APPUNTI DI TRADING

APPUNTI DI TRADING
N. 129 – sa 5 lug 2025

Operazioni in essere : nessuna

 

Premessa
In attesa che entro merc 9.7 Trump ci faccia sapere se i suoi dazi entreranno in vigore ( quante volte cambierà tempi e % ? ) di certo non inserisco alcun ordine sui mercati.

GOLD AGO 25

Il comportamento tenuto da GOLD ( minimo rapido lu 30.6 e salita immediata ) nella settimana 30.6 – 4.7 già da ora secondo me attribuisce rilievo al minimo registrato a 3244 cash.
Dal lato opposto, in caso di rimbalzo intorno a 3400 – 3440 GOLD CASH, potrei vendere, con stop loss a 3500 cash.
Al momento siamo distanti.
Allego un grafico mensile con due trendlines, di cui l’una è tracciata dal triplo minimo di 1616 fino al top assoluto di 3500 e l’altra ha una pendenza dimezzata.
Intendo così illustrare un possibile acquisto a rischio contenuto se GOLD scendesse nel range 2790 – 2640 entro settembre.

SILVER SETT 25

Allego un grafico mensile di lungo periodo per ricordare gli enormi movimenti che talvolta caratterizzano SILVER.
Segnalo già da ora per agosto un segnale che rimanderebbe intorno al doppio massimo di 34,86 – 34,58 – livello che potrebbe ostacolare il raggiungimento dell’area da 33,70 a 31,65 ( minimo del 12 – 16 maggio, segnale di media importanza ) nella quale più volentieri acquisterei.
Segnalo che l’area solida di acquisto tuttavia si trova solo da 28 ( livello toccato il 7.4 con i dazi di Trump ) a circa 26 usd.
Il livello di 26 fu supporto nel biennio 2011 – 2012 e tetto per tutto il 2022 – 2023.
Il livello di 23,5 ( top di febbraio 2024 – il segnale più importante di tutti ) sembra ormai troppo basso, ma SILVER ha sorpreso nei due versi anche gli operatori più navigati.

Considerazione comune ai Mercati azionari U.S.A.

La settimana 23 – 27 giugno era caratterizzata da un segnale temporale di inversione, rilevante su SP 500, di minore grado su NAS 100, che sembra aver invertito il ciclo, azzerando la lunga salita precedente, con un outside rialzista settimanale.
Dopo 10 settimane di salita dal 7.4, attendevo un top per vendere intorno ai doppi massimi :

– 6147 per SP 500
– 22222 per NAS 100

I Mercati si sono “liberati” dell’obbligo di inversione registrando un minimo fulmineo lu 23.6 con immediata inversione al rialzo e da allora sono saliti senza pause.
Vale ancora quanto scrissi nella precedente N. 128 : “……….dopo i fatti bellici USA-IRAN del precedente week end ( 21 – 22 ), questi Mercati hanno registrato un minimo e quindi, essendo attesa una inversione, l’outside rialzista che è seguito direbbe : i Mercati U.S.A. avevano una scadenza ciclica di inversione; sono scesi per poi schizzare in su, quindi il segnale è di acquisto.
Mi occupo di analisi tecnica e quindi non posso ignorare i pattern che i Mercati esprimono, ma la lunga esperienza mi fa dubitare di una salita di 11 settimane quasi consecutive dal 7 aprile 2025 che poteva ( forse doveva ) invertire qui ( doppi top con febb 2025 ) e ora ( 23 – 27 giugno ) e invece il segnale di possibile vendita viene invertito in un nuovo rialzo, solo per qualche ora di ribasso nel mattino di lu 23.6

SP 500

Dopo sole 9 sedute, il minimo a 5943 cash è già divenuto un punto di controllo importante.
A questo punto posso operare in due modi :
– vendere a rottura di 5943 cash, ma dovrei mettere lo stop loss sopra il top assoluto ( ad oggi 6284 cash, ma potrebbe innalzarsi ulteriormente, prima di rompere 5943 ) Già ora richiederebbe uno stop loss di 341 punti, non accettabile
– al contrario dare credito all’outside rialzista, che si è molto dilatato in soli 9 gg, comperando nel gap tra lu 23 e mart 24 intorno a 6050 sett fut, con stop loss a 5950 sett fut.

Vediamo insieme cosa deciderà Trump entro merc 9.7 per i dazi.

NASDAQ 100 CASH

Andamento simile a SP 500, salvo che la salita da lu 23.6 è del 6 % contro il 5 % di SP 500.
Come per SP 500, è presente un vistoso gap up tra lu 23 e mart 24 che consentirebbe un acquisto intorno a 22000 di sett fut con eventuale stop loss a 21600 sett fut.
Impossibile da vendere, senza un pattern che riduca lo stop loss necessario.

Leonardo Bodini











MERCATI FINANZIARI : CAOS CALMO

Papa Francesco continuava a ripeterlo: la terza guerra mondiale è già iniziata! E in effetti non ci sono soltanto guerre in Medio Oriente ed Est Europa: una serie infinita di altri piccoli conflitti locali (come in Pakistan, Sudan, Libia, Algeria, ecc…) e rivoluzioni colorate (come quelle che rischiano di accendere guerre civili in Angola, Congo e Serbia) restano polveriere di un nuovo “disordine mondiale” che sembra disseminato ad arte per vendere più armi e riuscire a ritardare l’incedere inesorabile della storia verso un mondo multipolare nel quale le attuali potenze occidentali perdono influenza.

 

E il caos non regna soltanto nella geopolitica: sue vittime illustri sono anche le economie asiatiche colpite dai dazi imposti sulla Cina al 30%. Così come i nuovi rischi per il corretto svolgimento dei commerci internazionali, che possono derivare dal rialzo dei noli navali e delle assicurazioni di trasporto, dalla cavalcante svalutazione del Dollaro americano, dalla più o meno corrispondente ascesa del prezzo dell’oro, e dalla nuova volatilità dei prezzi di petrolio, gas, alcune derrate alimentari e di materie prime a volte essenziali per le nuove tecnologie (come ad esempio le terre rare).

I MERCATI SONO TORNATI A BRINDARE

A rigore di logica ciò dovrebbe far temere per la crescita economica globale e per la stabilità dei prezzi. Eppure al momento questo caos si manifesta in modo tranquillo, quasi ordinato e i mercati finanziari ne beneficiano. Gli investitori, che dovrebbero avere i nervi a fior di pelle e aver innestato da tempo la marcia ridotta per evitare i rischi più elevati, da quando è iniziato il cessate il fuoco” tra Israele e Iran, stanno invece puntando a nuovi massimi sulle borse occidentali come non esistesse un domani, travolgendo nel loro entusiasmo (oltre alle quotazioni dell’oro) anche i rendimenti dei titoli del Tesoro americano a lungo termine e le cripto valute. E ciò nonostante la FED si ostini a non abbassare i tassi d’interesse a breve termine!

Non solo ma da quando è “scoppiata” la pace (o meglio l’armistizio Israele-Iran) anche il prezzo del petrolio ne è rimasto vittima, crollando in pochi giorni a (quasi) i livelli precedenti all’attacco missilistico. La prima domanda che si pone chi osserva ciò che è accaduto nell’ultima settimana è: quanto può durare?


LA PACE NON È STATA RAGGIUNTA

Le tensioni tra Israele (e l’intero mondo occidentale) e Iran non si sono certo acquetate, nonostante il pesante intervento americano. Né sembra tramontata la “minaccia” nucleare di Teheran. Anzi il governo iraniano ha appena diffuso i suoi dubbi sulla capacità di Israele di continuare la pausa in corso e l’accaduto ha rinforzato i suoi legami con Cina e Russia. E focolai di nuovi conflitti sono dappertutto a partire dagli scontri di Gaza, dove cadono molte decine di vittime innocenti ogni giorno e dove la situazione rischia di esplodere a causa del possibile coalizzarsi del mondo arabo contro Gerusalemme. Dunque la pace in medio Oriente poggia su pilastri assai traballanti.


Ma non sono più solide le prospettive in Ucraina dove, fosse stato per Londra, Parigi e Berlino, le truppe europee sarebbero già state entrate in scontro diretto con quelle russe, dando vita ad una importante “escalation” del conflitto (teoricamente ancora possibile). Anche dal punto di vista strettamente finanziario i conti non tornano: con il metallo giallo cresciuto del 30% da inizio anno chi se la sente davvero di speculare su ulteriori incrementi di prezzo? E con le borse americane oggi di nuovo vicine ai massimi storici, chi se la sente di scommettere su ulteriori importanti incrementi dei listini?

Con il rischio che il cambio del Dollaro americano continui a perdere ancora il 20 o 30% i possibili guadagni in borsa potrebbero trasformarsi in perdita per gli investitori non americani.

E con lo spread ai minimi storici tra i Bund tedeschi e i BTP italiani ha davvero ancora senso puntare su qs ultimi dopo gli ulteriori ribassi dei loro rendimenti? Molti grandi strateghi dei mercati come Warren Buffet e Ray Dalio non lo pensano e scelgono di restare alla finestra. Ma ciò che al momento sta succedendo è il contrario: le borse corrono (spinte soprattutto dagli acquisti “retail”, complice la crescita della liquidità in circolazione e il costo implicito della svalutazione del restare liquidi. I mercati finanziari insomma sono tornati a scommettere sull’assenza di effetti pratici di tutti i pericoli sopra indicati, nei confronti dello sviluppo economico.


E’ scoppiata cioè la “pace trumpiana”! E tornando alla domanda che riecheggia sulla possibile sua durata, la vera risposta è che non lo sa nessuno. Ma forse quella domanda non interessa a nessuno. I mercati risentono molto più della liquidità che delle prospettive reali circa i profitti futuri. E nulla toglie a tale logica il fatto che la volatilità possa improvvisamente riprendersi all’occorrenza di nuovi episodi di guerra, che l’oro possa sinanco prosegua la sua corsa, che il Dollaro americano prosegua i suoi ribassi, che l’economia cinese scenda in ulteriore deflazione e che quella europea torni a una sorta di “decrescita felice”.

IL DOLLARO SCENDE MA I TASSI RESTANO ALTI

CI SARÀ ANCORA CAOS SUI MERCATI?

Il caos non è sparito (anzi!) ma si manifesta sui mercati in modo molto strano. Quasi invisibile si insinua tra i titoli azionari delle imprese a minor capitalizzazione (soprattutto quelli americani, colpiti dall’eccessivo livello dei tassi praticato dalla banca centrale americana), quelli del comparto immobiliare e sinanco tra alcune delle grandi società tecnologiche. Ma la rotazione dei portafogli resta in atto, la migrazione è continua, i capitali fuggono dall’America, anche se i listini nel complesso registrano incrementi di prezzo in tutto l’Occidente.

Fino al prossimo momento dí possibile panico i mercati sembrano destinati a correre ancora, sebbene non sia un gioco per deboli di cuore.

Stefano di Tommaso

www.ilgiornaledellafinanza.it

www.lacompagnia.it




APPUNTI DI TRADING

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N.128 – sa 28 giu 2025

 Operazioni in essere : nessuna

Premessa : il bombardamento U.S.A. sui siti nucleari iraniani è stato interpretato dagli investitori come un lungo rinvio del rischio, se non una soluzione definitiva.

Azionario U.S.A. ha segnato lu 23.6 un minimo rispetto alla settimana precedente, per poi salire con violento outside settimanale, molto ampio su NAS 100.

GOLD AGO 25

 GOLD sembra essere il rifugio unico per questi tempi incerti, ma dal 22 aprile non registra un nuovo top  assoluto, dopo 3500 cash.

Avevo scritto  :  “Troverei interessante se, diversamente, rompesse in giù, sotto il recente minimo di 3293 GOLD CASH ( corrispondente a 3313 ago fut ) registrato lu 9.6 al mattino.”

Ciò è avvenuto, con discesa fino a 3258 cash e potrebbe rappresentare, non un inversione, ma una crepa nella convinzione positiva diffusa.

In caso di rimbalzo intorno a 3400 – 3440 GOLD CASH, potrei vendere, con stop loss a 3500 cash.

Al momento siamo distanti.

SILVER SETT 25 

Avevo riscontrato che nella  settimana 12-16 maggio scadeva un segnale di Tempo di media importanza, in cui SILVER ha segnato un minimo a 31,65 cash ed è risalito fino alla solita area di 33,70 cash, come fosse attirato da un magnete.

Finito maggio, in cui scadeva anche un segnale mensile interessante, già il primo giugno SILVER ha rotto con violenza il doppio top 34,86 – 34,58 sviluppando in un solo giorno un range molto ampio e spingendo poi fino a 37,31

Per poi ripiegare intorno a 35,5.

Quello che era un tetto ( area 33,7 usd ) potrebbe da ora essere un supporto utile  per aprire operazioni di acquisto, con stop loss non sopra 31,65 cash.

Continuo ad osservarlo.

Considerazione comune ai Mercati azionari U.S.A.

 La settimana appena trascorsa era caratterizzata da un segnale temporale di inversione, rilevante su SP 500, di minore grado su NAS 100.

Mi auguravo che la settimana proseguisse l’andamento positivo in essere dal 7 aprile, segnando un massimo, oppure restando in laterale, per consentirmi di vendere da lu 30.6 con uno stop loss limitato.

Purtroppo, dopo i fatti bellici USA-IRAN del precedente week end ( 21 – 22 ), questi Mercati hanno registrato un minimo e quindi, essendo attesa una inversione, l’outside rialzista che è seguito direbbe : i Mercati U.S.A. avevano una scadenza ciclica di inversione; sono scesi per poi schizzare in su, quindi il segnale è di acquisto.

Mi occupo di analisi tecnica e quindi non posso ignorare i pattern che i Mercati esprimono, ma la lunga esperienza mi fa dubitare di una salita di 11 settimane quasi consecutive dal 7 aprile 2025 che poteva ( forse doveva ) invertire qui ( doppi top con febb 2025 ) e ora ( 23 – 27 giugno ) e invece il segnale di possibile vendita viene invertito in un nuovo rialzo, solo per qualche ora di ribasso nel mattino di lu 23.6

Passiamo ai dettagli.

 SP 500

 Da un mese avevo scritto che intendevo osservare il comportamento tra 6050 e 6150 circa.

Avevo scritto : “Non riesco ad immaginare se, dopo il bombardamento di poche ore orsono, gli operatori lo vedano come foriero di una rapida resa dell’IRAN, oppure di un aumento di attentati e instabilità conseguente. “

Il Mercato è sceso a 5943 cash solo la prima ora del successivo lu 23.6, per poi salire ogni giorno.

Il mio obiettivo ideale era che SP 500 nella settimana 23 – 27 giugno potesse restare positivo oppure laterale, lasciando scorrere il TEMPO.

Non mi ha accontentato, segnando un minimo settimanale a 5943 cash, per poi esprimere una salita più ampia del previsto, segnando un nuovo massimo storico a 6188 cash ( 6239 sett fut ).

A questo punto posso operare in due modi :

  • vendere a rottura ( poco probabile in questa settimana ) di 5943 cash, ma dovrei mettere lo stop loss sopra il top assoluto ( ad oggi 6188 cash, ma potrebbe innalzarsi ulteriormente, prima di rompere 5943 )
  • al contrario dare credito all’outside rialzista, che non mi convince molto, comperando nel gap tra lu 23 e mart 24 intorno a 6050 sett fut, con stop loss a 5950 sett fut.

Devo vedere come si muove i prossimi gg per giudicare.

NASDAQ 100 CASH 

 Nella settimana 23 – 27 giugno, NAS 100 presentava un pattern simile a SP 500, ma ha beneficiato di un segnale statisticamente meno affidabile.

Tecnicamente era giustificata una vendita intorno al top di 22222 cash ma, trattandosi del top assoluto, non esisteva uno stop loss grafico e quindi avrei potuto operare solo in inversione, che ad oggi non si è vista.

NAS 100, come SP 500 e DOW JONES, ha segnato un minimo lu 23.6 ( 21532 cash ) e poi ha espresso una salita quasi del 5 % salendo ve 27.6 fino a 22603 cash, senza mai rompere il minimo del giorno precedente.

ONE WAY.

Come per SP 500, è presente un vistoso gap up tra lu 23 e mart 24 che consentirebbe un acquisto intorno a 22000 di sett fut con eventuale stop loss a 21600 sett fut.

Serve tempo per vedere se la reazione rialzista diventa lavorabile.

 

Leonardo Bodini

 

 

 

 








IL DILEMMA DEI MERCATI: COSA CAMBIA SE SI APRE UNA NUOVA GUERRA DEL GOLFO?

Donald Trump ha attaccato l’Iran per fare quella parte di “lavoro” che Israele non riesce a fare. Ma in tal modo il presidente ha tradito il mandato a lui assegnato dalla sua base elettorale “MAGA” (make America great again) sostanzialmente pacifista a oltranza; e convinta che non si dovrebbero più spendere grandi risorse per intervenire militarmente dove invece le élites di tutto il mondo chiedono all’America di mostrare i suoi muscoli. Gli effetti di tale scelta possono influenzare non poco i mercati finanziari, non soltanto per i possibili effetti sull’economia reale (quantomeno dell’Occidente) e sulle aspettative di inflazione, ma anche per l’incremento della volatilità dei mercati che potrebbe derivarne e per la possibile rotazione dei portafogli dei grandi investitori.

 

GLI EFFETTI DELLA SCELTA AMERICANA

La scelta di Trump non è solo di stampo squisitamente geopolitico, dal momento che l’intervento diretto dell’America (che comunque ha schierato ben tre navi portaerei con 40.000 uomini a bordo e prosegue a rifornire Israele di missili e droni, oltre che sistemi elettronici di difesa) può determinare un’escalation importante del conflitto fino a una vera e propria guerra mondiale tra blocchi continentali contrapposti, richiamando per esempio l’intervento diretto a supporto della Persia quantomeno della Cina, se non anche di India, Russia e altri paesi del mondo arabo e dei BRICS che sino a oggi si sono tenuti in disparte.

La non-soccombenza della nazione iraniana infatti viene vissuta da molti Paesi non-occidentali come un baluardo da preservare onde evitare future altre aggressioni (dirette e indirette) da parte dei paesi occidentali, dai quali essi vogliono risultare sempre meno dipendenti.


In generale lo scoppio (o l’allargamento) delle guerre e dei grandi conflitti geopolitici non sono motori di crescita economica a lungo termine, anche se spesso nel breve termine essi determinano invece un’impennata delle quotazioni dei listini delle borse, i cui investitori “sentono” il profumo del lauti profitti che possono provenire dalla maggior spesa militare per molte aziende che risultano possibili fornitrici della macchina militare (non soltanto dunque di armi e sistemi di difesa, bensì anche di altre tecnologie, di logistica e di supporto materiale alle truppe).


La guerra ha inoltre l’effetto indubbio sullo spostare l’attenzione di analisti e opinionisti sugli esiti del conflitto, lasciando in secondo piano questioni interne e dispute politiche. Pertanto, è probabile che le preoccupazioni del mercato sulla sostenibilità fiscale del debito americano svaniscano in caso di allargamento del conflitto, indipendentemente dal risultato dei negoziati in corso al Senato USA. In caso di ulteriore impegno dell’America nel conflitto anche l’attuale dibattito sull’ennesimo innalzamento del tetto al debito pubblico perderebbe peso. Dunque Trump potrebbe avere avuto una convenienza politica ad attaccare e può avere ulteriori benefici a livello di politica interna nel sostenere Israele in una guerra che si preannuncia assai lunga.

IL PREZZO DEL PETROLIO

Ovviamente però il prezzo del petrolio, con l’instaurarsi di una guerra di logoramento in Medio Oriente, rischia di subire ulteriori impennate, determinando un’ascesa a catena anche del prezzo di molte altre materie prime, che è espresso quasi sempre in Dollari americani. Dollari che negli ultimi mesi si sono svalutati di circa il 10%. Il solo prezzo del petrolio poi ha fatto un balzo in avanti (in termini di Dollari) di circa il 20% nell’ultimo mese (come si può vedere dal grafico e dalla tabella sotto riportati) e rischia di trascinare con se l’intera filiera dei costi industriali, quantomeno negli Stati Uniti d’America, anche se probabilmente il “contagio” inflattivo per il resto del mondo sarebbe assicurato.


L’inflazione dei prezzi che ne discende in maniera quasi sicura e in tempi piuttosto brevi sarà percepita ovviamente come un grave problema per le banche centrali, le quali si vedrebbero costrette a tenere i tassi d’interesse invariati o addirittura a rialzarli, determinando una forte volatilità dei tassi d’interesse, oltre che ulteriore debolezza del Dollaro, soprattutto se il Tesoro degli Stati Uniti o la Federal Reserve saranno costretti a intervenire per sostenere la liquidità dei mercati finanziari. E gli analisti finanziari stimano comunque che, indipendentemente da come il Congresso americano finirà per riscrivere il disegno di legge sul bilancio, il deficit federale a stelle e strisce rimarrà elevato contribuendo in tal modo a mettere pressione sui rendimenti a lungo termine dei titoli di stato americani.

LE QUOTAZIONI DELL’ORO NON POTRANNO CHE CRESCERE ANCORA

In Dollari americani è inoltre universalmente espresso il prezzo dell’oro, le cui quotazioni molto probabilmente guadagneranno ulteriori spazi di crescita. Secondo gli analisti il metallo prezioso potrebbe raggiungere i 4.000 dollari loncia (con un salto del 18% rispetto ai livelli attuali) già nel corso dell’anno in caso di innalzamento del livello geopolitico del conflitto mediorientale. Molto dipenderà anche dalle tensioni geo-politiche. Qui sotto l’andamento del suo prezzo :

ANDAMENTO DELL’ORO (ESPRESSO IN DOLLARI PER ONCIA) NELL’ULTIMO ANNO

Tra l’altro l’oro rischia di raggiungere ugualmente tale livello nel corso del 2026 anche senza escalation, a causa dell’enorme deficit di bilancio degli Stati Uniti (che comporterà la necessità di ulteriore “monetizzazione” del debito pubblico) e a causa del processo di “de-dollarizzazione” in corso, che vede le banche centrali di tutto il mondo sostituire con lingotti gialli parte delle riserve oggi costituite dal biglietto verde americano proseguendo in tal modo una tendenza iniziata già da qualche anno. Bank of America ha stimato che le riserve in oro delle banche centrali sono ora equivalenti a poco meno del 18% del debito pubblico degli Stati Uniti, rispetto al 13% di dieci anni fa. Per inciso per lo stesso motivo le banche centrali di tutto il mondo hanno giù scaricato riserve per circa 48 miliardi di dollari in titoli del Tesoro americano solo dalla fine di marzo a oggi.

Un recente sondaggio del World Gold Council ha rilevato che linstabilità geopolitica e i potenziali conflitti commerciali sono i motivi principali per cui le banche centrali delle economie emergenti si stanno spostando verso l’oro a un ritmo molto più veloce rispetto a quelle delle economie avanzate. Nel frattempo, il mercato finanziario “retail” non sembra ancora essere sovraesposto alloro quale “asset class” alternativa a titoli azionari e obbligazionari. BofA ha stimato che fino ad oggi gli investitori professionali di tutto il mondo hanno stanziato solo il 3,5% dei loro portafogli in disponibilità d’oro.

L’ANDAMENTO DI WALL STREET IN TERMINI DI PREZZO DELL’ORO

LA VALUTAZIONE DELLE AZIONI IN BORSA

Alla luce delle considerazioni appena riportate non è dunque chiaro se, nelle considerazioni di analisti e gestori dei risparmi prevarranno considerazioni di ottimismo oppure di pessimismo sulla valutazione dei titoli delle aziende quotate, anche se appare invece piuttosto probabile che cambi piuttosto radicalmente la congiuntura finanziaria generale, che fino ad oggi si è mantenuta relativamente impermeabile rispetto agli eventi bellici, tanto a causa della probabile inflazione in caso di balzi in avanti del prezzo del petrolio quanto per gli effetti dell’incertezza sul possibile rialzo dei tassi d’interesse a lungo termine, che a loro volta determinano una possibile discesa del prezzo dei titoli a reddito fisso.

L’inflazione infatti è normalmente un fattore di rivalutazione dei listini azionari, dal momento che le azioni quotate rappresentano porzioni di attività reali che possono rivalutarsi in termini monetari. Al tempo stesso però i rialzi (o i mancati ribassi) dei tassi d’interesse a lungo termine determinano una riduzione in termini monetari del valore attuale netto dei flussi di profitti futuri delle aziende.

Dunque soltanto in caso di forte riduzione dei tassi d’interesse reali (cioè quelli al netto dell’inflazione) le borse potrebbero beneficiare in termini di innalzamento del livello delle quotazioni dei listini azionari. Una riduzione che potrebbe tuttavia non solo essere già in corso, ma anche ulteriormente incrementata quando cambierà la guardia alla presidenza della banca centrale americana.


Nel breve termine tuttavia, con il probabile allargamento del conflitto militare, non soltanto potrebbero innalzarsi vistosamente le quotazioni dei titoli delle industrie attive nelle forniture belliche, ma anche quelle del comparto energetico e forse sinanco quelle del settore farmaceutico. Inoltre i listini borsistici potrebbero anche beneficiare di parte dei disinvestimenti dal settore dei titoli a reddito fisso (anche se il grosso di tali flussi potrebbe di nuovo andare verso metalli preziosi e altri beni-rifugio, Ivi compresi forse anche i Bitcoin).

CONCLUSIONI

Mentre perciò appare piuttosto probabile che la possibile escalation del conflitto mediorientale aumenti decisamente la volatilità dei corsi delle borse valori, non è detto che i listini azionari non arrivino a beneficiarne, almeno nel breve termine. E’ tuttavia altrettanto probabile che le tensioni geopolitiche spingano a ridurre le quotazioni (e perciò a innalzare i rendimenti) dei titoli di stato dell’intero occidente. Determinando altresì la necessità per i gestori dei risparmi di ruotare in modo importante i propri portafogli orientandoli ad esempio a beni-rifugio e a titoli “difensivi”, probabilmente riducendo al tempo stesso la quota investita in titoli a reddito fisso. Ovvio che tutto ciò non potrà non alzare sui mercati un gran polverone, il cui esito finale (fine d’anno? nessuno lo può sapere) è oggi assai difficile da prevedere.

Stefano di Tommaso