GLI INTERESSI DIETRO AI RIALZI DEGLI INTERESSI

I dati macroeconomici accreditano la politica di rialzi dei tassi annunciata dalla Banca Centrale Europea? Sta avendo effetto? Quanto i sacrifici che essa imporrà sono giustificati dalla sua efficacia? È corretto dunque che si comporti come la Federal Reserve Bank of America? Oppure no? E in tal caso per quale motivo intende ugualmente persistere? Qualche considerazione e qualche numero possono aiutarci a comprendere meglio cosa sta succedendo…

 

L’EUROZONA NON È L’AMERICA

La FED ha perseguito una politica di rialzi dei tassi d’interesse con buon anticipo rispetto alla BCE. Per certi versi essa ha avuto una sua ragion d’essere nel domare un mercato finanziario sin troppo effervescente, nello scoraggiare l’eccesso di spesa dei consumatori (spesa supportata dal credito al consumo, giunto ai massimi di sempre) e nel riequilibrare la bilancia dopo forti interventi di politica monetaria in senso opposto (ricordate l’Helicopter Money di un paio d’anni fa?). E a giudicare dai fatti ha avuto effetto (vedi grafico sottostante). Ciò nonostante l’America non è in recessione (l’attuale ritmo di crescita dell’economia è al 2% annuo), non è detto che ci vada affatto, e Wall Street ha da poco toccato nuovi massimi storici.


L’Eurozona invece non è l’America. Non ha le “big seven” (le grandi multinazionali della tecnologia che “pesano” per oltre un quarto del totale dell’indice SP500 e che hanno pesato per quasi il 70% della crescita di Wall Street da Ottobre a oggi). Non ha nemmeno la medesima elasticità del mercato del lavoro e non ha la stessa unità d’intenti degli USA, che vantano un governo federale, mentre l’Europa resta un’Unione solo sulla carta. L’economia europea poi non ha il dinamismo americano, e non ha le risorse naturali che abbondano oltreoceano. Anzi, ha la guerra russo-ucraìna alle sue porte (e in buona parte a sue spese) e ha la sua principale economia -quella tedesca- in recessione tecnica già dall’autunno 2022.

CI VORREBBE PRUDENZA

Basterebbero queste considerazioni per indurre a maggior prudenza i banchieri centrali europei, reduci da una raffica senza precedenti di incrementi dei tassi d’interesse e pronti a proseguire ancora a lungo. La collocazione in territorio asburgico dell’Eurotower (la sede della BCE) supporta già per sé un’austerità ideologica difficile da eradicare, ma è oramai destituita di ogni fondamento dall’analisi empirica dei dati macro-economici. E invece i medesimi si riuniscono a Sintra (in Portogallo) e dichiarano guerra senza quartiere all’inflazione strisciante a colpi di rialzi senza limiti ai tassi d’interesse, pur ammettendo di non aver ben chiara né la strategia e nemmeno a quali conseguenze potranno dare luogo quegli incrementi.


A Francoforte intendono cioè usare tutti gli strumenti della politica monetaria (aumento dei tassi, contrazione della liquidità, riduzione del portafoglio titoli di stato, ecc…) per arrivare a comprimere lo sviluppo economico continentale, e così ridurre l’inflazione anche al costo di una dura recessione. E questo anche se è oramai chiaro che le cause dell’inflazione europea provengano da molto lontano (difficoltà negli approvvigionamenti energetici dopo il taglio di quelli russi, scarsità di materie prime essenziali, non-autosufficienza alimentare, eccetera) e che esse non risiedono dunque nell’eccesso di domanda di beni e servizi.


LA BANCA CENTRALE HA GIÀ MINATO LA SUA CREDIBILITÀ

Nella memoria degli osservatori è ancora nitido il ricordo della futile dichiarazione di “transitorietà” della fiammata dei prezzi del post-covid da parte dei medesimi banchieri centrali che oggi vogliono apparire più realisti del re. Un’errore clamoroso e grossolano che ha dato il via libera ad un’inflazione a due cifre che stiamo pagando caro in termini di riduzione del reddito disponibile delle fasce più disagiate della popolazione. Oggi un secondo grave errore minerebbe alla radice la credibilità della BCE!

L’Eurozona infatti rischia di trovarsi esattamente all’opposto degli USA: le dosi da cavallo delle restrizioni monetarie in corso, finalizzate a domare l’inflazione “a prescindere” dal suo andamento tendenziale (che invece sta scendendo) è probabile che generanno una lunga serie di problemi al tessuto economico, a partire dall’ impoverimento dei numerosissimi detentori di abitazioni finanziate con mutui a tasso variabile, fino al rischio che la restrizione del credito alle imprese possa generare fallimenti e mancati investimenti, cioè disoccupazione e pressione al ribasso per i salari, che rischiano di restare al palo qualora si dovessero confrontare con una maggior disoccupazione, mentre i prezzi di beni e servizi essenziali quali il cibo e l’energia sono quasi raddoppiati.

IN AMERICA HANNO SALVAGUARDATO (TUTTI) I DEPOSITI BANCARI

Occorre peraltro notare che invece oltreoceano il governatore della Federal Reserve ha recentemente fatto una scelta di prudenza, prendendosi una pausa negli aumenti dei tassi d’interesse, per poterne misurare l’impatto sull’andamento dell’economia, che peraltro appare molto più frizzante della nostra. L’America potrebbe non entrare affatto in recessione, pur con la probabile prosecuzione della stretta monetaria. L’Europa invece c’è già almeno in parte (la Germania, quantomeno). E da noi non c’è la febbre da Intelligenza Artificiale che sta cambiando radicalmente i connotati della transizione digitale dell’industria americana, già di per sé molto più avanzata della nostra. Non ci sono le industrie belliche americane, non c’è la Silicon Valley con le sue tecnologie informatiche all’avanguardia.


A casa nostra l’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse oltre a scoraggiare gli investimenti produttivi, l’accensione di mutui ipotecari e l’acquisto di beni durevoli, ha effetti quantomai scontati sul merito creditizio delle imprese, che già di per sé risultano molto meno capitalizzate delle loro corrispondenti americane. Senza considerare poi che l’effetto del rialzo dei tassi sulle minusvalenze per i titoli di stato e le obbligazioni societarie detenute dalle banche, nonché la probabile nuova ondata di insolvenze che si abbatterà sui crediti erogati dalle medesime rischiano di creare nuovi casi ”Eurovita” o “Credit Suisse” e nuovi rischi sistemici sull’apparato finanziario che lubrifica il funzionamento dell’economia.


In America il caso dell’insolvenza delle prime banche cadute nella trappola dei rialzi dei tassi è stato domato dal governo federale con la protezione totale dei depositi bancari, rintuzzando il rischio di una corsa agli sportelli che stava già iniziando. In Europa invece non c’è un vero governo centrale e non ci sono risorse finanziarie federali. Pochi governi dunque potrebbero davvero permettersi il medesimo intervento degli USA a protezione del sistema bancario. Da noi c’è invece ancora il Bail-In (cioè l’addossamento ai depositanti dei rischi delle banche), una parola che andrebbe pronunciata correttamente alla genovese per comprenderne il vero significato!

Dunque giocare con il fuoco di nuove potenziali situazioni di insolvenza bancaria potrebbe costare caro ad un’economia meno dinamica, con un mercato dei capitali che può supplire assai meno al ruolo delle banche ordinarie nei confronti delle esigenze finanziarie delle imprese, e con un livello di debito pubblico che in molti casi è già oltre il limite della sostenibilità.

UN AZZARDO MORALE E MATERIALE

Non si tratta perciò di sostenere una tesi economica contro un’altra, bensì di constatare fatti e numeri, che dovrebbero indurre molta più prudenza ai piani alti della turris eburnea (la torre d’avorio) di Francoforte dove ha sede la BCE. Quantomeno per prendersi una pausa, probabilmente doverosa per constatare lo stato di fatto dell’industria europea, che rimane al momento assai difficile da interpretare, mentre mancano ancora molte essenziali infrastrutture, anche a causa della mancata creazione di un vero governo federale.

Le spese dell’azzardo di proseguire indiscriminatamente con la corsa dei tassi difficilmente andranno a ricadere sulle borse, che restano relativamente toniche e pronte a raggiungere nuovi massimi storici. Non soltanto perché l’investimento azionario costituisce di per sé una buona protezione dall’inflazione, ma anche per il fatto che, se l’economia non andrà del tutto a rotoli, saranno le migliori e maggiori imprese (cioè quelle quotate in Borsa) a poter fare più profitti, anche a spese di quelle piccole e meno capitalizzate.


CHI RISCHIA DI PAGARE GLI ERRORI DELLA BCE

Le “spese” di questo rialzo ostinato e violento dei tassi d’interesse rischiano invece di farle gli artigiani e i piccoli imprenditori (che peraltro costituiscono l’ossatura del sistema industriale italiano), i pensionati (i quali hanno la matematica certezza di non ricevere adeguamenti retributivi al pari dell’inflazione effettiva dei prezzi al consumo), i piccoli proprietari di abitazioni, che vedono quasi raddoppiata la loro rata del mutuo, i produttori di macchinari e strumenti di lavoro, i quali subiranno l’impossibilità per gli acquirenti di finanziare gli acquisti, i commercianti, che vedranno ridurre le loro vendite quantomeno parallelamente alla riduzione del reddito medio disponibile.

Difficile giustificare tutto ciò, quando si predica a tutto spiano la transizione energetica e l’inclusività delle popolazioni che migrano verso l’Europa. Più probabile prendere atto di un altro inequivocabile dato di fatto: le banche centrali con il rialzo dei tassi trasferiscono a banche e finanzieri i profitti che prima appartenevano agli industriali e ai commercianti. E riducono l’impatto effettivo dei debiti pubblici a spese dei piccoli risparmiatori. Perciò, quando ci si chiede per quale motivo i banchieri centrali ripetono ostinatamente la medesima solfa della necessità di altri rialzi dei tassi di interesse, occorre prima guardare a chi conviene che vada così.


E, come si suol dire, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si coglie”. La Banca Centrale Europea non può ridurre il suo ruolo a quello di un “comitato d’affari” in combutta con la Commissione Europea. Nasce indipendente dalla politica proprio per poter sostenere la stabilità monetaria e, indirettamente, il benessere di tutti i suoi cittadini. Voler scientemente provocare una recessione non può dunque rientrare tra i suoi obiettivi! Tantomeno se l’inflazione non nasce dall’eccesso di consumi e per di più scende già da sola.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 38 – sabato 8 luglio 2023

Operazioni in essere :

– Lu 3 luglio al mattino comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1924,50
– Gio 6 luglio comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1910,00 , ora con stop loss per tutti a 1895
– Gio 6 luglio comprato 1 SETT MINI DOW a 34200, ora con stop loss a 33800

Troppi eseguiti in soli 5 gg
Fa pensare. Forse i prezzi di acquisto erano troppo generosi; diversamente potrebbe crollare tutto.
Vedremo.

GOLD AGO 23

Continuo ad usare come stop loss ( circa ) il minimo della settimana 26 – 30 giu , che aveva un medio valore ciclico.

Non posso alzare lo stop loss, finchè il mercato non offrirà un pattern daily veramente significativo.

Ritengo prematuro andare short in rottura di 1895, quindi : solo stop loss.

Il livello 1998 ( top aprile 2022 ) è solo un primo ostacolo, più volte ecceduto.

Ora non è più un valore puntuale, ma una verifica per accertare una eventuale chiusura mensile sopra.

Osservate, sul grafico mensile allegato alla N. 37, che mai un mese ha chiuso sopra.

Ci sarà un perché.

Quando dovesse succedere, saremo pronti a reagire.

SILVER SETT 23

SILVER purtroppo continua a rendere dura la vita.

Avevo scritto : “Ho allegato il solito grafico settimanale per evidenziare che SILVER ha rotto il minimo della settimana 120 dal grande top di 30,09 usd, che aveva un medio significato ciclico e trovate inoltre uno zoom che rende comprensibile perché in questa area è più sensato comprare che vendere, ma avverrebbe su una trend line che cala con forte pendenza. La discesa molto veloce mi indurrebbe ad un acquisto in zona 22 usd ( ma non si vede uno stop loss credibile sopra 19,90 ) o ad una vendita tra 24 e 24,30 con stop loss 24,60”

La penso ancora così e non aggiungo nulla, al momento.

Lo potrei solo comprare, errato venderlo e il movimento al rialzo da 22,11 sembra confermare la visione

Invito tutti a osservare il comportamento di SILVER sulla trend line che passa per la settimana 120 dal top di 30,09 e che sembra ( fino a oggi ) sostenere i minimi più recenti.

Guardo e aspetto.

Ho stampato il solito grafico, ma più ampio nei tempi, per evidenziare :

– salita COVID – 19 da 11,63 a 30,09 due volte e mezzo
– discesa da 30,09 a 17,56 meno 40 %
– salita da 17,56 a 26,13 quasi 50 %

Only the brave ……………………………….

DOW JONES INDU CASH

Altro acquisto, con stop loss a 33800 che è stato sfiorato a 33918.

Speriamo bene.

L’obiettivo è una salita del 5 – 8 %, ma certamente il rischio è molto alto, dopo una salita di 6000 punti da 28660 ( 13 ott 2022 )

NASDAQ 100 CASH

Niente acquisto

Avevo scritto, qualche lettore ha riso e gentilmente me lo ha fatto sapere,

“La salita post rottura di 13200 cash ( la Lettera comperò il fut a 13400, con successiva corsa al rialzo ) sta diventando molto lunga e quasi monocorde.

Non consente rientri a basso rischio.

Solo per acquistare un biglietto per questo autobus guidato da un maniaco, inserirò il seguente ordine ………………………………. Se penso al P/E di questo mercato, scapperei, ma le fasi iperboliche del NAS 100 sono guidate da cieca avidità e bisogna accettare le regole, se si vuole sedere al tavolo.”

Non è nemmeno sceso quel poco che chiedevo – 15100 SETT FUTURE – ( ha sfiorato l’acquisto a 15111,50 gio 6 luglio ) giusto per ridurre lo stop loss.

Forse è meglio così.

Se osservate la figura degli ultimi 15 gg di trading, certamente la volatilità è molto ridotta, prodromica a punire chi osa.

Leonardo Bodini








SPIRAGLI DI LUCE

È giusto parlare di “decoupling” sempre maggiore tra l’andamento dell’economia reale e quello delle borse? Oppure queste ultime stanno solo anticipando un cambio di scenario, in cui le prospettive di una recessione imminente lasciano spazio alle speranze di un nuovo sviluppo economico? Difficile dirlo con certezza mentre il forte rialzo dei tassi d’interesse continua a provocare un travaso di profitti dall’industria alle banche e agli investitori. E mentre i banchieri centrali promettono ulteriori rialzi dei tassi che possono rischiare di diventare essi stessi produttori di maggior inflazione (alzando i costi). Intanto i mercati finanziari continuano ad inanellare guadagni che non si ricordavano da molti decenni…

 

LA RIPRESA AMERICANA

L’America nell’ultimo fine settimana ha festeggiato lo scampato pericolo di recessione, almeno per l’anno in corso. Lo scorso giovedì 29 giugno infatti è stato confermato che il prodotto interno lordo USA è salito nel primo trimestre del 2% annualizzato contro l’1,3% previsto, con buone prospettive di prosecuzione dell’accelerazione anche per il secondo trimestre, che si è appena concluso. La FED di Atlanta si è addirittura sbilanciata stimando una crescita annualizzata dell’economia americana per il trimestre aprile-giugno 2023 al 2,2%, con una disoccupazione che continua a rimanere al di sotto della soglia psicologica del 4% che significa per gli economisti non soltanto piena occupazione ma anche la prosecuzione di un record storico, verificatosi assai raramente in passato.


LE BORSE BRINDANO

Non stupisce che le borse americane stiano celebrando una crescita che arriva quasi al 20% a Wall Street dai minimi dello scorso ottobre e supera il 33% in media per il Nasdaq (il mercato telematico di borsa americano riservato ai titoli più tecnologici). Una brusca impennata delle borse che aveva riguardato sino a ieri quasi solo le 7 maggiori società tecnologiche oltre alle azioni delle maggiori banche e assicurazioni (che traggono profitto dai rialzi dei tassi).

NASDAQ COMPOSITE INDEX 30 JUNE 2023

E che ha stupìto, anche a causa dei timori di una nuova crisi di sistema scatenata dai forti rialzi dei tassi d’interesse e dalle recenti crisi bancarie. Invece adesso si inizia a sperare che il rialzo dei titoli azionari arrivi ad estendersi anche alle società industriali. L’indice Dow Jones, che li comprende a Wall Street è salito infatti fino ad oggi soltanto del 2%.

LE PROSPETTIVE MIGLIORANO, MA NELL’IMMEDIATO SONO PIÙ PROBABILI LE PRESE DI PROFITTO

E non solo: si parla addirittura della possibilità che la corsa dei listini di borsa possa proseguire, anche se magari non subito, a causa delle probabili prese di profitto che seguiranno ai recenti forti rialzi dei corsi. I motivi che generano questo ottimismo derivano da una straordinaria concomitanza positiva di:

  • liquidità disponibile di nuovo in aumento,
  • ripresa dei consumi e degli investimenti,
  • riduzione dell’inflazione,
  • ulteriori cospicui profitti aziendali.

E questo nonostante l’ultima dura requisitoria del governatore della banca centrale americana, il quale minaccia di tornare a rialzare i tassi d’interesse anche a Luglio e a Settembre. La prova che l’umore del mercato non ne sia stato intaccato ce la fornisce tuttavia il Bitcoin, la criptovaluta più diffusa al mondo, le cui quotazioni sono risalite dell’80% rispetto ai recenti minimi, nonostante le principali piattaforme di scambio siano quasi tutte sotto accusa di frode.


L’EUROPA CON LA PALLA AL PIEDE

Nell’eurozona al momento il quadro macroeconomico appare decisamente meno roseo di quello americano, tanto per motivi strutturali (l’industria si concentra sui settori industriali più tradizionali) quanto per il fatto che qui l’inflazione stia scendendo meno. L’eurozona deve poi fare i conti con l’aggressività della banca centrale europea, che promette ancora decisi rialzi dei tassi e rischia di estendere al resto del continente l’amara sorte che sta riguardando l’economia tedesca, già in recessione da almeno due trimestri e con la possibilità di registrare analogo andamento negativo anche per il trimestre appena concluso.

L’INDICE EUROPEO DELLA FIDUCIA DEI DIRETTORI DEGLI ACQUISTI AZIENDALI


I MERCATI FINANZIARI PERÒ GUARDANO OLTRE

Per le borse tuttavia ciò che conta davvero sono le aspettative sui tassi d’interesse a lungo termine, evidenziati dall’andamento dei titoli a reddito fisso con le scadenze più lunghe e, ovviamente, l’abbondanza di liquidità in circolazione. I tassi d’interesse influenzati dalle banche centrali invece di norma sono soltanto quelli a breve termine. Dunque le banche centrali fanno paura soltanto se arrivano a far crollare le prospettive di profitto delle imprese quotate in borsa (che sono quelle di maggiori dimensioni). Ma appunto sembra proprio questo lo scampato pericolo che alimenta l’appetito degli investitori: sino ad oggi le grandi società quotate paiono essere riuscite a mantenere buoni margini di profitto. E le borse festeggiano!

Anche le borse europee sono in rialzo, riflettendo il fatto che in passato erano rimaste indietro e non soltanto i maggiori profitti di banche e assicurazioni. Gli umori positivi di oltreoceano e le speranze di sviluppo economico per America e Asia trainano inoltre l’attesa di maggiori esportazioni per l’Europa e quelle di possibili nuovi rialzi dei prezzi delle commodities che vengono esportate dai paesi emergenti.

I mercati finanziari insomma non sembrano spaventati né dalle parole dei banchieri centrali e neanche dalla forte inversione della curva dei tassi d’interesse (che di solito promette una recessione imminente). Essi tendono invece a guardare oltre le attuali prospettive, prefigurando un ritorno alla crescita sinanco per il vecchio continente, che potrebbe beneficiare dello scampato pericolo a livello globale con maggiori esportazioni.

L’EUROPA E’ PIÙ ESPOSTA A RISCHI SISTEMICI

Se questa narrativa dovesse consolidarsi allora addirittura bene farebbero le banche centrali di tutto l’Occidente a tirare i freni con gli aumenti dei tassi. Ma è ancora presto per dirlo e, al tempo stesso l’incremento del costo del denaro provoca molti timori: il rischio sistemico di crisi di liquidità per le banche minori e per le assicurazioni meno capitalizzate resta ad esempio ancora elevato. Esponendo l’intero l’Occidente alla possibilità che si verifichino nuovi casi di crisi. Ciò vale ancor più l’Europa, che resta decisamente più “bancocentrica” degli USA (dove invece le imprese si finanziano quasi solo sul mercato dei capitali).

L’inflazione europea poi deriva quasi solo da fattori esogeni (come l’anomalo rialzo del costo del gas naturale e delle derrate alimentari), piuttosto che da eccessi di ottimismo dei consumatori che forse non ci sono mai stati, limitati da una maggiore imposizione fiscale (con il “fiscal drag” che è derivato dall’inflazione) e da una ben maggiore disoccupazione. La guerra alle porte dell’Europa poi non accenna a scemare, e può comportare altre “esternalità” (nuovi profughi, problemi di sicurezza, ecc…) nonché ulteriori esborsi per il riarmo degli eserciti, di cui profittano quasi soltanto le imprese d’oltreoceano.

MA LE ASPETTATIVE MIGLIORANO !

La situazione economica europea appare dunque molto meno rosea (anche in prospettiva) e l’ottimismo delle borse continentali decisamente meno motivato di quello che alimenta le borse americane, dove l’attesa di sviluppo economico si basa principalmente sullo sviluppo delle nuove tecnologie, che possono beneficiare dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Sino ad oggi la volatilità dei corsi azionari è rimasta schiacciata sui minimi di sempre ed è probabile che adesso riprenderà vigore. Questo potrà lasciare la sensazione che i rialzi delle borse siano arrivati al capolinea. Ma il “sentiment” del mercato borsistico (cioè la fiducia) resta ampiamente positivo. E c’è il rischio che ne abbia ragione!

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 37 – sabato 1 luglio 2023

Nessuna operazione in essere

Premessa :

Dopo soli 7 gg quasi nessuno parla più di Prigozhin o compagnia W; sembra la memoria del risparmiatore.

GOLD AGO 23

Ho intervistato un campione attendibile e ritengo che molti ormai “vedano” il TRIPLO MASSIMO del quale parlo sin dalla fase di salita a 2060 GOLD cash.

Buon segno.

Se tanti desiderano vendere per sfruttare il triplo massimo, è il momento di acquistare il mio Mercato preferito.

Userò come stop loss ( circa ) il minimo della settimana 26 – 30 giu appena conclusa.

Da lu 3 luglio, sin dalla apertura del mattino europa, inserirò pertanto i seguenti ordini :

acquisto due MICRO GOLD AGO FUT a 1940 o meglio, ( limitato a 1940 )

acquisto due MICRO GOLD AGO FUT a 1910

con stop loss a 1895 per tutti quelli acquistati

Ritengo prematuro andare short in rottura di 1895, quindi : solo acquisti.

SILVER SETT 23

SILVER purtroppo continua a rendere dura la vita.

Peccato.

A macchia di leopardo, mi ha dato grandi soddisfazioni.

Avevo scritto : “Ho allegato il solito grafico settimanale per evidenziare che SILVER ha rotto il minimo della settimana 120 dal grande top di 30,09 usd, che aveva un medio significato ciclico e trovate inoltre uno zoom che rende comprensibile perché in questa area è più sensato comprare che vendere, ma avverrebbe su una trend line che cala con forte pendenza. La discesa molto veloce mi indurrebbe ad un acquisto in zona 22 usd ( ma non si vede uno stop loss credibile sopra 19,90 ) o ad una vendita tra 24 e 24,30 con stop loss 24,60”

La penso ancora così e non aggiungo nulla, al momento.

Lo potrei solo comprare, errato venderlo, ma ci vogliono energie che mi mancano, per sovraccarico di lavoro dello studio.

DOW JONES INDU CASH

Nella scorsa settimana ( 26 – 30 giu ) è scaduto un ciclo di medio – basso impatto, nel quale abbiamo avuto un outside settimanale rialzista.

DOW JONES non è sceso al prezzo gradito di 33300 ( SETT FUT ), limitandosi a 33850 FUT ( 33610 CASH ) , per poi salire rapidamente.

Utilizzo il bottom di 33850 come stop loss e pertanto da lu 3 luglio 2023 inserirò il seguente ordine :

compero 1 SETT DJ MINI FUT a 34200 con stop loss a 33800

NASDAQ 100 CASH

La salita post rottura di 13200 cash ( la Lettera comperò il fut a 13400, con successiva corsa al rialzo ) sta diventando molto lunga e quasi monocorde.

Non consente rientri a basso rischio.

Solo per acquistare un biglietto per questo autobus guidato da un maniaco, inserirò il seguente ordine :

compero 1 SETT NAS 100 MICRO FUT a 15100 con stop loss 14850

Se penso al P/E di questo mercato, scapperei, ma le fasi iperboliche del NAS 100 sono guidate da cieca avidità e bisogna accettare le regole, se si vuole sedere al tavolo.

Faccio notare che :

– L’eventuale investimento nel DJ sarà di 34200 x 5 usd = usd 171000
– L’eventuale investimento nel NAS 100 sarà di 15100 x 2 usd = usd 30200

Non serve aggiungere altro.

Volevo accorciare, senza privarmi di contenuto.

Leonardo Bodini