CAOS CALMO

L’America si rende conto del momento di grave rischio politico, finanziario ed economico che verrebbe ad esplodere con l’estensione di un eventuale conflitto tra Israele e il resto del Medio Oriente, e -apparentemente- intende fare il possibile per disinnescarne la miccia. È pur sempre una buona notizia, ma la tensione ora circola in giro per il mondo ai massimi livelli, anche perché se lo stato di Israele esagererà nella rappresaglia molti paesi solidarizzeranno con il popolo palestinese scacciato dalla striscia di Gaza. Il momento è estremamente pericoloso per l’Occidente, che potrebbe vedere crescere di nuovo l’inflazione, i tassi d’interesse e l’instabilità finanziaria. Nessuno insomma vuole gridare l’allarme ma tutti gettano ugualmente acqua sul fuoco. I mercati lo percepiscono e restano molto guardinghi.

 

IL RISCHIO È LA TERZA GUERRA MONDIALE

Non c’è solo per la questione palestinese. La questione siriana, ad esempio, vede altro fuoco covare sotto la cenere. La guerra in Ucraina rischia di proseguire ancora a lungo, solo non è più coperta dai servizi televisivi. L’Armenia è sotto schiaffo (e non soltanto in Nagorno Karabach) per i suoi errori in politica estera ma anche perché ha un contendente decisamente ingombrante come la Turchia. La questione taiwanese ad esempio è solo sopita perché l’America sta entrando in campagna elettorale e cerca di non strafare dal punto di vista delle provocazioni, ma persino in Africa la situazione è quella di un,forte smacco smacco all’influenza europea, sempre meno dominante a causa della pressione di Cina, Russia e India, soprattutto dove sono le maggiori risorse minerarie (Niger e dintorni).

E se Israele dovesse proseguire negli attacchi (già iniziati) alla Siria assisteremmo al probabile inizio della terza guerra mondiale, con i Paesi islamici che si stanno schierando compatti a favore della creazione forzosa di uno Stato Palestinese e le grandi potenze militari alternative alla NATO che li sosterrebbero compatti nel fronteggiare Israele. A quel punto l’Occidente intero vedrebbe costretto a dare una mano al governo di Netanyahu. Si verificherebbe cioè quanto paventato da Jamie Dimon, CEO della grande banca d’affari J.P.Morgan: il rischio di una terza guerra mondiale!

È forse anche per questo motivo che gli U.S.A. hanno inviato ben due grandi navi portaerei a salvaguardare i numerosi pozzi di petrolio e gas presenti nella parte orientale del Mediterraneo, in particolare nelle acque che fronteggiano la costa mediorientale, dal Libano all’Egitto. In caso di conflitto “regionale” cioè allargato, le piattaforme di petrolio e gas sarebbero le prime ad essere attaccate.

LE PRINCIPALI BASI DI ESTRAZIONE IN MEDIO ORIENTE

L’OCCIDENTE È IN FERMENTO ANCHE AL SUO INTERNO

Ci si prepara poi alle grandi manifestazioni sindacali d’autunno, iniziate in America con i lavoratori dell’auto ma che stanno per prendere la ribalta della cronaca soprattutto in Europa, dove i salari sono cresciuti meno e l’inflazione ha colpito di più. La questione dei migranti economici dall’Africa è vista dai più come una materia tutta italiana, perciò poco interessante per il resto del mondo, ma quello che i giornali raccontano a mezza bocca è che il resto d’Europa ha già detto basta ai nuovi migranti, bloccando i confini con l’Italia e respingendo con il fuoco delle armi quelli che provano ad entrare tramite Grecia, Spagna e Francia. E poiché gli sbarchi proseguono, la situazione rischia di diventare esplosiva. In primis per il nostro Paese.

Le banche centrali occidentali sono prese tra due fuochi: da un lato sanno benissimo che l’inflazione sta risalendo lentamente la china, spinta dal prezzo dell’energia ma anche da tutti quegli strascichi dei rialzi dei prezzi dei mesi scorsi che, soprattutto nei salari, nei servizi e nei costi delle costruzioni, non si sono ancora completamente scaricati sui prezzi finali.

Morale: i prezzi -in Europa soprattutto- non potranno che salire ancora e rischiano di provocare altri interventi da parte della Banca Centrale Europea, che sull’argomento fa sapere di non aver ancora deciso nulla e in realtà non sa che pesci prendere, dal momento che non può ammetterlo, ma è perfettamente consapevole della scarsa rilevanza di altri rialzi dei tassi sul prezzo delle materie prime e sulla necessità di adeguare i salari.

L’andamento dell’inflazione negli U.S.A. (dove peraltro era scesa di più)

In America la FED viceversa sa di avere molto più effetto sui rincari con possibili nuovi aumenti dei tassi d’interesse, poiché essi influenzano abbastanza pesantemente i consumi tramite la catena di trasmissione delle carte di credito e dei prestiti al consumo, ma attende: se lo scenario internazionale, come sembra, sosterrà le quotazioni del Dollaro, allora non ci sarà bisogno di un nuovo aumento dei tassi USA, mentre se quest’ultimo riprenderà a scendere allora c’è da attendersi almeno un altro rialzo e la promessa di mantenere elevati i tassi attuali abbastanza a lungo.

GLI AUMENTI DEI TASSI A LUNGO TERMINE

L’effetto più rilevante dell’inflazione che ha iniziato a riprendere piede e della mancata recessione americana è tuttavia stato quello dell’incremento dei tassi d’interesse sui bond, che equivale a dire della discesa dei corsi di questi ultimi sul mercato secondario. Anche perché il mercato primario -quello delle nuove aste- è andato di recente quasi deserto. Morale: lo scivolamento verso il basso e oltre le attese dei rendimenti a lungo termine americani sta appiattendo la curva dei rendimenti che, come noto era rovesciata (cioè il lungo termine rendeva meno del breve), incrementando le chances della recessione, che però sino ad oggi non è mai arrivata.

I TASSI DEI TITOLI DI STATO AMERICANI A 10 ANNI

Qualcuno dice che in America la recessione non è arrivata forse anche grazie alla sua leadership sulle tecnologie, ma soprattutto grazie alle enormi commesse ottenute sulle forniture militari (il settore degli armamenti è l’unico davvero in grande forma sul listino di borsa) e di quelle biotecnologiche (leggi: i nuovi vaccini Covid). Se ciò fosse confermato ecco che scomparirebbe la speranza di un traino americano nei confronti dell’economia europea, che in fatti appare in salute molto scarsa e con prospettive ancora peggiori.

Ma persino sul breve termine è abbastanza difficile che vedremo le banche centrali allentare la morsa, dal momento che -con il rincaro di petrolio e gas- il rischio di nuove fiammate inflazionistiche resta forte. Da questo punto di vista è anzi il caso di dire che i mercati finanziari non stanno quasi prezzando la possibilità di nuovi rialzi dei tassi (come si può leggere dal grafico qui sotto riportato), mentre in caso di allargamento del conflitto mediorientale ce ne sarà la quasi certezza.

ANDAMENTI E PROSPETTIVE DEI TASSI D’INTERESSE FISSATI DALLE BANCHE CENTRALI AL NETTO DELL’INFLAZIONE

I MERCATI TREMANO

In ogni caso, economia reale a parte, i mercati finanziari hanno sofferto quello scivolamento oltre le attese delle quotazioni dei titoli a reddito fisso a lunga scadenza, che stanno provocando qualche smottamento anche sul mercato azionario, per vari motivi (nella tabella qui riportata l’andamento dei valori azionari nel mondo, in termini di moltiplicatori del reddito dei principali settori industriali):

VARIAZIONE NEGLI ULTIMI 9 MESI DEI MOLTIPLICATORI DI VALORE NEL MONDO

  • Il primo è che i titoli delle grandi utilities, dei grandi colossi di bevande e alimenti e degli articoli di largo consumo, che sono tradizionalmente sempre stati pagatori di grandi dividendi, oggi soffrono la competizione dei titoli pubblici, che rendono di più e non sono soggetti al rischio che una nuova recessione possa peggiorare le cose. Morale questi titolo sono scesi ben oltre i listini e rischiano di proseguire così;

ANDAMENTO DI UN ETF CHE TRACCIA QUELLO DEI TITOLI PIÙ GENEROSI NEL PAGARE I DIVIDENDI NELL’AMBITO DELL’INDICE DELLA BORSA AMERICANA SP500

  • il secondo motivo per cui le borse fanno fatica (Wall Street compresa, ma quelle occidentali sono tutte collegate tra di loro) è il fatto che se i titoli a reddito fisso scendono, scende anche il valore degli attivi in portafoglio alle banche, soprattutto quelle commerciali e soprattutto quelle più esposte nel settore immobiliare. Morale: se con i rialzi dei tassi le banche erano salite perché guadagnavano di più adesso invece sono preoccupanti perché se i tassi salgono troppo le banche (e l’intero comparto finanziario) inizia a perdere soldi in conto capitale;
  • il terzo motivo sono i multipli di valore delle azioni quotate: se il valore delle imprese può essere stimato nel valore attuale dei flussi di cassa futuri che esse riusciranno a generare, in generale tale valore dipende anche dal tasso al quale si scontano i flussi attesi. Mentre oggi salgono anche i tassi a lungo termine. Ma fino ad ieri le quotazioni dei titoli azionari avevano tenuto botta per vari motivi, Ivi compreso il fatto che fino a ieri con i rialzi delle banche centrali salivano quasi soltanto i tassi a breve termine ma non quelli a lungo che impattano sulle prospettive dei flussi di cassa;

L’ANDAMENTO DEI TITOLI A LUNGO TERMINE INFLUENZA QUELLO DELLE BORSE

  • e poi sempre a proposito dei moltiplicatori di valore, questi salivano perché crescevano le aspettative sugli utili futuri, soprattutto per effetto della grande influenza sul listino di Wall Street delle grandi multinazionali dell’informatica, molto esposte sull’intelligenza artificiale. Al contrario sono parecchi mesi che l’indice Russell 2000 (quello delle PMI americane) invece va giù. Cosa che sta spingendo ad una revisione anche i moltiplicatori degli utili, visto che le prospettive di migliori profitti per il futuro si stanno riducendo. Le PMI sono peraltro quelle che più stanno soffrendo del temutissimo “credit crunch” che sarebbe seguito alla stretta delle banche centrali, il quale purtroppo già in atto, come si può vedere dal grafico qui sotto riportato (sorprendentemente più in America che in Europa):

I VOLUMI DI CREDITO EROGATO IN EUROZONA (IN NERO) E USA (IN AZZURRO) NEGLI ULTIMI 2 ANNI MOSTRANO UNA DECISA TENDENZA AL RIBASSO

In definitiva non sono soltanto le guerre a scuotere i mercati finanziari, ma anche le aspettative dei risparmiatori, che con gli ultimi colpi di scena geopolitici si stanno indiscutibilmente ridimensionando. La lotta per la campagna presidenziale americana inoltre si prospetta più dura che mai, con un debito pubblico oramai fuori controllo e il rischio che non venga più sottoscritto come in passato dai risparmiatori del resto del mondo. È questo il contesto che spiega, anche se non giustifica (almeno sin tanto che i tassi d’interesse reali resteranno positivi), il poderoso e repentino ritorno in auge dell’oro quale bene rifugio, come si può vedere dal grafico del relativo contratto a termine qui sotto riportato:

L’ANDAMENTO DEI FUTURES SUL PREZZO DELL’ORO CON SCADENZA DICEMBRE

LA RECESSIONE SI LIMITERÀ ALL’EUROPA?

E se Atene (cioè gli USA) piange, Sparta (cioè l’Europa) non ride. L’Occidente è oramai un’unica grande regione a traino NATO e con forti interdipendenze, con l’aggravante che la maggior parte dei focolari di guerra è alle nostre porte (Balcani e Ucraina, Medio Oriente e Africa). In questa situazione l’intero Occidente rischia una forte instabilità politica e, conseguentemente, di perdere la leadership globale.

La cosa peraltro si aggraverebbe se anche oltreoceano sopraggiungesse una nuova grande recessione economica. Wall Street inizierebbe a prezzare diversamente le prospettive di profitto e lo scoramento si estenderebbe sicuramente agli altri Paesi legati all’America, cioè l’Europa (Regno Unito compreso), ma anche Taiwan, Giappone e Corea. E a ben vedere è già oggi in atto un forte rallentamento, in tutto il mondo, come si può desumere dal grafico qui sotto riportato:

L’ANDAMENTO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE, DEL VOLUME DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE E QUELLO DELLE ASPETTATIVE (INDICE PMI) DELLE IMPRESE NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI E IN QUELLI EMERGENTI

La possibilità di una nuova recessione globale è peraltro quasi l’unico motivo per il quale avrebbe senso oggi investire in titoli a reddito fisso, dal momento che i rischi che i tassi riprendano a salire sono ancora notevoli e che viceversa il mercato azionario è storicamente più resiliente all’inflazione. Ma se riprendesse a correre l’inflazione a questo punto sarebbe forse il minore dei mali, perché significherebbe che la recessione globale non si verificherà. Qualcuno lo pensa, e ancora spera che i tassi d’interesse ricominceranno a scendere. Cosa forse possibile nell’ultima parte dell’anno, ma ben più difficilmente ciò accadrà nella prima.

La morale è che in questa situazione è difficile scegliere quali pesci prendere cioè quali categorie di investimenti selezionare e il risultato è che molti preferiscono restare liquidi, contrastando in tal modo il lavoro delle banche centrali che è quello di riuscire a ridurre la liquidità in circolazione per non aumentare ancora i tassi. Ed è anche il motivo per il quale, mentre il mondo si addentra nel caos, i mercati finanziari si prendono si una pausa per cercare nuovi spunti, ma si preparano anche al peggio.

 

Stefano di Tommaso

 




APPUNTI DI TRADING

N. 47 – sabato 14 ottobre 2023 –

 

Operazioni in essere :

comprato 1 DIC MINI DOW a 33.300 lu 9 ott alle 9.16 da vendere al meglio lu 16 sin dal mattino

GOLD DIC 23

Dopo che GOLD CASH è sceso quasi a target ( ven 6 ott registrato 1810 cash – 1823,50 DIC FUT ) è salito lentamente da lu 9 ott a gio 12 ott, per poi accelerare con violenza ve 13 ott con un movimento oltre il 3 % in poche ore.

Dopo questa barra giornaliera così estesa, il trading diviene impossibile, salvo accettare uno stop loss non compatibile con il basso rischio che deve caratterizzare questa Lettera.

Quindi : non opero su GOLD

SILVER DIC 23

Avevo scritto : “Ipotizzo un rimbalzo probabile fino a 22,30 DIC FUT e possibile, ma non subito, fino in zona 24, dove SILVER dovrebbe essere completamente rianalizzato. Se avrò ragione, non guadagnerò nulla, se non una maggior convinzione”.

DIC SILVER FUT è salito dal minimo fatto a 20,85 fino a 22,99 registrando ve 13 ott un + 4,26 %; eccomi accontentato, ancor maggiore convinzione, nessun profitto.

Esattamente come per GOLD, devo attendere che si riduca la volatilità e poi cogliere con disciplina il primo pattern che consenta un reward/risk maggiore o uguale a 3.

Premessa comune ai Mercati azionari U.S.A.

La settimana 9 – 13 ott 2023 è stata la 52 esima dal minimo del 13 ott 2022

Dopo che è trascorsa, DJ e NAS 100 saranno ( secondo me ) più liberi di assumere un trend direzionale e ancor di più dopo la metà di novembre. Intanto comincio ad affinare l’analisi, per poter assumere una posizione di maggior dimensione.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto : “Finalmente in due mesi, dal 1 agosto a ve 6 ottobre, ha avuto una discesa di 2833 punti pari all’ 8 %, forse sufficiente a togliere la schiuma sopra la birra”.

Vi ricordo che ven 6 ott DIC DJ FUT aveva chiuso oltre 33600.

Volevo comprare, ma con un rischio non oltre l’uno per cento ( 300 punti su 33600 )

Avevo quindi inserito l’ordine di acquisto di un DIC MINI DJ FUT a 33300 con stop loss a 33000, sotto il minimo della discesa recente.

Questa volta la Lettera è stata fortunata, perché il Mercato è sceso alle ore 9.16 del mattino a 33298, mi ha preso a bordo ed è salito molto, trovando un ostacolo solo intorno a 34.100.

Quale ostacolo ? L’unica evidenza che trovo è il pull back sotto il minimo di agosto 2023, che non considero un livello molto importante, ma di rilievo solo per qualche gg., salvo che venga rotto il recente minimo di 32846 cash. In tal caso cambierebbe tutto lo scenario.

Fatto sta che la Lettera ha comperato 1 DIC MINI DJ FUT a 33300 e questo Mercato tra gio 12 e ven 13 ott si sta dibattendo tra 33650 e 34100 circa, come se non riuscisse a decidere; non mi piace. Allego anche un grafico intraday ( in genere preferisco evitarlo ) per illustrare cosa intendo per “non riesce a decidere”

Quindi passo alla cassa e cerco di ricomperare questo Mercato più in basso, a costo di perdere il treno della salita, apparentemente già in corso.

Pertanto, da lu 16 ott, sin dal mattino, inserirò :

– vendo al meglio 1 DIC MINI DJ, per chiudere il rialzo aperto a 33300 lu 9 ott
– vendo a 34050 1 DIC MINI DJ con stop loss a 34200, perché immagino un ostacolo a tale prezzo
– compero 1 DIC MINI DJ ( 5 USD ) a 33400 con stop loss a 33000 ( solo se verrà eseguita la vendita a 34050, ne comprerò due, perché, diversamente, arriverei a 33400 con una posizione short e quindi un solo acquisto mi manderebbe “flat”, mentre desidero 1 long da 33400 )

Spero che la mia strategia, come esposta, risulti comprensibile.

NASDAQ 100 CASH

Rileggete quanto avevo scritto : “………diffido di movimenti direzionali prima che siano trascorse 52 settimane dal minimo del 13 ott 2022, punto che è visibile sui grafici anche ai meno attenti. ……………. La settimana 25 – 29 sett era caratterizzata dalla scadenza di un ciclo di media importanza e verrà quindi controllata l’uscita di NAS 100 dal range di 14431 – 14905 Propendo per una risalita del prezzo, idealmente ancora una volta nella zona intorno a 15600, che è stata la resistenza che ha bloccato la salita.”

L’uscita dal range 14431 – 14905 è stata al rialzo, così come per DOW JONES, ma senza l’eccesso di forza relativa che spesso caratterizza NAS 100.

Non vorrei che stesse “passando di moda”, anche per l’eccesso di focus sui titoli FAANG + 3, che potrebbe far riflettere i gestori più prudenti, con conseguente inserimento in portafoglio di qualche titolo “value” a danno dei molti titoli “growth”.

Fosse mai che questo fenomeno sia già iniziato, potrebbe conseguirne un incremento di forza relativa di DOW JONES rispetto a NAS 100.

Poiché NAS 100 è caratterizzato da un P/E ben superiore a DOW JONES, altrettanto superiore è il rischio che lo caratterizza.

Quindi, poiché sono qui per fare utili con il minimo rischio possibile, “tiro” il prezzo per gli acquisti di NAS 100, assumendo posizione solo a prezzi vicini allo stop loss, che non posso ancòra alzare.

Pertanto da lu 16 ott, sin dal mattino, inserirò :

compero 1 DIC MICRO NAS 100 a 14800 con stop loss a 14600

Con mia sorpresa, dalle domande dei miei clienti, prendo atto che le righe finali della Lettera N. 46 hanno scatenato varie fantasie.

Esse contenevano nulla più di quanto ho scritto. Non so e nessuno mi viene a raccontare se qualcuno effettivamente ven 6 ott abbia fatto un intervento pesante a sostegno del Mercato azionario U.S.A., ma, poiché ciò mi pareva evidente, l’ho scritto.

Null’altro.

Edito nuovamente quelle righe.

“Potrebbe essere invece che qualcuno abbia ribaltato i Mercati.

Lo sapremo, se nessun ordine verrà eseguito.

Entrerebbe solamente chi ha girato i Mercati e chi compra a qualsiasi prezzo.

( qualche volta la forzatura ha successo per poche settimane o pochi gg e poi anche questi “autorevoli” assaggiano la forza delle maree )”

 

Leonardo Bodini

 




UN MONDO IN GUERRA

E se per uscire dall’impasse servisse una guerra? O forse più di una? Lo studio della storia insegna che dietro ad ogni nuova guerra si assommano sempre interessi economici, e c’è da scommettere che nemmeno stavolta sarà diverso. E quanto successo in terra d’Israele nelle ultime ore rassomiglia molto più all’avvio di un conflitto armato in piena regola che non a un solo -per quanto articolato- attentato terroristico. Sicuramente le onde d’urto del nuovo conflitto alimenteranno l’instabilità dei mercati, il prezzo dell’energia, con essa l’inflazione e, in ultima istanza, con quest’ultima proseguirà la corsa dei tassi d’interesse. Cioè la crescente “finanziarizzazione dell’economia”.

Con quel che ne consegue: uno strascico importante di morti ed azioni militari nei prossimi giorni o addirittura nelle prossime settimane che probabilmente cambieranno per sempre gli equilibri -seppur precari- che si erano instaurati. Difficile riuscire a comprendere come sono andati i fatti e cosa ne conseguirà. Ma proviamo invece a capire a chi può giovare tutto ciò.

CUI PRODEST ?

Occorre infatti notare che nel volgere di poche ore Israele si accingeva a firmare una sorta di trattato con l’Arabia Saudita, uno stato islamico sunnita (proprio come Hamas) a sua volta di recente, apparentemente, affrancata dal giogo impostole dagli Stati Uniti d’America e passata a “flirtare” con gli altri membri dell’OPEC, cioè il cartello degli esportatori di petrolio, con l’evidente finalità di farne salire il prezzo. E molte nazioni (America in testa) nonostante le dichiarazioni di circostanza, non ne erano affatto felici. Non a caso le quotazioni del petrolio stavano calando…

IL PREZZO DEL PETROLIO GREZZO

Ora invece che sta succedendo il finimondo il prezzo del petrolio potrà tornare a salire. A pensarci bene il calendario sembra tornare indietro esattamente di cinquant’anni! (ricordate la guerra del Kippur?). E cosa è successo durante quella guerra (a parte l’inflazione)? Che dopo di essa lo scenario geopolitico del medio oriente è cambiato parecchio. D’altra parte pensare che l’America stia solo a guardare è impensabile: sta già arrivando una grossa portaerei a stelle e strisce che sosterà proprio davanti alla striscia di Gaza. Un gesto simbolico? Impossibile, dal momento che sono acque sottoposte da tempo ad un blocco navale da parte di Israele! L’America gli sta soltanto fornendo un appoggio.

Guarda ancora il caso, il parlamento americano nei giorni scorsi aveva appena congelato un nuovo invio di armi e denaro al governo ucraino, con il probabile risultato che la tristemente famosa “controffensiva” di Zelensky rischi di interrompersi. E con essa le nuove forniture da parte dell’industria bellica, che gradisce assai poco quella prospettiva. Persino l’intero comparto delle grandi multinazionali della tecnologia, in caso di riduzione della spesa globale per armamenti, farebbe un passo indietro nelle vendite. E molti sono convinti che l’interruzione del supporto americano all’Ucraina potrebbe favorire la pace, o quantomeno un’accenno di dialogo tra i contendenti. Ma non l’industria degli armamenti.

IL TESORO AMERICANO ORA È PIÙ TRANQUILLO

L’economia americana poi sembra fino ad oggi aver superato brillantemente la difficile prova cui è stata sottoposta con l’inflazione dei prezzi e il conseguente repentino rialzo dei tassi d’interesse: il prodotto interno lordo non è calato e alla prossima riunione della banca centrale ci si poteva dunque attendere quantomeno una pausa, se non addirittura l’avvio di una discesa dei tassi d’interesse. Tutto bene dunque, salvo un pesantissimo dettaglio: il debito pubblico americano, che rischia di sfondare ogni ragionevole limite. E che dunque risulta la vera “bestia” da combattere.


Qui viene il bello: è evidente che una nuova galoppata dell’inflazione avrebbe sicuramente l’effetto di dare una sforbiciata al valore reale del debito pubblico U.S.A. E in più c’è sempre la forza del Dollaro, che con ulteriori aumenti dei tassi non farebbe che moltiplicarsi, aiutando l’Amministrazione Biden a “esportare” l’inflazione verso economie con più deboli divise valutarie. Un effetto non da poco per combattere quell’insidioso fenomeno di disintermediazione del biglietto verde che i BRICS stanno cercando di alimentare.

Non solo: se i tassi americani salissero più dell’inflazione allora tutti comprerebbero titoli di stato americani, e il problema del debito passerebbe al presidente che seguirà… Dunque l’instabilità geopolitica può generare nuovi rincari di petrolio e gas, altra inflazione, ulteriori incrementi dei tassi d’interesse americani, ma anche un minor pericolo per il rinnovo del debito pubblico d’oltreoceano. Soprattutto se si pensa a cosa rischia di succedere al di qua dell’oceano, cioè a casa nostra: altri giri di vite della banca centrale europea e ulteriore impoverimento di un’Europa che “deve” restare debole e asservita.

E LE BORSE POTREBBERO ADDIRITTURA BRINDARE

Le borse invece non è affatto detto che debbano crollare! Nemmeno quelle europee. Anzi: tanto i maggiori consumi di risorse che i conflitti armati comportano, quanto il potenziale travaso di denari dai titoli a reddito fisso (che in un contesto di nuova inflazione e nuovi rialzi dei tassi perdono valore) sono elementi che possono far bene ai mercati azionari. Essi commerciano quote di proprietà di aziende, cioè di attività reali che, con l’inflazione, possono anche rivalutarsi. Purtroppo nessuno può esprimere la certezza che il mercato azionario non possa risultare danneggiato da eventuali nuovi rialzi dei tassi, ma di sicuro quello americano con nuova inflazione non se la passerebbe troppo male.


D’altra parte la fine dell’anno si avvicina e i “money managers” iniziano a fare i conti: la performance dell’anno in corso non è stata così malvagia e con qualche spunto al rialzo da qui a un mese o due si potrebbe addirittura addolcire ulteriormente la pillola di una prospettiva non proprio esaltante dell’economia.

Tra l’altro occorre notare che la politica di moderazione tenuta dalle banche centrali asiatiche sino ad oggi in caso di ulteriori rialzi del Dollaro non sarebbe probabilmente più perseguibile. Ragion per cui toccherebbe loro cambiare indirizzo e soffrire -probabilmente ben più degli USA- del rialzo dei tassi e dei nuovi cali che si provocherebbero quasi certamente sul mercato immobiliare.

COSA DESUMERNE

Quelle riportate sin qui sono soltanto delle ipotesi, cioè delle possibili chiavi di lettura di fenomeni complessi dietro ai quali c’è davvero di tutto. Ma – fosse il caso che risultassero appropriate- allora potremmo dedurne le seguenti indicazioni:

  • Il petrolio e il gas potrebbero continuare la loro corsa se proseguirà l’instabilità geopolitica nel mondo .
  • Il costo dell’energia crescerebbe anche se, paradossalmente, renderebbe più conveniente la sua produzione da fonti rinnovabili.
  • L’inflazione, che con il maggior costo dell’energia sicuramente si riprenderà, potrebbe provocare aumenti dei costi industriali e, in ultima istanza, anche dei prezzi al consumo.
  • I governi di tutto il pianeta, davanti a nuovi rincari dei prezzi di derrate e beni essenziali, dovranno fare i conti con possibili conflitti sociali e nuova instabilità.
  • I tassi d’interesse, di fronte al rialzo dell’inflazione, come minimo non scenderanno.
  • Anzi: i tassi a lungo termine (che fino ad un paio di mesi fa erano rimasti bassi sull’attesa di una rapida discesa dell’inflazione, adesso hanno quasi raggiunto quelli a breve termine e potrebbero salire ancor più, perché è presumibile che si verificherà un qualche “esodo” dei risparmiatori dal mercato obbligazionario a quello azionario, sgonfiando il loro prezzo e facendone crescere il rendimento implicito.
  • Le borse valori probabilmente ne risulterebbero rinvigorite, anche perché le azioni potrebbero costituire uno scudo di valore nei confronti dell’inflazione e in particolare le aziende bancarie, quelle iper tecnologiche e quelle che fabbricano armi e sistemi correlati potrebbero finire di nuovo sugli scudi, generando profitti e liquidità soprattutto nel mondo anglosassone, dove è concentrata, aiutando soprattutto l’economia americana.
  • L’Europa Invece con i rialzi dei tassi americani non potrà che seguire a ruota onde non svalutare troppo la divisa unica, accentuando però così i suoi problemi relativi alla sostenibilità del debito e alle tensioni sociali, anche perché la nuova inflazione difficilmente sarebbe accompagnata da paralleli e sufficienti rialzi dei salari.
  • I titoli bancari non potrebbero che continuare a beneficiare della risalita dei tassi e della maggior “finanziarizzazione dell’economia”.
  • I debiti dell’industria (ma anche quelli pubblici) viceversa potrebbero godere della sforbiciata di valore che deriverebbe dalla fiammata inflazionistica, diminuendo di fatto il loro peso relativo.
  • Chi ci rimetterà di più con i tassi più elevati e con l’inflazione saranno in definitiva i soliti noti: i paesi più poveri e le fasce di reddito più basse, i salariati, i piccoli risparmiatori, i pensionati.


A PENSAR MALE…

E’ uno scenario tutt’altro che apocalittico, perché potrebbe di fatto rinviare sine die la tanto annunciata e mai concretizzata recessione globale, con l’America di nuovo a fungere da locomotiva del mondo. Ma è anche uno scenario fortemente trasformativo, nel quale qualcuno guadagnerà e qualcun altro perderà. Nel quale gli equilibri politici e militari sono destinati a cambiare ancora. E l’unica cosa da non fare in queste situazioni sarà restare fermi!

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 46 – sabato 7 ottobre 2023 – Lettera molto lunga e intensa : preparatevi.

 

Operazioni in essere :

Nessuna

Come avevo ipotizzato nella precedente N. 45, – “E’ una fortuna che non sia stato colpito lo stop loss a 22,30 ? Vedremo. Silver potrebbe anche aprire lu 2 ottobre in gap down e mandare la posizione in perdita ben oltre 22,30.” – nella notte tra dom 1 ott e lu 2 ott DIC SILVER FUT ha saltato il prezzo di 22,30 che rappresentava lo stop loss sfiorato ve 29 sett ed è poi crollato in due gg a 20,85

La Lettera ha chiuso la posizione al rialzo alle 8.16 di lu 2 ott a 21,92 con una perdita di :

(23,50 – 21,92) usd 1,58 x 2500 = usd 3950 per un MINI SILVER e

( 22,80 – 21,92) usd 0,88 x 2500 = usd 2200 per l’altro, per un totale di usd 6150, pari ad euro 5830

Un paio di clienti dello studio mi hanno fatto notare che la Lettera si trova on line solo qualche ora dopo le 8.16 e che hanno potuto chiudere la posizione non prima che il Mercato fosse già sceso a 21,80 circa. Pazienza.

Resta il fatto che , quando uno stop loss viene “saltato” nella notte o per qualsiasi motivo, la Lettera e chiunque altro devono chiudere al primo prezzo utile, senza se e senza ma.

Dopo aver conseguito il 28 agosto il singolo maggior utile, la Lettera ora ha sopportato la singola maggior perdita.

C’è un nesso ? Penso di no, ma fa riflettere.

E’ stato sufficiente un giorno ( ve 29 sett ) con un outside di rara ampiezza ( 6 % ) per causare un danno pesante alla performance. ( tipico di SILVER e NAS 100 )

Segnalo che è trascorso un anno dalla N. 1 del 1 ott 2022 e la Lettera ha accumulato un profitto del 27,5 % dopo un HIGH WATERMARK oltre 33 % a fine agosto 2023.

Chiusi i primi 12 mesi e intascato il profitto, torno all’opera.

GOLD DIC 23

Avevo scritto : “Segnalo un ciclo che pone due minimi evidenti ( 1893 cash e 1885 cash ) a 8 e 16 settimane dal top di 2060. Il livello di 1885 quindi rappresenta un doppio minimo decrescente e la eventuale rottura potrebbe dare una discesa di rilievo, primo ostacolo circa 1800”. ………….e poi “La rottura di 1885 nella mia vecchia ipotesi manda al primo ostacolo di 1800 circa, toccato in ago 2022 e marzo 2023, vedi grafico settimanale.”

Finalmente il mio Mercato preferito è sceso quasi a target ( registrato 1810 cash – 1823,50 DIC FUT ) e quindi posso provare un acquisto a rischio ragionato.

Pertanto da lu 9 ott , sin dal mattino, inserirò:

compero 1 DIC MINI GOLD a 1835 con stop loss a 1820


SILVER DIC 23

Sopra mi sono dilungato su SILVER e non voglio ripetermi.

Ripropongo solo le ultime righe della Lettera N. 45 :

“Questo week end potrebbe essere quello giusto per subire un brutto gap down.

A naso. …………………………. Ovviamente spero di no.

Comunque l’utile cumulato dal 1 ott 2022 è un incredibile 33 % e quindi sopravviverò”

Secondo le Regole della Lettera, dopo una perdita su un Mercato, evito di operare su di esso per una settimana.

Ipotizzo un rimbalzo probabile fino a 22,30 DIC FUT e possibile, ma non subito, fino in zona 24, dove SILVER dovrebbe essere completamente rianalizzato. Se avrò ragione, non guadagnerò nulla, se non una maggior convinzione.

Premessa comune ai Mercati azionari U.S.A.

Ho più volte detto che preferivo non assumere posizioni pesanti ( succederà in futuro ) su DOW JONES e NAS 100 prima che fossero trascorse almeno 52 settimane dal minimo del 13 ott 2022.

La settimana 9 – 13 ott 2023 sarà la 52 esima. Quindi ci siamo.

Dopo che sarà trascorsa, DJ e NAS 100 saranno ( secondo me ) più liberi di assumere un trend direzionale e ancor di più dopo la metà di novembre.

Pertanto gli ordini che inserirò da lu 9 ott sono molto tirati nel prezzo, perché si tratterebbe di una settimana da superare senza prendere posizione.

Ma non voglio farmi mancare nulla……………………


DOW JONES INDU CASH

Dopo GOLD, il DOW JONES è il mio Mercato preferito.

Finalmente in due mesi, dal 1 agosto a ve 6 ottobre ( ieri ) ha avuto una discesa di 2833 punti pari all’ 8 %, forse sufficiente a togliere la schiuma sopra la birra.

Come faccio ad esprimere una affermazione così netta da apparire azzardata ?

La barra di ve 6 ott è molto ampia ( 711 punti DJ CASH ) e mi suggerisce che qualcuno, molto robusto, autorevole e forse autoritario, abbia dato il via. Non posso sapere chi è, ma mi comporto di conseguenza.

Se sapessi chi è, o chi sono, il mio investimento sarebbe molto più agevole, ma non mi parlano.

Tant’è.

Provo a sfruttare questa presunta autorevolezza e pertanto, da lu 9 ott, sin dal mattino, inserirò :

compero 1 DIC MINI DJ ( 5 USD ) a 33300 con stop loss a 33000


NASDAQ 100 CASH

Avevo scritto : “………diffido di movimenti direzionali prima che siano trascorse 52 settimane dal minimo del 13 ott 2022, punto che è visibile sui grafici anche ai meno attenti. ……………. La settimana 25 – 29 sett era caratterizzata dalla scadenza di un ciclo di media importanza e verrà quindi controllata l’uscita di NAS 100 dal range di 14431 – 14905.  Propendo per una risalita del prezzo, idealmente ancora una volta nella zona intorno a 15600, che è stata la resistenza che ha bloccato la salita.”

L’uscita dal range 14431 – 14905 è avvenuta al rialzo , con la stessa velocità vista sul DOW JONES, nella sola giornata di ieri ve 6 ott.

Pertanto da lu 9 ott, sin dal mattino, inserirò :

compero 1 DIC MICRO NAS 100 a 14800 con stop loss a 14650

Ho inserito per lu 9 ott solo ordini di acquisto.

Se tutti ( non credo ) venissero eseguiti, la Lettera sarebbe in overtrading.

Potrebbe essere invece che qualcuno abbia ribaltato i Mercati.

Lo sapremo, se nessun ordine verrà eseguito.

Entrerebbe solamente chi ha girato i Mercati e chi compra a qualsiasi prezzo.

( qualche volta la forzatura ha successo per poche settimane o pochi gg e poi anche questi “autorevoli” assaggiano la forza delle maree )

Leonardo Bodini