CAMBIAMENTI EPOCALI

I Paesi dell’Eurozona, e in particolare l’Italia, vantano un tessuto industriale vivace ma dove indubbiamente prevalgono le piccole e medie imprese -spesso sotto capitalizzate- molte delle quali attive nei settori più tradizionali. Quei settori cioè dove i margini stanno continuando a scendere e anche i moltiplicatori di valore espressi dalle borse e dalle compra-vendite di aziende si riducono progressivamente. L’attuale congiuntura economica americana tuttavia, pur non avendo ancora registrato una recessione, mostra profondi cambiamenti tra i diversi comparti industriali. Le indicazioni che ci provengono dal mercato dei capitali più avanzato del pianeta possono quindi fornirci molte indicazioni sulle direzioni che l’economia sta prendendo e sulle loro dirette conseguenze. Esse dovrebbero far riflettere, tanto sul fronte della gestione strategica delle imprese quanto su quello dell’investimento dei capitali.

 

IL NUOVO “EQUILIBRIO”

La recessione che tutti aspettano oramai da due anni ha sino ad oggi colpito l’Europa (peraltro in modo molto attutito) ma non l’America. Questo non significa che alla fine non arriverà alcuna recessione (si guardi il grafico comparativo qui sotto riportato tratto dal numero di volte che veniva citato sui media il termine “soft landing”: in ogni periodo immediatamente precedente la recessione pareva non avere luogo e poi invece arrivava inesorabilmente). Dunque è piuttosto probabile che alla fine essa si manifesti anche negli USA.

Per il momento tuttavia l’assenza di una pausa nei consumi degli americani ha addirittura fatto spazio ad una nuova situazione di “equilibrio” in cui i profitti aziendali hanno ricominciato a correre e i consumatori hanno ripreso a spendere, pur in presenza di un indebitamento personale crescente e di una dinamica salariale che non raggiunge la perdita di potere d’acquisto che deriva dall’inflazione dei prezzi. Un equilibrio quantomai instabile, certamente, ma che potrebbe addirittura evolvere verso una situazione di maggiore ottimismo qualora l’inflazione non si mostrasse troppo “appiccicosa”. Il prossimo rilevamento dell’inflazione arriverà martedì sera, e potrebbe determinare un bel rialzo di borsa oppure l’attesa di nuove strette della politica monetaria.

stima della crescita annualizzata dei profitti per azione a Wall Street

L’EUROPA BATTE LA FIACCA

Questo è però ciò che riflettono in superficie gli indicatori economici nonché i principali indici dei mercati finanziari. Ma se guardiamo in profondità le cose stanno abbastanza diversamente. L’attuale equilibrio dell’economia americana innanzitutto non vale anche per l’Europa, dove i problemi irrisolti sono molti di più e la tendenza di fondo dei prodotti interni lordi delle nazioni che la compongono è viceversa assai più riflessiva. Ma soprattutto si tratta di un equilibrio apparente, dove è la “media del pollo” a farla da padrona!

Le piccole e medie imprese subiscono una serie di impatti negativi derivanti dall’attuale congiuntura economica e finanziaria, sinanco oltreoceano, come si può leggere dall’andamento delle quotazioni a Wall Street di tutte le altre aziende fatta eccezione delle “magnifiche sette”. Sono cioè le imprese più grandi e più capitalizzate, e soprattutto le più tecnologiche quelle che permettono ai valori medi di risalire la china sino a mostrare una leggera crescita dell’indice Standard & Poor 500 (qui sotto riportato).

I MARGINI INDUSTRIALI DIFFERISCONO

Come sempre d’altronde ci sono forti movimenti tellurici di fondo a scuotere il tessuto industriale americano (e non solo) che in apparenza gode di buona salute: le grandi tecnologie trainano l’economia, così come ci poteva aspettare nell’era dell’intelligenza artificiale, incrementano i loro profitti e sono di gran lunga le più appetibili per i grandi investitori professionali.

I settori più tradizionali invece provano a fatica a resistere alla morsa degli incrementi dei compensi al personale (in un’epoca in cui appare sempre più difficile attrarre risorse umane qualificate) e a quella degli elevatissimi interessi da pagare sul debito. E chi mostra invece una tendenza al peggioramento nell’ultimo anno (ultima parte a destra del grafico qui sotto) sono i paesi europei, dove resiste il maggior numero di imprese attive nei settori “tradizionali”.

Ma i rincari di risorse umane e costi finanziari non bastano a spiegare l’andamento riflessivo dell’economia del vecchio continente: l’inflazione e i rialzi di quasi i tutti i costi connessi alla logistica e alla distribuzione rendono sempre più arduo l’accesso delle imprese ai grandi canali di vendita, i quali preferiscono concentrarsi sui brand più noti e sulle merci a più elevata rotazione.

LE “PICCOLE” QUOTATE NON VANNO ALTRETTANTO BENE

Dunque faticano anche le vendite delle imprese di minori dimensioni che si muovono nei settori industriali più maturi, con il risultato che i loro margini non soltanto non eccellono ma sono anche inevitabilmente destinati a ridursi ulteriormente. Le borse -in particolare quella americana- ovviamente ne risentono. L’indice Russell 2000 che comprende una vasta platea di piccole e medie imprese americane (comunque eccellenti, dal momento che sono quotate in borsa e sono anche state selezionate nell’indice) continua a picchiare, sinanco nelle ultime due settimane: quelle in cui Wall Street è tornata ad avvicinarsi ai massimi storici. E occorre tenere conto del fatto che non tutte le imprese che fanno parte di quest’indice appartengono a industrie mature, anzi!

Dunque guardando quell’indice di borsa le cose per le imprese più tradizionali probabilmente sono messe ancora peggio di quanto si possa immaginare, dal momento che nell’indice si trovano anche imprese eccellenti attive nel software, nelle tecnologie, nella difesa e nella medicina, le quali probabilmente viaggiano meglio della media. Il confronto appare ancora più impietoso se si fa il paragone diretto tra l’andamento generale dell’indice SP500 e quello delle imprese dell’indice Russell2000 (quello delle PMI).

Anche senza parlare di indici di borsa poi, occorre notare che ben il 64% (in numero) delle imprese americane quotate a Wall Street sono sotto ai massimi di borsa registrati nel 2021 di almeno il 20%. Un dato davvero impressionante! Se ci aggiungiamo che il totale dei debiti contratti sulle carte di credito è giunto nei soli Stati Uniti d’America oltre il picco di mille miliardi di dollari, ben si comprende che, sebbene la recessione dei consumi non arrivi, il tessuto economico americano appare al limite della sopportazione.

E questo accade in quel Paese dove i colossi delle nuove tecnologie e le grandi conglomerate del farmaco generano ogni anno importantissimi profitti e moltissimi posti di lavoro aggiuntivi, dove l’industria bellica migliora ogni giorno i suoi margini, dove il credito al consumo sembra non avere limiti e dove petrolio e gas vengono estratti anche per essere esportati.

I PROFITTI TORNANO A CRESCERE SOLO NEL PACIFICO

E’ evidente poi che l’ambiente industriale è definitivamente meno favorevole al di qua dell’Atlantico, dove i conflitti bellici alle porte, una meno ampia disponibilità di materie prime ed energie e una minore disponibilità di denaro da spendere in mano ai consumatori rende tutto un po’ più difficile. In Europa quasi per definizione le nuove tecnologie scarseggiano e i colossi del software sono quasi solo quelli tedeschi.

Anche la spesa pubblica, che negli Stati Uniti è cresciuta e ha contribuito a controbilanciare la stretta monetaria, nell’Eurozona invece non può che rimanere sotto controllo dal momento che i debiti pubblici sono più ardui da finanziare senza l’attivo supporto della banca centrale, ovvero senza che ne intervenga una decisa monetizzazione, che però ha il difetto di far svalutare la moneta unica nei confronti del dollaro.

D’altra parte la monetizzazione dei debiti pubblici in tutto l’Occidente non potrà che andare avanti forzosamente, a pena di far crollare il castello di carta che sorregge il nostro sistema finanziario. Nel grafico riportato, sebbene datato, si può percepire perfettamente la perdita di potere d’acquisto delle principali divise valutarie nei confronti dell’oro (il calcolo è a valori costanti dell’oro che, come si può leggere più in basso, non si è rivalutato nell’ultimo periodo):

Dunque non è irrazionale attendersi -a causa della necessità di proseguire con la monetizzazione dei debiti pubblici- un’inflazione dei prezzi che, pur attenuata, non potrà che continuare ad affliggere i risparmiatori, i pensionati e -sia pure in minor misura- tutti i percettori di salari e stipendi.

Ed è lecito altresì attendersi che tutte le principali divise monetarie continueranno a perdere decisamente più valore di quanto registrato dagli istituti di statistica nei confronti dei beni “cospicui”(a partire dall’oro e dai preziosi in genere) quelli cioè la cui rarità e appetibilità continuerà a solleticare l’interesse delle classi sociali più affluenti.

I TASSI NON SCENDERANNO PRESTO

Un aspetto interessante di questa situazione, che vede dunque il mondo occidentale (e non solo) marciare a tappe forzate verso nuovi equilibri e nuovi protagonisti dell’economia, è quello che deriva dalla possibilità concreta che i tassi d’interesse restino, nonostante tutto, piuttosto elevati anche nel prossimo futuro, in particolare poi in Europa dove l’economia corre meno e i consumi dipendono assai meno dai tassi praticati sulle carte di credito.

L’elevato costo del denaro ha senza dubbio un impatto negativo sugli investimenti tecnologici e di efficientamento produttivo, che oggi vengono in parte rinviati, nonché sui margini di profitto (dal momento che una fetta maggiore di questi ultimi andrà a pagare il maggior costo del debito) e sulla possibilità di fare efficienza attraverso lo strumento delle fusioni e acquisizioni, dal momento che gli investimenti saranno censiti con maggior discernimento in presenza di minori disponibilità finanziarie. Dunque contribuirà a ridurre lo sviluppo economico ma al tempo stesso favorirà le imprese meglio capitalizzate.

IL PRIVATE EQUITY È PIÙ CAUTO

Anche gli investimenti dei fondi di private equity potranno subire una probabile impasse per due grandi motivi: il primo è la minor possibilità di approfittare della leva finanziaria per amplificare le plusvalenze (dati i tassi elevati); il secondo motivo riguarda la dimensione media delle imprese oggetto di intervento del private equity: normalmente si tratta di imprese più piccole di quelle quotate e spesso nei settori più tradizionali, dove il prodotto è più maturo ed è più probabile concludere razionalizzazioni.

Numerosità aziende oggetto di intervento del private equity

Da questo discende che sinanco le valutazioni d’azienda non potranno che ridursi in funzione delle tendenze sopra evidenziate. E queste due motivazioni lasciano presumere che anche la numerosità delle operazioni di private equity non potranno che essere maggiormente selezionate, riducendosi in numero.

MA CAVALCARE IL CAMBIAMENTO SI PUÒ

Un’ultima considerazione compete alle valenze dei cambiamenti in corso: nessuna di esse è mai soltanto negativa. La preoccupazione che le mutazioni generano nell’animo umano è giustificata dal fatto che ogni volta che il mondo cambia è difficile riuscire a prevedere con esattezza dove saranno i profitti e quali saranno le condizioni migliori per trarne un guadagno.

Ma ogni volta che le cose cambiano si generano nuove opportunità d’affari. I cambiamenti portano sempre una boccata d’ossigeno per l’economia, così come comportano sempre il successo di imprese totalmente nuove, soprattutto quelle che possono permettersi investimenti o acquisizioni. Il credito invece non potrà che ridimensionarsi ancora. Quantomeno sino ad un possibile ritorno alla normalità monetaria.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 51 – sabato 11 novembre 2023

 

Operazioni in essere :

venduto mart 7 nov 1 DIC MICRO GOLD a 1975, da ora con stop loss a 1975

PREMESSA

Dal 7 al 10 nov sembra che i cavalli veloci abbiamo venduto lingotti e comperato FAANG + 3. Certamente così si fa più presto a diventare ricchi. Eventualmente, anche a tornare poveri. Ma il Mercato non si critica mai.
Ho venduto anch’io un infimo DIC MICRO GOLD. Viceversa non ho ( ancora ) comprato NAS 100, che è certamente ben popolato dai FAANG + 3.

GOLD DIC 23

Da tempo indico nel corpo della Lettera e sui grafici il valore 1998 che corrisponde al top di apr 2022, mese di grande importanza.

GOLD CASH non ha mai chiuso un mese sopra. Per darne evidenza allego grafico mensile, dal quale si vede che GOLD è salito anche fino a 2060, ma non ha mai chiuso sopra 1998 l’ultimo giorno di ogni mese.

Ancora una volta, martedì 31 ott 2023 GOLD cash non è riuscito a chiudere sopra 1998; data la notevole importanza del top di aprile 2022 per motivi di ciclo temporale, ho quindi venduto, con stop loss molto stretto.

Ho aperto un ribasso su GOLD anche per altri motivi, ma la chiusura sotto 1998 cash dell’ultimo giorno del mese è stato il principale.

Gli ordini erano per 2 MICRO GOLD, ma, prima di scendere, Questo Mercato non è stato così collaborativo da salire prima a 2015, dove avevo l’ ordine in forza, quindi è stato eseguito solo quello in rottura di 1975.

Amen.

Quindi, da lu 13 nov, sin dal mattino, inserirò lo stop loss a 1975, vale a dire in pari.

E’ difficile dare un obiettivo a questa discesa.

Ritengo che 1919 cash ( il top del 2011 ) sia già un ostacolo.

Troverei ideale una discesa sotto 1880 cash, fino a 1850.

Se così fosse, ma il livello sembra tanto lontano, sarebbe uno dei rari casi in cui potrei ribaltare la posizione, in un istante, come nel nuoto in piscina.

Immagino non succederà e quindi farò seguire la ( modesta ? ) discesa da un abbassamento dello stop loss, che ora piazzo a pareggio.

Prima del 30 nov dovrò “rollare” il contratto.

GOLD passerà dal FUT dicembre a febbraio

SILVER DIC 23

Allego un grafico settimanale con la solita trend line da 30,09 assaggiata molte volte e un’altra di pendenza dimezzata, che potrebbe rappresentare il primo ostacolo in alto.

E’ un vero peccato che DIC SILVER FUT non abbia raggiunto il prezzo di esecuzione pari a 23,60 ( toccato 23,36 e poi letteralmente crollato ) Non resta che attendere una zona di acquisto, molto pericoloso sopra 21,00.

Come per GOLD FUTURE, prima del 30 nov dovrò “rollare” il contratto.

SILVER passerà dal FUT dicembre a marzo, per questione di volumi.

Anche se muovo un piccolo capitale, cerco sempre di lavorare una scadenza molto liquida.
Come scrissi all’inizio, ho ricordi di operazioni su mercati poco liquidi e vi riporto che lo svago è improbabile.

DOW JONES INDU CASH

Ven 10 nov la barra giornaliera secondo me dice molto, anche se la salita del DOW JONES è avvenuta soprattutto a causa dei pochi titoli quotati presso il NASDAQ e presenti anche nel DJ.

Forse la dimensione del range di ven 10 non colpisce tutti, ma consiglio di osservare il contesto complessivo, che mi fa pensare che il minimo di gio 9 nov ( 33859 cash ), che è anche il minimo settimanale, è meglio che non venga rotto, pena un primo rischio di accelerazione.

Ricordo a chi legge che da mesi dichiaravo che ritenevo improbabile un movimento violento prima dell’anniversario del minimo del 13 ott 2022 ed inoltre avrei atteso, prima di prendere una posizione netta, il decorso della settimana 56 da quel 13 ottobre.

La settimana 56 è stata il 6-10 nov 2023.

Quindi ritengo i Mercati azionari U.S.A. ora più reattivi a qualsiasi notizia, economica e non.

NASDAQ 100 CASH

Ven 10 nov i titoli del mondo digitale sono saliti in forma corale tra il 4 e il 7 %.

Vediamo se ven 17 nov verrà chiusa la prossima settimana oltre il solito ostacolo di 15600.

Se, per non so quale motivo, diversamente venisse rotto il minimo del 6-10 nov pari a 15065 CASH, personalmente credo che aprirò uno short, con mano leggera, senza attendere il livello di 14058, certamente ormai molto nitido, ma troppo lontano.

Si tratta di una operazione da valutare giorno per giorno, che non può trovare spazio in una Lettera che vuole restare di conservazione del patrimonio, come fu pensata.

Lettera che deve durare 5 gg di trading, 7 gg di calendario. Facile dirlo, ma scriverla talvolta diviene una sfida.

Un’altra Lettera molto prudente, guardando a Israele.

Commento finale, relativo all’azionario U.S.A. : dopo ve 6 ott e lu 30 ott, pare che lo “spintone” sia arrivato nuovamente di venerdì ( 10 nov ).

Leonardo Bodini




SIAMO TORNATI ALL’ECONOMIA DAI RICCIOLI D’ORO?

Sembra arrivato il momento della riscossa: le borse occidentali hanno appena archiviato la miglior settimana del 2023 e di colpo molte delle nuvole nere che si stagliavano all’orizzonte sembrano meno minacciose, se non addirittura in dissolvimento: cosa succede? È davvero tornata un’era di moderazione e stabilità? È quello che cerchiamo di comprendere qui di seguito…

 

IL RIMBALZO DELLE BORSE

Sono rimbalzate come una molla troppo carica dopo mesi di pessimismo, tensioni internazionali, inflazione “appiccicosa” e tassi sempre più alti. Dopo la seconda pausa della banca centrale americana, stanno reagendo con un sospiro di sollievo allo scampato pericolo di un crollo, prendendo per buona tuttavia quella che è solo una speranza degli operatori professionali: e cioè che il prossimo mese e mezzo che ci separa da Natale possa restare su una china positiva, consentendo loro di dichiarare un’ottima performance e ottenere in cambio abbondanti premi di “performance” dalla clientela gestita.


Se andrà così senza dubbio potremo archiviare un annata eccezionale dal punto di vista dei valori di borsa, tanto più che, con i tassi d’interesse che pariebbero voler restare a lungo a questi livelli, potrebbero esserci ancora sorprese positive quando questi dovessero finalmente scendere. Ma scenderanno davvero i tassi d’interesse? Di sicuro non tanto presto! Mi avventuro a scrivere “di sicuro” per due importanti ragioni: perché l’inflazione non è ancora sconfitta (anzi!) e poi perché lo hanno dichiarato pubblicamente i principali governatori delle banche centrali.


IL MEDIO ORIENTE NON FA PAURA

Senza contare poi i rischi geopolitici che -almeno in Medio Oriente- sono tutt’altro che rimossi, in base ai quali il prezzo del petrolio potrebbe tranquillamente riportarsi sui massimi di periodo e di conseguenza alimentare nuove pressioni sui prezzi alla produzione. Che è poi esattamente quello che è successo cinquant’anni fa, dopo la prima ondata di inflazione seguita alla guerra del Kippur, in uno scenario straordinariamente simile a quello attuale.

Nel frattempo però parrebbe che il conflitto israelo-palestinese non sia destinato ad infuocarsi, anzi: glUSA stanno facendo da pompiere, un po’ per interesse dei grandi gruppi economici (che hanno forti interessi nelle risorse di gas e petrolio che sono presenti nella zona) i quali notoriamente influenzano la politica estera americana, e un po’ perché sta iniziando l’anno pre-elettorale per il rinnovo della presidenza americana: un anno in cui l’amministrazione Biden non amerebbe presentarsi agli elettori con ulteriori spese e con un coinvolgimento diretto nel conflitto. Cosa che rischierebbe parecchio in caso di esacerbazione delle tensioni.


PREZZI ED ENERGIA AL PALO

E, visto che il conflitto non si allarga, il prezzo del petrolio non cresce e il pericolo di nuove fiammate d’inflazione non monta, dunque i mercati possono correre! I tassi d’interesse, giunti ad un picco che non raggiungevano da parecchi anni, non sembrano destinati a scendere tanto presto (anche perché aiutano a mantenere forte il cambio del Dollaro e ad attirare investitori stranieri che compreranno i molti titoli pubblici che il tesoro americano dovrà emettere. I tassi non sembrano destinati nemmeno a dover crescere ancora e in questa situazione, quasi ideale per le grandi multinazionali, i profitti possono continuare a correre e, con essi, anche i listini di borsa.

L’ECONOMIA DELLA BAMBOLA DAI RICCIOLI D’ORO

Molti elementi perciò farebbero sperare di essere tornati all’era di “Goldilocks” (la bambola dai riccioli d’oro). Un personaggio della favola dei tre orsetti che risulta particolarmente difficile da accontentare: il suo cibo deve essere alla giusta temperatura – né troppo caldo né troppo freddo – così come il letto e la sedia non devono essere troppo duri né troppo morbidi. Fuori il cielo deve essere sereno e soleggiato, ma non troppo.

Fuor di metafora l’economia dei ”riccioli d’oro” potrebbe riuscire a far sviluppare una crescita moderata, non abbastanza robusta da spingere l’inflazione ma neppure troppo bassa da esaurirsi in una recessione. Un equilibrio fragile e paradossale, sicuramente non perenne e nemmeno omogeneo nelle varie parti del mondo (in Europa per esempio la crescita è più o meno pari a zero mentre l’inflazione è più lenta a calare). Capace tuttavia di risultare particolarmente positivo per i mercati finanziari.

UN FRAGILE EQUILIBRIO

Quanto è realistico che questo equilibrio si mantenga, quantomeno sino alla fine dell’anno? Oscar Wilde diceva che non c’è niente di più permanente della precarietà. E, paradossalmente, il principio potrebbe valere anche per le borse, che potrebbero trovarsi in una condizione assai felice se potrà mantenersi il gioco di equilibri tanto auspicato da Jerom Powell (il governatore della Federal Reserve). Un concetto che fino a ieri veniva denominato “atterraggio morbido” dell’economia e che oggi, in assenza della recessione più annunciata della storia, potrebbe consistere in una crescita moderata, in presenza di inflazione moderata, con i prezzi delle materie prime e del lavoro in crescita sì, ma comunque moderata.

L’EUROPA NON CRESCE MA NON SPROFONDA

Quanto al Vecchio Continente le cose non possono andare altrettanto bene: l’inflazione dei prezzi è un po’ più alta, anche per la minor concorrenza tra molti produttori e fornitori. La crescita economica è più o meno nulla e la dipendenza dalle materie prime che provengono dal di fuori del “blocco occidentale“ assai maggiore di quella americana. In più abbiamo una banca centrale che si è mossa in ritardo, non è riuscita a ottenere dai propri governi un bilanciamento delle politiche monetarie restrittive con politiche fiscali espansive (così come è invece accaduto negli USA) e che, provocando una maggior spesa per interessi che deriva dal rialzo dei tassi, rischia di far collassare la sostenibilità degli ingenti debiti pubblici se non continuerà ad intervenire a supportarne i rinnovi.


I tassi poi anche in Europa sembrano destinati -ancorchè inutilmente- a restare alti. Quantomeno per il fatto che l’inflazione da noi è scesa di meno. E poi i paesi del nord Europa non accetterebbero ulteriori scivolate del cambio dell’Euro su quello del Dollaro. Dunque appare presumibile che i tassi d’interesse non scenderanno almeno sino a quando non verranno calati anche oltre oceano.

IL RALLY D’AUTUNNO

E questo potrà continuare a favorire la grande finanza e le grandi banche, le quali rappresentano una bella fetta della capitalizzazione totale delle borse europee. Ma può danneggiare le piccole, così come le imprese meno capitalizzate, che rischiano di rimanere a secco di liquidità.

Nell’Eurozona però la bassa crescita (per non dire la recessione) è probabile che spingerà la banca centrale a mostrare un minimo di collaborazione nei confronti dei governi nazionali alle prese con il collocamento dei titoli pubblici, cosa che presupporrebbe un qualche allentamento della stretta monetaria e, conseguentemente, un po’ più di liquidità che scivolerà a valle sui mercati finanziari, capace anch’essa di sostenere i listini di borsa nonché le numerose IPO in programma.

QUANTO DURERÀ ?

La congiuntura insomma sembra buona per la sorte dei mercati finanziari, anche se meno buona per l’economia reale, in particolare a casa nostra. Ma quanto saranno capaci di consolidarsi queste tendenze che oggi spingono i mercati al rialzo? Difficile prevederlo, ma è presumibile che -se il rally d’autunno proseguirà- esso sarà accompagnato da una qual certa volatilità, tanto in funzione della concorrenza che i titoli a reddito fisso potrebbero fare ai listini azionari man mano che le aspettative di un ribasso dei tassi si consolideranno, quanto a causa della geopolitica.

I focolai di guerra in giro per il mondo forse non sono mai stati così numerosi e così perniciosi: non c’è infatti soltanto il possibile allargamento del conflitto Israelo-palestinese all’intero Medio Oriente a generare apprensione. La situazione del Niger resta altrettanto difficile, così come quella dell’Ucraina, dove è difficile pensare che non si manifesteranno altri colpi di scena. Il fatto che l’America cercherà di stare ufficialmente fuori da questi conflitti nell’anno delle elezioni del Presidente non significa che i suoi servizi segreti non n e combineranno di tutti i colori, anzi! Più l’esercito resterà in disparte più è probabile che la guerra delle spie si inasprirà.

Sperare quindi che i prossimi mesi siano tranquilli e felici si può, ma senza contarci troppo. Nel frattempo ai grandi speculatori faranno presto seguito quelli piccoli, i fondi di investimento e gli istituzionali. Dunque così come è probabile che la festa sui mercati finanziari non duri a lungo, è altrettanto possibile che essa non si interrompa troppo presto. Una ragione di più per godersi il momento, mantenendo però alta la guardia. E se la geopolitica non guasterà la festa, nel corso del 2024 i tassi d’interesse potrebbero iniziare a scendere e, con tale discesa, gli investimenti tecnologici, (così come quelli infrastrutturali) potrebbero riprendere vigore, generando nuova crescita.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 50 – sabato 4 novembre 2023

 

Operazioni in essere :

nessuna

Il problema di ISRAELE rischia di estendersi anche oltre HAMAS e potrebbe divenire più rilevante negli influssi sui Mercati.

Tale fattore esogeno può prevalere grandemente sul normale andamento dei mercati ed è pericoloso inserire ordini.

GOLD DIC 23

Da tempo indico nel corpo della Lettera e sui grafici il valore 1998 che corrisponde al top di apr 2022, mese di grande importanza.

GOLD CASH non ha mai chiuso un mese sopra. Per darne evidenza allego grafico mensile, dal quale si vede che GOLD è salito anche fino a 2060, ma non ha mai chiuso sopra 1998 l’ultimo giorno di ogni mese.

Ancora una volta, martedì 31 ott 2023 GOLD cash non è riuscito a chiudere sopra 1998; data la notevole importanza del top di aprile 2022 per motivi di ciclo temporale, proverò a vendere, con stop loss molto stretto.

Quindi, da lu 6 nov, sin dal mattino, inserirò i seguenti ordini :

vendo 1 DIC MICRO GOLD a 2015 con stop loss a 2025

vendo 1 DIC MICRO GOLD a 1975 stop ( quindi in rottura del minimo della più recente settimana ) ugualmente con stop loss 2025

SILVER DIC 23

Allego un grafico settimanale con la solita trend line da 30,09 assaggiata molte volte e un’altra di pendenza dimezzata, che potrebbe rappresentare il primo ostacolo in alto.

Continuo a evidenziare il livello di 25,01 corrispondente alla 52esima settimana, alla eventuale rottura del quale potrebbe partire un rialzo in grado di saltare con una certa facilità il livello di 26,13 cash.

Ritengo infatti che l’eventuale accelerazione possa partire alla rottura di 25,01 e non di 26,13 che è il top più visibile.

Da lu 6 nov inserirò il seguente ordine :

vendo 1 DIC MINI SILVER a 23,60 con stop loss 23,90

Premessa per azionario U.S.A.

Avevo scritto :

“Penso che vi sarà un secondo tentativo di spingere al rialzo il Mercato nelle prossime due settimane ( 55esima e 56esima dal 13 ott 2022 ) che si svilupperanno da lu 30 ott a ve 10 nov 2023.

Questi acquisti potrebbero partire intorno a 32000 DJ CASH ( + 100 DIC DJ FUT ), se certi signori vedono quello che vedo io.

Se qualcuno riuscisse a far salire DOW JONES CASH oltre il prezzo di 34147 che fu il top dopo la spinta da ve 6 ott, su cui mi ero dilungato, farebbe molto comodo a questa Lettera, creando una figura grafica che troverei più leggibile di quella attuale.”

Scrivevo queste righe sabato 28 ott, dopo una forte discesa, che aveva schiacciato DOW JONES CASH a 32327.

Ritenevo che a 32000 circa ci fosse un buon supporto per tentare di “girare” in Mercato.

Deve averlo pensato anche qualcun altro e quindi 32327 è rimasto il minimo. Il livello di 34147 è stato rotto, anche se ve 3 nov è mancata la conferma in chiusura di giornata e di settimana.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“La discesa, già ampia, avvenuta nella settimana 16 – 20 ott è proseguita anche il 23 – 27 ott con un range complessivo dal top di 34305 a 32409 di DIC DJ FUT; il range è del 5,5 %. Sembra un grande movimento, ma non è così.”

Tanto è vero che, da lu 30 ott a ve 3 nov, in soli 5 gg il Mercato ha percorso, in senso opposto, il range che aveva richiesto 2 settimane.

Comprerei volentieri su un doppio minimo con 32327, anche a 32500, che ora sembra non raggiungibile, salvo i citati fattori esogeni che nessuno si augura.

NASDAQ 100 CASH

Ha vissuto dal 30 ott al 3 nov un movimento simile al DJ, con maggiore forza relativa, tanto che la salita è stata del 7,77 % contro il 5,68 di DJ

Al momento non mi interessa.

Rammento solo che gli obiettivi restano 15600 ( minimi di dicembre 2021 ) e il doppio max assoluto ( 16764 )

Verso il basso, il recente minimo di 14058 cash ritengo sia già molto rilevante, se rotto, benchè sia trascorsa solo una settimana.

Lettera molto prudente, guardando a Israele.

 

Leonardo Bodini