APPUNTI DI TRADING

APPUNTI DI TRADING

N. 133 – sa 2 ago 2025

Operazioni in essere : merc 30.7 comprato a 3310 1 OTT MICRO GOLD FUT ora con stop loss in pari a 3310

Premessa 

Questa Lettera verrà nuovamente pubblicata lu 25.8, inizio delle mie ferie.
Sarà priva di grafici per almeno due numeri.

GOLD OTT 25

Resta valido quanto già scritto sul segnale di luglio :
“Ho notato una significativa importanza ciclica nel trimestre luglio – settembre 2025.
Purtroppo un trimestre è lungo e non facile da gestire lo stop loss, per l’ampiezza del range di un periodo così esteso.

Avevo inserito due ordini di breve respiro, uno di acquisto in basso e uno di vendita in alto.
GOLD ha scelto di farmi acquistare a 3310, per poi scendere fino a 3292 OTT FUT, sfiorando lo stop loss che avevo posizionato a 3280 e infine risalire a 3389 OTT FUT.

Movimento molto veloce; serve anche fortuna.

La difficoltà aumenta con la chiusura bisettimanale de IL GIORNALE DELLA FINANZA, che mi ospita dal 1 ott 2022, quasi tre anni.

Voglio provare a delineare una strategia per i prossimi gg, lasciando che sia GOLD a decidere quando farmi uscire dal mercato, possibilmente con un profitto e quindi decido :

Lu 4.8 lo stop loss sarà in pari a 3310 OTT FUT
– Da mart 5.8 lo stop loss verrà ogni giorno alzato al minimo dei 2 gg precedenti ( quindi uno stop loss che può solo salire, come una ghigliottina )

Il giorno che la posizione al rialzo verrà stoppata, scatterà allo stesso prezzo il reverse, vale a dire l’apertura di un ribasso, della stessa ( infima ) quantità di 1 MICRO GOLD e inserirò contestualmente lo stop loss sopra il massimo che sarà stato segnato da lu 4.8 in poi.

Questo stop loss verrà abbassato a non più di 50 USD da ogni eventuale nuovo minimo giornaliero.

Comprendo che una strategia come sopra esposta è assolutamente non adatta ad una Lettera che esce ogni 7 gg e tanto meno per una specifica Lettera che tenta di durare 21 gg, ma questo insolito esercizio intellettuale è per me un test del mio stato di forma e potrebbe stimolare i lettori, che continuo a non conoscere in larga parte, a verificare se mai risultasse proficua.

Spingendomi ancora più in là, troverei gradevole che il forte rimbalzo di ieri ve 1.8 proseguisse altri 2 – 3 gg, il più possibile vicino a 3430 – 3440 cash, volesse anche non rompere 3452 cash.

Voglio un po’ troppo.

Personalmente, potendo intervenire sul Mercato quando mi aggrada, credo che a 3460 OTT FUT ( circa 3430 CASH ) chiuderei ( take profit ) senza attendere di essere stoppato sotto il minimo dei 2 gg precedenti, ma ciò dipenderà da vari fattori ( minimi sempre crescenti o non, dimensione delle barre giornaliere…. ) che richiedono correzioni almeno una volta al giorno.

Vedremo.

Infine trovo che la distanza di soli 22 gg intercorsa tra i due minimi del 30.6 e del 30.7 sia insolitamente breve e quindi non mi sorprenderei che GOLD provasse a riavvicinare il minimo del 30.7

Se non lo farà, dimostrerebbe grande forza e anche il top assoluto di 3500, che resiste da mesi, sarebbe sotto pressione.

SILVER SETT 25

Segnalo che il contratto con scadenza settembre andrà in consegna a fine agosto e poi aprirò le eventuali posizioni su dicembre.

Il 23.7 SILVER era a 39,52 CASH e sembrava poco probabile che in agosto possa avvicinare il target di 34,86 – e poi eventualmente giù fino all’area 33,7 vecchia resistenza, divenuta probabile supporto.

Ma in 6 gg di Mercato SILVER è sceso da 39,52 a 36,22.

Dopo questa legnata dell‘ 8 %, mi interessa vendere in area 39 – 39,5 con stop loss da fissare dopo che avrà rotto il minimo di almeno un giorno precedente, meglio di 2 gg.

Se SILVER rompesse poi l’area di 33,7 e quindi di 31,65 tutto lo scenario cambierà e tornerebbe interessante il livello visto il 7.4 ( DAZI TRUMP ) a 28,34.

Rammento nuovamente per agosto un segnale che rimanderebbe intorno al doppio massimo di 34,86 – 34,58 – livello che potrebbe ostacolare il raggiungimento dell’area da 33,70 a 31,65 ( minimo del 12 – 16 maggio, segnale di media importanza ) nella quale più volentieri acquisterei.

Ritengo che l’area solida di acquisto tuttavia si trovi solo da 28 ( livello toccato il 7.4 con i dazi di Trump ) a circa 26 usd.

Il livello di 26 fu supporto nel biennio 2011 – 2012 e tetto per tutto il 2022 – 2023.

DOW JONES

DOW JONES è andato circa 1 % oltre il range ( 44600 – 44700 DJ CASH ) che attendevo per cercare una vendita ed ha avvicinato il top assoluto, a 45017 cash.

Sembra che abbia preso in giro, con un eccesso di forza rivelatosi effimero.

Il range di luglio presenta un certo rilievo ciclico ( purtroppo non pari a feb 2025 ) che lo ha attirato quasi esattamente agli stessi prezzi e ci troviamo proprio nel range di feb 2025, quindi il mio interesse all’osservazione aumenta.

Il range di luglio ( 43759 – 45017 ) era contenuto, ma già il primo agosto DJ ha tirato una botta in giù che complica di molto l’apertura di quella posizione al ribasso, che da settimane progettavo.

Ugualmente penso che inserirò una vendita, non gestibile per questa Lettera che è quasi in vacanza; venderò se gentilmente DJ farà un rimbalzone in area 44600 – 44800 SETT FUT e inserirò lo stop loss iniziale a 45400 che abbasserò, dopo l’eseguito, a livello del top che registrerà da lu 4.8 in poi e, dopo 2 gg dalla vendita, abbasserò ancora lo stop loss in modo scorrevole al top dei 2 gg precedenti, finchè non svolterà al rialzo, stoppandomi.

Sperabilmente in utile.

Tecnica articolata, spero comprensibile.

NASDAQ 100 CASH

Nella settimana 28.7 – 1.8 NAS 100 era caratterizzato da un segnale che lo attirava intorno a 20600 , ma serviva un fattore esogeno forte per scendere del 12 % in pochi gg.

E’ sceso, ma solo del 4 %.

Non basta di certo per comprarlo, ma già rende molto costoso lo stop loss per venderlo.

Leonardo Bodini










DAZI AMARI

Tanto tuonò che piovve. Dopo tante congetture la Commissione che rappresenta i 27 paesi che aderiscono all’unione europea ha concluso (ob torto collo) un accordo con l’amministrazione federale americana che sancisce una relativa penalizzazione delle nostre esportazioni. La tariffa doganale che l’America applicherà alle nostre esportazioni sarà pari al 15% per quasi tutte le merci tranne acciaio e alluminio (al 50%).

 

L’ACCORDO

La tariffa a noi applicata dagli USA è solo apparentemente divenuta più lieve del temuto 30% che qualche giorno fa aveva fatto lanciare un urlo di allarme al Centro Studi Confindustria, ma ciò dipende dal fatto che in cambio noi europei abbiamo promesso agli americani acquisti di armi, gas da petrolio liquefatto e servizi, oltre ad aver accantonato ogni velleità di far pagare le tasse a casa nostra da parte delle grandi multinazionali tecnologiche che vengono a vendere in Europa.

LE CONSEGUENZE

Difficile (ma anche essenziale, per poterne esaminare freddamente le conseguenze) è astenersi da commenti politici e di merito su quanto è successo e, soprattutto su quanto di conseguenza potrà succedere di qui a pochi mesi. Da un lato infatti potremo esaminare gli effetti dell’accordo, che sarà vigente a partire dal 1° di Agosto, in termini di minori esportazioni verso il continente americano, effetti che probabilmente saranno limitati, per una serie di motivi tra i quali il fatto che le nostre produzioni sono considerate lusso oltre oceano e pertanto sono probabilmente poco sensibili agli aumenti dei prezzi che i consumatori americani dovranno pagare per averle.

Ma dall’altro lato pesano (non poco) gli accordi collaterali sottoscritti in parallelo a quelli daziari: come anticipato qui sopra i 27 membri dell’Unione Europea si sono indirettamente impegnati, in questo accordo, a comperare miliardi di dollari di armi, di gas, petrolio e servizi, oltre a rinunciare a tassare i servizi “web” americani e, con loro, i profitti realizzati nel vecchio continente dalla maggior parte delle grandi multinazionali americane. La penalizzazione per le nostre imprese in termini di maggior costo dell’energia (che oggi compriamo ancora -sebbene indirettamente- dalla Russia e dall’Africa) e di maggior tassazione dei profitti non potrà non dare i propri malefici effetti.

GLI EFFETTI ARRIVERANNO NEL TEMPO

Buona parte delle previsioni di catastrofiche riduzioni delle esportazioni italiane verso gli USA che venivano delineate dalle stime degli economisti in caso di dazi al 30% saranno probabilmente ben più che dimezzate perché non erano proporzionali al livello dei dazi, anche se -nel calcolare quanto potrà risultare penalizzato l’export italiano- occorre necessariamente aggiungere al calcolo di riduzione della competitività delle nostre merci anche la svalutazione del Dollaro nei confronti dell’Euro, che al momento aggiunge un altro 10% al maggior prezzo che i consumatori americani dovranno pagare per i beni importati dall’Europa.

E se le riduzioni nei volumi di esportazioni europee in America saranno limitate ciò dipenderà anche dalla probabile riduzione dei prezzi di vendita (e dunque di margini di profitto) che gli esportatori nostrani cercheranno di applicare per restare competitivi. La prospettiva di risparmiare la tariffa doganale inoltre non potrà non sospingere diversi imprenditori europei ad impiantare nuove fabbriche oltre oceano, cosa che non potrà che impoverire ulteriormente il panorama industriale europeo, già in disfatta per la scarsa propensione ad investimenti tecnologici e per la pressione concorrenziale proveniente dall’Asia, soprattutto nel settore automobilistico e degli elettrodomestici.

LA DIPENDENZA AUMENTA

L’America dal canto suo ha quindi deciso di spremere il suo protettorato dell’Unione Europea portando a casa tariffe doganali che sono di fatto equivalenti ad entrate fiscali, buone prospettive di veder moltiplicare gli investimenti industriali sul proprio territori, e buone entrate per le proprie imprese, derivanti dalla vendita (obbligata) di risorse energetiche e di sistemi d’arma. Questi ultimi peraltro, quando non vengono prodotti dalla nazione che li utilizza, rischiano di lasciare a chi glieli vende molta capacità discrezionale di controllo, esponendo dunque l’Europa ad una dipendenza di fatto dei propri armamenti dalle capacità tecnologiche delle imprese americane.

Impegni che non potranno che tradursi in maggior deficit di bilancio degli stati europei e in una conseguente penalizzazione a casa nostra dei servizi essenziali di previdenza, sanità, ordine pubblico e infrastrutture, che le nazioni europee avrebbero potuto invece promuovere in assenza degli esborsi a favore dell’America.

I MERCATI FINANZIARI POTREBBERO PRENDERNE ATTO

Alla luce di queste considerazioni non sarà difficile prevedere un futuro più roseo per le borse americane rispetto a quelle europee, affette peraltro da una relativa cecità della banca centrale di Francoforte, che qualche giorno fa ha preferito interrompere la discesa dei tassi d’interesse (mentre avrebbe potuto approfittare dell’avanzata dell’Euro sul Dollaro) e, soprattutto, non sembra in procinto di mettere in atto alcun rimedio a favore dell’incremento della liquidità del sistema finanziario continentale per controbilanciare l’impoverimento europeo.

Cosa che invece è avvenuta nella sponda occidentale dell’Atlantico, dove la banca centrale guidata da Jerome Powell ha sì tenuto alti i tassi d’interesse a breve termine ma ha anche allentato i cordoni della liquidità e i vincoli di capitalizzazione da parte delle banche, per assicurare al sistema finanziario ossigeno a sufficienza.

Proviamo dunque ad elencare le possibili conseguenze che si svilupperanno nel tempo sull’economia reale europea, ma che i mercati finanziari potrebbero decidere di anticipare subito, incorporandole tra le aspettative che vanno a formare i prezzi di quotazione. Innanzitutto -lo abbiamo già detto— i profitti delle imprese europee risulteranno sotto parecchi aspetti aspetti penalizzate rispetto a quelli delle loro concorrenti americane, cosa che dovrebbe favorire le borse americane e penalizzare quelle europee. E questo, appunto, potrebbe avere conseguenze immediate sulle quotazioni.

In secondo luogo la liquidità dei grandi investitori, ma anche quella derivante dagli scambi commerciali con la sponda occidentale dell’Atlantico, privilegerà adesso gli USA, migrando dal di qua dell’Oceano. Ma soprattutto la mancata tassazione europea dei profitti generati dalle grandi multinazionali tecnologiche americane permetterà a queste ultime di marginare bene, generare cassa, e con quest’ultima tornare ad investire pesantemente nelle tecnologie della prossima generazione. Cioè permetterà loro di incrementare il proprio vantaggio competitivo sulle imprese europee.

I TASSI D’INTERESSE DIVERGERANNO

Infine non possiamo non considerare gli effetti del nuovo status sul fronte dei tassi d’interesse. Apparentemente in una situazione del genere la banca centrale europea dovrebbe moltiplicare gli strumenti di supporto alle imprese per fare in modo che esse possano investire “ugualmente”, ma la sensazione è che avverrà praticamente l’opposto, dal momento che la situazione potrebbe (teoricamente) sospingere al rialzo l’inflazione anche a casa nostra e dunque giustificare per la BCE di tenere alta la guardia.

Ma occorre anche ricordare che sono oramai molti anni che l’inflazione in Europa viene quasi totalmente importata attraverso il rialzo dei costi industriali e di quelli, diretti e indiretti, relativi alle risorse umane, mentre la dinamica dei consumi interni langue soprattutto a causa della deflazione salariale. Difficile dunque controllare l’inflazione attraverso i tassi d’interesse, dato anche il relativo ricorso al credito al consumo da parte dei paesi europei rispetto a quello -assai maggiore- praticato da parte dei consumatori americani.

Il mancato abbassamento dei tassi d’interesse ovviamente disincentiverà poi il riequilibrio del cambio euro/dollaro e penalizzerà la propensione da parte degli investitori nostrani a spostarsi più pesantemente sul mercato azionario americano e, di conseguenza, a penalizzare le quotazioni dei titoli azionari europei nonché quelle dei titoli a reddito fisso, sospingendo verso l’alto i rendimenti impliciti a lungo termine. La curva dei tassi europei dunque, per gli stessi motivi, potrebbe impennarsi (sempre che non salga di conseguenza anche il costo del denaro a breve termine, cosa che avrebbe conseguenze abbastanza nefaste per le piccole e medie imprese).

Mentre oltre Atlantico le cose potrebbero andare in direzione opposta: la maggior liquidita dei mercati potrebbe favorire i titoli a reddito fisso e far addirittura tornare quasi in negativo la curva dei rendimenti, anche grazie al fatto che le ”miracolose” entrate fiscali che già solo nel 2025 dovrebbero procurare le tariffe doganali (si parla di 3 trilioni di Dollari aggiuntivi) potrebbero rassicurare parecchio il mercato obbligazionario e contribuire a ridurre i timori di escalation dei tassi.

L’INFLAZIONE

Infine, parlando di dazi, non si può non citare il timore, molto diffuso e in parte giustificato, degli effetti dirompenti che i medesimi potrebbero avere sul fronte dei prezzi al consumo, quelli cioè che necessariamente incorporano anche le tariffe doganali per tutti i beni importati. Sebbene ci sia la sensazione che quegli effetti siano stati grandemente sovrastimati sino ad oggi, appare indubbio che un po’ essi agiranno in direzione di qualche rincaro. Quel tanto che basta probabilmente a prolungare a tempo indefinito l’attuale livello di inflazione (tra il 2 e il 3%) per permettere all’economia reale di smaltirenbsp; i rialzi nei costi delle materie prime e dei beni importati e a giustificare la mancata riduzione del costo del denaro da parte della Federal Reserve.

In Europa invece, la probabile riduzione dei posti di lavoro (a causa della contrazione delle esportazioni) genererà una dinamica dei consumi più moderata e dunque una spinta alla riduzione dei prezzi di vendita. Questa poi, unitamente poi alla riduzione dei costi delle materie prime (quasi tutti denominati in Dollari e dunque svalutati del 10% circa), dovrebbe spingere al ribasso l’inflazione rilevata sul fronte dei prezzi al consumo.

Cosa che potrebbe rivelarsi benefica laddove la banca centrale europea dovesse accompagnare il fenomeno con una parallela riduzione del costo del denaro e che invece potrebbe risultare pesantemente pro-ciclica (e dunque depressiva dello sviluppo economico) laddove non lo facesse, lasciando cioè che i rendimenti reali della carta finanziaria rimanessero a livelli ingiustificati (e che favorirebbe ulteriori apprezzamenti della Divisa Unica), con conseguente aggravamento della penalizzazione delle esportazioni europee.

BUON VISO A CATTIVO GIOCO

Infine un paio di note di colore. La prima riguarda il governo dell’Unione, palesemente costretto a far buon viso a cattivo gioco nell’occasione e dunque in sempre maggiori difficoltà a tenere insieme il coacervo di interessi nazionali che oggi rappresentano i suoi membri. Non che ci sia troppo da addolorarsene, ma ancora una volta questa Unione ha mostrato tutti i suoi difetti e la sua debolezza strutturale nella trattativa con l’America.

La seconda riguarda soprattutto il nostro paese: è forse possibile che, dopo una vicenda così mal gestita da parte dei nostri rappresentanti di Bruxelles, la “scossa” ricevuta dall’industria in occasione dei dazi americani e la considerazione della (scarsa) solidarietà inter-europea spinga finalmente il nostro governo a scelte più vigorose in termini di politica industriale e di sostegno allo sviluppo economico. Anche perché la data delle nuove elezioni si avvicina pericolosamente e la coalizione dei tre partiti che fanno finta di governare il nostro paese rischia l’osso del collo…

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 132 – sa 26 lug 2025

Operazioni in essere : nessuna

Premessa

Sembra che l’ Europa subirà dazi al 15 %. Salvo colpi di scena.

Trading veramente difficile.

GOLD OTT 25

Resta valido quanto già scritto sul segnale di luglio :

“Ho notato una significativa importanza ciclica nel trimestre luglio – settembre 2025.

Purtroppo un trimestre è lungo e non facile da gestire lo stop loss, per l’ampiezza del range di un periodo così esteso.

Considerando che anche luglio e giugno sono caratterizzati da segnali ( mensili ) valuterò dal 1 ago se vi sarà un accettabile reward – risk nella vendita sotto il minimo di luglio ( ad ora 3282 cash ) con eventuale incremento sotto il minimo di giugno ( 3246 cash )

I due livelli sono molto vicini e forse sceglierò di vendere alla rottura del più basso.

Ovviamente, salvo che GOLD già in luglio rompa 3246.”

Avevo calcolato un ciclo giornaliero di medio impatto per merc 23.7 e GOLD ha segnato un top a 3439 cash ( 3479 OTT FUT ).

Avevo scritto : “ in caso di rimbalzo intorno a 3430 – 3440 GOLD CASH, potrei vendere, con stop loss ( escluderei il reverse ) a 3500 cash. Al momento siamo distanti.”

Questa Lettera non aveva inserito l’ordine, ma mi interessa testare la qualità dell’analisi che, come un bioritmo, non può essere costante in ogni stagione della vita.

Il livello 3430 – 3440 cash resta valido anche questa settimana e pertanto, già da lu 28.7, inserirò i seguenti ordini :

vendo 1 OTT MICRO GOLD FUT a 3460 con stop loss a 3490
e
compero 1 OTT MICRO GOLD FUT a 3310 con stop loss a 3280

SILVER SETT 25

Nulla di nuovo, a parte i continui nuovi massimi di periodo ( il top storico di 49,45 risale a 14 anni orsono ) quindi ripropongo il precedente testo, tuttora valido :

“ Dopo la rottura del doppio top a 34,86 – 34,58 cash, SILVER appare in accelerazione al rialzo e sembra possibile solo un acquisto.

Segnalo già da ora per agosto un segnale che rimanderebbe intorno al doppio massimo di 34,86 – 34,58 – livello che potrebbe ostacolare il raggiungimento dell’area da 33,70 a 31,65 ( minimo del 12 – 16 maggio, segnale di media importanza ) nella quale più volentieri acquisterei.

Rammento che l’area solida di acquisto tuttavia si trova solo da 28 ( livello toccato il 7.4 con i dazi di Trump ) a circa 26 usd.

Il livello di 26 fu supporto nel biennio 2011 – 2012 e tetto per tutto il 2022 – 2023.”

Aggiungo che, intorno al livello attuale di 39,5 – 40 usd cercherò una vendita, allo scopo di arrivare intorno a 35 usd, livello lontano, ma non impossibile in agosto, con un profitto da reinvestire nello stop loss dell’ eventuale acquisto.

Nella prossima Lettera cercherò di inserire un simile ordine, secondo lo sviluppo della settimana entrante.

DOW JONES

Avevo individuato un segnale giornaliero intrigante che scadeva tra mart 22.7 e merc 23.7

In quei due gg consecutivi abbiamo avuto il minimo e il massimo della settimana.

La salita è andata ben oltre il range atteso di 44600 – 44700 DJ CASH per cercare una vendita ed ha avvicinato il top assoluto, a 45017 cash.

Il range di luglio presenta un certo rilievo ciclico ( purtroppo non pari a feb 2025 ) ma lo attira quasi esattamente agli stessi prezzi e ci troviamo proprio nel range di feb 2025, quindi il mio interesse all’osservazione aumenta.

Finora, il range di luglio ( 43759 – 45017 ) è contenuto; se non si dilata troppo, potrebbe consentirmi, dal primo agosto, una vendita con stop loss accettabile.

Vediamo se, una volta chiarita la questione dei dazi, qualcuno si mette a far trading con altre cartucce.

NASDAQ 100 CASH

In questo momento dorme, in area laterale – positiva.

Nella settimana 28.7 – 1.8 NAS 100 è caratterizzato da un segnale che lo condurrebbe intorno a 20600 , ma serve un fattore esogeno forte per scendere del 12 % in pochi gg.

Solo una persona potrebbe farlo precipitare al target.

Leonardo Bodini




LA LIQUIDITÀ SOSPINGE I MERCATI

La settimana scorsa si è aperta con molta incertezza e si è chiusa con l’ennesimo rialzo delle quotazioni. Chi l’avrebbe mai detto? I mercati finanziari (e non solo) hanno tutti raggiunto nuovi massimi storici :


con la volatilità dei corsi che scende ai minimi nbsp; proprio mentre imperversano in tutto il mondo le guerre commerciali di Trump, mentre i profitti aziendali non crescono più (si vedano i grafici qui sotto riportati), l’inflazione fa un balzo in avanti invece che indietro, le prospettive dell’economia globale e sinanco quelle del commercio mondiale arrancano e i tassi a lungo termine non soltanto non scendono ma rischiano anche di tornare a crescere.

Come scriverebbe un noto politico italiano, stiamo osservando “il mondo alla rovescia” ! La verità sottostante è che l’incremento della liquidità disponibile a livello globale che registriamo da qualche tempo sospinge le quotazioni anche in presenza di minori prospettive e incrementati rischi.

L’altra faccia della medaglia di questo scenario invertito, è dunque che chi si svaluta davvero sono le divise monetarie con le quali si misurano gli andamenti dei mercati. Si veda ad esempio il grafico sottostante che misura l’andamento dell’indice Standard & Poor 500 di Wall Street (molto meno brillante dell’indice SP500) non in termini di Dollari bensì di numero di once d’oro:

ANDAMENTO INDICE SP500 IN TERMINI DI ONCE D’ORO (SI PUÒ NOTARE COME DAL 2015 NON È PRATICAMENTE PIÙ CRESCIUTO E NELL’ULTIMO ANNO È ADDIRITTURA SCESO)

Dunque la diluizione del contenuto di riserva di valore di ciascuna divisa valutaria provoca un effetto-vetrina di incremento dei prezzi delle attività finanziarie (ivi comprese le criptovalute, di cui riportiamo qui sotto un paio di grafici) ma anche e soprattutto su quelli delle attività reali, come i metalli preziosi e i beni di lusso, che in realtà risulta ingannevole:

Ovviamente l’espansione della base monetaria globale (nel grafico che segue è esposto l’andamento delle misure M2 e M3 europee) risulta al momento inarrestabile:


innanzitutto perché aiuta a tenere a bada il valore reale dei debiti pubblici, con la loro monetizzazione, e in secondo luogo perché l’alternativa sarebbe il rischio di illiquidità dei mercati finanziari, ma ha un prezzo (quasi) ovvio: la parallela perdita di valore delle cosiddette “fiat” currencies, cioè delle principali monete emesse dalle maggiori economie globali che non hanno un corrispondente valore sottostante, come una volta ad esempio erano le riserve auree (di seguito l’andamento del valore di un’oncia d’oro):

Questa perdita di valore intrinseco della moneta non si muove parallelamente all’inflazione dei prezzi misurata dagli istituti di statistica, ma indubbiamente la alimenta, in forma graduale e costante. E’ anche per questo che le aspettative di inflazione non vanno a zero, nonostante l’economia globale, al netto della svalutazione, non sia in una bella forma (nel grafico qui sotto i tassi d’interesse americani a 10 anni):

Quali prospettive si profilano resta molto difficile da prevedere, dal momento che i “fondamentali” che potrebbero alimentare nuovi massimi delle borse non brillano. In assenza di shock sistemici (quali nuove guerre, pandemie o carestie) i mercati potrebbero continuare a lungo a fluttuare in questo mare di liquidità (che alimenta anche le quotazioni delle criptovalute) o addirittura toccare nuovi massimi, com’è tipico quando la volatilità scende ai minimi. Come potrebbero riprendere a fluttuare senza una precisa direzione.

Quello che però tutti si attendono è che sia l’oro che riprenda a correre, dal momento che il suo andamento è stato recentemente calmierato, mentre gli altri metalli rari, come l’argento o il platino (nel grafico qui sotto) hanno fatto balzi molto più decisi.

Stefano di Tommaso