Le tecnologie che rivoluzioneranno il nostro futuro

 1) LEGGE DI MOORE, INTERNET DELLE COSE E BIG DATA

Già oggi miliardi di sensori autonomamente collegati alla rete tramite le tecnologie conosciute collettivamente sotto il nominativo di “internet delle cose” ci permettono di creare sistemi automatici di gestione delle abitazioni (domotica), delle automobili (self-driving cars), degli ambienti produttivi (industry 4.0), della salute (cardio-fitness bracelets) eccetera.

È una rivoluzione silenziosa e capillare che però va ben oltre quel che si può immaginare comunemente perché non è costituita da una nuova tecnologia, innovativa e dirompente. Si tratta bensì del risultato sconvolgente che può scaturire dal combinato disposto di :

• più potenti sistemi di computers (la famosa legge di Moore predice per difetto un’impennata esponenziale nella capacità di calcolo disponibile);

• nuove e inaspettate configurazioni dei personal computers (si pensi all’impatto che hanno già creato sino ad oggi i tablets e gli smartphones nella nostra vita quotidiana per comprendere quanto diversi potranno essere in futuro i computers che utilizzeremo al posto degli attuali desktop e laptop) che incrementeranno l’utilizzo di sistemi basati sulla realtà virtuale;

• nuovi supercomputers e grandi sistemi di elaborazione collettiva dei dati saranno accessibili dalle “server farms” in via remota anche dal più piccolo dei sistemi mobili;

• rivoluzionari nuovi software e più in generale nuovi sistemi di gestione delle miriadi di informazioni che provengono da quei sensori tutti collegati ad internet che troviamo oramai in qualsiasi oggetto (big data analytics) consentiranno di ottenere ed elaborare informazioni di qualsiasi tipo (dalle previsioni del tempo per ogni ora di ogni luogo agli andamenti della borsa e degli eventi sociali e sportivi, per incrociare dati statistici e predire eventi di qualunque genere, ivi comprese malattie e crimini).

 2) L’IMPATTO CUMULATIVO (E IL CONTROLLO) SULLA SOCIETÀ CIVILE

Il nuovo paradigma con il quale dovremo perciò confrontarci non è dunque soltanto il semplice impatto di tali innovazioni sulle abitudini umane e sul funzionamento della società civile.

Non parliamo solo delle numerose piccole innovazioni che permetteranno il miglior controllo dei siti produttivi, dell’inquinamento degli ambienti in cui viviamo e della nostra stessa salute, bensì di una rivoluzione “digitale” ben più profonda che può discendere dall’avvento della cosiddetta “intelligenza artificiale”, capace di apportare un cambiamento generale nelle abitudini ben più difficile da digerire di quanto lo possano essere la robotica, la domotica o l’auto intelligente.

• Il primo concetto da assimilare per calarsi negli sviluppi tecnologici prossimi venturi sarà quello di vivere in una società altamente interconnessa.  Miliardi di interazioni tra persone, idee, cose e sistemi, costituiranno un fortissimo stimolo per l’evoluzione della nostra mente ma potrebbero opporre anche potentissimi limiti nei riguardi degli altri aspetti della vita umana che appartengono alla sfera spirituale, dei sentimenti, della psicologia e della sociologia.

In altre parole l’eccesso di attenzione all’onnipotenza materiale che possono conferirci le nuove automazioni avanzate potrebbe configurare scenari apocalittici nei quali i fortissimi stimoli di questo nuovo ambiente in direzione della logica a noi necessaria e della costante interazione umana potrebbero costituire per la vita quotidiana una schiavitù più che una liberazione.

• Il secondo concetto forte da meditare al riguardo dell’irruzione delle nuove tecnologie nella vita riguarderà di conseguenza l’ulteriore forte riduzione della “privacy” di cui fino a ieri godevamo più o meno tutti noi.

Sino ad oggi la nostra partecipazione ai “social networks” è stato un fenomeno che ha solo parzialmente impattato sulla nostra vita quotidiana e che ha costituito sostanzialmente una nostra scelta: potevamo rinunciare volontariamente ad una parte della nostra privacy in cambio del calore dell’interazione umana e delle informazioni che essi ci offrivano.

Il problema si acuirebbe quando invece l’intera società civile se ne avvalesse, dal momento in cui essi dunque non costituirebbero più una scelta volontaria bensì un aspetto irrinunciabile della vita sociale perché a quel punto della privacy rimarrebbe solo un vago ricordo.

La questione dell’impatto sulla privacy dell’intelligenza artificiale prossima ventura non riguarda dunque soltanto il desiderio innato di poter isolare agli occhi e alle informazioni altrui la parte più intima della nostra vita, bensì anche e soprattutto l’aspetto sociale della medesima: i nostri orientamenti ideologico-politici, culturali, sessuali e sinanco religiosi saranno con ogni probabilità dei libri aperti per chi volesse utilizzare le numerosissime informazioni che riguardano la nostra vita per controllarli e indirizzarli.
Per non parlare dell’economia, della finanza e dell’influenza che i nuovi media potranno raggiungere sulle nostre abitudini di ogni sorta.

Il grande fratello è dunque in agguato più che mai. Non troppo diverso da come lo dipingeva George Orwell in “1984” (data che evidentemente risultava troppo ottimistica di poco meno di mezzo secolo) ma anche molto più insidioso, sottile, evanescente e al tempo stesso ancora più pervasivo e onnipresente di come era stato romanzescamente immaginato.

 3) I VANTAGGI E GLI SCENARI PIÙ ARDITI CHE DERIVANO DALLA DIFFUSIONE DELLE NUOVE TECNOLOGIE

Per essere onesti sino in fondo non possiamo tuttavia solo osservare gli aspetti potenzialmente più funesti della rivoluzione tecnologica oggi più o meno silenziosamente in corso, senza rimarcarne anche i prodigi ed i vantaggi pratici che essa potrà procurarci, a partire dal controllo della salute e dalla prevenzione delle malattie sino all’esplorazione scientifica e all’economia:

• innanzitutto al riguardo della medicina si possono immaginare molti scenari meravigliosi che discenderanno dall’avvento diffuso dell’intelligenza artificiale.
Dai braccialetti (o sensori sottocutanei) che potranno aiutarci a tenere sotto controllo tutti i maggiori parametri vitali fino alla cura delle malattie o all’utilizzo della robotica per la maggior parte degli interventi chirurgici nonché per la generazione, l’applicazione e la personalizzazione di protesi di ogni sorta, è facile predire che molte di queste innovazioni potranno rendersi immediatamente disponibili a costi progressivamente decrescenti, migliorando la qualità della vita;

• c’e poi da tenere presente che i sistemi di produzione di oggetti, servizi, macchine e impianti potranno -grazie all’automazione- risultare sempre più economici e maggiormente diffusi sul territorio, inaugurando una nuova stagione del “low cost” che oggi facciamo ancora fatica ad immaginare;

• per non parlare del possibile impatto delle tecnologie a basso costo sulla qualità della vita nel terzo mondo: sebbene non esistano certezze al riguardo, è possibile ipotizzare che un mondo fortemente interconnesso possa nel tempo ridurre le differenze socio-economiche oggi esistenti, diffondere più efficacemente e a bassissimo costo il sapere e dunque migliorare le condizioni di vita più che proporzionalmente nei paesi che sono oggi a più basso reddito;

• c’è infine da tenere presente l’enorme generazione di valore che può discendere dalla diffusione di massa dell’intelligenza artificiale: dalla produzione di nuovi sistemi di calcolo, all’elaborazione di nuovi sistemi di software fino ai risparmi di costo o alla massimizzazione della produttività in ogni campo (dall’alimentare all’energia) che possono derivare dall’applicazione di massa di sistemi di controllo di ogni genere, c’è da attendersi una progressione geometrica non soltanto della scienza ma anche della finanza, delle valutazioni aziendali e dei ritorni del capitale investito.

Che tutto ciò possa generare una miglior distribuzione del reddito o una ancora più pervicace concentrazione della ricchezza in poche mani in futuro non è invece facile da comprendere, o forse è proprio impossibile da prevedere oggi.

E tuttavia piuttosto probabile che, se si moltiplicano le occasioni di profitto, calano costi di produzione e prezzi di vendita e migliorano si sistemi che curano la salute, anche le condizioni sociali collettive avranno spazio per migliorare.
Lo scenario che ne deriva non è poi così oscuro, anzi!
Stefano di Tommaso




Il paradosso del sistema bancario tedesco

L’economia globale non si è mai ripresa del tutto dallo shock del 2008 nè, a maggior ragione, si è mai risollevato granché il commercio internazionale dopo quel periodo, anche a causa di molti altri fattori che ne hanno ridotto stabilmente i volumi.

In tale situazione il settore dei trasporti navali non ha tardato a confrontarsi con una crescente concorrenza e con prezzi dei noli in deciso ribasso. L’offerta sul mercato internazionale ha semplicemente prevalso con preponderanza sulla domanda, portando le aziende di trasporto meno grandi e meno competitive al tracollo dei propri margini.

In particolare l’Europa ha tardato più di altre zone a riprendersi dal crollo del commercio globale e uno dei modi in cui la Germania ha pensato bene di rispondere alla crisi è stato proprio quello di incrementare le proprie esportazioni al di fuori del vecchio continente.

Le spedizioni navali da quel Paese dunque hanno sofferto decisamente di meno di quelle di altri e anzi, la minore incidenza dei costi di trasporto sembrava favorire l’aggressiva politica di incremento delle esportazioni tedesche.

Tuttavia questo ha fatto credere alle grandi compagnie navali -soprattutto tedesche- di poter godere di un proprio vantaggio competitivo, da utilizzare per spiazzare la concorrenza internazionale anche a causa della concomitanza di tassi di interesse prossimi allo zero, per finanziare la costruzione di gigantesche nuove navi porta-container con costi impliciti di esercizio significativamente più bassi.
Anche l’apertura del nuovo canale di Panama giustificava questa mossa lasciando ritenere che l’intero sistema avrebbe raggiunto un’efficienza molto maggiore.

La strategia suddetta però si basava su un assunto, in generale quantomai ovvio, riguardante la -seppur prolungata- temporaneità del calo del commercio internazionale. Non il suo crollo strutturale che stiamo oramai registrando.

Negli ultimi anni perciò il settore del trasporto navale internazionale, invece di ridurre il numero di navi in circolazione in attesa di caricare merci, lo ha visto incrementare.
Con l’ovvia conseguenza di una letale guerra dei prezzi, che hanno toccato il loro minimo storico verso la metà del 2016, anno in cui persino i grandi nomi storici dello shipping come Maersk o Cosco hanno registrato perdite record!

Dunque ciò che è stato positivo per l’industria tedesca (minore incidenza dei costi di trasporto sulle vendite internazionali e un avanzo primario delle esportazioni sulle importazioni di 270 miliardi di dollari nel 2016) non lo è stato invece per le banche tedesche, molte delle quali sono risultate decisamente esposte a gravi perdite proprio sullo shipping.

Le compagnie tedesche di trasporto controllano infatti quasi un terzo della capacità di trasporto globale su container, mentre le banche tedesche sono esposte su più di un quarto di tutti i crediti navali concessi nel mondo (circa 90 miliardi di dollari). Una cosa coerente con il fatto che il prodotto interno lordo tedesco si regge per il 47% sulle proprie esportazioni, ma tale da destabilizzare non poco la solidità del sistema bancario.

Prima la Deutsche Bank poi la Commerzbank hanno già annunciato pesanti perdite economiche nel settore del finanziamento navale, ma c’è da attendersi che esse si estendano a banche più piccole come DekaBank, che ha già annunciato una cospicua riduzione dei profitti 2016 a causa degli accantonamenti necessari per le perdite sul comparto navale.
Altre banche tra le medie e grandi hanno registrato problemi nel medesimo settore già negli anni precedenti, come ad esempio DVB Bank e HSH Nordbank.

E dopo di ciò non è più così certo per il mercato che le perdite e gli accantonamenti dichiarati dalle banche tedesche corrispondano all’entità completa delle perdite realizzate.

Un servizio televisivo recente, per esempio, ipotizzava un intervento pubblico di almeno 20 miliardi di euro a favore delle banche delle regioni settentrionali della Germania, le più esposte ai rischi derivanti dalle garanzie concesse sul credito navale.
Un numero molto diverso dal totale delle perdite e degli accantonamenti dichiarati !

Una bella grana per quei politici tedeschi che continuano a mostrare il grugno duro in sede Europea quando si parla di trasparenza…
Stefano di Tommaso




È partita la corsa per l’auto intelligente

La notizia è fresca di stampa: la Ford è pronta ad investire un miliardo di dollari nei prossimi cinque anni in Argo AI (Artificial Intelligence) una start-up innovativa di Pittsburgh da lei controllata che sarà autonomamente gestita dai suoi fondatori: Bryan Salesky amministratore delegato e Peter Rander direttore generale, entrambi alumni del Carnegie Mellon National Robotics Engineering Center e entrambi leader delle squadre che lavorano ad analoghi progetti di automobili autoguidate rispettivamente presso Google e Uber.

Di seguito il link all’articolo: https://media.ford.com/content/fordmedia/fna/us/en/news/2017/02/10/ford-invests-in-argo-ai-new-artificial-intelligence-company.html.

Il commento del presidente Ford, Mark Fields ad un’iniziativa così importante è stato : “I prossimi dieci anni si caratterizzeranno per l’automazione del trasporto privato, che avrà un impatto rilevante nella vita di tutti i giorni così come è successo cento anni fa quando alla Ford fu inaugurata la prima catena di montaggio”.
E poi ancora: “Noi crediamo che investire nel l’intelligenza artificiale possa creare valore per gli azionisti arrivando per primi a proporre al pubblico veicoli auto-guidati e licenziando la nostra tecnologia alle altre case automobilistiche”.

In realtà anche altri grandi gruppi hanno programmato investimenti intorno al miliardo di dollari per la stessa finalità, come la General Motors che lo ha già speso un anno fa per acquisire la Cruise, una start-up di San Francisco che aveva sviluppato un kit per trasformare automobili tradizionali come le Audi A4/S4 in veicoli semi-autonomi. Quello stesso kit, noto come Super Cruise, sarà installato dalla GM nel suo primo modello di Cadillac CT6, un veicolo destinato a uscire quest’anno, le cui funzioni primarie sono semi-automatiche.

Anche Toyota si è impegnata per lo stesso importo nel 2015, aprendo dei propri laboratori di ricerca nella Silicon Valley. E all’ultimo salone dell’elettronica di consumo di Las Vegas ha già presentato una concept car (Concept-I) capace di guidare da sola e dotata di un robot -chiamato Yui- capace di dialogare con i passeggeri parlando con loro e presentandosi come una piccola palla di luce.

Difficile dire se davvero sarà una rivoluzione per la vita di tutti i giorni, ma adesso siamo certi di poter affermare che è partita la corsa all’oro per l’auto intelligente ed essa ha già creato i suoi primi vincitori: le start-up pagate a peso d’oro dalle grandi case automobilistiche tradizionali!
Stefano di Tommaso




Il ritorno dello spread

Tra le tante buone notizie del 2017 ce n’è una che è meno buona delle altre e riguarda le difficoltà in termini di credibilità, affidabilità e prospettive future del sistema-paese nostrano.

Un riaprirsi dello spread (divaricazione) tra i tassi di interesse impliciti nelle quotazioni dei nostri titoli di stato decennali e quelli della nazione leader dell’Unione Europea (la Germania) significa purtroppo quanto appena scritto e tanto altro ancora.

Significa innanzitutto il timore che l’eccesso di debito pubblico italiano possa frenare la crescita del Paese e ridurre la sostenibilità del suo debito, non tanto in termini di capacità di pagarne gli interessi, oggi risibili, quanto in termini di capacità di rimborso del medesimo.

Significa poi il timore che possa presto essere rimosso l’ombrello europeo che la Banca Centrale di Francoforte ha posto a riparo dalla speculazione internazionale contro i titoli di stato italiani. O anche solo ridotto, come da tempo auspica la Germania, il nostro più importante partner politico ma anche il nostro peggior concorrente sui mercati di sbocco di tutto il mondo dei nostri prodotti e servizi.

Significa infine il timore di un nuovo acuirsi delle tensioni internazionali, di cui quelle europee non sono che una minima parte (si pensi per esempio alla polveriera iraniana, israeliana e nel golfo arabico o ai possibili sussulti che potrebbero derivare dall’eccesso di iniziativa del presidente turco Erdohan) , sebbene a noi forse interessino maggiormente dal punto di vista economico e finanziario.

L’anno appena iniziato sembra infatti tradire una certa possibilità che, nonostante il mondo possa tornare a sperare in una miglior crescita economica e in una più stabile base per i mercati finanziari, le tensioni internazionali non si riducano, o almeno non immediatamente, in medio oriente come nel continente asiatico, come pure in Europa dove i prossimi 23 Aprile e 7 Maggio si terranno le elezioni presidenziali francesi (che potrebbero cambiare i connotati all’Unione in caso di vittoria di Marine LePen) e dove, subito dopo l’estate, il 24 Settembre, si terranno le elezioni parlamentari tedesche, altrettanto importanti per comprendere le sorti della casa comune e della divisa unica.

Difficile dire se le tensioni geo-politiche e comunitarie porteranno i mercati finanziari a ritirarsi, gli investmenti produttivi ad essere rinviati, i consumi a restringersi. Difficile è però che ciò avvenga, dal momento che i “fondamentali” dell’economia globale sembrano poggiati sulla roccia dello sviluppo demografico, delle nuove tecnologie e del progressivo consolidamento dei settori economici più tradizionali.

Attenzione e circospezione perciò, ma non pessimismo, è il quadro che emerge dalla sfera di cristallo di piazzetta Belgioioso. Buon carnevale a tutti !

Stefano Di Tommaso