SIAMO TORNATI ALL’ECONOMIA DAI RICCIOLI D’ORO?

Sembra arrivato il momento della riscossa: le borse occidentali hanno appena archiviato la miglior settimana del 2023 e di colpo molte delle nuvole nere che si stagliavano all’orizzonte sembrano meno minacciose, se non addirittura in dissolvimento: cosa succede? È davvero tornata un’era di moderazione e stabilità? È quello che cerchiamo di comprendere qui di seguito…

 

IL RIMBALZO DELLE BORSE

Sono rimbalzate come una molla troppo carica dopo mesi di pessimismo, tensioni internazionali, inflazione “appiccicosa” e tassi sempre più alti. Dopo la seconda pausa della banca centrale americana, stanno reagendo con un sospiro di sollievo allo scampato pericolo di un crollo, prendendo per buona tuttavia quella che è solo una speranza degli operatori professionali: e cioè che il prossimo mese e mezzo che ci separa da Natale possa restare su una china positiva, consentendo loro di dichiarare un’ottima performance e ottenere in cambio abbondanti premi di “performance” dalla clientela gestita.


Se andrà così senza dubbio potremo archiviare un annata eccezionale dal punto di vista dei valori di borsa, tanto più che, con i tassi d’interesse che pariebbero voler restare a lungo a questi livelli, potrebbero esserci ancora sorprese positive quando questi dovessero finalmente scendere. Ma scenderanno davvero i tassi d’interesse? Di sicuro non tanto presto! Mi avventuro a scrivere “di sicuro” per due importanti ragioni: perché l’inflazione non è ancora sconfitta (anzi!) e poi perché lo hanno dichiarato pubblicamente i principali governatori delle banche centrali.


IL MEDIO ORIENTE NON FA PAURA

Senza contare poi i rischi geopolitici che -almeno in Medio Oriente- sono tutt’altro che rimossi, in base ai quali il prezzo del petrolio potrebbe tranquillamente riportarsi sui massimi di periodo e di conseguenza alimentare nuove pressioni sui prezzi alla produzione. Che è poi esattamente quello che è successo cinquant’anni fa, dopo la prima ondata di inflazione seguita alla guerra del Kippur, in uno scenario straordinariamente simile a quello attuale.

Nel frattempo però parrebbe che il conflitto israelo-palestinese non sia destinato ad infuocarsi, anzi: glUSA stanno facendo da pompiere, un po’ per interesse dei grandi gruppi economici (che hanno forti interessi nelle risorse di gas e petrolio che sono presenti nella zona) i quali notoriamente influenzano la politica estera americana, e un po’ perché sta iniziando l’anno pre-elettorale per il rinnovo della presidenza americana: un anno in cui l’amministrazione Biden non amerebbe presentarsi agli elettori con ulteriori spese e con un coinvolgimento diretto nel conflitto. Cosa che rischierebbe parecchio in caso di esacerbazione delle tensioni.


PREZZI ED ENERGIA AL PALO

E, visto che il conflitto non si allarga, il prezzo del petrolio non cresce e il pericolo di nuove fiammate d’inflazione non monta, dunque i mercati possono correre! I tassi d’interesse, giunti ad un picco che non raggiungevano da parecchi anni, non sembrano destinati a scendere tanto presto (anche perché aiutano a mantenere forte il cambio del Dollaro e ad attirare investitori stranieri che compreranno i molti titoli pubblici che il tesoro americano dovrà emettere. I tassi non sembrano destinati nemmeno a dover crescere ancora e in questa situazione, quasi ideale per le grandi multinazionali, i profitti possono continuare a correre e, con essi, anche i listini di borsa.

L’ECONOMIA DELLA BAMBOLA DAI RICCIOLI D’ORO

Molti elementi perciò farebbero sperare di essere tornati all’era di “Goldilocks” (la bambola dai riccioli d’oro). Un personaggio della favola dei tre orsetti che risulta particolarmente difficile da accontentare: il suo cibo deve essere alla giusta temperatura – né troppo caldo né troppo freddo – così come il letto e la sedia non devono essere troppo duri né troppo morbidi. Fuori il cielo deve essere sereno e soleggiato, ma non troppo.

Fuor di metafora l’economia dei ”riccioli d’oro” potrebbe riuscire a far sviluppare una crescita moderata, non abbastanza robusta da spingere l’inflazione ma neppure troppo bassa da esaurirsi in una recessione. Un equilibrio fragile e paradossale, sicuramente non perenne e nemmeno omogeneo nelle varie parti del mondo (in Europa per esempio la crescita è più o meno pari a zero mentre l’inflazione è più lenta a calare). Capace tuttavia di risultare particolarmente positivo per i mercati finanziari.

UN FRAGILE EQUILIBRIO

Quanto è realistico che questo equilibrio si mantenga, quantomeno sino alla fine dell’anno? Oscar Wilde diceva che non c’è niente di più permanente della precarietà. E, paradossalmente, il principio potrebbe valere anche per le borse, che potrebbero trovarsi in una condizione assai felice se potrà mantenersi il gioco di equilibri tanto auspicato da Jerom Powell (il governatore della Federal Reserve). Un concetto che fino a ieri veniva denominato “atterraggio morbido” dell’economia e che oggi, in assenza della recessione più annunciata della storia, potrebbe consistere in una crescita moderata, in presenza di inflazione moderata, con i prezzi delle materie prime e del lavoro in crescita sì, ma comunque moderata.

L’EUROPA NON CRESCE MA NON SPROFONDA

Quanto al Vecchio Continente le cose non possono andare altrettanto bene: l’inflazione dei prezzi è un po’ più alta, anche per la minor concorrenza tra molti produttori e fornitori. La crescita economica è più o meno nulla e la dipendenza dalle materie prime che provengono dal di fuori del “blocco occidentale“ assai maggiore di quella americana. In più abbiamo una banca centrale che si è mossa in ritardo, non è riuscita a ottenere dai propri governi un bilanciamento delle politiche monetarie restrittive con politiche fiscali espansive (così come è invece accaduto negli USA) e che, provocando una maggior spesa per interessi che deriva dal rialzo dei tassi, rischia di far collassare la sostenibilità degli ingenti debiti pubblici se non continuerà ad intervenire a supportarne i rinnovi.


I tassi poi anche in Europa sembrano destinati -ancorchè inutilmente- a restare alti. Quantomeno per il fatto che l’inflazione da noi è scesa di meno. E poi i paesi del nord Europa non accetterebbero ulteriori scivolate del cambio dell’Euro su quello del Dollaro. Dunque appare presumibile che i tassi d’interesse non scenderanno almeno sino a quando non verranno calati anche oltre oceano.

IL RALLY D’AUTUNNO

E questo potrà continuare a favorire la grande finanza e le grandi banche, le quali rappresentano una bella fetta della capitalizzazione totale delle borse europee. Ma può danneggiare le piccole, così come le imprese meno capitalizzate, che rischiano di rimanere a secco di liquidità.

Nell’Eurozona però la bassa crescita (per non dire la recessione) è probabile che spingerà la banca centrale a mostrare un minimo di collaborazione nei confronti dei governi nazionali alle prese con il collocamento dei titoli pubblici, cosa che presupporrebbe un qualche allentamento della stretta monetaria e, conseguentemente, un po’ più di liquidità che scivolerà a valle sui mercati finanziari, capace anch’essa di sostenere i listini di borsa nonché le numerose IPO in programma.

QUANTO DURERÀ ?

La congiuntura insomma sembra buona per la sorte dei mercati finanziari, anche se meno buona per l’economia reale, in particolare a casa nostra. Ma quanto saranno capaci di consolidarsi queste tendenze che oggi spingono i mercati al rialzo? Difficile prevederlo, ma è presumibile che -se il rally d’autunno proseguirà- esso sarà accompagnato da una qual certa volatilità, tanto in funzione della concorrenza che i titoli a reddito fisso potrebbero fare ai listini azionari man mano che le aspettative di un ribasso dei tassi si consolideranno, quanto a causa della geopolitica.

I focolai di guerra in giro per il mondo forse non sono mai stati così numerosi e così perniciosi: non c’è infatti soltanto il possibile allargamento del conflitto Israelo-palestinese all’intero Medio Oriente a generare apprensione. La situazione del Niger resta altrettanto difficile, così come quella dell’Ucraina, dove è difficile pensare che non si manifesteranno altri colpi di scena. Il fatto che l’America cercherà di stare ufficialmente fuori da questi conflitti nell’anno delle elezioni del Presidente non significa che i suoi servizi segreti non n e combineranno di tutti i colori, anzi! Più l’esercito resterà in disparte più è probabile che la guerra delle spie si inasprirà.

Sperare quindi che i prossimi mesi siano tranquilli e felici si può, ma senza contarci troppo. Nel frattempo ai grandi speculatori faranno presto seguito quelli piccoli, i fondi di investimento e gli istituzionali. Dunque così come è probabile che la festa sui mercati finanziari non duri a lungo, è altrettanto possibile che essa non si interrompa troppo presto. Una ragione di più per godersi il momento, mantenendo però alta la guardia. E se la geopolitica non guasterà la festa, nel corso del 2024 i tassi d’interesse potrebbero iniziare a scendere e, con tale discesa, gli investimenti tecnologici, (così come quelli infrastrutturali) potrebbero riprendere vigore, generando nuova crescita.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 50 – sabato 4 novembre 2023

 

Operazioni in essere :

nessuna

Il problema di ISRAELE rischia di estendersi anche oltre HAMAS e potrebbe divenire più rilevante negli influssi sui Mercati.

Tale fattore esogeno può prevalere grandemente sul normale andamento dei mercati ed è pericoloso inserire ordini.

GOLD DIC 23

Da tempo indico nel corpo della Lettera e sui grafici il valore 1998 che corrisponde al top di apr 2022, mese di grande importanza.

GOLD CASH non ha mai chiuso un mese sopra. Per darne evidenza allego grafico mensile, dal quale si vede che GOLD è salito anche fino a 2060, ma non ha mai chiuso sopra 1998 l’ultimo giorno di ogni mese.

Ancora una volta, martedì 31 ott 2023 GOLD cash non è riuscito a chiudere sopra 1998; data la notevole importanza del top di aprile 2022 per motivi di ciclo temporale, proverò a vendere, con stop loss molto stretto.

Quindi, da lu 6 nov, sin dal mattino, inserirò i seguenti ordini :

vendo 1 DIC MICRO GOLD a 2015 con stop loss a 2025

vendo 1 DIC MICRO GOLD a 1975 stop ( quindi in rottura del minimo della più recente settimana ) ugualmente con stop loss 2025

SILVER DIC 23

Allego un grafico settimanale con la solita trend line da 30,09 assaggiata molte volte e un’altra di pendenza dimezzata, che potrebbe rappresentare il primo ostacolo in alto.

Continuo a evidenziare il livello di 25,01 corrispondente alla 52esima settimana, alla eventuale rottura del quale potrebbe partire un rialzo in grado di saltare con una certa facilità il livello di 26,13 cash.

Ritengo infatti che l’eventuale accelerazione possa partire alla rottura di 25,01 e non di 26,13 che è il top più visibile.

Da lu 6 nov inserirò il seguente ordine :

vendo 1 DIC MINI SILVER a 23,60 con stop loss 23,90

Premessa per azionario U.S.A.

Avevo scritto :

“Penso che vi sarà un secondo tentativo di spingere al rialzo il Mercato nelle prossime due settimane ( 55esima e 56esima dal 13 ott 2022 ) che si svilupperanno da lu 30 ott a ve 10 nov 2023.

Questi acquisti potrebbero partire intorno a 32000 DJ CASH ( + 100 DIC DJ FUT ), se certi signori vedono quello che vedo io.

Se qualcuno riuscisse a far salire DOW JONES CASH oltre il prezzo di 34147 che fu il top dopo la spinta da ve 6 ott, su cui mi ero dilungato, farebbe molto comodo a questa Lettera, creando una figura grafica che troverei più leggibile di quella attuale.”

Scrivevo queste righe sabato 28 ott, dopo una forte discesa, che aveva schiacciato DOW JONES CASH a 32327.

Ritenevo che a 32000 circa ci fosse un buon supporto per tentare di “girare” in Mercato.

Deve averlo pensato anche qualcun altro e quindi 32327 è rimasto il minimo. Il livello di 34147 è stato rotto, anche se ve 3 nov è mancata la conferma in chiusura di giornata e di settimana.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“La discesa, già ampia, avvenuta nella settimana 16 – 20 ott è proseguita anche il 23 – 27 ott con un range complessivo dal top di 34305 a 32409 di DIC DJ FUT; il range è del 5,5 %. Sembra un grande movimento, ma non è così.”

Tanto è vero che, da lu 30 ott a ve 3 nov, in soli 5 gg il Mercato ha percorso, in senso opposto, il range che aveva richiesto 2 settimane.

Comprerei volentieri su un doppio minimo con 32327, anche a 32500, che ora sembra non raggiungibile, salvo i citati fattori esogeni che nessuno si augura.

NASDAQ 100 CASH

Ha vissuto dal 30 ott al 3 nov un movimento simile al DJ, con maggiore forza relativa, tanto che la salita è stata del 7,77 % contro il 5,68 di DJ

Al momento non mi interessa.

Rammento solo che gli obiettivi restano 15600 ( minimi di dicembre 2021 ) e il doppio max assoluto ( 16764 )

Verso il basso, il recente minimo di 14058 cash ritengo sia già molto rilevante, se rotto, benchè sia trascorsa solo una settimana.

Lettera molto prudente, guardando a Israele.

 

Leonardo Bodini

 

 

 

 




E’ IL MOMENTO DI CAPITALIZZARE LE IMPRESE

L’inflazione, sebbene in discesa, non sembra già pronta a scomparire del tutto (anzi!), l’energia rischia di costare sempre più cara e la pressione dei principali governi occidentali che devono offrire rendimenti crescenti per spingere i sottoscrittori ad alimentare il rinnovo debiti pubblici completa la triade di grandi fattori che rischiano di sostenere ancora a lungo i tassi d’interesse. Le banche tra l’altro sono sempre più preoccupate che una valanga di insolvenze possa abbattersi su di loro e tendono a ridurre l’erogazione di nuovi crediti alle imprese. Allora come potranno finanziarsi queste ultime senza pagare in oneri finanziari tutti i loro margini industriali e commerciali? Dovranno decidersi a cercare sul mercato altri capitali o a quotarsi in Borsa, ma esistono anche valide alternative tra le quali c’è senza dubbio il “POC”.

 

L’ALTERNATIVA DEL MERCATO DEI CAPITALI

Il mercato dei capitali può fornire diverse valide alternative ai pochi strumenti a disposizione degli istituti di credito, ma a una condizione: che le imprese possano risultare trasparenti, intelligibili, sufficientemente credibili e con sufficiente capacità strategica di sostenere la concorrenza globale. Quante imprese riusciranno a vincere questa sfida?

D’altra parte è necessaria esattamente la stessa informativa se si desidera emettere un Minibond o raccogliere un finanziamento privato. Nel solo 2022 sono stati emessi 238 minibond, per un controvalore pari a circa 1,65 miliardi di euro, e il peso delle piccole e medie imprese è cresciuto al 60 % sul totale. oltre a 42 “Green Bond” per circa €205 milioni. Il totale delle emissioni di Minibond delle Pmi ammonta a quasi 8,61 miliardi di euro. Secondo Banca d’Italia risulterebbero quotabili in Borsa quasi subito la bellezza di tremila imprese. Un numero tale da rendere il mercato dei capitali italiano uno dei più attraenti e liquidi al mondo.


Purtroppo però il governo (che finalmente sembra stabile e più vicino dei suoi predecessori alle esigenze degli imprenditori) fatica persino a rinnovare per il 2024 l’incentivo relativo alle spese di quotazione, mentre non favorisce gli investimenti produttivi e non incentiva le imprese a investire nella formazione e nell’assunzione di personale altamente qualificato, cosa che tra l’altro solleticherebbe il rimpatrio di parecchi cervelli italiani, oggi emigrati altrove nel mondo. Vediamo allora, per rispondere alla domanda iniziale (come si finanzieranno le imprese?) di partire dalla congiuntura globale, per provare ad anticipare in quale direzione potrà muoversi nel prossimo futuro il mercato dei capitali.

LA CONGIUNTURA GLOBALE

L’Economia globale è a un bivio: arriverà una recessione (come sembra accadere in Europa) oppure continuerà a correre (come invece sembra in America)? Non lo sa nessuno, per molti motivi. Da un lato il rallentamento della crescita economica globale è tangibile e neppure gli economisti americani sembrano credere troppo allo strappo al rialzo vantato dall’economia americana nell’ultimo trimestre (+4,9% su base annua!). D’altro canto la recessione globale che -forse dopo tanti anni dall’ultima del 2008/2009- prima o poi arriverà, resta la più annunciata e la meno probabile di sempre, sebbene alcune zone del mondo, come l’Europa centrale, sembrano esservi incappate profondamente.


L’AMERICA SI RISOLLEVA

Se guardiamo indietro di un anno, per la fine dell’anno in corso o al massimo all’inizio di quello prossimo, tutti si attendevano la recessione negli USA, che poi si sarebbe probabilmente tradotta in un deciso rallentamento globale. Ma questa sino ad oggi non è mai arrivata, anzi il PIL americano sembra crescere a ritmi cinesi!

E la conseguenza è che, con i tassi d’interesse tornati a livelli così elevati che non si vedevano da decenni (i titoli a reddito fisso con scadenze a medio-lungo termine ora rendono più del 5%, cioè quasi due punti più dell’inflazione stimata), la vera variabile impazzita è l’inflazione: se alla fine arrivasse una recessione -si è detto in molte occasioni- allora una ripresa dell’inflazione sarebbe meno probabile.

Invece la tenuta della crescita nelle principali economie del mondo (Cina e USA in primis) consente anche all’Europa, che in questo momento appare come la cenerentola tra i paesi industrializzati, di non vedere del tutto nero il proprio futuro. Ma al tempo stesso rischia di lasciare alti ancora a lungo i tassi d’interesse.

MENTRE L’EUROPA SOFFRE

In Europa però dei problemi ci sono eccome: innanzitutto la potenziale carenza di materie prime ed energia, a causa delle tensioni geopolitiche in Est Europa e Medio Oriente, che determina un tasso d’inflazione più elevato che oltreoceano. E questo nonostante la dinamica salariale non si sia ancora adeguata pienamente ai rincari nei prezzi al consumo come invece è successo quasi immediatamente in America. Cosa che lascia supporre che prima o poi invece riprenderà a a correre, mantenendo pressione sulla misura complessiva dell’inflazione.

Dunque l’Europa sembra destinata a non vedere scendere l’inflazione tanto presto quanto quella degli USA, nonostante che la propria economia corra assai meno di quella americana.


LA SITUAZIONE ITALIANA

Il PIL italiano sembra marciare meglio di quello di tanti altri Paesi europei, ma se guardiamo alla produzione industriale di casa nostra (che da noi spesso è un indicatore del reale andamento dell’economia migliore del PIL) questa è in deciso rallentamento (prevista in ribasso del 2,3% per la fine di quest’anno su quello precedente). Le ragioni vanno cercate nella moderazione dell’export, indubbiamente penalizzato da sanzioni e tensioni, ma anche nel nostro Paese, a causa del calo degli investimenti (anche quelli pubblici), che risentono degli interessi più elevati e della stretta monetaria, la quale riduce inevitabilmente la disponibilità di credito (i prestiti bancari hanno segnato un bel -6,2% annuo ad Agosto) , quanto in ragione della diminuzione dei consumi, principalmente derivante dalla riduzione del potere d’acquisto dei salari medi.


Tuttavia il costo del lavoro per unità di prodotto in Italia è cresciuto del 4,8% l‘anno scorso, la produttività dell’industria italiana è scesa (-1,8% nel 2022) e si presume possa continuare a volgere al ribasso anche quest’anno, insieme con i margini industriali. È quasi certo poi che le risorse del PNRR, che avrebbero dovuto contribuire positivamente allo sviluppo economico italiano, saranno utilizzate soltanto in parte, tanto quest’anno come nel prossimo. Dunque l’economia italiana resta esposta a molti rischi e mantiene poche speranze di accelerare la propria crescita.



DOVE SI RIVOLGONO GLI INVESTITORI

In questo scenario complessivo con più ombre che luci ovviamente per i risparmiatori l’investimento in titoli a reddito fisso resta da maneggiare con prudenza, dal momento che eventuali tensioni su petrolio e gas potrebbero riflettersi in ulteriori rialzi dei tassi e forti minusvalenze sui titoli a 10, 20 o 30 anni. D’altra parte non si può sperare troppo (o troppo presto) in una Borsa valori molto dinamica, sebbene ci si attenda un piccolo “rally” per fine anno.

Sia perché comunque i vari indici dei listini azionari sono comunque piu in alto di circa il 15% dall’inizio del 2023, ma anche perché altri due fattori tendono a comprimere la performance della Borsa di Milano: l’attesa generalizzata di una riduzione dei profitti e la tendenza alla riduzione della liquidità disponibile che finisce per penalizzare il credito, disincentivando di conseguenza investimenti ed efficientamenti produttivi.

Occorre però rammentare che i tassi d’interesse più elevati che forse resteranno più a lungo di quanto pensavamo comporteranno necessariamente una decisa riduzione delle valutazioni d’azienda oggi correnti per le grandi società quotate. Questo perché quando sale il tasso di attualizzazione dei profitti prospettici di ciascuna impresa, il valore attuale netto di quei profitti non può che ridursi.

Il grafico qui sotto riportato parla chiarissimo in proposito:

IL “VOLO VERSO LA QUALITÀ“ HA DUNQUE SENSO?

Ciò che si potrebbe dunque obiettare è che la tendenza attuale degli investitori, che da un po’ di tempo a questa parte perseguono il cosiddetto “volo verso la qualità” (cioè titoli di società più grandi e più liquide) possa non essere razionale: se il mercato valuta troppo le grandi imprese a scapito di quelle più piccole e meno internazionalizzate (che soffrono valutazioni molto compresse) bisognerebbe casomai censire chi, tra queste ultime, può promettere le migliori performances prospettiche, piuttosto che pagare elevate valutazioni di imprese già grandi.

Per fare un esempio pratico occorre notare che anche in Italia, dove non esistono le “magnifiche sette” cioè le “Big Tech” come spesso vengono chiamate in America, c’è una forte prevalenza -tra le società quotate- di imprese bancarie e finanziarie, che evidentemente in questo periodo hanno beneficiato degli aumenti del margine di interesse (tra tasso attivo e tasso passivo). Gli indici di Borsa che negli ultimi mesi sono cresciuti hanno riflesso soprattutto la risalita dei valori delle banche, che peraltro erano state particolarmente penalizzate negli anni passati.

Nel prossimo futuro però le prospettive rosee che sino ad oggi hanno guidato la corsa dei titoli bancari e finanziari potrebbero evaporare, soprattutto qualora una recessione globale risultasse conclamata, ovvero arrivassero ulteriori rialzi dei tassi d’interesse, che potrebbero portare l’economia italiana a sprofondare.

E’ POSSIBILE CHE LE BORSE NON CRESCERANNO NE’ CROLLERANNO

E’ insomma più probabile che, al di là di qualche euforia momentanea, i listini azionari nazionali (e forse anche europei) non crollino né corrano, ma viaggino invece piuttosto piatti sino appunto all’eventuale “festa” di fine anno. Poi le cose potrebbero cambiare, poiché eventuali altri rallentamenti dell’economia occidentale potrebbero indurre le banche centrali a riaprire i rubinetti della liquidità, anche per sostenere il rinnovo delle emissioni di debito pubblico, assai elevate un po’ dappertutto (cioè non soltanto in Italia). Quando ciò dovesse accadere le borse non potrebbero che risentirne positivamente, sinanco qualora i tassi d’interesse non dovessero scendere presto (cosa che a mio parere resta al momento quasi certa).

I listini delle borse tuttavia tengono conto dei livelli (elevati) di capitalizzazione delle imprese grandi e di quelli (ridotti ma più numerosi) delle imprese minori, non finanziarie e non iper-tecnologiche. La media insomma è un po’ quella del pollo. È relativamente probabile pertanto che nei prossimi mesi tornino a crescere le valutazioni dei titoli minori e si riducano quelle dei titoli a più ampia capitalizzazione, con l’effetto di poca variabilità degli indici generali.


LE IPO TUTTAVIA POTREBBERO BENEFICIARNE

Chi potrebbe beneficiare di questa situazione “bloccata” (niente crescita né decrescita) sono le operazioni I Initial Public Offering (IPO), cioè le matricole di Borsa, che potrebbero trovare terreno fertile per accedere al listino, pur accettando valutazioni non certo elevatissime. I fondatori di quelle imprese che dovessero accedere al mercato dei capitali oggi non stapperanno lo Champagne per le valutazioni astronomiche che si sono viste in passato, ma in compenso otterranno una base più stabile sulla quale costruire percorsi di internazionalizzazione e di sviluppo tecnologico senza dover al contempo pagare tassi di interesse che rischiano di non essere compatibili con la necessità di dedicare tutte le risorse alla crescita e alle acquisizioni. Se sui mercati resterà un po’ di liquidità è possibile pertanto che questa si rivolgerà di più alle IPO piuttosto che ai titoli che risultano già molto “cari” in termini di valutazione, incrementando la diversificazione

I PRESTITI OBBLIGAZIONARI CONVERTIBILE E CONVERTENDO

Se dunque il contesto generale prevede borse relativamente stabili e tassi d’interesse potenzialmente ancora a lungo elevati, cosa converrebbe di più che piazzare sul mercato obbligazioni convertibili alle numerose medie imprese italiane che devono ugualmente reperire risorse? Il prestito obbligazionario convertibile o convertendo (POC) è un finanziamento alle imprese che nel primo caso lascia ai sottoscrittori la libertà di convertire in azioni i titoli a reddito fisso, nel secondo caso prevede invece la conversione automatica in capitale, lasciando casomai all’impresa (e a determinate condizioni) la possibilità di rimborsarlo. In entrambi i casi però le imprese che li emettono possono godersi una riduzione del tasso d’interesse intorno alla misura del tasso neutrale (tipicamente l’EURIBOR cioè il tasso interbancario), ottenuta in cambio dell’opzione di convertibilità concessa ovvero in cambio dello sconto sul prezzo di conversione futuro.

L’ACCESSO AL MERCATO E’ SEMPRE PIÙ AGEVOLE

Ovviamente perché il POC risulti appetibile l’impresa dovrebbe essere quotata su un mercato regolamentato (almeno all’Euronext Growt, se non al MTA, il listino principale) oppure deve inserire l’operazione all’interno di un percorso di quotazione da eseguire nel tempo massimo di due o tre anni. Ma la quotazione è un passaggio che non appare più così impervio com’era in passato! E’ sempre più abbordabile per la maggioranza delle imprese che hanno superato la piccola dimensione (normalmente è sufficiente avvicinarsi alla decina di milioni di fatturato ovvero al milione di margine operativo lordo), ha costi decisamente limitati (che peraltro vengono finanziati con l’aumento di capitale riveniente dal collocamento) e non richiede particolari manovre dal punto di vista della governabilità dell’impresa. Recentemente poi la Borsa ha ridotto i requisiti minimi relativi alle procedure di controllo e alla reportistica contabile delle società quotate, spianando la strada perché accedano al listino anche le società più giovani e meno strutturate.


Al listino Euronext Growth di Milano (EGM) sono arrivate sino ad oggi in media trenta-quaranta matricole l’anno da quando esiste. Diverse delle quali, una volta quotate, hanno successivamente deciso di passare ad altri listini (lo STAR, l’MTA o Borse di altri Paesi al di fuori del nostro) o infine hanno optato di uscire dal listino azionario con un’operazione di “delisting”. Ma con il rialzo dei tassi d’interesse il numero delle società quotate sembra destinato ad aumentare decisamente.

L’ALTERNATIVA ALL’IPO IMMEDIATA: IL “CONVERTENDO”

Se in questo momento le valutazioni d’azienda risultano svantaggiose, per molte imprese che valutano se e quando accedere al mercato borsistico può risultare conveniente rinviare di qualche tempo il momento in cui vengono valutate correttamente. Qualora infatti esse emettano un Prestito Obbligazionari “Convertendo”, di fatto rinviano tale momento all’incirca di due o tre anni. Un tempo che può risultare accettabilmente breve per i sottoscrittori che immobilizzano in questi strumenti in attesa di poter disinvestire in futuro e sufficientemente lungo per gli emittenti (le società e le banche) per poter sperare che le prospettive del listino azionario migliorino sul serio.

I NUMEROSI VANTAGGI DEI POC

Oltre al tasso più basso da offrire ai sottoscrittori di questi titoli, con cui beneficiarli in cambio di una possibilità di guadagnare di più nel medio termine, le imprese emittenti possono inoltre risultare interessate anche a discutere in contemporanea della loro futura quotazione in Borsa con gli emittenti, dal momento che una parte del collocamento di titoli azionari futuri, per il tramite del prestito obbligazionario (soprattutto quello “convertendo”) risulta in tal modo già piazzata sul mercato.

Un altro vantaggio del POC “convertendo” è quello della natura dei titoli emessi, di fatto assimilabili a capitale di rischio dal momento che il loro eventuale rimborso ai sottoscrittori è a discrezione dell’impresa emittente, e dunque capaci di incrementare corrispondentemente il patrimonio netto e contribuendo a fornire all’impresa emittente alcuni dei vantaggi derivanti dal risultare quotata in Borsa pur rinviando nel tempo il momento in cui ciò avverrà davvero. In molti casi infatti l’impresa sta concludendo degli investimenti o completando un percorso di risanamento e non risulterebbe molto appetibile per i sottoscrittori. Spostando invece in avanti di un paio d’anni il momento in cui essa sarà oggetto di valutazione, è nel frattempo libera di eseguire il proprio piano aziendale e di conseguire i risultati attesi, pur incamerando immediatamente parte delle risorse della quotazione futura.


La natura “equity” dell’apporto di risorse in tal modo rende di fatto l’impresa anche più capace anche di attingere credito da altre fonti (tipicamente banche e fondi di private debt). Anche dal punto di vista dei costi di emissione l’operazione di collocamento di un POC può risultare conveniente rispetto al totale degli oneri tipici di un collocamento azionario. Nel caso del convertendo poi c’è anche la certezza di conoscere già l’importo del titolo a reddito fisso che verrà convertita in patrimonio netto, pur mantenendo la possibilità di rimborsarlo a discrezione dell’emittente.

Ma anche laddove l’impresa risultasse già quotata il POC potrebbe risultare utile, dal momento che il prezzo di esercizio della conversione viene rinviato di due o tre anni: il tempo sufficiente per migliorare i propri indici di bilancio. Nel caso di titoli “convertibili” invece il prezzo di conversione è per definizione più alto di quello attuale (anche in ragione della durata del POC).

Vi è infine un effetto “diversificazione delle fonti di finanziamento“ che in tempi di liquidità ristretta del mercato del credito può risultare particolarmente efficace nel permettere all’impresa di ottenere un maggior livello di risorse finanziarie, senza al tempo stesso “ingolfare” la propria posizione in Centrale Rischi o nella percentuale di utilizzi delle linee di credito accordate.

COSA SUCCEDERÀ TRA DUE O TRE ANNI ?

Molti operatori concordano nel ritenere che il mercato azionario, dopo una pausa che potrebbe riguardare l’intero 2024, potrà finalmente tornare a salire in funzione del fatto che le attuali tensioni inflattive, geopolitiche e di rischio di recessione, alla fine potrebbero venire meno, lasciando spazio a situazioni congiunturali più serene. Una prospettiva congiunturale decisamente migliore di quella attuale.


Anche per questo potrebbe risultare interessante mantenere la possibilità di rimborsare anticipatamente il POC (o comunque a scadenza) laddove il mercato potesse esprimere situazioni di maggior convenienza. Dunque la dilazione non gioca soltanto a favore del sottoscrittore, ma anche dell’emittente. Rilanciando la scommessa sulle performances aziendali e di mercato di almeno un paio d’anni. Cosa che potrebbe risultare conveniente a prescindere da quello che succederà davvero.

Ma soprattutto, nella misura in cui l’economia mondiale tornerà a correre, le imprese dovranno necessariamente fare i conti con la necessità di investire fortemente, crescere internazionalmente ed incrementare il contenuto tecnologico delle proprie attività. Ciò sarà tanto più vero quanto più lo sviluppo economico accelererà. E senza aver avuto accesso diretto al mercato dei capitali per raccogliere quelle risorse sarà sempre più difficile per le piccole e medie imprese vincere le proprie sfide. È pertanto un qualcosa che andrebbe messo in cantiere sufficientemente per tempo!

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 49 – sabato 28 ottobre 2023


Operazioni in essere 

nessuna

ve 20 ott alle 8.20 era stato comprato 1 DIC MICRO NAS 100 FUT a 14800 con stop loss 14600 che è stato eseguito già lu 23 ott alle 11.19 registrando una perdita di USD 14800 – 14600 = 200 x 2 pari a USD 400 equivalenti a EURO 377;

ve 20 ott alle 16.15 era stato comprato 1 DIC MINI DOW FUT a 33.400 con stop loss 33000 che è stato eseguito gio 26 ott alle 13.05 registrando una perdita di USD 33400 – 33000 = 400 x 5 pari a USD 2000 equivalenti a EURO 1895.

Il problema di ISRAELE rischia di estendersi anche oltre HAMAS e potrebbe divenire più rilevante negli influssi sui Mercati.

Tale fattore esogeno può prevalere grandemente sul normale andamento dei mercati e ritengo pertanto che questa Lettera non debba inserire nessun ordine sul Mercato.

GOLD DIC 23

Da tempo indico nel corpo della Lettera e sui grafici il valore 1998 che corrisponde al top di apr 2022, mese di grande importanza.

GOLD CASH non ha mai chiuso un mese sopra. Per darne evidenza allego grafico mensile, dal quale si vede che GOLD è salito anche fino a 2060, ma non ha mai chiuso sopra 1998 l’ultimo giorno di ogni mese.

Martedì 31 ott 2023 potremmo assistere alla prima chiusura mensile sopra questo prezzo; se così fosse, data la notevole importanza del top di aprile 2022 per motivi di ciclo temporale, il dinamismo di GOLD potrebbe incrementare in misura non prevedibile.

Proverò a formulare una strategia in tale evenienza; se invece, ancora una volta, non si verificasse una chiusura sopra 1998, proverò a ribaltare lo schema.

SILVER DIC 23

Allego un grafico settimanale con la solita trend line da 30,09 assaggiata molte volte e un’altra di pendenza dimezzata, che potrebbe rappresentare il primo ostacolo in alto.

Ritengo che SILVER e GOLD siano particolarmente scollegati dal giorno in cui è sorto il problema ISRAELE, in quanto GOLD è, oltre che un metallo industriale, anche un bene di rifugio, mentre SILVER è principalmente una materia prima, ma dubito che possa impennarsi GOLD a fronte di un calo di SILVER sotto 21,50, che è l’unica zona di prezzo ove comprare con rischio accettabile.

Escludo infine di assumere ora posizione al ribasso su SILVER.

Nel caso si verificasse una salita di GOLD con rottura del triplo massimo in area 2075, GOLD potrebbe accelerare anche molto e SILVER immagino lo seguirebbe, anche se non è prevedibile con quale rapporto di forza relativa tra i due Mercati.

Continuo a evidenziare il livello di 25,01 corrispondente alla 52esima settimana, alla eventuale rottura del quale potrebbe partire un rialzo in grado di saltare con una certa facilità il livello di 26,13 cash.

Ritengo infatti che l’eventuale accelerazione possa partire alla rottura di 25,01 e non di 26,13 che è il top più visibile.

Cambio argomento.

Avevo scritto :
“Nella settimana 53 dal minimo del 13 ott 2022, il mercato azionario USA (come immaginavo DOW JONES e NAS 100 in questo momento tengono contegno analogo) ha servito un outside che, l’ho scritto forse troppe volte, provoca gravi danni agli investitori che usano stop loss.

Questa Lettera inserisce SEMPRE gli stop loss contestualmente alla eventuale apertura di ogni operazione, ma l’outside del 16 – 20 ott non ha ancòra subito lo stop loss.

Tuttavia è nell’aria………………………………………”

Così, purtroppo, è stato.

Nella settimana 23 – 27 ott ( la 54esima dal grande minimo del 13 ott 2022 ) la posizione al rialzo sul NAS 100 è stata stoppata già nelle prime ore di lu 23 ott mentre quella sul DOW JONES ha resistito fino a giovedì 26 ott.

………………………..Segnalo che il minimo di ve 6 ott 2023 ( 32848 DOW JONES CASH ) alla fine ha retto meno di 15 gg di trading.

Penso che vi sarà un secondo tentativo di spingere al rialzo il Mercato nelle prossime due settimane ( 55esima e 56esima dal 13 ott 2022 ) che si svilupperanno da lu 30 ott a ve 10 nov 2023.

Questi acquisti potrebbero partire intorno a 32000 DJ CASH ( + 100 DIC DJ FUT ), se certi signori vedono quello che vedo io.

Per disciplina, dopo aver subito uno stop loss, la Lettera non inserisce ordini su DOW JONES e NAS 100.

Se qualcuno riuscisse a far salire DOW JONES CASH oltre il prezzo di 34147 che fu il top dopo la spinta da ve 6 ott, su cui mi ero dilungato, farebbe molto comodo a questa Lettera, creando una figura grafica che troverei più leggibile di quella attuale.

DOW JONES INDU CASH

La discesa, già ampia, avvenuta nella settimana 16 – 20 ott è proseguita anche il 23 – 27 ott con un range complessivo dal top di 34305 a 32409 di DIC DJ FUT; il range è del 5,5 %.

Sembra un grande movimento, ma non è così.

Mi auguro, come già scritto, che il Mercato non ci faccia vedere troppo presto di cosa è capace, ma si è sinora liberato del solo ciclo di 52 settimane e già la violenza dei movimenti è aumentata.

Mi attendo ancor maggiore direzionalità dopo la metà di novembre.

Manca poco e la fretta non porta profitti.

NASDAQ 100 CASH

Avevo accennato al fatto che NAS 100 sembrava aver perso il vantaggio di forza relativa rispetto al DOW JONES che lo ha caratterizzato dal 2009 in poi, ma ancor più dal minimo del marzo 2020 ( 6771 in occasione del COVID – 19 ).

Sembra che così si stia comportando; se i FAANG + 3, che elenco su richiesta di un cliente :

FACEBOOK ( META )
APPLE
AMAZON
NETFLIX
GOOGLE ( ALPHABET )
MICROSOFT
NVIDIA
TESLA

non dovessero più beneficiare della fiducia assoluta degli investitori, potremmo vedere un parziale switch dei flussi finanziari a favore di altri “tecnologici”, oppure addirittura verso titoli “VALUE” che popolano maggiormente il DOW JONES rispetto al NAS 100.

In tal caso la strategia dovrà essere rapidamente adattata, pena trovarsi a sparecchiare la tavola.

Leonardo Bodini