QUANTO È GIUSTIFICATO L’OTTIMISMO DEI MERCATI?

Si è formato nelle ultime settimane un muraglione di fiducia sui mercati relativamente agli sviluppi economici possibili circa il prossimo futuro. Una vera e propria roccaforte di convinzioni positive rassicura gli investitori occidentali e ha permesso a tutti i mercati finanziari (dalle borse ai titoli a reddito fisso, dalle criptovalute all’oro) di toccare nuovi massimi. Ed è una convinzione durissima da scalfire.

 

Molti fattori oggettivi dovrebbero invitare a maggior cautela:

  • il progressivo rallentamento economico (in Europa addirittura la recessione);
  • le banche centrali che fanno (e faranno) di tutto per contrastare l’aspettativa di una repentina discesa repentina dei tassi;
  • il crollo sospetto della volatilità dei corsi, che suggerisce un evidente eccesso di ottimismo sui mercati;
  • il riaffacciarsi delle “meme stocks” (ndr: titoli che guadagnano popolarità tra investitori al dettaglio attraverso i social media);
  • l’impennata dell’oro e del bitcoin (due classi d’investimento che risultano molto speculative);
  • il calo di petrolio e gas (che dovrebbe far riflettere relativamente al calo della produzione industriale) nonostante l’OPEC abbia concordato forti restrizioni all’offerta;

 

ANDAMENTO DELL’INDICE VIX DELLA VOLATILITÀ DEI CORSI AZIONARI USA (SP500)


UN’IMMENSA BOLLA SPECULATIVA

Tutti elementi che possono ragionevolmente far pensare che i massimi raggiunti dai mercati si trovino in questo momento sulla tenue superficie di un’immensa bolla speculativa, che dunque come tale dovrebbe apparire per ciò che è: pericolosissima!

E invece no: i mercati finanziari sembrano andare avanti imperterriti a segnare nuovi record. Ma poiché tutto ciò che sfida la gravità di solito alla fine deve pur tornare sulla terra, proviamo a comprendere quanto questi record siano giustificabili da elementi oggettivi che supportano queste “cime tempestose”.

Proviamo ad elencare i primi:

  • la brusca impennata dei tassi registrata nei mesi scorsi dovrebbe indubbiamente lasciar luogo ad un loro assestamento, come peraltro già succede sui rendimenti dei titoli a reddito fisso scambiati sui mercati secondari;
  • i mercati scontano l’attesa che le banche centrali siano “costrette” a ridurre presto i tassi a breve termine, ma queste ultime, più o meno giustificatamente ancora frenano invitando gli investitori alla prudenza circa nuovi possibili focolai inflazionistici;
  • la disoccupazione nella zona Euro è ai minimi storici (6,5%) mentre gli ultimi dati sull’impiego americani appaiono migliori del previsto (suggerendo un buon tono di fondo dell’economia reale);
  • In Cina per il secondo mese consecutivo si è registrata una contrazione dei prezzi al consumo (deflazione) che ha spinto al ribasso il Renminbi.

ANDAMENTO INFLAZIONE IN CINA


LA CURVA DEI TASSI RESTA INCLINATA NEGATIVAMENTE

Il disallineamento tra i tassi a breve termine (che non stanno ancora scendendo anche perché risentono delle politiche delle banche centrali) e quelli a lungo termine (che invece stanno scendendo, parallelamente alle quotazioni dei titoli a reddito fisso, in riflesso all’attesa di una riduzione generalizzata di tassi e inflazione) è un elemento preoccupante, perché comporta l’inversione della cosiddetta curva dei rendimenti (che quando è impennata positivamente riflette ciò che dovrebbe essere nella normalità: che i tassi a più lungo termine dovrebbero sopravanzare quelli a più breve termine).

Si tratta di un elemento apparentemente secondario ma rassomiglia a una piccola palla di neve che rischia di ingrossarsi rotolando a valle sino a travolgere tutto ciò che incontra: più i mercati appaiono ottimisti più le banche centrali risultano preoccupate per i loro eccessi e più rallentano nell’abbassare l’asticella dei tassi, per timore di eccessi speculativi, nonostante le buone notizie sul fronte dell’inflazione.

UN DIVARIO CRESCENTE

Ma ovviamente più le banche centrali attendono e più cresce il divario tra il loro atteggiamento e quello dei mercati finanziari, ampliando un divario che dovrà invece prima o poi necessariamente richiudersi.

A favore dell’ottimismo di investitori e risparmiatori ha indubbiamente giovato il mancato verificarsi delle aspettative di una recessione imminente in America. E i gestori del risparmio da qualche parte dovevano investire la loro liquidità, dal momento che il rialzo dei tassi aveva reso più “costoso” il mantenere grandi somme liquide in conto corrente. Dunque non appena il quadro generale è apparso migliorato si sono aperte le cateratte e i prezzi dei titoli sui mercati sono saliti.

Ma all’elenco di cautele da osservare riportato più sopra (a proposito degli investimenti mobiliari) se ne aggiungono ancora diverse altre:

  • i pericoli geopolitici che possono guastare la festa ai mercati non si sono affatto ridimensionati. Ci troviamo nel bel mezzo di una “pausa elettorale” ma il pianeta non sembra affatto all’imbocco di un sentiero di rappacificazione generale;
  • allo stesso modo la transizione “verde” si è al momento quasi interrotta, ma la dipendenza dei nostri consumi dall’impiego di idrocarburi e combustibili fossili non è scesa che di pochissimo. Il giorno in cui riprenderemo in seria considerazione le politiche di preservazione dell’ambiente dovremo tenere conto degli elevatissimi costi ed investimenti necessari per implementarle;
  • il numero di emissioni di nuovi titoli in programma in tutto l’Occidente nella prima metà del 2024, da parte non solo del Tesoro americano bensì anche da moltissimi altri governi, istituti, enti sovranazionali e imprese di ogni genere lascia temere che che tale affollamento possa da solo essere sufficiente a interrompere la tendenza alla discesa dei rendimenti dei titoli a medio e lungo termine, perché se a così tanta offerta di titoli non corrisponderà un’altrettanto forte domanda allora i relativi corsi scenderanno e i loro rendimenti dovranno necessariamente invertire la rotta;
  • I grandi investitori internazionali e le grandi banche d’affari hanno sicuramente ottenuto buoni guadagni dai rialzi che si sono succeduti nel corso del 2023 e molti di loro probabilmente non vedono l’ora di monetizzare tali profitti, vendendo almeno in parte i titoli in portafoglio. E quando lo faranno non ricompereranno subito dopo: attenderanno un po’ dopo che i mercati avranno “stornato”.

Dunque a fronte di alcune buone ragioni per le quali la situazione dei mercati può suggerire di mantenere un ottimismo di fondo, ci sono molte altre valide ragioni per poter ritenere che la festa, iniziata indubbiamente molto presto e con pochissimi soggetti che se la sono sentita di scommettere contro la maggioranza degli investitori, possa subire quantomeno un’interruzione.

LA FESTA È FINITA?

Questo perché la speculazione a un certo punto ha bisogno di invertire la rotta per trarre profitto dalle proprie posizioni e i grandi gestori, raggiunti i loro obiettivi di rendimento, potrebbero essere più motivati a ridurre i rischi che ad estendere i lauti guadagni già accumulati.


Ma soprattutto c’è un aspetto, sottolineato in apertura, che mi lascia davvero molti dubbi: come faranno i mercati a continuare a scommettere contro le banche centrali? Ci sono valide ragioni per anticiparle così tanto da andare di fatto all’incontrario delle loro indicazioni? La risposta a una tale questione non è mai semplice ma la sensazione di chi scrive è che il muro di fiducia che è stato eretto troppo in fretta possa iniziare a sgretolarsi.

Da un lato lo sanno anche i muri che i debiti pubblici di tutto il pianeta e gli investimenti futuri per le grandi infrastrutture ancora da realizzare necessitano di un ambiente a bassa inflazione e con bassi tassi d’interesse. Solo così le infrastrutture saranno profittevoli nel lungo termine, mentre occorre ricordare che l’unico modo per ridurre i debiti pubblici nel tempo sarà la loro lenta e inevitabile monetizzazione.

L’INFLAZIONE NON PUÒ AZZERARSI

Dunque queste necessità dovrebbero sospingere le banche centrali a favorire un minimo tasso d’inflazione (si continua infatti a parlare del 2% come obiettivo di lungo termine) pilotando tuttavia i rendimenti reali, non appena risultasse possibile, verso lo zero.


Ma nel frattempo tanto i governi quanto banche e intermediari risultano sempre più affamati di liquidità, che in qualche modo sta arrivando loro dalle banche centrali per vie traverse. ”Ugualmente” cioè, nonostante l’annunciata stretta monetaria. Senza sufficiente liquidità si concretizza un elevato rischio di stabilità del sistema finanziario, come si è potuto toccare con mano nei casi “Lehman Brothers” o “Silicon Valley Bank”.

Dunque l’inflazione potrà decrescere fino al 2% circa ma non è tra gli obiettivi di politica monetaria farla scomparire, proprio perché risulta impossibile lasciare il sistema bancario e delle pubbliche amministrazioni a secco di liquidità. Anche per questo è possibile qualche altra “ondata” di inflazione, seppure decrescente, così come è successo quasi sempre nella storia. E’ il motivo principale per il quale le banche centrali fanno fatica ad abbassare la guardia tanto presto.

MERCATI INCAUTI

Dunque i mercati finanziari potrebbero andare incontro a qualche delusione, soprattutto se resteranno euforici così come lo sono stati sino alla scorsa settimana. Se l’inflazione rimbalzerà, anche solo di poco, i tassi decrescenti nominali si tradurranno in tassi reali negativi. Dunque non soltanto chi investe in titoli a reddito fisso appare oggi molto ottimista, ma soprattutto deve tenere conto del fatto che la discesa pilotata dei tassi da parte delle banche centrali dovrà necessariamente risultare più lenta di quanto i mercati finanziari si aspettino.


Quel che ne può conseguire è quasi scontato: l’attuale livello di minimo storico della volatilità delle borse non potrà proseguire troppo a lungo e, se anche in media queste ultime riusciranno a tenere sostanzialmente i livelli massimi oggi raggiunti, esse potranno incorrere ugualmente in nuovi alti e bassi che dovranno succedersi man mano che le aspettative comuni risulteranno irrealistiche.

MEGLIO LE BORSE CHE I BOND

Nuovi alti e bassi potrebbero risultare poi tanto più probabili per i titoli a reddito fisso, che saranno sottoposti a numerosi “stress” nei prossimi mesi, rispetto alle quotazioni delle borse, le cui capitalizzazioni dipenderanno pur sempre dall’andamento di pochi grandi aziende globali, che di solito performano meglio di quelle più piccole.

ANDAMENTO DELL’INDICE FTSE – MIB

È presumibile che una sostanziale ”tenuta” (nel medio termine però) degli indici azionari possa riguardare anche il mercato azionario italiano, il quale ha raggiunto i suoi massimi soprattutto in funzione degli ottimi conti economici delle principali banche e assicurazioni, le quali hanno beneficiato del rialzo dei tassi e potrebbero continuare a beneficiare della loro posizione oligopolistica. Proprio perché sembra probabile che alla fine i tassi non scenderanno così in fretta. Ma sinanco per i titoli finanziari nel breve termine qualche presa di beneficio di chi investe appare inevitabile.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 55 – sabato 9 dicembre 2023

Operazioni in essere :

lu 27 nov comperato 1 FEB MICRO GOLD FUT a 2035, ora con stop loss a 1940

gio 7 dic comperato 1 MARZO MINI SILVER FUTURE a 24,00 stoppato il successivo ve 8 dic a 23,30 con una perdita di ( 0,70 USD x 2500 ) USD 1750 pari ad EURO 1635

SILVER da lu 4 dic a ve 8 dic ha segnato un range di oltre 3 USD, circa il 13 %, troppo per 5 gg di trading e non gestibile con una Lettera che esce una sola volta alla settimana. Ma l’ho detto più volte.

GOLD FEBB 24

Avevo scritto :
“ la chiusura del 30.11 sopra 1998 cash secondo me può aver cambiato il comportamento di questo Mercato.

Se fosse seguita dalla rottura del TRIPLO MASSIMO ( 2075 – 2070 -2060 ) che evidenzio sul grafico mensile da molte settimane, non escludo un forte movimento al rialzo con obiettivi anche molto lontani. “
Nella notte tra dom 3 dic e lu 4 dic sui Mercati asiatici GOLD ha segnato un nuovo record assoluto a 2152 per FEB FUTURE, mentre non è chiaro quale sia il prezzo di GOLD CASH da considerare.

Il mio fornitore di dati indica 2148, ma ritengo che sia un valore “asiatico”, mentre i dati rilevanti sono quelli successivi alle 15.30 ( 9.30 U.S.A. )

Il massimo valore registrato dalle 15.30 di lu 4 dic ad oggi di GOLD CASH è stato 2074 ( 2089 FEB FUTURE )

Dopo il top di 2152 FEB FUTURE, GOLD è sceso molto velocemente, con rimbalzi modesti.

Mette a dura prova la mia convinzione che la avvenuta chiusura mensile del 30 nov 2023 sopra 1998 cash rappresenti un segnale di forza.

Per completare il quadro serve ora almeno una chiusura giornaliera sopra il triplo max ( 2075 – 2070 – 2060 ) meglio ancora chiusura settimanale

In attesa di ciò, mantengo l’acquisto eseguito a 2035 il 27 nov 2023 con stop loss 1940 e non inserisco altri acquisti.

A vendere, nemmeno penso.

SILVER MAR 24

Avevo scritto :

“ Quasi impossibile affrontare l’ampiezza dello stop loss necessario ad entrare ora al rialzo; comunque è impossibile vendere. “

Per mio refuso, avevo indicato nella Lettera lo stop loss a 23,50 e 23,30 nella tabella excel delle operazioni inserite.

Intendevo 23,30 e quindi evidenzierò una perdita di USD 1750 e non 1250 che corrisponderebbero a 23,50.

Dopo una perdita, evito di inserire ordini per una settimana.

DOW JONES INDU CASH

Avevamo assistito ad una salita verticale dal 27.10 ( 32327 ) a ve 1.12 ( 36264 )

Si tratta di 3937 punti in 24 gg di trading, dopo che una discesa simile da 35679 ( 1 ago 2023 ) a 32327 aveva occupato tutto agosto, settembre e ottobre, in totale 62 gg di trading.

Nei successivi 5 gg da lu 4 a ve 8 dic abbiamo assistito al nulla, un ritocco di 32 punti a 36296

Un Mercato fermo diventa poco profittevole e quindi non inserisco ordini.

La settimana che è appena finita è stata la sessantesima da 28660, ciclo di un certo interesse.

Se venisse rotto il minimo settimanale di circa 36000 DJ CASH, potrei aprire uno short con stop loss sopra 36296, ma non è una operazione gestibile dalla Lettera.

Personalmente la eseguirò solo in base al form reading quotidiano, se sarò in studio per valutare il pattern.

Quando inserirò il prossimo ordine, avverrà sul future scadenza marzo che costa 360 punti in più, circa l’uno per cento.

NASDAQ 100 CASH

NAS 100 da due settimane ha perso forza in assoluto e relativamente al DJ; resta pericoloso da acquistare, salvo un profondo ritracciamento, vicino al 38,2 %.

Comunque impossibile da vendere.

Attenderò con disciplina un pattern che offra stop loss gestibile.

Quando inserirò il prossimo ordine, avverrà sul future scadenza marzo che costa 210 punti in più, circa 1,3 %.

Leonardo Bodini

 

 

 

 




RIPRESA, QUALE RIPRESA?

Davvero l’economia italiana è in ripresa? La risposta non è scontata, anzi. La realtà dei numeri è diversa da quella strombazzata dai media. Per l’istituto di statistica -dal momento che deve trasmettere al pubblico messaggi di sintesi- diviene inevitabile la discrezionalità di determinate affermazioni. Per comprendere dunque cosa sta succedendo davvero a quella che una volta era la culla della civiltà occorrono alcuni approfondimenti a proposito dei vari fattori economici.

 

QUALE INFLAZIONE

Innanzitutto occorre “leggere” l’inflazione dei prezzi: è davvero stata in Novembre in pesante ribasso come titolano parecchi giornali oppure è addirittura già in ripresa? La risposta è relativamente semplice: se il confronto tra i prezzi dei beni che rientrano nel “paniere” di misurazione viene fatto con quelli dello stesso mese dello scorso anno effettivamente si vede ancora una crescita ma vistosamente ridotta: il 3,6%, in discesa rispetto al mese precedente (dal 4,2% a Ottobre).

Poiché tuttavia l’inflazione acquisita sino ad oggi per l’anno 2023 è misurata nel 5,6% emerge subito una discrasia fortissima con quanto percepito dal consumatore medio, colpito da rincari che vanno dal 10 al 30% già solo per i beni di prima necessità. Addirittura se il dato viene rilevato su base mensile allora l’inflazione di Novembre è stata invece in drastico calo: +0,8% su base annua! Ma normalmente l’inflazione non si misura mai base mensile.

Vale la pena di sottolineare tuttavia (come si può leggere da grafico qui sotto riportato) che l’anno scorso di questi tempi l’inflazione dei prezzi era giunta ai massimi storici e che dunque i rincari maggiori erano stati proprio un anno fa. E dunque l’inflazione di Dicembre e ancor più quella di Gennaio, misurate sulla base del medesimo mese dell’anno precedente, potrebbero risultare più elevate del 3,6%.

A livello delle principali sette economie occidentali poi (si veda il grafico qui sotto) l’inflazione italiana appare (irrealisticamente) la più virtuosa. Un dato che stona parecchio con il fatto che gran parte delle determinanti dell’inflazione sono state “importate” e che si può cercare di giustificare -ma solo in parte- con la limitatissima dinamica salariale interna del nostro Paese e con il deciso calo dei consumi. Mentre in parte il dato resta spiegabile soltanto -evidentemente- con la composizione assai “partigiana” del paniere dei prezzi di riferimento.

IL TASSO DI CRESCITA DEL PIL

Il tasso medio d’inflazione dei prezzi è importante non soltanto per misurare la perdita di potere d’acquisto dei salari e dei risparmi, ma anche per “deflazionare” il prodotto interno lordo (P.I.L.), che normalmente viene espresso al netto della svalutazione monetaria.

Dunque se l’istituto di statistica comunica un tasso medio d’inflazione più basso di quello “vero” (difficile però dire quale è quest’ultimo), ecco che magicamente il prodotto interno lordo di una nazione si ritrova a crescere nominalmente più di quanto sia quello reale.

VENDITE AL DETTAGLIO E PRODUZIONE INDUSTRIALE

Non a caso in Italia esiste un divario crescente tra i tre indicatori più significativi dell’andamento macroeconomico: l’andamento del PIL, quello delle vendite al dettaglio e quello della Produzione Industriale, guarda caso il primo sembra addirittura crescere rispetto all’anno precedente

quando è risaputo che la spesa per consumi è in calo per l’evidente motivo della riduzione del potere d’acquisto dei consumatori (dovuta proprio alla svalutazione monetaria e al rialzo dei tassi che ha fatto levitare le rate dei mutui, dei leasing e dei noleggi)

Spesa per consumi Italia

mentre l’indice della produzione industriale è ancor più in decisa riduzione, da oramai diversi mesi.

Indice della produzione industriale italiana

Ma se i consumi calano, la produzione industriale scende e l’inflazione non cala, è corretto dire che non c’è recessione soltanto perché il PIL sembra appena sopra allo zero? Secondo me no.

La ripresa in corso è dunque assai strisciante, non eclatante e confina parecchio con la stagnazione, almeno per il momento. A livello continentale occorre poi tenere conto del fatto che la Germania, per molti versi motore industriale e finanziario dell’intera Eurozona, è in recessione “tecnica” (ovvero conclamata da più di un trimestre) da quasi un anno e che dunque tutte le imprese terziste di quelle tedesche hanno subìto un calo negli ordinativi, sebbene parzialmente compensati dall’ottimo andamento delle economie asiatiche, che ancora crescono a ritmi che in Europa non vediamo più da tempo.

Tassi di crescita storici e prospettici del PIL tedesco


IL RESTO DEL MONDO

La stessa America può vantare un’economia sì in crescita (addirittura virtuosa, dal momento che negli ultimi mesi corre al ritmo del 5% su base annua), ma non generalizzata, anzi quasi concentrata su taluni settori industriali: quelli legati agli armamenti ( le cui esportazioni non sono mai andate così bene), alle auto e alle ultime tecnologie, ivi comprese quelle farmaceutiche e per una percentuale non trascurabile l’esportazione di materie prime energetiche (come gas e petrolio). Molte medie imprese hanno subìto il combinato disposto di cali nelle vendite e costi finanziari in aumento. Non a caso il settore immobiliare americano (ivi comprese le costruzioni edili) è in forte crisi, cosa che risulterebbe assai poco normale per un’economia in forte crescita.


Nemmeno l’Asia da questo punto di vista appare ”normale”: in Cina sono arcinoti i problemi legati al settore immobiliare. Forse il problema della crescita non riguarda invece l’India, che mostra ritmi di sviluppo del PIL che superano sinanco quelli cinesi (l’ultimo dato tendenziale è al 7,2%).


Ma è cosa risaputa che normalmente lo sviluppo economico dipende dalla crescita demografica e dal tasso di produttività del lavoro. In America così come in tutta l’Asia la demografia “tira” ancora e i risultati sono tangibili. In Europa viceversa è proprio la demografia a costituire un freno, dal momento che ha uno sviluppo negativo e che l’immigrazione africana forse tra qualche anno potrà risultare d’aiuto all’economia, ma per il momento serve soltanto ad accrescere la spesa assistenziale.

I LIMITI ALLO SVILUPPO EUROPEO

  • In Europa lo sviluppo economico è dunque rallentato da diversi pesanti fattori:
  • la demografia (con tassi di sviluppo negativi)
  • la scarsa elasticità del mercato del lavoro che impedisce alle imprese di assumere liberamente quando c’è necessità e incrementa la spesa assistenziale quando queste ultime richiedono la cassa integrazione guadagni
  • la maggior spesa assistenziale che incrementa debiti pubblici e disavanzi. Tra l’altro la forte presenza dello Stato nell’economia “spiazza” quella privata e assorbe risorse che potrebbero incentivarla
  • la dipendenza pressoché totale dalle importazioni di nuove tecnologie, armamenti, servizi finanziari avanzati (il centro finanziario del pianeta resta New York non Francoforte), materie prime e risorse energetiche (con qualche eccezione dovuta alle centrali nucleari e a carbone che però risultanti in totale contrapposizione ai propositi ecologisti del ”governo” (si fa per dire) dell’Unione
  • lo scarso tasso di innovazione tecnologica delle proprie produzioni, che dunque fronteggiano una concorrenza crescente da parte dei paesi emergenti che si curano meno dei vincoli ambientali e umanitari
  • una politica monetaria a dir poco “miope” che costituisce anch’essa un forte limite (si legga più oltre).

In presenza di tutto ciò è chiaro che l’Europa (e dunque anche l’Italia) appare destinata a perdere posizioni in termini di competitività e che non è pensabile un cambio di marcia almeno sino a quando taluni di questi fattori di impedimento non verrà rimosso.

I PUNTI DI FORZA DELL’ECONOMIA EUROPEA

Dall’altro lato esistono i punti di forza delle economie europee che indubbiamente sino ad oggi hanno portato in positivo la bilancia commerciale con il resto del mondo:

  • la capacità di realizzare ed esportare in tutto il mondo impianti e macchinari di altissima affidabilità e innovatività (anche se Giappone e Corea oramai ci stanno sopravanzando in questo campo)
  • la capacità di dettare legge nel mondo a proposito di stile, buon gusto, lusso e cultura
  • la capacità (sebbene oggi in deciso calo) di esportare bevande e prodotti alimentari, medicinali e sistemi medicali all’avanguardia
  • l’esportazione sistematica di cervelli, risorse umane e maestranze super-specializzate nel resto del mondo (USA compresi) la quale dà indubbiamente un contributo all’economia europea con le rimesse di quanto guadagnato alle famiglie di provenienza e ai servizi dei paesi d’origine.

Si ma quanto potrà durare? L’Europa, come del resto l’Italia, oggi non è più la culla della civiltà. E nemmeno di quella occidentale. Resta per il momento la culla dello stile e del “savoir vivre”, della creatività e del lusso. Ma se proseguiranno le attuali tendenze demografiche non saranno sostenibili nemmeno questi punti di forza.

LA CONGIUNTURA NEL 2024

È lecito allora attendersi un nuovo anno (2024) in crescita economica ? Difficile dirlo perché sarà anche un anno elettorale, nel quale nessun cambiamento radicale sarà ragionevolmente messo in pratica da chi governa o da chi investe. E sarà un anno decisivo per evitare che i due conflitti armati alle porte dell’Unione (l’Ucraina e il Medio Oriente) possano dilagare al suo interno. Senza tener conto del “peso” (almeno nel breve termine) dell’immigrazione selvaggia (che prosegue tranquillamente nell’illusione di poterla confinare agli stati più meridionali) in termini di risorse economiche, ordine pubblico e tensioni sociali. Più probabilmente sarà un anno da “zerovirgola”, nel quale presumibilmente non cambierà nulla.


Anche perché sarà improbabile che, con una banca centrale europea (BCE) decisamente orientata a mantenere più a lungo tassi elevati (pur in presenza di un’economia che arranca) e all’austerità monetaria (cioè a finanziare meno l’economia reale), possano davvero riprendersi gli investimenti e di conseguenza l’occupazione. Anzi: c’è da attendersi poca liquidità sul fronte della disponibilità di credito e della sottoscrizione di azioni e obbligazioni di nuova emissione.

IL CREDIT CRUNCH E’ CONCLAMATO

Anzi, secondo la CGIA di Mestre ormai è sempre più evidente il credit crunch provocato dalla BCE: nell’ultimo anno in cui i dati sono disponibili (agosto 2023 rispetto allo stesso mese del 2022), gli impieghi bancari rivolti alle imprese italiane sono diminuiti del 7,7%. In termini assoluti la contrazione è stata pari a €55,8 miliardi. La riduzione alle imprese con meno di 20 addetti è stata tuttavia ancora maggiore: l’8,7%; per quelle di dimensione superiore, invece, il “taglio” è più contenuto: il 7,5% (vedi Tab. 1 qui sotto riportata). Ma le aziende con meno di 20 addetti in Italia costituiscono il 98 per cento circa del totale.


LA MIOPIA DELLA B.C.E.

L’Europa invece avrebbe un gran bisogno (e l’Italia ancor più) di finanziare grandi opere pubbliche che favoriscano l’interscambio e le infrastrutture comunitarie. Avrebbe un gran bisogno di permettere alle proprie imprese di ottenere capitali e finanziamenti in eccesso per riconvertire le numerose produzioni obsolete e per sostituire le imprese più retrograde con la nascita di “startup innovative”. Avrebbe un gran bisogno di sgravi fiscali per formare e assumere nuovo personale e per incentivare i propri migliori cervelli a non cercare altrove fortuna quando possiedono capacità al di sopra della media.

La politica monetaria in Europa dovrebbe cioè andare a braccetto con quella fiscale e quest’ultima avrebbe bisogno di maggior omogeneità. I motivi sono scontati: solo monetizzando parte dei debiti pubblici si possono liberare nuove risorse per incentivi e investimenti diretti e soltanto finanziando “separatamente” (cioè direttamente con apposite emissioni comunitarie) le numerosissime infrastrutture ancora necessarie si potrebbe rilanciare la crescita economica. In una sola parola: l’esatto opposto di quanto lasciato intendere dalla BCE la quale peraltro non eccelle nemmeno nel comunicare ai mercati finanziari le proprie intenzioni! Cosa che di fatto costituisce un ulteriore elemento di rigidità.

CONCLUSIONI

Quello “zerovirgola” qualcosa appare come l’ennesima occasione buttata via dalla Commissione Europe per cementare maggiormente l’Unione e sostenerla proprio adesso che molti stati membri hanno problemi di tutti i generi e potrebbero essere molto più disponibili a fare passi avanti sulla strada dell’integrazione. Probabilmente però perché questa prosegua dovrà cambiare l’attuale esecutivo della Commissione e c’è una certa probabilità che ciò accada.

Nel frattempo è possibile (anzi probabile) che i mercati finanziari europei possano rispecchiare quello americano e dunque brillare di luce riflessa, soprattutto se non assisteremo ad una vera e propria rimonta dell’inflazione (una qualche risalita è probabilmente invece già in atto). L’economia reale invece dovrà attendere tempi migliori perché, con le premesse osservate, sarà difficile faccia passi da gigante!

 

Stefano di Tommaso

 

 

 




APPUNTI DI TRADING

N. 54 – sabato 2 dicembre 2023

Operazioni in essere :

lu 27 nov comperato 1 FEB MICRO GOLD FUT a 2035, ora con stop loss a 1940

( so bene che lo stop loss è molto più ampio dello standard della Lettera, ma vale quanto scritto nella “premessa” della precedente N. 53 )

Premessa alla N. 54 :

Nella settimana 27 nov – 1 dic GOLD CASH ha chiuso un mese ( 30 nov ) sopra 1998 e, contemporaneamente, SILVER CASH ha rotto 25,01 – che avevo indicato molto tempo fa essere un livello di medio alto significato tecnico – ed ha chiuso tre gg sopra.

Se avevo visto correttamente, l’energia di entrambi questi Mercati dovrebbe aumentare sin da ora.

GOLD FEBB 24

Avevo scritto :

“Sembra avvicinarsi un pattern che mi consenta di operare di nuovo su GOLD, con il quale questa Lettera iniziò oltre un anno fa.

Per aprire una posizione strategica, anche per la dimensione, al rialzo su GOLD serve la chiusura mensile di GOLD CASH sopra 1998.

Vedremo insieme se ci riuscirà gio 30 novembre. “

E’ riuscito.

Poiché più volte aveva assaggiato il livello di 2010 cash, senza riuscire ad andare oltre, tale sarà il livello ( assunto come area, non come valore puntuale ) ove inserirò un acquisto in pull back.

Tenete presente che la chiusura del 30.11 sopra 1998 cash secondo me può aver cambiato il comportamento di questo Mercato.

Se fosse seguita dalla rottura del TRIPLO MASSIMO ( 2075 – 2070 -2060 ) che evidenzio sul grafico mensile da molte settimane, non escludo un forte movimento al rialzo con obiettivi anche molto lontani.

Potrebbe ruotare il range da 1998 a 1810 verso l’alto con un obiettivo di 2200 circa.

Potrebbe ruotare il range da 1998 a 1616 verso l’alto sfiorando 2400.

Nella precedente Lettera N. 53, per GOLD avevo inserito solo ordini di acquisto, dei quali è stato eseguito unicamente quello in rottura.

Sembra che GOLD abbia una forza enorme; qualcuno dice che ciò derivi dalla debolezza di USD contro EURO.

Non sono d’accordo e, per chi invece lo credesse, invito ad osservare i 3 gg più recenti, nei quali USD ha guadagnato su EURO ed ugualmente GOLD si è impennato, anche se espresso in USD.

Per chi non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza, invito a verificare che GOLD espresso in EURO ieri ha segnato il nuovo massimo storico.

Ciò premesso, da lu 4.12 , dalle 15.30 inserirò il seguente ordine :

compero 1 FEB MICRO GOLD FUT a 2110 stop ( in rottura di 2110 )

Tutti gli eseguiti ( compreso il long 2035 fatto lu 27.11 ) avranno stop loss a 1940, molto più ampio dello STD, come illustrato in epigrafe.

SILVER MAR 24

Avevo scritto :

“La barra dell’ultima settimana è enorme, un mega outside.

Intervenire su SILVER, dopo questo outside che contiene le 4 settimane precedenti, è molto difficile.”

Poiché da tempo attribuivo grande importanza alla eventuale rottura del top di fine agosto a 25,01 cash e volevo evitare di acquistare alla rottura di quel livello, avevo inserito ordini di acquisto intorno a 23 USD, senza eseguire.

Ricorderete che da tempo non prevedo vendite su SILVER; ora 25,01 è stato rotto, con chiusura sopra.

Quasi impossibile affrontare l’ampiezza dello stop loss necessario ad entrare ora al rialzo; comunque è impossibile vendere.

Convinto che la rottura di 25,01 è importante, con grande incremento del rischio, da lu 4.12 inserirò il seguente ordine :

compero 1 MARZO MINI SILVER FUTURE a 24,00 con stop loss a 23,50

DOW JONES INDU CASH

Abbiamo assistito ad una salita verticale dal 27.10 ( 32327 ) ad ora ( 36264 )

Si tratta di 3937 punti in 24 gg di trading, dopo che una discesa simile da 35679 ( 1 ago 2023 ) a 32327 aveva occupato tutto agosto, settembre e ottobre, in totale 62 gg di trading.

Le ultime due giornate hanno visto espansione delle barre, come se non ne vendessero mai più……………………….

Il prezzo appare sbilanciato rispetto al tempo, quindi :

– Un acquisto in corsa è troppo rischioso
– Una vendita sarebbe presuntuosa, perché contro trend

E allora ?

Inserirò da lu 4.12 il seguente ordine :

compero 1 DIC MINI DJ FUT a 34400 con stop loss 33900

……tentativo di partecipare a eventuale rally di Natale , senza rincorrere.

Possibile, ma non probabile che mi prenda a bordo; da adesso i Mercati, per l’ingresso, chiedono un biglietto che questa Lettera non può permettersi.

Non può perché non vuole, per tutela del capitale, sin dall’esordio del 1 ott 2022.

NASDAQ 100 CASH

NAS 100 nell’ultima settimana ha perso forza relativa rispetto al DJ, ma comunque resta pericoloso da acquistare, salvo un profondo ritracciamento, vicino al 38,2 %.

Comunque impossibile da vendere.

Attenderò con disciplina un pattern che offra stop loss gestibile.

Pensiero finale

Avevo annunciato da settimane che l’ingresso sui Mercati avrebbe richiesto di ampliare gli stop loss, ai limiti del profilo di rischio, molto basso, che questa Lettera si è data sin dall’esordio.

Avevo inoltre da settimane inserito solo ordini di acquisto, perché percepivo tale propensione nei mercati. ( non c’entra il rally di Natale; se ci fosse anche solo il 70 % degli anni, saremmo tutti ricchi e faremmo 320 gg di vacanza nel resto dell’anno )

Qualcuno ha lamentato che, con oltre 126.000 euro a disposizione, solo 20.000 risultano investiti e, di questo passo, non si diventa ricchi.

Succederà proprio questo alla mia Lettera.

Non diventerà ricca in qualche mese.

Cerco un comportamento tecnicamente logico, senza avidità, perché questa Lettera non diventi povera.

Leonardo Bodini