VERSO LA “GRANDE REVISIONE”

La recessione comincia a mordere in America. Ma è ragionevole attendersi grandi catastrofi? Forse no. Perché il mondo si divide sempre di più tra Oriente e Occidente e perché sono in arrivo nuove tecnologie che potrebbero rilanciare la sfida per la supremazia, ma soprattutto potrebbero alimentare forti investimenti e nuovo sviluppo economico. Tuttavia mentre le tecnologie di ultima generazione sono al lavoro per cambiare il mondo, nulla è scontato, nessuno scenario può essere dato per acquisito.

 

L’AMERICA “VEDE” LA RECESSIONE

Negli USA le richieste di sussidi per disoccupazione sono incrementate bruscamente nelle ultime settimane e la crescita dei salari si è praticamente arrestata. Non c’è da stupirsi: nell’ultimo trimestre l’economia Americana è andata solo leggermente avanti (ma soltanto dell’1% su base annua) e soltanto grazie agli ottimi profitti delle grandi multinazionali e ci sono buone probabilità che in quello in corso (siamo esattamente a metà del II trimestre) succeda la stessa cosa.


Non per niente il dollaro continua a scendere sulla scia dei problemi del debito pubblico (acuiti dai rialzi dei tassi) e il petrolio di più: siamo giunti al livello-soglia di 70 dollari al barile circa, un prezzo che è forse uno spartiacque per l’andamento futuro (se dovesse andare sotto si aprirebbe una nuova catena di ribassi). Ne è causa la bassa domanda da parte dei paesi OCSE ed è probabile che la maggior domanda, proveniente esclusivamente da parte del resto del mondo, potrà beneficiare delle agevolazioni di prezzo riservate agli acquirenti di petrolio russo.

L’EUROPA FA FINTA DI CRESCERE

Dunque in America sembra finalmente prendere forma la recessione più annunciata della storia (sono anni che se ne parla e che -COVID a parte- non è mai arrivata) mentre in Europa si spera ancora nella prosecuzione della crescita economica per il resto dell’anno, dopo un primo trimestre andato meglio del previsto. Ma quanto è “autonoma” l’Euro-zona da ciò che accade oltre Atlantico? Oggettivamente piuttosto poco, e per di più con una guerra alle porte (e con i suoi salassi in termini di spesa militare) e con una progressiva limitazione che la NATO vuole imporre all’export verso i paesi BRICS (cioè i non-allineati con l’Occidente). Dunque le speranze dell’Europa risiedono quasi esclusivamente nel ritardo strutturale con il quale gli eventi già visti negli USA si rifletteranno a casa nostra.


Nel frattempo anche dal punto di vista dell’inflazione però siamo indietro, nel senso che a casa nostra il suo calo è stato molto limitato sino ad oggi. Anzi è proprio “lavorando” sul deflattore del Prodotto Interno Lordo (cioè limitandolo) che viene fuori una crescita fittizia. Ma se l’inflazione è addirittura più alta di quella media che annunciano gli istituti di statistica, esiste una buona probabilità che vedremo ancora la Banca Centrale Europea annunciare due o addirittura forse tre nuovi incrementi dei tassi d’interesse, e questo nonostante che la repressione monetaria, per ammissione di quasi tutti gli economisti, c’entra molto poco con le vere cause dell’inflazione. In Europa infatti il contributo dei consumi alla crescita economica è storicamente basso e ci sono molti più problemi di previdenza e assistenza socio-sanitaria, per cui la gente è costretta a risparmiare di più.

In Europa ci sono poi ulteriori elementi di freno ad una vera e propria crescita economica come la crisi semi-sotterranea delle piccole e medie banche sta facendo molte vittime tra le imprese di minori dimensioni: la disponibilità di credito è sempre minore e, per una serie di motivi, il flusso di risparmi che alimenta il mercato dei capitali crea una costante emorragia di questi ultimi verso le piazze finanziarie americane ed asiatiche, lasciando alle banche europee anche lo spettro di ulteriori cali nell’ammontare dei depositi della clientela, cui la BCE rischierà di non supplire adeguatamente.

Per non parlare della forte dipendenza energetica dal resto del mondo può costituire un freno allo sviluppo in termini di maggior costo dell’energia e ulteriori esigenze di “stoccaggio” che alimentano la spesa pubblica. Morale: se Sparta (gli USA) piange Atene (l’EU) non ride!

L’ASIA “SUPPLISCE” ALLA MANCATA CRESCITA OCCIDENTALE

Ma di qui a prevedere che l’economia globale risentirà parecchio della recessione in arrivo ce ne passa parecchio, dal momento che l’Asia continua a correre sull’onda non soltanto di una miglior demografia, ma anche di minore inflazione e maggior rilassatezza delle politiche monetarie. Anche l’energia costa oggettivamente di meno in tutto il continente asiatico e non per niente la sua principale economia (la Cina) prevede una crescita superiore al 5% quest’anno. Persino il Giappone sembra ottimista mentre le previsioni non sono chiare per l’India ma certamente restano ampiamente positive.

La crescita impetuosa dell’oriente alimenta peraltro i consumi di provenienza occidentale così come gli investimenti per infrastrutture, impianti e macchinari (principalmente di provenienza europea) che contribuisce ad attutire la recessione in arrivo. Ma nemmeno negli USA è poi così detto che la congiuntura sarà grigia: sono in arrivo 800 miliardi di dollari di investimenti nell’Intelligenza Artificiale neo prossimi dieci anni, che gli analisti stimano si trasformeranno in 6.000 miliardi di dollari di maggior valore di capitalizzazione di borsa da parte delle imprese che riusciranno a cavalcare la nuova tigre.

Dunque se una vera recessione è davvero in arrivo è -come si dice- tutta da vedere! È quasi certamente in arrivo un periodo di fortissimi cambiamenti epocali. Una sorta di Grande Revisione (o come accidenti vorrete chiamare nella lingua di Dante il Great Reset preconizzato da Klaus Schwab, il patròn del World Economic Forum).


L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PUÒ FARE UNA RIVOLUZIONE

È facile prevedere che l’America beneficerà ampiamente delle ricadute della nuova tecnologia (che vede in testa alla corsa anche la Cina) e che quest’ultima invaderà ogni ambito dell’industria, dei prodotti di largo consumo e sinanco dei servizi avanzati quali la salute e la giustizia. Sono inoltre già all’opera sistemi intelligenti per comporre musica, poesie, articoli di giornale e documentari. E uno dei primi settori che potrebbero esserne dominati saranno istruzione e formazione. La rivoluzione digitale in confronto potrebbe sembrare un evento minore nella storia dell’umanità.


C’è chi si arrischia addirittura a trarre similitudini con la rivoluzione industriale: è come se ci trovassimo alla fine del XVIII° secolo e dovessimo cercare di prevedere come si concluderà il XX°! Davvero arduo… È probabile dunque che il rilancio dello sviluppo economico passi da strade quasi inaspettate. Che questa recessione in arrivo non somigli affatto a quelle precedenti. E che gli interventi delle banche centrali saranno un po’ meno devastanti di quanto lo siano stati in passato. Semplicemente perché conteranno un po’ meno. E per fortuna! Somministrare la recessione per curare l’inflazione nel terzo millennio equivale a praticare il salasso per curare la scabbia due o tre secoli addietro! Roba da macellai sociali dotati di poca scienza e di tanta presupponenza.

Se non ci fosse stata sino ad oggi la lotta armata alle nuove valute digitali da parte delle autorità pubbliche forse sarebbe già così. Ma il potere -si sa- alimenta solo sé stesso. Dunque la strada verso un’evoluzione positiva dello sviluppo economico occidentale sembra ancora parecchio ostacolata dai grandi poteri monetari, politici e militari, dai grandissimi oligopoli globali, e da una prosecuzione dei conflitti armati per chissà ancora quanto tempo.

I GRANDI GRUPPI MANGIANO I PICCOLI

Ciò che è più difficile prevedere è se i mercati finanziari ne potranno beneficiare a sufficienza da controbilanciare le crisi, le recessioni e le inflazioni di turno. Quel che si può -al momento- immaginare è che la risposta sia positiva: i listini azionari viaggiano piuttosto bene a causa delle previsioni positive per i grandi colossi delle tecnologie.

E sinanco per il sistema bancario sta succedendo la stessa cosa: pochi grandi gruppi finanziari che guadagnano anche dalle sventure di sistema macinano profitti e capitalizzazione di borsa fino a controbilanciare completamente la discesa di valore del resto del mondo. Il successo borsistico di JP Morgan nel rilevare le ultime banche fallite e i grandi profitti attesi per Goldman Sachs nella JV con Apple per raccogliere depositi e gestire capitali della clientela in fuga dalle banche commerciali ne sono l’impronta indelebile!


Difficile dunque arrivare a fare previsioni affidabili senza essere tra i pochi al mondo seduti nella “stanza dei bottoni”. Ed è piuttosto logico anzi prevedere, in un tale scenario, una relativa stabilità dei mercati e del sistema finanziario in generale. Dunque una recessione “morbida”, un mercato azionario che scende poco per poi risalire presto, un mercato dei titoli obbligazionari che non andrà a picco e, nonostante l’inflazione, non demorderà facilmente.

L’ECONOMIA SI “FINANZIARIZZA”

Attraverso una crescita strutturale dei tassi d’interesse, assisteremo perciò ad una sempre maggior finanziarizzazione dell’economia occidentale, con la conseguente necessità della prosecuzione di tensioni e contrapposizioni con il resto del mondo. Ma che questo fenomeno possa generare sconvolgimenti appare piuttosto improbabile. Ciò che è più probabile è una concentrazione della ricchezza ancora crescente e la necessità di “fare sistema” per tutte quelle imprese che non sono già collegate alle “Big Tech”, o alle ”Big Pharma” o ai giganti finanziari globali. Cioè agli effettivi possessori dei “driver primari” della tecnologia, dell’economia e della finanza.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N.30 – sabato 13 maggio 2023

Operazioni in essere :

acquistato 1 GIU MICRO NAS 100 a 13400 con stop loss a 12970

GOLD GIU 23

Sembra in formazione un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, se poi fosse rotto il recente minimo di 1969 cash, potrebbe venire “confermato” e quindi invertire il mercato.

Posso utilizzare per un’altra settimana il contratto giugno, che vale circa 9 Usd più del cash.

Anche se sto andando contro il trend, che resta evidentemente al rialzo, proverò un secondo tentativo di vendita nell’ipotesi che si stia formando un triplo massimo, cercando di espormi ad uno stop loss molto limitato.

Pertanto da lun 15 maggio, sin dalla apertura del Mercato, inserirò il seguente ordine :

vendo 1 MINI GOLD FUTURE GIUGNO a 2075 con stop loss a 2090

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

Poiché l’outside realizzato da 1 a 4 maggio costituisce outside settimanale su una settimana già di outside, ma purtroppo rappresenta anche un outside mensile sull’intero mese di aprile, il trend appare al ribasso e quindi l’unica operazione fattibile, ma poco probabile, è un acquisto in zona 32500 DJ FUT GIUGNO nella settimana 8-12 maggio che dista 30 settimane dal minimo del 13 ott 2022 ( 28660 cash ), dal quale partì la salita dei mercati americani.

Dopo due outside settimanali, di cui il secondo è stato un raro outside mensile compiuto in una sola settimana, abbiamo avuto una settimana inside.

Vale a dire che, dopo molti stop loss bruciati nelle due direzioni, il Mercato si è fermato; è sempre più difficile operare perché le regole dell’analisi tecnica “tradizionale” indicano di seguire l’uscita di un Mercato da un inside, inserendo lo stop loss all’opposto della barra inside, ma l’ostacolo a 32500, che ho già evidenziato nella N. 29, è molto vicino.

Resterebbe pertanto la sola possibilità di seguire l’eventuale rottura al rialzo della settimana 8-12 maggio. Non ho fretta e non mi convince.

NASDAQ 100 CASH

Ha un comportamento molto diverso dal DJ, così come denota il grafico.

Dopo che NAS 100 FUT GIUGNO ha sfiorato l’ordine di acquisto stabilito dalla N. 28 alla eventuale rottura di 13380, per due volte nei giorni lu 1 maggio a 13370 e ve 5 maggio a 13359, alla fine merc. 10.5 ha rotto in su e la lettera ha comperato a 13400 un solo micro contratto.

Continuo a pensare che NAS 100 può accelerare dopo la rottura e pertanto lunedì 15.5 inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13100 con stop loss 12970

Si tratterebbe di raddoppiare la posizione, infima, attualmente in essere, applicando il medesimo livello di stop loss.

Tra lu 15 e ven 19 maggio valuterò se mi sentirò di :

– Acquistare, sin da lunedì, ogni giorno 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO a metà del range di ogni giorno precedente a quello e solo quello in cui viene superato il top del medesimo giorno precedente; lo stop loss sarà 12970 per tutti questi, eventuali, miei acquisti.
– acquistare, solo da giovedì 18.5, 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO in rottura di 13500

E’ una strategia forse complessa da capire, ma per nulla casuale, che tuttavia potrebbe portare ad una posizione molto spinta, in caso di continue rotture al rialzo.

Ecco perché l’operazione viene avviata con dose “omeopatica”.

Le operazioni che ho scritto in colore nero sono eventuali e non sono in grado di rappresentarle nel foglio EXCEL, in quanto sono subordinate a vari eventi.

Nei mercati azionari da sempre si dice : “sell in may and go away”

Ve lo rammento, ma non mi interessa.

Leonardo Bodini




EFFETTI COLLATERALI

Quali sono gli effetti sull’economia reale della crisi che sta maturando in seno al sistema bancario occidentale? C’eravamo già posti il problema pubblicando poco più di un mese fa un articolo con il titolo: “Contagio”, in cui -dati alla mano- facevamo notare che, se l’inflazione sta (lentamente) calando è soltanto perché l’economia “accelera il rallentamento”, e concludevamo dicendo che: “il bello (cioè il peggio) deve ancora venire”. E adesso sta arrivando. Altre banche stanno saltando e l’intero settore è in profonda trasformazione, non senza conseguenze per il resto del mondo…

 


Andamento quotazioni della Borsa americana (linea blu) dell’indice relativo ai titoli finanziari (linea rossa), dell’indice relativo alle sole banche (linea verde) e di quello relativo alle banche regionali (linea viola)

I RIALZI DEI TASSI DANNEGGIANO LE BANCHE

Il circolo vizioso dei danni al sistema bancario occidentale parte dai rialzi dei tassi d’interesse e dalle conseguenti minusvalenze sui crediti e portafogli di titoli in pancia al sistema bancario, e si alimenta con una riduzione del credito concesso alle imprese e, conseguentemente, con una forzosa restrizione della capacità (tanto delle banche quanto delle imprese clienti) di generare profitti, cosa che alimenta tanto il rallentamento dell’economia quanto il volume dei finanziamenti che alla fine non saranno rimborsati alle banche.


CHI CI RIMETTE SONO LE PMI

Ovviamente nel precedente articolo speravamo di sbagliare, ma soprattutto precisavamo il fatto che questo circolo vizioso avrebbe riguardato soprattutto le piccole e medie imprese, l’economia reale insomma, e le banche di minori dimensioni con l‘ovvio fagocitamento di queste ultime da parte delle più grandi. Oggi, a pochi giorni dal superamento del 5% dei tassi base praticati dalla Banca Centrale americana, le condizioni di salute delle piccole e medie istituzioni finanziarie occidentali sono soltanto peggiorate. Ma le conseguenze matureranno nei prossimi mesi..

LE BANCHE AMERICANE HANNO ESAURITO I MEZZI PROPRI

Qualcuno ha calcolato che, nei soli Stati Uniti d’America, l’ammontare delle perdite in conto capitale delle banche non ancora espresse in bilancio sui titoli obbligazionari detenuti in portafoglio supera i 1800 miliardi di dollari. Dal momento che il patrimonio netto delle 4800 banche americane sembra assommare all’incirca a 2000 miliardi, se anche soltanto una parte di quelle banche dovessero essere costrette a realizzare le minusvalenze sui titoli per la necessità di vendere i titoli in portafoglio, esse dovrebbero contestualmente dichiarare il fallimento.

Si stima tra l’altro che il totale effettivo dei danni generati dalla crisi del mercato immobiliare e dalle minusvalenze sui titoli obbligazionari arrivi negli USA a circa 9.000 miliardi di dollari: oltre 4 volte il loro patrimonio netto.

E I FALLIMENTI SI MOLTIPLICANO

Dopo le prime quattro banche americane cadute in disgrazia (Silvergate, Signature, Silicon Valley e First Republic) oltre al colosso Credit Suisse, fortemente presente anche in USA, al momento altre tre banche americane starebbero “tirando le cuoia”in risposta ai ritiri dei depositi della clientela: Pacwest, Western Alliance e First Orizon. La situazione insomma si avvicina ai limiti della sostenibilità dei sostegni pubblici alla crisi del sistema bancario (la FDCI, delegata alla salvaguardia dei depositi è dotata di soli 127 miliardi di dollari), dato anche il problema dello sfondamento del tetto al debito pubblico americano, arrivato già oggi oltre i 31 trilioni di dollari.

IN EUROPA SI FA FINTA DI NULLA

E il problema -com’è facilmente desumibile- non è soltanto oltre Atlantico. Anzi! Semplicemente in America c’è molta più trasparenza sui conti e le regole del mercato impongono alle banche di dichiarare immediatamente il problema, pena pesanti (ed immediate) responsabilità di carattere penale. Che invece in Europa, se mai dovessero essere rilevate, potrebbero stemperarsi in anni e anni di inchieste che facilmente non giungerebbero a nulla. È ragionevole quindi pensare che il medesimo problema sta maturando anche a casa nostra, semplicemente meglio occultato e un po’ in ritardo. Ma il mercato finanziario sconta ancora un paio di rialzi dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE), al termine dei quali la situazione potrebbe essere altrettanto disperata.


Anzi: occorre rammentare che la quota di mercato di competenza delle banche dei prestiti complessivamente erogati alle imprese è in America quasi la metà di quella europea (la differenza è prestata da operatori del mercato dei capitali). Come dire che, se il sistema bancario del vecchio continente entrerà in crisi, gli effetti sulle imprese europee potrebbero essere doppi! Senza considerare peraltro la maggior quota di titoli del debito pubblico detenuti dalle banche europee, circa la sostenibilità del quale si addensano nuvoloni neri all’orizzonte degli ulteriori aumenti dei tassi d’interesse. E in questo gioco al massacro indovina chi sta peggio in Europa?

E PER L’ITALIA SI FA DURA

Ovviamente l’Italia, che non a caso ha davanti a sé la scure del taglio del rating al di sotto del livello di sostenibilità a parte delle agenzie americane. L’Italia, anche per il forte sbilanciamento del sistema industriale verso la piccola dimensione aziendale, rischia davvero grosso con la prospettiva, quantomai evidente, di un ulteriore restrizione del credito alle imprese da parte del sistema bancario. E i possibili effetti del “credit crunch” non potranno che essere evidenti anche in termini di conti pubblici: minor credito di fornitura, minori investimenti e minori profitti non potranno che determinare forti contrazioni del gettito fiscale, già oggi ridotto di un terzo in Italia rispetto a soltanto un anno fa!

IL DILEMMA

L’intero Occidente deve tuttavia fronteggiare una scelta assai infelice: lasciar correre l’inflazione e limitare i danni al sistema bancario e finanziario evitando nuove strette monetarie oppure continuare ad alzare i tassi procurando una recessione seria e rischiando l’apocalisse delle banche come nel 2008?

È assai verosimile peraltro che queste disgrazie siano oramai quasi inevitabili e che andranno a sovrapporsi inflazione, recessione e altre crisi bancarie, lasciandoci in una grigia situazione di “stagflazione”.

In realtà occorre considerare il fatto che non ci sono certezze relativamente al fatto che, a fronte dell’inflazione dei prezzi, l’unica medicina utile sia quella delle politiche monetarie. Anzi: è quasi vero il contrario, data l’evidente origine esogena dell’attuale ondata inflazionistica.

Ma la narrativa corrente non fa che riportare il problema all’eccesso di quantità di moneta in circolazione, e al fatto che i tassi d’interesse, rispetto all’ultima grande ondata d’inflazione della storia moderna, quella degli anni ‘70, sono apparentemente assai più bassi di come fossero cinquant’anni fa.

LA SITUAZIONE È PIÙ GRAVE DI QUELLA DEGLI ANNI ‘70

E allora i debiti pubblici ammontavano a una piccola frazione di ciò che sono oggi, anche fatte le dovute proporzioni con i Prodotti Interni Lordi. Un piccolo assaggio di cosa potrebbe succedere oggi in concomitanza alla possibile insolvenza di Stato lo si è potuto osservare con la crisi del debito in Grecia, pochissimi anni fa. Sono ancora vivide nella memoria le imagini di quegli anni: la corsa agli sportelli (e ai bancomat) da parte della gente in strada, i fallimenti a catena, le pensioni e le cure mediche non pagate, la svendita dei beni dello Stato e il conseguente impoverimento di un intero popolo!

È probabile che la risposta sarà la classica via di mezzo, che però rischia di scontentare tutti.


Insomma, se Atene piange, Sparta non ride. L’Europa oggi tace sulla questione che assilla l’America: a quanto ammonta la riduzione dei patrimoni effettivi del sistema bancario? E a quanto ammonterà la riduzione dei crediti erogati in risposta a tali debolezze? Altrettanto fa la BCE (cioè tace anch’essa), anche perché una parte dei partecipanti alla cosiddetta Unione (i paesi nordici) spera addirittura di profittare dalla crisi, ma il rischio a casa nostra è forse ancora maggiore. E probabilmente lo è per tutti, non soltanto per gli Stati dell’Unione che sembrano messi peggio.

MA CON L’ITALIA RISCHIA ANCHE L’EUROPA

Non a caso la produzione industriale tedesca è andata in crisi: meno 11% ad Aprile, e i veri guai rischiano di manifestarsi soltanto in futuro. E non induca in errore il calo della disoccupazione: in tutto l’Occidente l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite procurano effetti statistici distorsivi difficili da analizzare, ma che determinano ovviamente una minore offerta di manodopera qualificata. Se la statistica rivela meno disoccupazione è probabilmente soltanto perché l’offerta di lavoro si riduce più della domanda. Ecco perché il problema del Rating sovrano dell’Italia non sembra il più preoccupante al momento. E non mi stupirei del fatto che Moody’s & C. volessero chiudere entrambi gli occhi pur di non propagare panico sui mercati!

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N.29 – sabato 6 maggio 2023

Nessuna operazione in essere

Mart. 2 maggio comperato 1 MINI DJ FUT GIUGNO a 33800, stoppato merc. 3 maggio a 33340, con una perdita di usd 5 x 460 punti = usd 2300 = euro 2090

Questa lettera risulterà eccezionalmente lunga, spero utile, ma non stabilisce un nuovo standard size.

GOLD GIU 23

Invito a osservare i dettagli

Il paragrafo che segue va letto tenendo a fianco il primo grafico che allego, che è orario.

Allego grafici orari molto di rado, per far notare stranezze, certamente non per l’analisi.

Alla chiusura del mercato di merc. 3 maggio, dopo il rialzo tassi di 0,25 % da parte della FED, il Top era stato 2049,85 – quindi l’ordine di vendita a 2050 era rimasto non eseguito.

A mezzanotte circa, quando l’America è chiusa e l’Asia non ha ancora aperto, quindi in un mercato estremamente “sottile” ( con volumi minimi, ove un ordine robusto non trova contropartita e spazza il prezzo in pochi istanti ) GOLD FUT GIUGNO schizza a 2082,80 – per poi ridiscendere durante la notte

La SIM sulla quale opero carica gli ordini per il periodo in cui ogni singolo mercato è aperto, senza mantenerli operativi sulle 24 ore.

Non posso facilmente dire se questo comportamento nel lungo termine giova o non, ma direi che è statisticamente corretto operare solo nell’orario ufficiale di apertura, durante il quale i volumi solo tali da rendere ininfluenti i singoli ordini immessi.

Di conseguenza non ho venduto a 2050 e non sono stato stoppato a 2065.

Meglio per me.

Per chiudere l’argomento, ritengo che il movimento notturno del mercato sia il frutto di una manipolazione, gestita da uno o più operatori in concerto, che tentano di evitare la formazione di un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, se poi fosse rotto il recente minimo di 1969 cash, potrebbe venire “confermato” e quindi invertire il mercato.

Per il momento il giorno successivo ven. 5 maggio Gold cash è ridisceso a 1999, sul più volte citato top di aprile 2022, livello che Gold tenterà di conquistare.

Segnalo che SILVER ha tenuto un comportamento analogo, negli stessi minuti, quindi qualcuno si è dato molto da fare intorno alla mezzanotte europea.

Dopo questa manipolazione, ritengo prudente non operare per almeno una settimana, per vedere se queste “manovre” si ripetono.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“Tutto il range di aprile, da 33235 a 34104 di DJ CASH, è stato percorso tra mercoledì 26.4 e ve 28.4, realizzando un “outside rialzista” rispetto ai gg precedenti di aprile, da lu 3 a mart 25.”

Ebbene, in modo inusuale e ancora più ampio e violento, da lu 1 a gio 4 maggio, in soli 4 gg di trading è stato percorso in senso opposto tutto il mese di aprile con un range da 34258 a 32937.

Sembra che l’indice americano voglia quindi bruciare gli stop loss di entrambe le fazioni ( rialzisti e ribassisti, ottimisti e pessimisti ); vorrà poi cortesemente mantenere un trend che sia navigabile.

Così spero e aspetto.

Poiché l’outside realizzato da 1 a 4 maggio costituisce outside settimanale su una settimana già di outside, ma purtroppo rappresenta anche un outside mensile sull’intero mese di aprile, il trend appare al ribasso e quindi l’unica operazione fattibile, ma poco probabile, è un acquisto in zona 32500 DJ FUT GIUGNO nella settimana 8-12 maggio che dista 30 settimane dal minimo del 13 ott 2022 ( 28660 cash ), dal quale partì la salita dei mercati americani.

Dopo uno stop loss, i Princìpi seguiti dalla Lettera vietano di operare.

Se farò personalmente l’acquisto a 32500 FUT GIU, lo stop loss sarà di soli 300 p. a 32200.

NASDAQ 100 CASH

Ha un comportamento molto diverso dal DJ, così come denota il grafico.

Segnalo che NAS 100 FUT GIUGNO ha sfiorato l’ordine di acquisto stabilito dalla N. 28 alla eventuale rottura di 13380, per due volte nei giorni lu 1 maggio a 13370 e ve 5 maggio a 13359.

Continuo a pensare che NAS 100 può accelerare dopo la eventuale rottura e pertanto, dopo i primi 90 minuti di contrattazioni, dalle ore 17.00 ( orario Italia ) di lunedì 8.5, inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13400 stop, con stop loss 12970.

Ritengo obbligatorio quindi usare dosi minime, da incrementare solo sulle eventuali conferme di un trend rialzista, che sembra già avviato.

Tra lu 8 e ven 12 maggio valuterò se, dopo la eventuale rottura e il long conseguente, mi sentirò di :

– acquistare ogni giorno 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO a metà del range di ogni giorno precedente a quello e solo quello in cui viene superato il top del medesimo giorno precedente; lo stop loss sarà 12970 per tutti questi, eventuali, miei acquisti.

Ecco perché l’operazione viene avviata con dose “omeopatica”.

Molto faticosa da scrivere. Spero bene

Leonardo Bodini