quella che ha seguito la diffusione dei personal computers e degli apparati digitali: il mondo intero è stato costretto ad adeguarsi, sebbene -visto in prospettiva- non sarà neanche in questo caso così scontato che siano i pionieri del settore quelli che ci guadagneranno di più.

 
Stefano di Tommaso




ALLA RICERCA DEL VALORE D’IMPRESA: LE TENDENZE GLOBALI CHE FORGIANO I MERCATI E I CONSUMI

Non ci vuole un consulente per capire che le imprese raggiungono le migliori performance quando riescono ad interpretare ed anticipare le tendenze di mercato, intuendone nuovi spazi, cercando di occuparli per prime e -ovviamente- procurandosi le risorse per farlo (prime tra tutte le competenze).

La macroeconomia analizza le grandi tendenze, le statistiche e i valori in gioco, per ciascun settore industriale e per ciascun ambito geografico, l’economia delle imprese ne analizza le opportunità strategiche, quelle di mercato e quelle di riuscire a coglierle per prime generando profitti  e sbaragliando la concorrenza, ma è la finanza quella che anticipa, determina e misura la creazione di valore per gli “stake-holders”.

La competizione industriale inoltre si affolla laddove si è già chiaramente delineato un nuovo spazio di mercato, una nuova esigenza dei consumatori da soddisfare, una nuova abbondanza di risorse (intellettuali, innanzitutto) per riuscirci.
Riuscire invece ad anticipare quegli spazi di mercato, quelle tendenze di fondo e quelle mutazioni nelle abitudini della gente tenendo conto del valore che in ciascuna di esse è contenuto, è molto più difficile (e costoso), ma permette anche di generare maggior valore aziendale, ottenere maggiori profitti e dover contrastare la minor concorrenza.

LA NECESSITÀ DI RINNOVARSI PER LE IMPRESE È CRESCIUTA DA QUANDO IL MERCATO DEI CAPITALI PUÒ PERMETTERSI DI PREMIARLE OLTRE OGNI ASPETTATIVA

L’accelerazione delle innovazioni tecnologiche e l’osmosi globale dei nuovi stili di vita e delle nuove categorie di pensiero comporta la necessità per, potenzialmente, ogni impresa al mondo, di rinnovare continuamente la propria immagine, i propri prodotti e servizi, i loro componenti e il loro design e, soprattutto , i canali distributivi , tenere conto delle nuove tendenze e dei valori sottostanti ad esse collegati.

Laddove ciò non sia possibile è fondamentale poter lasciare correre liberamente le proprie divisioni più innovative, magari spin-offandole dalle attività caratteristiche, oppure acquistando imprese innovative, capaci di introdurre culture nuove all’interno.

I valori espressi dal mercato rappresentano, in fondo, la sintesi di tutto! Il valore di un’impresa è sempre più fortemente legato alla sua capacità di interpretare le nuove tendenze, le nuove tecnologie, le nuove abitudini e i nuovi valori sociali, culturali e demografici. Se si tiene conto di questa inequivocabile verità si capisce meglio per quale motivo i mercati finanziari apprezzano a volte oltre ogni limite le azioni delle imprese che prima di tutte le altre riescono a cavalcare le nuove ondate del consumo e delle mode, mentre apprezzano infinitamente di meno le imprese più tradizionali persino quando appartengono alla sempreverde categoria delle cosiddette “cash cow”.

I MERCATI FINANZIARI NON SONO MAI COMPLETAMENTE IRRAZIONALI

I mercati finanziari sono divenuti più liquidi, più globali, più pervasivi, a volte decisamente eccessivi, ma non sono mai completamente irrazionali, sebbene talvolta risulti veramente difficile comprenderli.
Essi si sforzano più di ogni altro settore economico di riuscire a cogliere, allocando al meglio le proprie risorse,  “la prossima onda”, le nuove tendenze, le nuove opportunità che discendono dalla digitalizzazione, dalle tecnologie, dalle modificazioni e dalle propagazioni geografiche delle abitudini e dei consumi.

Se le nuove generazioni rimangono perennemente interconnesse tramite la rete mobile e, per converso, dedicano sempre meno attenzione all’abbigliamento, all’arredo e alla guida delle automobili, ecco che i mercati finanziari premiano chi è in grado di fornire a quelle orde di nuovi consumatori il miglior pane per i loro denti: i migliori telefonini, le migliori applicazioni software per i medesimi, la moda più “casual” e “stracciona” che si possa immaginare, l’arredo più minimalista e le automobili più capaci di fare tutto da sole (parcheggiare, guidare, trovare luoghi…).

Se le nuove percezioni valoriali di queste generazioni promettono i migliori profitti futuri per le imprese che risultano più in grado di interpretare meglio temi generali come la difesa dell’ambiente, la sostenibilità delle colture alimentari, la difesa della vita degli animali, la condivisione delle informazioni e la sicurezza dei prodotti, ecco che i mercati finanziari premiano i valori delle imprese che riescono ad emergere come i nuovi campioni di quelle categorie.

Se le nuove tendenze demografiche  ci rivelano che si spostano i migliori numeri (quanto a capacità di consumo di massa) verso l’Asia, dove si addensano i tre quarti dell’umanità e i quattro quinti delle nuove generazioni, ecco che i mercati finanziari non potranno che prenderne atto e valutare ben di più quelle imprese che saranno meglio in grado di vincere il consenso di quelle popolazioni e dei valori che esse si trascinano appresso.

Solo così si spiegano taluni successi assoluti di borsa come Facebook, Uber, Google. Apple o Alibaba, mentre gli investitori tendono a dare minor valore a imprese più tradizionali come la a General Motors o la Coca-Cola, sebbene possano generare profitti importanti e le loro attività siano caratterizzate da ben poca rischiosità. Ma questi ovviamente sono solo i campioni dei loro rispettivi settori, mentre le linee-guida appena delineate valgono per una moltitudine di altri settori e per un’infinità di imprese di medio-piccola dimensione.

PERSINO PER FINANZIARE IL CIRCOLANTE OGGI È NECESSARIO UN BUON PIANO INDUSTRIALE: CREARE VALORE È VITALE PER ASSICURARE ALL’IMPRESA LA SUA SOPRAVVIVENZA E LA SUA UTILITÀ SOCIALE

Oggi persino se un’impresa vuole trovare il finanziamento per il proprio capitale circolante deve essere in grado di esibire un buon piano industriale, ottime capacità manageriali e la capacità di vincere la concorrenza sui propri canali di vendita!
Non è una “moda” o un eccesso dei mercati, bensì la nuova normalità, la nuova percezione del valore collegato a ciascuna attività economica e, di conseguenza, anche la nuova percezione della sua capacità di credito.

Morale: il mercato dei capitali nel suo sforzo costante di cavalcare l’onda delle nuove percezioni valoriali non soltanto compiono un esercizio perfettamente razionale, sebbene estremo e sempre più difficile da interpretare, ma incorporano anche una forte funzione segnaletica, che gli imprenditori di ogni settore e di ogni nazione farebbero meglio a tenere in maggior considerazione, per raffrontarsi con le logiche avanzate del mercato anche quando non sono quotati, non hanno emesso Minibond e non sembrano avere grande bisogno di finanziamenti a breve termine.

Esprimere valore per i propri azionisti è la funzione ultima delle imprese. Solo così esse possono pensare anche di assolvere alle proprie funzioni di utilità pubblica e sociale, solo così possono pensare di confrontare le proprie strategie competitive: ricordandosi che se l’impresa non sta creando alcun valore, probabilmente lo sta distruggendo.

 

Stefano di Tommaso




L’EUFORIA DEL VOTO CONTAGIA I MERCATI

(una visione “contrarian” dello scenario positivo per le borse)

I mercati hanno oggi festeggiato, subito dopo la vittoria di Macron e dopo aver registrato lo schieramento in suo favore di due degli altri quattro candidati maggiori (cosa che gli darebbe la vittoria al ballottaggio se bastasse una dichiarazione dei leaders politici per realizzare un pieno trasferimento di preferenze).

Tutto va su, fin troppo su se me lo permettete, dal momento che i principali beneficiari dell’euforia del voto fin da questa mattina sono stati gli istituti di credito, primi fra tutti quelli italiani, che notoriamente non hanno fatto ancora completamente ordine in casa propria.
Persino l’Euro sale di slancio e tende verso quella fatidica soglia di 1,10 Dollari che molti avevano in precedenza indicato come obiettivo di medio termine.

Ovviamente la notizia (soprattutto dopo una lunga tornata di sedute positive dei mercati di tutto il mondo ma in particolare di quelli europei, che attendevano con ansia la prova elettorale) ha tutta una serie di risvolti positivi per l’economia, così come li avrebbe avuti in senso opposto se i mercati invece fossero precipitati.
Con il prolungato rialzo delle borse infatti :

– i portafogli degli investitori sono più ricchi e di conseguenza più propensi agli investimenti produttivi;
– i tassi di interesse impliciti scendono (anche se marginalmente) e favoriscono dunque anche i consumi;
– la maggior propensione alla spesa dei risparmiatori che vedono accresciuta la loro ricchezza può dare un contributo positivo alla lotta contro la deflazione dei prezzi (tutt’ora presente in un vasto paniere di beni);
– i mercati europei si allineano a quelli asiatici e d’oltre Atlantico e questo rafforza un teorema che a tutt’oggi resta difficile da dimostrare: che gli attuali livelli di valutazione delle aziende sono “quasi” fisiologici;
– i tassi di cambio con il Dollaro sono decisamente migliorati per l’Euro ma per la Banca Centrale Europea questa non è necessariamente una bella notizia: la ripresa economica europea è oggi fortemente condizionata dall’andamento positivo delle esportazioni, visto che i consumi non crescono affatto al sud e poco nel nord del vecchio continente. Le esportazioni potrebbero risultarne danneggiate e La BCE potrebbe decidere qualche altra manovra espansiva per contrastare l’apprezzamento della divisa unica. Manovra che avrebbe peraltro tutta una serie di ulteriori connotazioni positive per le nostre economie.

Fin qui tutti i (numerosi) risvolti positivi dovuti all’euforia post elettorale, ma non possiamo non tenere conto anche di una serie di considerazioni pratiche che potrebbero -nel caso- contribuire a “rovinare la festa” cui oggi assistiamo:

– il fenomeno della forte ascesa dei corsi di borsa non può che essere letto anche come un aumento della volatilità implicita dei corsi azionari, volatilità che può fornire qualche grattacapo agli operatori più prudenti, i quali si stavano progressivamente orientando all’azionario per sostituire i rendimenti quasi inesistenti del reddito fisso;
– l’euforia rischia di essere un sentimento passeggero e talvolta, dopo un lasso di tempo, lascia il posto alla delusione ;
– sebbene sia molto probabile l’ascesa di Macron allo scranno presidenziale francese, l’ultima parola non è ancora stata detta e, come minimo, al realizzarsi di ciò, ci troveremmo una Francia fortemente divisa (con posizioni politiche invertite ma divisa ugualmente quanto lo è stata l’America dopo l’avvento di Trump), dove magari una esigua maggioranza di elettori “statalisti ed europeisti” potrebbe risultare avversata da una folla inferocita di contadini e operai alle prese con un’immigrazione selvaggia che mette sotto pressione i salari minimi e contro un governo di “banchieri” in cui non si riconosce;
– un’eventualità infine non troppo improbabile è che nelle prossime due settimane la Francia continui ad essere colpita da bombe  e attentatori islamisti (così come è successo sino ad oggi) e che questo mobiliti la popolazione verso un sentimento di forte ribellione al sistema, con il possibile risultato di un ribaltamento della situazione attuale.

Ovviamente sono considerazioni solamente teoriche, del tutto prive di certezze e, tutto sommato, persino nell’improbabile caso di vittoria al fotofinish di Marine Le Pen, le medesime potrebbero risultare incapaci di mobilitare una vera e propria crisi del mercato finanziario, per molti motivi.
Ma che i prossimi giorni possano veder crescere la volatilità dei mercati è probabile, se non quasi sicuro!

Il sistema europeo potrà infatti difficilmente essere scosso e cambiato dal suo interno, a motivo del fatto che dietro gli attuali meccanismi ci sono importanti interessi economici e finanziari.
Se Macron si rivelerà essere un altro Renzi, solo fintamente rottamatore e di fatto troppo vicino alle logiche finanziarie e alle posizioni tedesche (è noto il suo endorsement fornito da Schauble, una specie di bacio di Giuda), allora la Francia sarà percorsa da ondate ancora maggiori di populismo e così con essa anche il resto d’Europa.

In particolare l’Italia sarà comunque sensibile a ciò che avverrà nei prossimi mesi oltr’Alpe e, si sa, le prossime elezioni politiche in Italia potrebbero arrivare in qualsiasi momento anche prima dell’anno che rimane alla normale scadenza della legislatura.
Se uno scossone all’Europa invece che la Francia dovesse darlo l’Italia, l’esito per il sistema e per la sua stabilità sarebbe anche peggiore.

Rimangono infine due innegabili fenomeni statistici che possono giocare a favore di una maggior volatilità dei mercati finanziari :

– il primo è che da Maggio a Settembre le borse performano molto peggio che negli altri sei mesi dell’anno. Questo ovviamente rende più difficile (statisticamente parlando) che le borse possano proseguire la loro corsa nei prossimi sei mesi;
– il secondo è relativo all’importante stacco di dividendi riferibili agli utili del 2016, che quest’anno saranno particolarmente copiosi e, dopo il quale, le quotazioni dei titoli azionari non potranno che discendere fisiologicamente al livello che pareggia i dividendi pagati.

Questi fatti “tecnici” potrebbero contribuire a movimentare le borse (tutte le borse) ben al di là di quanto sino ad oggi si è visto nei sei mesi precedenti, dall’epoca appunto dell’elezione di Donald Trump, momento che è infatti coinciso con il notevole rialzo tutt’ora in essere.

È in parte il normale “respiro” dei mercati che, nonostante al momento non si possa che brindare ai guadagni in corso, si sa che non possono mai andare esclusivamente e perennemente all’insù, nemmeno quando tutte le congiunture fondamentali appaiono positive.

Non aspettiamoci perciò che questa volta le borse facciano un tonfo già a Maggio o in Agosto (come detto, soprattutto per le borse europee i fondamentali appaiono solidissimi)bensì che possano movimentarsi -da questo momento in avanti- ben di più di ciò che sembrava diventata la “nuova normalità”.

E se mi è permessa qualche analogia “nautica”, quando arrivano le ondate le navi imbarcano sempre un po’ d’acqua, mentre le performance di chi investe in borsa dipendono molto più di prima dal momento in cui si “entra” su uno o più titoli”: se quel momento è favorevole i guadagni sono amplificati, se si dimostra sfavorevole si possono realizzare delle belle perdite in conto capitale, persino quando -mediamente- i livelli complessivi dovessero permanere intorno ai massimi di questi giorni.
Qualora il mare magnum dei mercati dovesse andare in tempesta infatti non sarebbe così strano per qualcuno perdere l’orientamento, persino con il cielo sereno e il vento in poppa com’è adesso…

 

Stefano di Tommaso