APPUNTI DI TRADING

N. 76 – sa 18 mag 2024

 

Operazioni in essere : ve 17.5 venduto 1 GIU MICRO GOLD a 2420, ora con stop loss a 2450

Segnalo che mart 14.5 , alle 14.30 sui dati economici, la volatilità estemporanea ha fatto scattare la vendita a rottura di 18200 e, dopo una insignificante discesa a 18165 NAS 100 FUT, già in serata il Mercato è salito oltre lo stop loss di 18400 , registrando una perdita di ( 200 x 2 usd ) = 400 usd, per poi salire fino 18760 il successivo gio 16.5

Premessa alla precedente N. 75, ancor valida

Avevo scritto : “La settimana 6 – 10 maggio segna un ciclo significativo per NAS 100, ……………………….si tratta del primo segnale, dopo alcuni mesi, che può invertire l’intero azionario U.S.A. Se così non fosse, incontreremo un tempo simile circa 30 gg innanzi. ( nella prima metà di giugno ) NAS 100 CASH è salito poco, disegnando un range settimanale da 17937 a 18247 ( 17983 – 18348 per GIU FUT ) circa pari al 2 %. L’esperienza insegna che quando un Mercato non sfoga l’ energia, è difficile che riesca ad invertire, ma vedremo. Abitualmente non faccio analisi intermarket, ma segnalo che il solo DAX ha già rotto il top di marzo – aprile in questi giorni, ignorando il ciclo di 180 mesi da marzo 2009 e mi chiedo se sia l’antipasto di un bull market che riparte. ( forse TESLA e i cinesi non sono destinati a spodestare AUDI – BMW – MERCEDES ? ) “

Aggiungo ora che i tre Mercati azionari U.S.A. che seguo ( DOW JONES, SP 500, NAS 100 ) il 13 – 17 maggio hanno registrato nuovi massimi assoluti, quindi con rottura del ciclo di 180 mesi scaduto in marzo 2024. Ciò indicherebbe grande forza rialzista. Vedremo.

GOLD GIUGNO 24

La lettera ha venduto ven 17.5 1 GIU MICRO GOLD a 2420, ora con stop loss a 2450

So bene che è una operazione contro trend, ma purtroppo la desiderata operazione di acquisto può essere eseguita non sopra 2100 circa , area molto lontana e che vorrei provare a raggiungere beneficiando di un ribasso.

L’operazione è opposta alle mie abitudini e quindi sono disposto a rischiare solo 30 punti ( x 10 usd = 300 usd )

Se la vendita non verrà stoppata in perdita, entro lu 27.5 la posizione verrà rollata sul contratto di agosto, che costa 23 usd in più, perché giugno va in consegna.

SILVER LUGLIO 24

SILVER ha fatto un movimento al rialzo di oltre il 21 % dal 2 maggio ( 26,02 cash ) al 17 maggio ( 31,54 cash ) con una spinta del 6,36 % ieri 17.5.

Quasi parallelo a GOLD, ma con range giornalieri anche tripli, come immaginavo possibile dopo il ciclo temporale di febbraio ( e di marzo, che tuttavia non è più riuscito a frenare in laterale l’eccesso di domanda che si stava accumulando ).

Per meglio illustrare lo scenario possibile di SILVER, allego per la prima volta un grafico mensile di lungo periodo che esibisce :

crollo 60 % da 21,24 a 8,60 in pochi mesi del magico 2008 di L. Brothers

incremento di quasi 6 volte da 8,60 a 49,45 ( top storico non più avvicinato ) a causa di “easy money“

lenta agonia circa meno 80 % da 49,45 a 11,63 in 9 anni

e così via.

Se qualche lettore ancora ritenesse che gli stop loss fanno perdere soldi ( vero ) e quindi è meglio non metterli ( falso ), questo grafico ben illustra quale distruzione porti essere posizionati rovesci, senza stop loss inserito.

Avevo scritto : “Dopo che SILVER era sceso fino a 26,02 il giorno gio 2 maggio, in soli 6 gg è salito del 10 % ……Visto che siamo molto lontani da prezzi di possibile acquisto, potrei provare a vendere il fut luglio sopra 29 usd con stop loss a 30 usd, con un rischio del 3 % circa, ma preferisco evitare di andare contro trend, come invece accetto di fare con GOLD, dato che SILVER attualmente ha volatilità doppia – tripla rispetto a GOLD……poi…………………il grafico weekly bene evidenzia che il livello di 26 usd viene sentito da SILVER, mentre il grafico giornaliero ricorda che SILVER si sta muovendo a strappi, alternando brevi laterali a giornate da 4 – 5 %. Pressochè non gestibile, anche con interventi intraday.

SILVER richiede pazienza, a costo di un lungo rinvio.

DOW JONES INDU CASH

Ha rotto il massimo con 39889 registrato a fine marzo.

Secondo l’analisi tecnica, si può solo acquistare.

Lo ritengo molto pericoloso.

La salita dal minimo di 32327 cash di fine ottobre 2023 è ormai del 25 %

Attendo i primi 15 gg di giugno per valutare se, con la mini discesa da 39889 a 37611 cash, abbiamo azzerato il contatore dei 180 mesi di rialzo e si riparte al rialzo.

NASDAQ 100 CASH

Rammento che avevo segnalato che nella settimana dal 6 al 10 maggio scadeva un ciclo di media importanza utile per aprire una posizione short, intorno ad un eventuale doppio massimo rispetto a 18464 registrato il 21 marzo scorso, top di marzo e di sempre……………. ed inoltre aggiunsi : sarò forse influenzato dalla grande forza dimostrata dal DAX che, in solitudine, ha rotto il top del ciclo di 180 mesi, ma ho dubbi su una inversione entro breve.

Il successivo martedì 14.5 , alle 14.30 sui dati economici, la volatilità ha fatto scattare la vendita a rottura di 18200 e, dopo una insignificante discesa a 18165 NAS 100 FUT, già in serata il Mercato è salito oltre lo stop loss di 18400 , registrando una perdita di ( 200 x 2 usd ) = 400 usd

COTTON JULY FUTURE

JULY COTTON è sceso merc 15.5 fino a 73,68 senza raggiungere 72 e quindi la Lettera non ha comprato. Abbasserò il prezzo di acquisto per ridurre la dimensione dello stop loss.

Vi ricordo perché questo Mercato mi interessa:

“…………………………….dal grafico settimanale osservo che JULY COTTON è sceso per 8 settimane, poi ha illuso per una settimana, con successivo outside ribassista, per poi registrare un nuovo minimo merc 15.5 a 73,68

Il tutto con una discesa da 103,80 a 73,68.

Crollo del 29 % dai primi di marzo 2024.

Dal grafico mensile osservo che :

la metà in più di 48,35 è 72,525

tre quarti di 103,8 è 77,85

metà di 155,95 è 77,975

Una rilevante concentrazione di impulsi intorno ai prezzi registrati in maggio.”

Normalmente non provo ad indovinare una possibile inversione e attendo che un Mercato svolti, per provare poi a salire a bordo, se lo consente con una figura gestibile ( doppio – triplo minimo, o massimo, o qualcosa che comprendo )

Nel caso che mi occupa, ringraziandolo di avermi fatto partecipe del suo cruccio, ho detto al caro amico che COTTON si trova in un punto di possibile inversione e pertanto, sin dal mattino di lu 20.5, inserirò i seguenti ordini :

– acquisto di 1 LUGLIO COTTON a 71 con stop loss a 68
– acquisto di 1 LUGLIO COTTON a 79 STOP ( in rottura del top del 13 – 17 maggio ) con stop loss sempre a 68

Rammento per la seconda e ultima volta che il contratto misura 50.000 libbre ( per 0,80 usd equivale a usd 40.000 )

Leonardo Bodini

 




L’ECONOMIA FLETTE MA LE BORSE FANNO FESTA

Cosa succede davvero all’economia italiana? Molti ritengono che l’indice della produzione industriale possa risultare un miglior indicatore dell’andamento reale dell’economia nel nostro Paese rispetto al Prodotto Interno Lordo. E ha avuto un andamento profondamente negativo negli ultimi 14 mesi. Ma se ciò dipende dal fatto che l’inflazione reale è più elevata di quella “ufficiale”allora l’investimento in borsa resta una delle migliori alternative, soprattutto se seguiamo l’indice generale, che riflette gli ottimi risultati, conseguiti soprattutto delle società di maggiori dimensioni.

 

L’INDICE DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

Un dato su tutti ha colpito la mia attenzione la settimana scorsa, più di ogni altro: il calo vistoso dell’indice di produzione industriale nel nostro Paese, e per il quattordicesimo mese consecutivo! Ciò nonostante il Prodotto Interno Lordo pare crescere. Più nel dettaglio l’indice citato in marzo segna un calo del 3,5% rispetto allo stesso mese del 2023, ma la variazione è la medesima sé si prendono i soli ultimi tre mesi (cioè da gennaio a marzo 2024) quindi la situazione stava evidentemente migliorando fino a fine 2023.


In realtà dalla statistica andrebbero esclusi gli incrementi dell’output del settore “energetico” che ha risentito positivamente dei rincari del petrolio (anche se non dispongo di un calcolo in tal senso). Ma qualora dovessimo farlo il quadro dell’industria nazionale sarebbe ancora più nero.

LA CRESCITA APPARENTE DEL P.I.L.

Dunque il maggior calo della produzione industriale italiana sta arrivando ora che si riflettono anche sulla nostra economia i minori ordinativi delle grandi imprese tedesche e francesi nei confronti delle imprese nostrane “terziste”. Una situazione del genere è tipica di una profonda recessione, non di un periodo di sviluppo come quello che registrerebbero le statistiche ufficiali. La spiegazione risiede probabilmente nel modo in cui viene registrata l’inflazione.

LA SVALUTAZIONE MONETARIA

Se quest’ultima fa lievitare ricavi e profitti ma viene contabilizzata soltanto per una parte dagli istituti di statistica, ecco che la differenza (positiva) viene registrata ingannevolmente come crescita del prodotto interno lordo. Ma in realtà è soltanto l’effetto di una più ampia svalutazione monetaria. Uno dei possibili modi per misurarla è osservare il prezzo in dollari dell’oro negli ultimi 10 anni. Asceso peraltro del 20% soltanto negli ultimi 4 mesi:


Nemmeno dal punto di vista delle statistiche ufficiali le cose vanno poi così bene: ad esempio l’incremento percentuale del Prodotto Interno Lordo U.S.A. nel primo trimestre è stato recentemente rivisto al ribasso, dal 2,5% all’ 1,6%, mentre la crescita economica in Europa non riesce a superare la soglia di un punto percentuale. Non per nulla il “sentiment” dei consumatori americani sembrerebbe crollato nell’ultimo mese rilevato da 77,2 punti a 67,4 (il calo piu vistoso da Novembre) mentre nello stesso periodo l’indice Standard&Poor 500 resta nell’intorno dei suoi massimi storici.


Ciò che probabilmente sta succedendo è che la maggior parte dell’incremento percentuale dei prezzi non rilevato nelle statistiche sta man mano venendo a galla, mentre l’economia rallenta davvero, facendo sì ben sperare in una riduzione dell’inflazione, ma non prima di aver smaltito nei mesi successivi quell’incremento dei prezzi che le statistiche non avevano registrato. Il risultato è quell’appiccicosità (stickyness) dell’inflazione citata un po’ da tutti che però non corrisponde ad un analogo incremento del P.I.L. in tutto l’Occidente.

PERCHÉ LE BORSE NON SCENDONO

Dal punto di vista dell’inflazione peraltro la maggior parte delle imprese quotate in borsa è storicamente in posizione rialzista, dal momento che gli aggiustamenti dei prezzi praticati, anche quando è esattamente proporzionato all’aumento dei costi, amplifica il margine operativo nominale e dunque anche I profitti. Lo stesso dicasi per l’intera comunità finanziaria, che trae ampi profitti dai tassi elevati.


Probabilmente le principali ragioni per le quali salgono le quotazioni delle borse (che si adeguano ai maggiori profitti delle società tecnologiche e finanziarie, i cui titoli “pesano” di più sul totale della capitalizzazione dei listini) sono queste, pur in presenza di un’economia che cresce soltanto nominalmente e che in realtà si contrae in termini reali.

L’indice della produzione industriale invece riguarda tutti i settori industriali e dipende anche dai consumi e dagli investimenti, che in periodi come questo non possono crescere altrettanto sino a quando I salari “reali” (cioè quelli al netto della vera inflazione) non torneranno almeno ai livelli precedenti. Per il momento dunque i consumi scendono e si riducono gli acquisti dei beni di consumo durevole, anche a causa del fatto che gli elevati tassi di interesse li rendono più onerosi.

L’INFLUENZA DEI BUY-BACK

Le borse dal canto loro registrano tutta una serie di ulteriori fattori che le mantengono intorno ai massimi storici, a partire dai programmi di riacquisto azioni proprie di quasi tutte le grandi aziende ( I cosiddetti buy-back), oltre al fatto che le politiche fiscali espansive dei governi riaggiungono al mercato quella liquidità che le banche centrali occidentali fanno finta di ridurre. Come si può vedere dai grafici qui sotto l’influenza dei “buy-back” a Wall Street è macroscopica:

LA ROTAZIONE DEI PORTAFOGLI

Gli analisti e gli investitori però si rendono conto della realtà che la festa delle borse si avvicina alla sua conclusione e -per tutta risposta- stanno “ruotando” I loro portafogli in direzione di una maggior cautela, andando a cercare opportunità di sottovalutazione nei mercati emergenti, o aumentando la quota dei patrimoni in gestione che resta liquida e non viene investita o ancora realizzando i guadagni accumulati sui titoli che hanno guadagnato di più (ad esempio quelli tecnologici e finanziari) per comperare titoli difensivi come ad esempio le “public utilities”, le quali non a caso sono salite a Wall Street di quasi il 20% negli ultimi 3 mesi.

I MULTIPLI DIFFICILMENTE SALIRANNO ANCORA

La cosa ha senso non soltanto in previsione di ulteriori rallentamenti dell’economia reale, ma anche in funzione del fatto che -con il calare atteso dei tassi d’interesse (quando e se ci saranno negli USA, mentre nell’Eurozona sembra soltanto questione di tempo)- difficilmente potranno tornare a crescere i multipli di valore (classicamente il Price on Earnings, ovvero il numero di volte che i profitti attesi vengono capitalizzati fino a pareggiare la capitalizzazione di borsa delle società quotate). Quei multipli hanno già ampiamente scontato la possibilità di una discesa dei tassi e i profitti dell’ultimo trimestre hanno già registrato nel primo trimestre un incremento significativo, tale da rischiare di mettere in ombra quelli futuri.

AUMENTA LA CONCENTRAZIONE DEL RISCHIO

Un’ultima notazione riguarda poi la concentrazione degli investimenti nei grandissimi colossi tecnologici quotati, i primi sette dei quali oramai capitalizzano all’incirca un terzo del valore dell’intero gruppo dell’indice SP500, come si può leggere dal grafico sotto riportato.


Anche questo ha senso, dal momento che le “magnificent seven” possono sperare di accaparrarsi una quota molto importante del totale dei profitti delle prime 500 imprese a Wall Street, ma amplifica il rischio implicito di un portafoglio azionario sempre meno diversificato.

E CRESCE IL RISCHIO GEOPOLITICO

Così come crescono tanto i rischi di eventuali ampliamenti dei conflitti armati in Europa e Medio Oriente quanto i rischi di una divergenza dell’America con la Cina sempre più accentuata. Cosa che impedisce di prevedere ulteriori discese del prezzo dell’energia, pur in presenza di una domanda di petrolio, gas e pannelli fotovoltaici che dovrebbe progressivamente ridursi con il rallentamento dello sviluppo economico globale.

TRE CONCLUSIONI

  1. L’andamento riflessivo dell’economia occidentale lascia ritenere che le borse faranno fatica a continuare con le splendide performances cui ci hanno abituati negli ultimi anni. Al tempo,stesso tuttavia esse restano pur sempre tra le opzioni migliori per l’investimento del risparmio, anche perché assicurano un’ottima protezione dalla svalutazione monetaria (che come si è visto è ben più alta dell’inflazione registrata dagli istituti di statistica).
  2. Anche a causa del fatto che le banche centrali sembrano intenzionate ad intervenire ancora per sostenere l’andamento riflessivo dell’economia reale (abbassando i tassi e acquistando i titoli di stato), la grande liquidità in circolazione sui mercati finanziari appare di conseguenza destinata a perdurare nei prossimi mesi , cosa che non può che favorire i listini azionari.
  3. Infine gli indici più importanti delle borse valori riflettono l’andamento delle quotazioni azionarie ponderandole in funzione del “peso” di ciascun titolo sul totale. Il risultato è che le imprese di maggiori dimensioni influiscono maggiormente sull’andamento di tali indici e al tempo stesso appaiono, al momento, come le più profittevoli, anche perché sembrano le migliori candidate a trarre profitto dall’avvento delle nuove tecnologie.

È per queste tre ragioni che appare poco probabile che i principali indici faranno un tonfo nei prossimi mesi. Anche per tali motivi ha ripreso a scendere la volatilità delle quotazioni azionarie (qui sotto riportata dall’indice VIX, che riporta la variabilità dell’indice S&P500).


Stefano di Tommaso

 




APPUNTI DI TRADING

N. 75 – sa 11 mag 2024

 

Operazioni in essere : nessuna ( piccola novità in coda )

Premessa

Avevo scritto : “La settimana 6 – 10 maggio segna un ciclo significativo per NAS 100, ……………………….si tratta del primo segnale, dopo alcuni mesi, che può invertire l’intero azionario U.S.A. Se così non fosse, incontreremo un tempo simile circa 30 gg innanzi.”

NAS 100 CASH è salito poco, disegnando un range settimanale da 17937 a 18247 ( 17983 – 18348 per GIU FUT ) circa pari al 2 %

L’esperienza insegna che quando un Mercato non sfoga l’ energia è difficile che riesca ad invertire, ma vedremo.

Abitualmente non faccio analisi intermarket, ma segnalo che il solo DAX ha già rotto il top di marzo – aprile in questi giorni, ignorando il ciclo di 180 mesi da marzo 2009 e mi chiedo se sia l’antipasto di un bull market che riparte. ( forse TESLA e i cinesi non sono destinati a spodestare AUDI – BMW – MERCEDES ? )

GOLD GIUGNO 24

Nessuna novità, salvo che il range giornaliero medio supera 40 USD, costringendo ad allargare gli stop per chi si vuole cimentare.

Ciò premesso, ripropongo il testo consueto, che merita di essere letto più volte.

“Posso ugualmente riprovare un acquisto di GOLD ? Forse sì …. I punti a basso rischio dove proverò a comperare sono :

– 2146 ( top dic 2023 )
– 2088 – 2040 ( svolta long a metà febbraio )”

Mi auguro che tutti ricordino che dal 30 nov 2023 ( prima chiusura mensile sopra 1998 GOLD CASH ) la Lettera cerca di piazzare solo acquisti strategici, mai vendite.

Continuo a cercare una vendita in forza con il solo scopo di guadagnare al ribasso qualche punto percentuale per finanziare il futuro acquisto, che difficilmente potrà avvenire a livelli vicini allo stop loss, che non può essere più alto di 1984 cash, doppio minimo di dic 2023 – feb 2024, quindi con un rischio di 3 – 8 % ( acquisto da 2146 a 2040, con stop loss a 1984 cash )

Ciò premesso, spiegato il senso di questo tentativo di vendita, sin da lu 13 maggio, inserirò il seguente ordine :

vendo 1 GIU MICRO GOLD a 2420 con stop loss a 2450

SILVER LUGLIO 24

Anche per SILVER trovate solo un aggiornamento numerico del testo precedente.

Dopo che SILVER era sceso fino a 26,02 il giorno gio 2 maggio, in soli 6 gg è salito del 10 %

Visto che siamo molto lontani da prezzi di possibile acquisto, potrei provare a vendere il fut luglio sopra 29 usd con stop loss a 30 usd, con un rischio del 3 % circa, ma preferisco evitare di andare contro trend, come invece accetto di fare con GOLD, dato che SILVER attualmente ha volatilità doppia – tripla rispetto a GOLD.

Come ho più volte evidenziato, si possono assumere posizioni su SILVER solo in caso di pull back sotto 25,01 SILVER CASH fino a 23,49 che è stato il top di feb 2024; ricordo infine che feb 24 era il primo dei due mesi consecutivi di possibile cambio di trend.

SILVER cash è sceso gio 2 mag fino a 26,02; sembrava impossibile, dopo lo spike a 29,79 e quindi anche il range da 25 a 23,50 si potrebbe rivedere.

In caso di acquisti, lo stop loss iniziale non potrà essere sopra 21,93 di SILVER CASH, con assunzione di un rischio percentuale molto elevato, tra il 6 e il 13 %, fuori dai parametri che avevo stabilito per questa Lettera.

Il grafico weekly bene evidenzia che il livello di 26 usd viene sentito da SILVER, mentre il grafico giornaliero ricorda che SILVER si sta muovendo a strappi, alternando brevi laterali a giornate da 4 – 5 %. Pressochè non gestibile, anche con interventi intraday.

SILVER richiede pazienza, a costo di un lungo rinvio.

DOW JONES INDU CASH

Sta provando a disegnare un doppio massimo con 39889 registrato a fine marzo.

La barra settimanale è di media ampiezza; preferisco inserire ordini sul NAS 100 che il 6 -10 maggio era interessato da un segnale temporale.

NASDAQ 100 CASH

Rammento che avevo segnalato che nella settimana dal 6 al 10 maggio scadeva un ciclo di media importanza utile per aprire una posizione short, intorno ad un eventuale doppio massimo rispetto a 18464 registrato il 21 marzo scorso, top di marzo e di sempre.

Avevo inserito un ordine di vendita di MICRO FUT a 18500, ma il prezzo massimo è stato 18348 registrato ven 10.5, giorno in cui il NAS 100 CASH ha toccato 18247, prezzo che per la Lettera N. 74 attivava la vendita in rottura del minimo di ogni giorno precedente.

Il livello è stato toccato non prima di ven 10.5 e quindi la Lettera non ha venduto.

Che farò ora ?

Avendo NAS 100 CASH oltrepassato 18200, da lunedì venderò sotto il minimo di ve 10.5 ( 18247 fut ) e poi venderò ancora se verrà rotto il minimo della scorsa settimana ( 6 -10 maggio )

Tutto ciò premesso, dalle ore 16.30 di domani lu 13 maggio, inserirò i seguenti ordini :

– vendita di 1 GIU MICRO NAS 100 a 18200 stop ( in rottura ) con stop loss a 18400 oppure, se più alto, al top registrato da lu 13.5 fino alla rottura di 18200
– vendita di 1 GIU MICRO NAS 100 a 17950 stop ( in rottura ) con stop loss a 18400 oppure, se più alto, al top registrato da lu 13.5 fino alla rottura di 18200

Sarò forse influenzato dalla grande forza dimostrata dal DAX che, in solitudine, ha rotto il top del ciclo di 180 mesi, ma ho dubbi su una inversione entro breve.

COTTON JULY FUTURE

Un caro amico, professional negli investimenti in commodities, ai primi di maggio ha manifestato preoccupazione per la discesa insistente del prezzo del cotone.

Ho esaminato grafico mensile dal 2020 e settimanale più recente, maturando una sensazione di possibile svolta, anche vicina.

Certe volte, stendendo la mano ad un amico, si scopre qualcosa di stimolante.

Segnalo ai lettori che dispongo solo di grafici futures e non del cash, che invece ho su indici azionari e metalli preziosi.

Si tratta di serie storiche che “accostano” scadenze consecutive di futures, archiviando la nuova scadenza dal giorno in cui essa supera i volumi della precedente.

Ovviamente nessun asset manager desidera la consegna del sottostante, che invece interessa ai produttori di tessuti.

Dal grafico settimanale osservo che JULY COTTON è sceso per 8 settimane, poi ha illuso per una settimana, con successivo outside ribassista, per poi servire un inside il 6 – 10 maggio.

Il tutto con una discesa da 103,80 a 74,93.

Crollo del 28 % dai primi di marzo 2024.

Fin qui le cattive notizie.

Dal grafico mensile osservo che :

la metà in più di 48,35 è 72,525

tre quarti di 103,8 è 77,85

metà di 155,95 è 77,975

Una rilevante concentrazione di impulsi intorno ai prezzi registrati in maggio.

Normalmente non provo ad indovinare una possibile inversione e attendo che un Mercato svolti, per provare poi a salire a bordo, se lo consente con una figura gestibile ( doppio – triplo minimo, o massimo, o qualcosa che comprendo )

Nel caso che mi occupa, ringraziandolo di avermi fatto partecipe del suo cruccio, ho detto al caro amico che COTTON si trova in un punto di possibile inversione e pertanto , sin dal mattino di lu 13.5, inserirò i seguenti ordini :

– acquisto di 1 LUGLIO COTTON a 72 con stop loss a 68
– acquisto di 1 LUGLIO COTTON a 81 STOP ( in rottura del top del 6 – 10 maggio ) con stop loss a 68

Segnalo infine che il contratto che mi appresto ad acquistare misura 50.000 libbre ( per 0,80 usd equivale a usd 40.000 )

Leonardo Bodini

 

 

 




L’OCCIDENTE RALLENTA

La recente dinamica dell’inflazione e quella del suo contrasto hanno dapprima fatto temere una recessione e poi hanno lasciato adito alle migliori speranze. Ma gli effetti delle manovre delle banche centrali sembrano soltanto posticiparne l’arrivo, mentre è quasi soltanto l’Occidente che arranca: lo sviluppo economico parrebbe perdurare tra i paesi emergenti, che tendono ad affrancarsi dalle valute forti e dalle esportazioni verso i soli paesi OCSE.

ESTERNALITÀ NEGATIVE

L‘aumento dei tassi d’interesse posto in essere dalla maggior parte delle banche centrali occidentali a partire dal 2022 in risposta alla fiammata inflazionistica registrata è stato molto violento, e ha alimentato l’attesa di una possibile recessione, che sino ad oggi però si è manifestata soltanto in alcuni paesi dell’Europa continentale, risparmiando gli Stati Uniti d’America e parte del vecchio continente.

IL RIALZO DEI TASSI D’INTERESSE QUESTA VOLTA È STATO PIÙ VIOLENTO CHE IN PRECEDENZA

Tuttavia non si può parlare di una vera e propria ”stretta monetaria” come si sarebbe dovuto fare per contrastare decisamente l’inflazione, perché poco dopo gli annunci di “tapering” (assottigliamento) della liquidità ovvero di “quantitative tightening” (restrizione quantitativa), soprattutto da parte della Federal Reserve americana, la prima e la più decisa a innalzare i tassi, si sono viste traballare (quasi fallire) parecchie banche di piccola e media dimensione.

Si è corso ai ripari con il sostegno delle banche centrali tramite abbondanti rifinanziamenti a breve termine e riduzione dei programmi di taglio della liquidità. Manovre delle quali si è cercato di far parlare il meno possibile i media ma il cui risultato è stata un’elevata liquidità rimasta in circolazione, cosa che ha indebolito il contrasto all’inflazione ma ha peraltro permesso di attutire gli effetti negativi del rialzo dei tassi d’interesse e ha contribuito alle ottime performances delle borse valori.

L’ATTERRAGGIO È SOFFICE PER LA MAGGIOR SPESA MILITARE E LA GRANDE LIQUIDITÀ IN CIRCOLAZIONE

LE SPERANZE DI SOFT LANDING HANNO ALIMENTATO L’INFLAZIONE

Quando, a partire dallo scorso anno, è sembrato ci fossero possibilità di evitare la recessione o almeno limitare i danni provocati dalle banche centrali si è dunque iniziato a parlare sui mercati di un “soft landing” (cioè di un “atterraggio morbido”) dell’economia, addirittura arrivando a sperare in un “no landing” (cioè nell’assenza di ogni suo possibile rallentamento). Negli ultimi tempi tuttavia è divenuto sempre più evidente che questa possibilità non sarebbe stata indolore: il prezzo da pagare sarebbe stato quello di un’inflazione che avrebbe fatto molta più fatica a scendere o che avrebbe addirittura potuto riprendere l’ascensore.


Cosa di per sé non particolarmente problematica, alla condizione che all’inflazione persistente si accompagni uno sviluppo economico che ne neutralizzi le peggiori ricadute. Una scommessa che è parsa sino ad oggi sostenibile, anche a causa del fatto che il resto del mondo (cioè non meno di 5 miliardi di abitanti del pianeta), e in particolare i quasi 3 miliardi di cittadini delle sole Cina e India, sembra marciare verso uno sviluppo economico addirittura più sostenuto di quello dell’anno precedente.

IL RISCHIO DI STAGNAZIONE NON È COMPATIBILE CON L’INFLAZIONE

A partire dal mese di Aprile tuttavia sono arrivati i primi segnali di raffreddamento dell’economia, peraltro quasi esclusivamente in Occidente, che hanno iniziato a far temere per il rischio di una “stagflazione”, ovvero di un’inflazione che non si accompagna ad una crescita del prodotto interno lordo.


È anche per timore di una seconda ondata di inflazione che le banche centrali occidentali (FED, BCE, BOE, CBOC) hanno rinviato a data da definire la riduzione dei tassi d’interesse che era attesa dai mercati già per l’inizio del corrente anno. Occorre però rammentare che, quando le banche centrali tengono elevati i tassi d’interesse per combattere l’inflazione, di fatto esse peggiorano le condizioni alla base della domanda di beni e servizi, rendendo il credito più costoso e di fatto riducendo il potere d’acquisto di salari e stipendi, strangolando di fatto l’economia.

Quella di provocare una recessione tenendo i tassi d’interesse elevati è una vecchissima tecnica dei banchieri centrali, efficace ma anche molto primitiva e dolorosa soprattutto per la popolazione a basso reddito, che in passato io ho spesso paragonato all’uso della clava per dissuadere i consumi. Lo strumento genera tuttavia quasi inevitabili danni collaterali. Infatti, anche se non è possibile stabilire una correlazione diretta in termini di causa-effetto tra l’incremento dei tassi d’interesse e il calo dei consumi (cioè una recessione), statisticamente è proprio quello che di solito succede, sebbene avvenga quasi sempre con un ritardo significativo.

SEGNALI DI RALLENTAMENTO NEGLI USA

David Rosenberg, fondatore di Rosenberg Research, ha fatto osservare recentemente che negli U.S.A. ciò avviene in una media di 26 mesi, come si può leggere nella tabella qui riportata.


Lo stesso Rosenberg fa notare che il Maggio del 2024 corrisponde più o meno esattamente al 26.mo mese successivo al momento in cui la Federal Reserve ha iniziato a stringere sui tassi (Marzo 2022) e che, di conseguenza, si aspetta di vedere al ribasso già i dati relativi al secondo trimestre dell’anno, i quali però adesso ancora non si vedono, perché usciranno a Giugno.

Un barometro spesso anticipatore della recessione è storicamente l’inversione della curva dei rendimenti, ovvero la situazione in cui i tassi a lungo termine (tipicamente i 10 anni) risultano inferiori a quelli a breve (2 anni). Nel grafico qui sotto riportato si può vedere che il fenomeno dell’inversione (la discesa al di sotto dello zero del rapporto tra il rendimento a 2 anni e quello a 10 anni) negli ultimi quarant’anni si è quasi sempre verificato un paio d’anni prima della recessione, annullandosi poco prima che quest’ultima si verificasse:


La stranezza (ma anche l’affidabilità) di questo indicatore casomai riguarda il fatto che l’inversione si è manifestata anche poco prima della recessione provocata dalla pandemia da Covid, quasi che i mercati potessero scontare in anticipo un evento (il lockdown conseguente) che ai più risultava del tutto imprevedibile.

Quest’anno l’annullamento dell’inversione peraltro non si è ancora manifestato ma ci siamo quasi, e ciò non tanto a causa della discesa dei tassi d’interesse a breve termine (quelli controllati dalle banche centrali) bensì a causa della risalita dei rendimenti a medio-lungo termine.

SE I TASSI NON SCENDONO L’ECONOMIA STENTA…

Il fenomeno è preoccupante dal momento che la causa principale è l’eccesso di debito che non ha precedenti nella storia economica, che peraltro genera indirettamente una svalutazione monetaria presto tradotta in ulteriore inflazione. Oggi i mercati scontano ancora una discesa dei tassi dei Fondi Federali americani ma meno pronunciata che non un paio di mesi fa, come si può leggere da questo grafico:


Il mantenimento più a lungo del prevedibile a livelli elevati dei tassi d’interesse che ne consegue fa poi paura anche per un altro motivo: tanto più è elevato il debito quanto più doloroso sarà per i debitori il maggior costo del denaro! Cosa che non può non generare un effetto recessivo: se una quota crescente del reddito disponibile va pagata in interessi sul debito, l’ammontare di denaro disponibile per i consumi e gli investimenti che ne residua sarà ovviamente minore.

E come ben sappiamo i debiti dell’Occidente sono cresciuti a dismisura negli ultimi tempi, tanto per le esigenze di spesa pubblica, come pure per le crescenti esigenze di investimento da parte delle imprese, quanto infine per il peggioramento dell’attitudine al risparmio da parte dei privati.

LA RISALITA DEI RENDIMENTI IMPLICITI DEL REDDITO FISSO È COMUNE A TUTTO L’OCCIDENTE

…E LA DISOCCUPAZIONE RISALE

L’inflazione poi, unita all’eccesso di indebitamento, genera un altro pesante effetto collaterale: la riduzione dei posti di lavoro, conseguente alla necessità delle imprese di tagliarli che deriva dalla rincorsa dei salari rispetto all’incremento dei prezzi al consumo. Cosa che impone alle imprese la ricerca di nuova efficienza e produttività, finendo per ridurre l’occupazione (altro elemento che contribuisce al calo dei consumi e, in definitiva, al rallentamento dell’economia). Guarda caso negli ultimi mesi la disoccupazione è tornata a crescere, persino in America. Un pessimo segnale che fa temere che, seppure in ritardo, anche stavolta la clava delle banche centrali possa aver generato un effetto recessivo che deve ancora manifestarsi.

LA DISCESA DEL REDDITO LORDO PRO CAPITE IN AMERICA

Man mano che i dati statistici (e le serie storiche dei dati di mercato) vengono fuori, le dinamiche sopra indicate si delineano purtroppo sempre più distintamente, facendo temere dunque che l’elevata liquidità in circolazione e le politiche fiscali estremamente espansive da parte dei governi di tutto l’Occidente possano non riuscire a contrastare la tendenza di fondo al rallentamento dello sviluppo economico dell’Occidente e della sua dinamica dei consumi.

LE ASPETTATIVE PEGGIORANO…

Ma ciò è indubbiamente aggravato dal contrasto crescente tra Oriente e Occidente, ovvero tra i paesi OCSE e quelli cosiddetti BRICS (oggi allargati nel numero). Questo riduce l’interscambio tra i paesi più industrializzati e le economie più giovani e oggi più dinamiche, e spinge queste ultime ad investire sempre meno sui mercati finanziari occidentali, cosa che in passato è invece risultata molto utile per pareggiare i nostri disavanzi commerciali.


Le tensioni geopolitiche tuttavia oggi prevalgono e causano una minore disponibilità dei paesi emergenti a investire sui mercati finanziari occidentali, a detenere meno attività denominate in Dollari e Euro e a preferire metalli preziosi e risorse naturali come riserve di valore. Questo comportamento favorisce una progressiva svalutazione delle divise monetarie occidentali, e alimenta un processo di inflazione dei prezzi limitato al solo Occidente (dove l’inflazione è più elevata) senza che la svalutazione favorisca la competitività delle esportazioni e dunque la progressione nello sviluppo economico.

…E LE TENDENZE DEI DUE “BLOCCHI” SI DIVARICANO

Non per niente le ultime stime pubblicate forniscono elementi a supporto di quanto sin qui ipotizzato: una crescita dei PIL dei paesi emergenti ben superiore a quella dei paesi OCSE e, parallelamente, uno sviluppo positivo anche dei loro mercati finanziari, i quali indubbiamente non devono scontare gli elevati tassi d’interesse che l’America ha di fatto imposto a tutto l’Occidente.


Difficile prevedere se ciò potrà durare, dal momento che il “decoupling” (lo sdoppiamento) degli andamenti economici questa volta sembra funzione di un qualcosa di relativamente nuovo che nelle precedenti recessioni non si era manifestato: la tendenza ad una riduzione della dipendenza delle economie emergenti dalla forza del Dollaro americano e dalle loro esportazioni verso i paesi OCSE. Staremo a vedere!

 

Stefano di Tommaso