OSSERVARE I CICLI ECONOMICI

Cosa succede sui mercati finanziari? Molte informazioni appaiono fornire messaggi contrastanti. La recessione più annunciata della storia sembra non arrivare e le borse sembrano sconfiggere la legge di gravità. L’ottimismo dilaga anche laddove lo scontro geopolitico si intensifica. Il prezzo dell’energia sembra scendere nonostante gli annunci dell’OPEC e l’inflazione sembra magicamente e velocemente rientrare. Ma la produzione industriale langue e gli investimenti strumentali rallentano. Le banche centrali mantengono un atteggiamento aggressivo nonostante abbiano rialzato i tassi più che velocemente che mai nella storia. Esiste una chiave per interpretare gli scenari controversi come quello attuale: l’analisi delle tendenze di lungo termine. Per chi ha nervi saldi, però!

 

I CICLI ECONOMICI SONO SBILANCIATI E SFASATI

Ricordo un bellissimo saggio di René Guénon con il titolo “Forme Tradizionali e Cicli Cosmici”, relativo alle diverse interpretazioni che la cultura umana ha voluto dare nei millenni all’ovvia ma non scontata constatazione della ciclicità degli eventi umani e dei conseguenti corsi e ricorsi. Che esista una ciclicità anche in economia è sempre stato dato per scontato, addirittura fino a sostenere, con qualche presunzione, l’assoluto alternarsi di fasi espansive e recessive dello sviluppo economico, quasi al pari di un pendolo che non potrebbe che oscillare più o meno regolarmente.

L‘osservazione dell’attuale congiuntura economica tuttavia dovrebbe aiutare parecchio a spazzare via questa sorta di preconcetto relativo alla similitudine dei cicli economici con le fasi oscillatorie di un pendolo: sono anni che osserviamo eventi tutt’altro che ciclici e costanti, tanto in senso espansivo quanto recessivo. Lo sviluppo economico non rassomiglia affatto all’onda sinusoidale tracciata da un pendolo in relazione allo scorrere del tempo. Esistono cicli economici estremamente brevi e altri molto più lunghi, i quali peraltro si sovrappongono relativamente alle diverse zone geografiche dove abita l’umanità e tra queste ultime non vi è quasi mai sincronizzazione.

Eppure esiste ugualmente una ciclicità dell’andamento economico, così come delle sue principali manifestazioni: la creazione (e distruzione) di ricchezza conseguenti alle riprese economiche e al loro opposto: le recessioni, i saggi d’interesse, la velocità di circolazione della moneta, i tassi di cambio delle valute e le oscillazioni verso l’alto e verso il basso delle quotazioni nei diversi mercati finanziari. E’ una ciclicità non scontata e le cui variazioni sono a volte repentine e imprevedibili, ma che esista è innegabile.

I CONSIGLI DI HOWARD MARKS

Al riguardo mi è capitato di leggere un recentissimo saggio di Howard Marks, l’arcinoto co-fondatore del colosso finanziario americano Oaktree: ”Taking the Temperature”, nel quale egli ripercorre l’applicazione negli scorsi decenni di un brillante metodo di ragionamento che lo ha guidato nell’approcciare le opportunità di investimento offerte dai mercati finanziari. Secondo Marks è impossibile prevedere la tempistica degli eventi e dunque sperare di avere sempre fortuna nel navigare le onde dei mercati. E ciò nonostante esistono criteri di buon senso che devono guidare coloro che li osservano nell’investire e nel disinvestire, ovvero nello sfruttare determinate opportunità di mercato e nel ritirarsene, anche qualora la tempistica di tali considerazioni porti a perdere delle grandi opportunità momentanee.


Un ragionamento (relativo alla necessità che tutto ciò che sale al cielo dovrà prima poi tornare a terra) non troppo diverso da quello di Warren Buffett, che lo ha reso famoso nel diffidare di tutte le “mode” e delle bolle speculative che si sono create ogni volta che sui mercati succedeva qualcosa di importante.

Howard Marks (come Warren Buffett) è rimasto famoso per applicare i suoi rigidi criteri di razionalità alle situazioni di eccesso e, anche per questo, entrambi sono passati alla storia per aver saputo individuare le situazioni di rischio e le opportunità che si creavano di volta in volta, approfittandone anche laddove per un periodo di tempo estremamente lungo i fatti sembravano dar loro torto.


Ovviamente per poter decidere di abbandonare i cicli speculativi prima che si esauriscano e attendere che se ne generino degli altri ci vuole non soltanto rigore, ma anche una certa stabilità finanziaria per non farsi abbindolare dalle tendenze del momento, la cui intensità e durata è sempre impossibile da centrare tutte le volte. Anche laddove la tempistica delle scelte che derivano dalla pura razionalità è risultata in anticipo o in ritardo di anni rispetto a ciò che avveniva sui mercati, alla fine il tempo ha sempre dato a entrambi ragione delle scelte di carattere fondamentale perseguite.

Citando il famoso Rudyard Kipling nel saggio “IF” (”SE”) che è quasi un poema, Howard Marks ricorda che la chiave di tutto sta nel “tener fede alla razionalità anche quando tutti quelli intorno a te sembrano averla perduta” (“keep your head when all about you are losing theirs”). Come farlo?

Esaminando con umiltà gli eventi passati per riuscire a riconoscerne delle effettive “uniformità relative” (per citare il famoso economista Gino Zappa) e trarne degli insegnamenti, con i quali ragionare per il futuro non appena si possa riuscire a comprendere in quale situazione di mercato ci si trova davvero.

ANDARE CONTROCORRENTE

Più facile a dirsi, ovviamente, che a farsi. Per riuscirvi occorre (e in questo tornano ad essere utili gli insegnamenti di René Guénon) cogliere quasi esclusivamente le cause scatenanti dei grandi cicli di fondo dell’economia, abbandonando la speranza di anticipare qualsiasi oscillazione dei mercati. E una volta che le si siano identificate, riuscire ad agire in senso opposto per poter trarre beneficio dall’aggiustamento che -prima o poi- arriverà a seguito della correzione di ogni eccesso dei mercati, anche se spesso ciò può apparire “controintuitivo”.


Soltanto l’osservazione delle determinanti dei grandi cicli di fondo dell’economia può farci guidarci a considerazioni razionali che ci permettano di agire in modo contrario al pensiero comune. Soltanto le macrotendenze consentono grandi benefici, i quali più che compensano la perdita di occasioni di guadagno o le temporanee avversità dei mercati, dove gli investitori di lungo termine risultano talvolta perdenti. I grandi cicli economici invece sono certamente più difficili da identificare e meno facili da cavalcare.

LE INDICAZIONI CHE DISCENDONO DALL’ATTUALE CONGIUNTURA

Proviamo dunque (senza pretendere di sapere cosa succederà effettivamente, e soprattutto quando) ad applicare questo modo di ragionare suggerito da Howard Marks alla ricerca delle determinanti di fondo dell’attuale congiuntura economica:

 

  • Siamo passati improvvisamente dall’epoca in cui le banche centrali hanno affogato di liquidità i mercati e hanno abbassato al di sotto dello zero i tassi di interesse a breve termine ad una fase in cui sta avvenendo l’esatto opposto: l’inflazione che si è sviluppata (com’era ovvio che fosse a seguito di QE e ZIRP) spingerà probabilmente ancora a lungo le banche centrali a fare marcia indietro, riducendo la liquidità disponibile e rialzando i tassi d’interesse sino a quando l’inflazione-obiettivo (quel mitico 2%) non sarà (quasi) raggiunto;
  • Questo comportamento delle banche centrali occidentali (che prima o poi si propagherà anche a quelle orientali che oggi sembrano andare in direzione opposta) ha indubbiamente effetti recessivi. Anche qualora per molti mesi lo sviluppo economico proseguirà, è probabile che alla fine il mondo possa andare incontro ad una recessione, cioè a una riduzione della crescita o a una riduzione “tout court” dei prodotti interni lordi. Un contesto in cui i consumi non potranno che contrarsi, gli investimenti ridursi e la liquidità scarseggiare;
  • Ciò nonostante i mercati finanziari non si sono ancora adeguati alla nuova tendenza di fondo, arrivando i listini azionari a toccare massimi storici che non potranno essere sostenibili nel lungo termine. Dunque non sappiamo quando i le borse faranno marcia indietro (potrebbero passare mesi o anni, anzi nel breve termine sono tutti ottimisti) ma sappiamo che probabilmente succederà perché -a questi livelli di mercato- le valutazioni d’azienda sono divenute troppo “care”. Interessante per chi ha posizioni “lunghe” sui mercati finanziari e sta pensando di disinvestire mentre, viceversa, è preoccupante per chi pensava di raccogliere capitali dalla borsa, dal momento che attendere a farlo può risultare nel medio termine penalizzante;
  • Quanto sopra vale anche per le “fusioni e acquisizioni”: se le valutazioni d’azienda risultano troppo elevate (si vedano i primi due grafici qui sopra) in relazione al mutato scenario di fondo, agli accresciuti tassi d’interesse e alla potenziale riduzione dello sviluppo economico, allora prima o poi i multipli di valore scenderanno. Interessante per chi sta pensando di vendere la propria azienda (meglio prima che poi) e preoccupante per chi acquista a questi livelli di valutazione;
  • E vale per il reddito fisso come per il mercato del credito: se siamo passati da un’epoca di abbondante liquidità e credito relativamente “facile” ad una di politica monetaria restrittiva, è allora ancora un buon momento per acquisire risorse finanziarie a lungo termine (nonostante il costo ne sia cresciuto) ed è invece relativamente sfavorevole per chi intende prestare denaro, soprattutto se l’inflazione si rivelerà persistente. Interessante per chi emette bond ma non per chi li compera (vedi sopra il grafico: “US TREASURE AGG.NET SPEC.POSITION);
  • Così è possibile che l’inflazione (vedi grafico CPI sotto), apparentemente oggi già in forte discesa, non venga sconfitta così facilmente come sperano oggi gli speculatori e come vorrebbero gli imprenditori spaventati dalla risalita del costo del denaro: è sì probabile che essa scenda nel tempo ma è altrettanto possibile che ciò non accada linearmente, bensì secondo una “normale” sinusoide, che pertanto allungherà i tempi della sua debellazione. Una notizia positiva per tutti coloro che attendono di veder rivalutati i prezzi di beni immobili e di altri possedimenti “fisici” (che tendono ad adeguarsi lentamente) ma al tempo stesso negativa per chi spera che presto i tassi d’interesse sarebbero tornati a scendere. Positiva per i mercati azionari e negativa per i titoli obbligazionari.


MA NON È MAI COSÌ SEMPLICE

Ovviamente queste considerazioni prescindono totalmente dall’azzeccare la tempistica con la quale prendere atto delle tendenze di fondo, così come si applicano al mondo nella sua interezza prescindendo necessariamente da singoli fatti che possono accadere una singola regione economica. Il contenuto informativo pertanto di queste considerazioni appare necessariamente limitato. Quello speculativo quasi nullo.


Eppure i cicli economici esistono. Riuscire a distinguerli e a vincere la tentazione di assecondarli prendendo coscienza del fatto che quando si è giunti a determinati assoluti la tendenza non può che invertire, aiuta a mantenere una prospettiva lucida tanto per contestualizzare il macro-ambiente in cui si muovono (e si finanziano) le imprese, quanto a trarne profitto per l’investimento di lungo termine sui mercati.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 39 – sabato 15 luglio 2023

Operazioni in essere :

– Lu 3 luglio al mattino comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1924,50
– Gio 6 luglio comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1910,00 , ora con stop loss per tutti a 1925
– Gio 6 luglio comprato 1 SETT MINI DOW a 34200, ora con stop loss in pareggio a 34200

Nella N. 38 avevo scritto :
“Troppi eseguiti in soli 5 gg ……… forse i prezzi di acquisto erano troppo generosi; ……….Vedremo.”
Non solo gli acquisti hanno avuto buon esito, ma una grande FORTUNA ha evitato per un soffio ( lu 10 luglio il bottom dj fut è stato 33803, mentre lo stop loss era 33800 ) di subire lo stop loss e poi veder salire il DOW con forza convincente. ( attenti, ora gli “esperti” sono tutti positivi, quando lo saranno anche i “nessuni”, dovrò esser pronto a servire il piatto freddo )
Anche il FUT GOLD, dopo un acquisto al meglio a 1924,50 – ha centrato anche l’acquisto a 1910, con discesa poco sopra 1900 ( stop loss 1895, nemmeno sfiorato )
Tanta fortuna, ma non darei per scontato un posizionamento casuale degli stop loss.
Altre volte, su SILVER FUTURE, altrettanta sfortuna……………
Se non si vuole subire stop loss, non bisogna metterli ( si fallisce ), oppure bisogna posizionarli ben larghi ( poche volte si verrà colpiti, ma sarà un affondamento ).
Spero di subire molti stop loss da pochi euro e di guadagnare poche volte………….tanti euro.

GOLD AGO 23

Alzo lo stop loss a sufficienza da non perdere su nessuno dei due prezzi di ingresso, non per analisi tecnica, ma per regola di money management.

Ritengo prematuro andare short in rottura di 1895, quindi : solo stop loss.

Il livello 1998 ( top aprile 2022 ) è solo un primo ostacolo, più volte ecceduto.

Osservate, sul grafico mensile allegato alla N. 37, che mai un mese ha chiuso sopra.

Ci sarà un perché. Quando dovesse succedere, sarò pronto a reagire.

Per la prima volta segnalo che ormai molti parlano di un TRIPLO MASSIMO in zona 2070 da usare per una vendita.
Questi “molti” mi sembrano troppi, non vorrei che fossero gli stessi che, nella salita da 1800 a 2060, invocavano ……….2500………3000.

In tal caso credo che, dopo una eventuale chiusura mensile sopra 1998 ( rammento nuovamente che si tratta del top di aprile 2022, di notevole rilievo ciclico ) potremmo assistere allo sfondamento del triplo massimo, con accelerazione difficile da stimare.

SILVER SETT 23

BRAVO !

Si è liberato degli investitori ed è volato via.

Avevo scritto : “Lo potrei solo comprare, errato venderlo e il movimento al rialzo da 22,11 sembra confermare la visione”

Non solo sta salendo, ma dimostra una maggiore forza rispetto a GOLD.

Ha raggiunto un ostacolo a 25 circa e il prossimo sarà un doppio massimo con 26,13

Ovviamente si tratta di un range, non di un punto.

L’ampiezza del recente movimento non consente ingressi, né al rialzo, né al ribasso.

DOW JONES INDU CASH

L’acquisto a 34200 ha visto lo stop loss 33800 sfiorato a 33803.

Grande fortuna, che mi compensa abbondantemente dei tentativi ( sfortunati ? ) di acquistare SILVER.

L’obiettivo è una salita del 4 – 5 %, ma certamente il rischio è molto alto, dopo una salita di 6000 punti da 28660 ( 13 ott 2022 )

Invito ad osservare come DOW CASH sta vicino alla trendline tracciata dal 13 ott 2022 ( 28660 )

Pare incollato. Un po’ sopra, un po’ sotto. Comunque sale e merita di non essere chiuso, ma di essere accompagnato con uno stop loss, che al momento posiziono a 34200, vale a dire sul punto di ingresso.

La mia speranza è che cammini ancora un po’.

So bene che presenta un utile già rilevante ( oltre 2000 usd per un solo mini future ), ma devo accettare l’eventuale stop in pari, se voglio vedere il gioco fino in fondo.

Nelle ultime 15 sedute sembra disegnare una W che trovo un po’ troppo ben disegnata, direi da manuale. Vediamo chi vuole punire. Certo non starei al rialzo sotto l’eventuale rottura di 33610 cash.

NASDAQ 100 CASH

Questa Lettera ha eseguito una sola operazione su NAS 100, che amo molto, ma non posso dimenticare che ha massacrato famosi asset manager.

L’operazione è recente, con grande profitto di usd 2260 su un infimo investimento di ( 13400 x usd 2 ) usd 26800.

Ho evidenziato nel grafico settimanale che da marzo 2023 ha già disegnato quattro outside settimanali, tutti al rialzo, quindi ha espulso dal mercato per quattro volte tutti gli operatori che usano stop loss settimanali, per poi volare via, senza di loro.

So che parlo del NAS 100 come di un animale scaltro, ma è una vera BELVA.

Segnalo che il primo dei target “grafici” è stato raggiunto, con chiusura settimanale esattamente sul target – 15600 circa

Il prossimo obiettivo è 800 punti più in alto.

Se basta così , ce lo farà sapere.

Non entro al rialzo se non fa una figura riconoscibile per me e non mi sogno di anticipare la svolta al ribasso, dopo 4 outside settimanali rialzisti in 4 mesi

Leonardo Bodini




GLI INTERESSI DIETRO AI RIALZI DEGLI INTERESSI

I dati macroeconomici accreditano la politica di rialzi dei tassi annunciata dalla Banca Centrale Europea? Sta avendo effetto? Quanto i sacrifici che essa imporrà sono giustificati dalla sua efficacia? È corretto dunque che si comporti come la Federal Reserve Bank of America? Oppure no? E in tal caso per quale motivo intende ugualmente persistere? Qualche considerazione e qualche numero possono aiutarci a comprendere meglio cosa sta succedendo…

 

L’EUROZONA NON È L’AMERICA

La FED ha perseguito una politica di rialzi dei tassi d’interesse con buon anticipo rispetto alla BCE. Per certi versi essa ha avuto una sua ragion d’essere nel domare un mercato finanziario sin troppo effervescente, nello scoraggiare l’eccesso di spesa dei consumatori (spesa supportata dal credito al consumo, giunto ai massimi di sempre) e nel riequilibrare la bilancia dopo forti interventi di politica monetaria in senso opposto (ricordate l’Helicopter Money di un paio d’anni fa?). E a giudicare dai fatti ha avuto effetto (vedi grafico sottostante). Ciò nonostante l’America non è in recessione (l’attuale ritmo di crescita dell’economia è al 2% annuo), non è detto che ci vada affatto, e Wall Street ha da poco toccato nuovi massimi storici.


L’Eurozona invece non è l’America. Non ha le “big seven” (le grandi multinazionali della tecnologia che “pesano” per oltre un quarto del totale dell’indice SP500 e che hanno pesato per quasi il 70% della crescita di Wall Street da Ottobre a oggi). Non ha nemmeno la medesima elasticità del mercato del lavoro e non ha la stessa unità d’intenti degli USA, che vantano un governo federale, mentre l’Europa resta un’Unione solo sulla carta. L’economia europea poi non ha il dinamismo americano, e non ha le risorse naturali che abbondano oltreoceano. Anzi, ha la guerra russo-ucraìna alle sue porte (e in buona parte a sue spese) e ha la sua principale economia -quella tedesca- in recessione tecnica già dall’autunno 2022.

CI VORREBBE PRUDENZA

Basterebbero queste considerazioni per indurre a maggior prudenza i banchieri centrali europei, reduci da una raffica senza precedenti di incrementi dei tassi d’interesse e pronti a proseguire ancora a lungo. La collocazione in territorio asburgico dell’Eurotower (la sede della BCE) supporta già per sé un’austerità ideologica difficile da eradicare, ma è oramai destituita di ogni fondamento dall’analisi empirica dei dati macro-economici. E invece i medesimi si riuniscono a Sintra (in Portogallo) e dichiarano guerra senza quartiere all’inflazione strisciante a colpi di rialzi senza limiti ai tassi d’interesse, pur ammettendo di non aver ben chiara né la strategia e nemmeno a quali conseguenze potranno dare luogo quegli incrementi.


A Francoforte intendono cioè usare tutti gli strumenti della politica monetaria (aumento dei tassi, contrazione della liquidità, riduzione del portafoglio titoli di stato, ecc…) per arrivare a comprimere lo sviluppo economico continentale, e così ridurre l’inflazione anche al costo di una dura recessione. E questo anche se è oramai chiaro che le cause dell’inflazione europea provengano da molto lontano (difficoltà negli approvvigionamenti energetici dopo il taglio di quelli russi, scarsità di materie prime essenziali, non-autosufficienza alimentare, eccetera) e che esse non risiedono dunque nell’eccesso di domanda di beni e servizi.


LA BANCA CENTRALE HA GIÀ MINATO LA SUA CREDIBILITÀ

Nella memoria degli osservatori è ancora nitido il ricordo della futile dichiarazione di “transitorietà” della fiammata dei prezzi del post-covid da parte dei medesimi banchieri centrali che oggi vogliono apparire più realisti del re. Un’errore clamoroso e grossolano che ha dato il via libera ad un’inflazione a due cifre che stiamo pagando caro in termini di riduzione del reddito disponibile delle fasce più disagiate della popolazione. Oggi un secondo grave errore minerebbe alla radice la credibilità della BCE!

L’Eurozona infatti rischia di trovarsi esattamente all’opposto degli USA: le dosi da cavallo delle restrizioni monetarie in corso, finalizzate a domare l’inflazione “a prescindere” dal suo andamento tendenziale (che invece sta scendendo) è probabile che generanno una lunga serie di problemi al tessuto economico, a partire dall’ impoverimento dei numerosissimi detentori di abitazioni finanziate con mutui a tasso variabile, fino al rischio che la restrizione del credito alle imprese possa generare fallimenti e mancati investimenti, cioè disoccupazione e pressione al ribasso per i salari, che rischiano di restare al palo qualora si dovessero confrontare con una maggior disoccupazione, mentre i prezzi di beni e servizi essenziali quali il cibo e l’energia sono quasi raddoppiati.

IN AMERICA HANNO SALVAGUARDATO (TUTTI) I DEPOSITI BANCARI

Occorre peraltro notare che invece oltreoceano il governatore della Federal Reserve ha recentemente fatto una scelta di prudenza, prendendosi una pausa negli aumenti dei tassi d’interesse, per poterne misurare l’impatto sull’andamento dell’economia, che peraltro appare molto più frizzante della nostra. L’America potrebbe non entrare affatto in recessione, pur con la probabile prosecuzione della stretta monetaria. L’Europa invece c’è già almeno in parte (la Germania, quantomeno). E da noi non c’è la febbre da Intelligenza Artificiale che sta cambiando radicalmente i connotati della transizione digitale dell’industria americana, già di per sé molto più avanzata della nostra. Non ci sono le industrie belliche americane, non c’è la Silicon Valley con le sue tecnologie informatiche all’avanguardia.


A casa nostra l’aumento indiscriminato dei tassi d’interesse oltre a scoraggiare gli investimenti produttivi, l’accensione di mutui ipotecari e l’acquisto di beni durevoli, ha effetti quantomai scontati sul merito creditizio delle imprese, che già di per sé risultano molto meno capitalizzate delle loro corrispondenti americane. Senza considerare poi che l’effetto del rialzo dei tassi sulle minusvalenze per i titoli di stato e le obbligazioni societarie detenute dalle banche, nonché la probabile nuova ondata di insolvenze che si abbatterà sui crediti erogati dalle medesime rischiano di creare nuovi casi ”Eurovita” o “Credit Suisse” e nuovi rischi sistemici sull’apparato finanziario che lubrifica il funzionamento dell’economia.


In America il caso dell’insolvenza delle prime banche cadute nella trappola dei rialzi dei tassi è stato domato dal governo federale con la protezione totale dei depositi bancari, rintuzzando il rischio di una corsa agli sportelli che stava già iniziando. In Europa invece non c’è un vero governo centrale e non ci sono risorse finanziarie federali. Pochi governi dunque potrebbero davvero permettersi il medesimo intervento degli USA a protezione del sistema bancario. Da noi c’è invece ancora il Bail-In (cioè l’addossamento ai depositanti dei rischi delle banche), una parola che andrebbe pronunciata correttamente alla genovese per comprenderne il vero significato!

Dunque giocare con il fuoco di nuove potenziali situazioni di insolvenza bancaria potrebbe costare caro ad un’economia meno dinamica, con un mercato dei capitali che può supplire assai meno al ruolo delle banche ordinarie nei confronti delle esigenze finanziarie delle imprese, e con un livello di debito pubblico che in molti casi è già oltre il limite della sostenibilità.

UN AZZARDO MORALE E MATERIALE

Non si tratta perciò di sostenere una tesi economica contro un’altra, bensì di constatare fatti e numeri, che dovrebbero indurre molta più prudenza ai piani alti della turris eburnea (la torre d’avorio) di Francoforte dove ha sede la BCE. Quantomeno per prendersi una pausa, probabilmente doverosa per constatare lo stato di fatto dell’industria europea, che rimane al momento assai difficile da interpretare, mentre mancano ancora molte essenziali infrastrutture, anche a causa della mancata creazione di un vero governo federale.

Le spese dell’azzardo di proseguire indiscriminatamente con la corsa dei tassi difficilmente andranno a ricadere sulle borse, che restano relativamente toniche e pronte a raggiungere nuovi massimi storici. Non soltanto perché l’investimento azionario costituisce di per sé una buona protezione dall’inflazione, ma anche per il fatto che, se l’economia non andrà del tutto a rotoli, saranno le migliori e maggiori imprese (cioè quelle quotate in Borsa) a poter fare più profitti, anche a spese di quelle piccole e meno capitalizzate.


CHI RISCHIA DI PAGARE GLI ERRORI DELLA BCE

Le “spese” di questo rialzo ostinato e violento dei tassi d’interesse rischiano invece di farle gli artigiani e i piccoli imprenditori (che peraltro costituiscono l’ossatura del sistema industriale italiano), i pensionati (i quali hanno la matematica certezza di non ricevere adeguamenti retributivi al pari dell’inflazione effettiva dei prezzi al consumo), i piccoli proprietari di abitazioni, che vedono quasi raddoppiata la loro rata del mutuo, i produttori di macchinari e strumenti di lavoro, i quali subiranno l’impossibilità per gli acquirenti di finanziare gli acquisti, i commercianti, che vedranno ridurre le loro vendite quantomeno parallelamente alla riduzione del reddito medio disponibile.

Difficile giustificare tutto ciò, quando si predica a tutto spiano la transizione energetica e l’inclusività delle popolazioni che migrano verso l’Europa. Più probabile prendere atto di un altro inequivocabile dato di fatto: le banche centrali con il rialzo dei tassi trasferiscono a banche e finanzieri i profitti che prima appartenevano agli industriali e ai commercianti. E riducono l’impatto effettivo dei debiti pubblici a spese dei piccoli risparmiatori. Perciò, quando ci si chiede per quale motivo i banchieri centrali ripetono ostinatamente la medesima solfa della necessità di altri rialzi dei tassi di interesse, occorre prima guardare a chi conviene che vada così.


E, come si suol dire, “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si coglie”. La Banca Centrale Europea non può ridurre il suo ruolo a quello di un “comitato d’affari” in combutta con la Commissione Europea. Nasce indipendente dalla politica proprio per poter sostenere la stabilità monetaria e, indirettamente, il benessere di tutti i suoi cittadini. Voler scientemente provocare una recessione non può dunque rientrare tra i suoi obiettivi! Tantomeno se l’inflazione non nasce dall’eccesso di consumi e per di più scende già da sola.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 38 – sabato 8 luglio 2023

Operazioni in essere :

– Lu 3 luglio al mattino comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1924,50
– Gio 6 luglio comprato 2 AGO MICRO GOLD a 1910,00 , ora con stop loss per tutti a 1895
– Gio 6 luglio comprato 1 SETT MINI DOW a 34200, ora con stop loss a 33800

Troppi eseguiti in soli 5 gg
Fa pensare. Forse i prezzi di acquisto erano troppo generosi; diversamente potrebbe crollare tutto.
Vedremo.

GOLD AGO 23

Continuo ad usare come stop loss ( circa ) il minimo della settimana 26 – 30 giu , che aveva un medio valore ciclico.

Non posso alzare lo stop loss, finchè il mercato non offrirà un pattern daily veramente significativo.

Ritengo prematuro andare short in rottura di 1895, quindi : solo stop loss.

Il livello 1998 ( top aprile 2022 ) è solo un primo ostacolo, più volte ecceduto.

Ora non è più un valore puntuale, ma una verifica per accertare una eventuale chiusura mensile sopra.

Osservate, sul grafico mensile allegato alla N. 37, che mai un mese ha chiuso sopra.

Ci sarà un perché.

Quando dovesse succedere, saremo pronti a reagire.

SILVER SETT 23

SILVER purtroppo continua a rendere dura la vita.

Avevo scritto : “Ho allegato il solito grafico settimanale per evidenziare che SILVER ha rotto il minimo della settimana 120 dal grande top di 30,09 usd, che aveva un medio significato ciclico e trovate inoltre uno zoom che rende comprensibile perché in questa area è più sensato comprare che vendere, ma avverrebbe su una trend line che cala con forte pendenza. La discesa molto veloce mi indurrebbe ad un acquisto in zona 22 usd ( ma non si vede uno stop loss credibile sopra 19,90 ) o ad una vendita tra 24 e 24,30 con stop loss 24,60”

La penso ancora così e non aggiungo nulla, al momento.

Lo potrei solo comprare, errato venderlo e il movimento al rialzo da 22,11 sembra confermare la visione

Invito tutti a osservare il comportamento di SILVER sulla trend line che passa per la settimana 120 dal top di 30,09 e che sembra ( fino a oggi ) sostenere i minimi più recenti.

Guardo e aspetto.

Ho stampato il solito grafico, ma più ampio nei tempi, per evidenziare :

– salita COVID – 19 da 11,63 a 30,09 due volte e mezzo
– discesa da 30,09 a 17,56 meno 40 %
– salita da 17,56 a 26,13 quasi 50 %

Only the brave ……………………………….

DOW JONES INDU CASH

Altro acquisto, con stop loss a 33800 che è stato sfiorato a 33918.

Speriamo bene.

L’obiettivo è una salita del 5 – 8 %, ma certamente il rischio è molto alto, dopo una salita di 6000 punti da 28660 ( 13 ott 2022 )

NASDAQ 100 CASH

Niente acquisto

Avevo scritto, qualche lettore ha riso e gentilmente me lo ha fatto sapere,

“La salita post rottura di 13200 cash ( la Lettera comperò il fut a 13400, con successiva corsa al rialzo ) sta diventando molto lunga e quasi monocorde.

Non consente rientri a basso rischio.

Solo per acquistare un biglietto per questo autobus guidato da un maniaco, inserirò il seguente ordine ………………………………. Se penso al P/E di questo mercato, scapperei, ma le fasi iperboliche del NAS 100 sono guidate da cieca avidità e bisogna accettare le regole, se si vuole sedere al tavolo.”

Non è nemmeno sceso quel poco che chiedevo – 15100 SETT FUTURE – ( ha sfiorato l’acquisto a 15111,50 gio 6 luglio ) giusto per ridurre lo stop loss.

Forse è meglio così.

Se osservate la figura degli ultimi 15 gg di trading, certamente la volatilità è molto ridotta, prodromica a punire chi osa.

Leonardo Bodini