BORSE EUFORICHE MA…

Le borse festeggiano il mancato “default” del governo americano, ma in realtà non c’è quasi niente da festeggiare fatta eccezione per le mirabolanti prospettive dell’intelligenza artificiale: semplicemente la liquidità in circolazione è evidentemente ancora alta e altrettanto lo è la voglia di investire in borsa dove fanno ancora tanti profitti i colossi tecnologici americani (soprattutto Apple, che ha quasi raggiunto lo storico record di tutti i tempi di 3mila miliardi di dollari di capitalizzazione) nonchè le grandi banche d’investimento e qualche ”big pharma”.

 

IL SOSTEGNO ALL’UCRAINA COSTA CARO

In Europa sono soprattutto banche e assicurazioni ad attirare gli investitori in attesa di ulteriori rialzi dei tassi d’interesse che -a Francoforte piacendo- permetteranno loro di fare ancora per un po’ dei profitti aggiuntivi. Ma soprattutto di Ucraina a Washington non si parla più, mentre in Europa la Germania ha iniziato ad alzare la voce sulla prosecuzione indiscriminata della guerra.

Dopo che Cina, Turchia e Iran hanno chiaramente preso le parti della Russia e dopo che dai “Paesi non allineati” come India, Brasile e Sud Africa (e sinanco dal Giappone) sono arrivati degli importanti “distinguo”, il sostegno all’Ucraina sembra destinato ad attutirsi nell’intero Occidente.

LA GERMANIA NON VUOLE LA GUERRA

La Cina rappresenta per l’Europa un importantissimo partner commerciale, e quest’ultima inizia a fare i conti sui costi della guerra che le tocca sopportare alle sue porte. In particolare la Germania, adesso che deve moltiplicare gli aiuti interni alla propria economia dopo essere ufficialmente entrata in recessione. Morale: l’aria sta cambiando e nessuno ha davvero voglia di finanziare l’invasione della Crimea da parte di Zelenski, il quale dovrà -almeno per il momento- ridurre le sue pretese.

Adesso che è diventato ovvio che l’America nei prossimi 18 mesi non parlerà che di debito pubblico, non c’è più nessuna possibilità di continuare a far passare in sordina il salasso della fornitura di armi a Kiev. Così com’è ovvio che non potrà durare in eterno il ”trucchetto” di chiedere agli alleati continentali di fare la loro parte nella guerra.

IL “REBUS” DEL PREZZO DELL’ENERGIA

Sulla scia dell’attesa di un allargamento della recessione tedesca anche al resto d’Europa e del mondo, i prezzi gas e petrolio continuano -per il momento- a scendere, come si può vedere dal grafico sotto riportato. Ma durerà questa discesa del costo dell’energia? Non soltanto è difficile dirlo ma è anche piuttosto improbabile (si veda il grafico qui sotto riportato): il mondo va incontro ad un deficit strutturale di estrazione di petrolio, soprattutto se si vuole davvero impedire alla Russia di esportare il proprio e al momento la domanda scende più dell’offerta.

Ma la tendenza globale di lungo periodo è quella di una inevitabile crescita della domanda di energia, cui difficilmente farà totalmente fronte la crescita della produzione da “fonti rinnovabili” e, in aggiunta, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) sta riuscendo a convincere i Paesi membri a tagliare ancora l’estrazione.


IL DILEMMA AMERICANO

Il fatto poi che l’America voglia ridurre il salasso finanziario nei confronti dell’Ucraina (quantomeno fino alle elezioni del 2024) non significa necessariamente che arriverà la pace. Solo una (improbabile e non certo immediata) radicale svolta politica americana potrebbe far allentare la tensione sulla Russia e quindi mi aspetto il passaggio da una fase di guerra vera e propria a una di guerriglia, con attacchi sempre più frequenti sul territorio russo (a questo servono di fatto gli F16) e una risposta difficile da pronosticare da parte di Mosca. Chi ha davvero da rimetterci siamo noi europei ma sembra che i nostri governanti non lo capiscano.

Il debito americano tra l’altro non è mai stato così alto. L’accordo by-partisan al Congresso per innalzare il tetto del debito pubblico ha come ovvia conseguenza che esso crescerà ancora, almeno per un altro anno e mezzo, tanto quanto manca fino all’elezione del prossimo Presidente. Ovviamente non senza conseguenze per l’economia reale.

In America peraltro non cresce soltanto il debito pubblico, ma anche quello privato, come si può vedere dal grafico qui sotto, che riporta la crescita dell’utilizzo delle carte di credito.

D’altra parte senza finanziare di più i consumi questi ultimi potrebbero continuare a crescere soltanto sotto la spinta di ulteriori pressioni salariali, che avrebbero lo spiacevole risvolto di accrescere l’inflazione “core”. Meglio la crescita del debito, dunque, almeno sin tanto che l’America continuerà ad attrarre capitali dal resto del mondo, cosa che potrebbe interrompersi in caso di peggioramento del quadro geopolitico! Ovviamente però i tassi d’interesse accresciuti (e che non caleranno facilmente perché non calerà facilmente l’inflazione) costituiscono un bell’ostacolo allo sviluppo economico.

L’America oggi sa di marciare verso una probabile recessione proprio in concomitanza con le elezioni presidenziali e il suo governo tenta perciò di rallentarne più possibile l’arrivo. Anche per questo non ha voglia di accelerare lo scontro con la Cina, con la quale le sue aziende continuano a fare affari. Così come non ha troppa voglia di moltiplicare gli altri focolai di guerra nel mondo (come il Kosovo) perché correrebbe il rischio di vedere l’inflazione tornare a mordere e perché questa sarebbe la volta buona che l’elettorato si rivolterebbe contro l’intero establishment. Così il grande conflitto con la Cina e i suoi alleati sembra oggi rinviato, lasciando ai soli servizi segreti il compito di mantenere alta la tensione geopolitica.

L’EUROPA SI ALLONTANA DALL’ITALIA

Quanto all’Italia il teatrino della crescita dell’economia al di sopra della media europea fino ad oggi ha funzionato, ma sembra destinato a terminare presto. Non soltanto a causa dei danni delle alluvioni, ma anche per molti alti motivi, quali ad esempio:

  • per il fatto che nel contrasto alle grandi correnti migratorie l’Italia non ha alleati in Europa, e i barconi qualche fastidio al turismo nazionale lo danno di sicuro;
  • altri “fastidi” arriveranno dai poi prossimi (anche se non del tutto scontati) rialzi dei tassi d’interesse della banca centrale europea, i quali colpiranno soprattutto la fiducia nella capacità del nostro governo di sostenere gli interessi sul debito pubblico e provocheranno ulteriori riduzioni dell’erogazione di finanziamenti alle aziende;
  • il cappottino per il nostro Paese sarà poi completo quando tornerà a crescere il costo dell’energia, che come abbiamo visto più sopra sarà difficile che vada avanti a lungo, mettendo a nudo l’impossibilità di far coincidere gli interessi italiani con quelli degli altri “partner” europei.

Il tam tam del “mainstream” mediatico sulla crescita del P.I.L. italiano dunque deve necessariamente essere fragoroso adesso, sin tanto che non ci toccherà fare meglio i conti sull’inflazione “core” e sugli effettivi esborsi che saranno necessari per tamponare i disastri alle grandi infrastrutture, che ovviamente toglieranno risorse ad altri capitoli di spesa pubblica quali il welfare e le agevolazioni agli investimenti produttivi. E quando quei conti li faremo scopriremo che l’Unione Europea e la sua Banca Centrale appaiono assai poco disposte a finanziare ulteriori interventi di Stato in deficit.

LA BOLLA SPECULATIVA

Dunque il mondo sta vivendo l’inizio di questo mese di Giugno in una sorta di limbo dorato dei mercati, abbastanza disconnesso dall’economia reale. Tuttavia l’ottimismo delle borse non si sa quanto possa durare o a cosa possa portare, mentre crescono i rischi che la bolla speculativa costruita intorno alle grandi aziende tecnologiche possa arrivare ad esplodere inaspettatamente, magari sull’onda dei nuovi tagli alla produzione di petrolio, o semplicemente per la crisi di qualche altra istituzione finanziaria.

Ma anche se nessuno di questi eventi accadrà domani mattina, i mercati sono tornati all’ottimismo, anche se per farlo scontano due eventi piuttosto improbabili a breve termine: una nuova crescita delle aspettative di profitti aziendali, e il ribasso dei tassi d’interesse (senza il quale non si giustificherebbe una risalita del rapporto “prezzo/utili” delle borse di tutto il mondo).

L’equilibrio dei mercati finanziari è dunque sempre più vacillante, vuoi per il fatto che la scommessa sul calo dell’inflazione appare destinata ad essere perduta, vuoi per la probabilità elevata di un’imminente recessione economica concomitante con crescenti tensioni geopolitiche. Non è improbabile perciò la ripresa di una certa volatilità dei corsi azionari.


E nemmeno è troppo convincente la narrativa delle “magnifiche sorti et progressive” (Giacomo Leopardi NDR) relativamente alle grandi ricadute dell’intelligenza artificiale. È abbastanza ovvio che lunga è la strada per trasformare in lauti profitti le sue prime vere applicazioni, e prima o poi qualcuno finirà per accorgersene. Così com’è ovvio che le banche che al momento stanno facendo profitti per l’apertura della “forbice dei tassi d’interesse”, prima o poi dovranno subire una nuova ondata di insolvenze a causa della concomitanza (negativa per imprese e privati) di recessione, inflazione e tassi elevati.

MA L’OTTIMISMO NON È DEL TUTTO INFONDATO

Ma dall’altra parte c’è la possibilità che la guerra Ucraina arrivi quantomeno ad una stasi (cosa che provocherebbe reazioni positive), così come c’è una certa probabilità che entro l’estate le banche centrali occidentali arrestino la corsa alla risalita dei tassi d’interesse: due ottimi motivi per le borse per festeggiare. Cui potrebbe aggiungersi un terzo fattore: se l’inflazione non inizierà presto a scendere allora l’euforia che oggi aleggia intorno ai titoli a reddito fisso dovrà necessariamente ridursi, a causa della presa d’atto che i loro rendimenti reali restano scarsi, mentre saranno preferiti i titoli azionari, che costituiscono storicamente un ottimo scudo nei confronti dell’inflazione, perché rappresentano beni e attività reali delle imprese.

Se dunque l’inflazione non inizierà presto a scendere (come auspicano le curve dei rendimenti implicite) allora le banche centrali dovranno tornare ad allargare i cordoni del credito e gli investitori torneranno alle borse, e queste ultime quantomeno non scenderanno. Dunque è davvero un punto interrogativo: l’euforia di queste settimane è giustificata? Non è probabile ma a a tutti piace volerci credere.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 33 – sabato 3 giugno 2023

Operazioni in essere :

acquistato 1 GIU MICRO NAS 100 a 13400, ora da chiudere al meglio, all’apertura del mercato, lu 5 giugno
acquistati martedì 30 maggio 3 AGO MICRO GOLD a 1960, ora da chiudere al meglio, all’apertura del mercato, lu 5 giugno

PREMESSA ( che vale tutto il resto della Lettera ) : ritengo che i mercati aumenteranno, di molto, la volatilità e qualcuno si farà veramente male, se non metterà gli stop loss.

Solo un paio dei pochi lettori con cui ho rapporti ( per altra professione ) mi hanno evidenziato ( lamentati ? ) che gli stop loss mi sono costati molto; spero che sia un pensiero minoritario.

Diversamente l’eventuale futura frequentazione dei Mercati presenterà conti salati, o devastanti.

Spero di sbagliarmi e proseguo il lavoro.


GOLD AGO 23

Continua a sembrare in formazione un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che cerca conferme e quindi potrebbe invertire il mercato.

La caduta violenta da 2060 gold cash a 1936 ha realizzato un outside mensile, figura grafica ribassista ; quindi veniva la tentazione di aprire degli short a qualsiasi prezzo, ma fare trading non è così semplice.

Per facilitare la comprensione di queste righe, continuo ad allegare il grafico a barre mensili, nella speranza che tutti possano vedere con me la possibile formazione di un TRIPLO MASSIMO nel range 2070 – 2080.

Come ricorderete, nel breve termine, ho cambiato strategia.

Avevo provato ad utilizzare i recenti minimi per tentare una piccola posizione al rialzo, inizialmente solo allo scopo di finanziare lo stop loss della futura vendita, dato che la discesa dopo l’outside ribassista mensile, avvenuto in soli 5 gg di borsa aperta, secondo me aveva un retrogusto molto dubbio.

La discesa era troppo lenta.

GOLD tuttavia sembra “non essere buono per tutte le stagioni” .

Può salire, ma non mi convince, perché sente troppo il livello di 1998 cash in essere sin dall’aprile 2022.

Se rompesse il recente minimo di 1936 cash ( circa 1954 ago fut ) immagino possibile una accelerazione in zona 1870 e oltre.

GOLD quindi non consente un reward/risk pari almeno a tre, che richiedo per rischiare i quattrini.

Pertanto da lu 5 giugno , sin dalla apertura del Mercato, inserirò il seguente ordine :

Chiudere al meglio tutti i 3 AGO MICRO GOLD acquistati a 1960

SILVER LUG 23

Assomiglia a GOLD ? Sì e no.

Molto più violento, sia nelle barre giornaliere che nel m/l termine.

Allego grafico mensile di quasi 20 anni con i miei commenti STABILO GIALLO

Non serve altro per comprendere che non è “merce per tutti”.

Poiché ritengo di aver svolto una iniziale ( ma affidabile ) analisi su questo Mercato, abbandono GOLD e passo a SILVER, con tutte le prudenze del caso.

Pertanto da lu 5 giugno inserirò i seguenti ordini :

compero 1 LUGLIO SILVER FUT a 23,30 con stop loss 22,60

compero un secondo LUGLIO SILVER FUT 24,30 stop ( in rottura ) sempre con stop loss 22,60

Segnalo che il primo ordine che inserirò presenta uno stop loss del 3 % circa, mentre il secondo ordine richiede uno stop loss iniziale del 7,5 % , veramente sconsigliabile.

Stiamo a vedere.

Qui serve fortuna, per la violenza del Mercato, ma, se avessi visto giusto, la Lettera potrebbe trovare un tema per germogliare più pienamente.

Se dovesse rompere 22,60 – starò in attesa, prima di un secondo tentativo.

Ricordo che il future ha dimensione di 5000 once x il valore, che è pari a 5000 x usd 23,7 = usd 118500, casualmente vicino al capitale posseduto dalla Lettera, che vi ricordo partì da euro 100000 il 1 ott 2022.

Silver ha la violenza per spazzare via tutto l’utile accumulato, con otto mesi di lavoro, in pochi gg.

DOW JONES INDU CASH

DOW JONES esprimeva una forza relativa modesta e sempre più modesta rispetto al NAS 100. Ora non più, secondo me.

DJ è sceso molto vicino al prezzo di 32500 ( DJ CASH ha toccato 32586 ) che attendevo da settimane ed è schizzato.

Complimenti al DJ, che riceverà prontamente i miei quattrini, se non altro perché NAS 100, da quando la Lettera lo ha acquistato, è salito senza posa, impedendomi di incrementare la infima posizione iniziale, se non acquistando incondizionatamente, ma, come hanno compreso certamente i lettori, non lo faccio mai.

Pertanto da lu 5 giu 2023 inserirò il seguente ordine :

compero 1 DJ GIU MINI FUT a 33300 con stop loss a 32600

NASDAQ 100 CASH

NAS 100 non si ferma mai, ma la inversione di forza relativa con DJ mi fa dubitare che NAS 100 proseguirà la salita con profitto e pertanto lunedì 5.6 inserirò il seguente ordine :

vendere al meglio sin dal mattino il GIUGNO MICRO NASDAQ 100 acquistato a 13400

Bravo NAS 100, hai dato a questa Lettera un forte profitto percentuale, ma purtroppo l’autore ha investito troppo poco, quindi l’incasso sarà veramente modesto.

Lo sapevamo da tempo.

Questa Lettera ha avuto fortuna qualche volta; non lo dimentico e resto a vedere.

Se la fretta mi dominasse, potrei comperare ( o vendere, che è lo stesso ) in qualsiasi istante di Mercato aperto, ma alzerei il prezzo medio ed il profilo di rischio e non è il mio stile.

Leonardo Bodini




L’INFLAZIONE NON SCENDE E L’ECONOMIA RALLENTA

|I numeri parlano chiaro: l’indice RTT (elaborato da CSC e Team System) segnala in Aprile una frenata nei fatturati di praticamente tutti i settori industriali italiani. Calano le esportazioni e gli investimenti languono a causa dei maggiori costi del debito di quest’anno. Ma quel che più conta è che la fiducia delle imprese scende parecchio, rivelando aspettative al ribasso che la stampa “ufficiale” non riporta.

 


Dunque, nonostante il calo significativo del prezzo del gas, l’economia italiana non “tira” e, pur tuttavia, l’inflazione persiste, come si può leggere dal grafico qui sotto riportato. Tira insomma una brutta aria! Tecnicamente, si chiama “stagflazione” (stagnazione + inflazione).

L’INFLAZIONE PERSISTE


Eppure le aspettative erano buone fino a ieri. Non soltanto il mercato finanziario, nelle pieghe dei contratti derivati, sosteneva a spada tratta la previsione di una discesa entro dell’inflazione e, in ultima analisi, anche dei tassi d’interesse. Ma anche la maggior parte dei commentatori proseguiva nella narrativa, sostenendo due argomenti principali: 1) che la politica monetaria restrittiva avrebbe aiutato a correggere al ribasso l’inflazione, 2) la fine del rialzo delle materie prime avrebbe spinto al ribasso i prezzi industriali e, con un po’ di ritardo, anche quelli al consumo.

LE PREVISIONI ERANO OTTIMISTICHE

Dunque l’inflazione, secondo gli osservatori di mezzo mondo, non poteva che scendere. Peccato sia sempre più evidente che l’unico modo in cui le politiche monetarie restrittive possono arginare l’inflazione sia quello di provocare forti recessioni e instabilità finanziaria (crollo delle borse, banche in crisi di liquidità, welfare insostenibile e debiti pubblici oltre ogni ragionevolezza). Così come è evidente che, nonostante i ribassi nei prezzi di energia, materie prime e persino alcune derrate alimentari, i prezzi industriali nel migliore dei casi non scendono e l’inflazione resta elevata. Dunque la narrativa da parte dei guru dell’economia va rivista.


È crollato poi sinanco l’ultimo “mantra”: quello che l’arrivo di una “dolce” recessione avrebbe aiutato a calmierare i prezzi.

LA GERMANIA È IN RECESSIONE

Al momento-almeno in Europa- la recessione è ufficialmente arrivata con la Germania che ha inanellato il secondo trimestre consecutivo di discesa del suo prodotto interno lordo (è vero che noi italiani abbiamo il turismo, ma con tutto il rispetto per il nostro istituto di statistica, io tendo a credere più a quello tedesco) e dell’inflazione dei prezzi non si vede la fine. Anzi, si teme, non la si vedrà nemmeno nell’immediato futuro. Qui sotto è riportato l’indice manifatturiero di Italia (in rosso) Francia (in verde) e Germania (in blu). È vero che siamo un filino sopra agli altri, ma con una tendenza alla discesa.


L’inflazione però, in tutta Europa resta elevata e tende ad autoalimentarsi, per una serie interminabile di motivi, tra i quali il fatto che -a causa della depressione salariale praticata silenziosamente ma assai efficacemente nei paesi periferici dell’Unione Europea- oggi che c’è più domanda che offerta di manodopera il suo costo sale, anche se i consumi scendono.

I CONSUMI SCENDONO, SALVO CHE PER LE AUTO

Sappiamo bene poi che l’inflazione a casa nostra non è mai dipesa dall’eccesso di consumi bensì da fattori strutturali, a partire dagli elevatissimi costi di energia e materie prime fino alla bolla che ha riguardato le ristrutturazioni edilizie (e che oggi rischia di lasciare sul campo morti e feriti). Anzi i consumi (con l’eccezione delle immatricolazioni di nuove auto) proseguono la discesa, così come si riducono i budget di spesa famigliare, come si può vedere dal grafico qui riportato:


La notizia della mancata discesa dell’inflazione peraltro non è del tutto negativa: se la recessione oggi mordesse di più l’inflazione probabilmente scenderebbe maggiormente, dal momento che è la componente dei servizi quella più importante oggi nei rincari generalizzati. Ma con l’arrivo di una recessione ci sarebbero al tempo stesso molti più licenziamenti, più fallimenti e maggiori insolvenze, che non è detto non ci saranno ugualmente nel prossimo futuro, ma al momento ancora ce li siamo risparmiati.

LE IMPRESE PAGANO CARO IL CREDITO

La situazione delle imprese italiane tuttavia non è rosea: il costo del credito cresce e i volumi erogati continuano a scendere, come si può vedere da questo grafico riportato dal Centro Studi Confindustria su dati Refinitiv e Banca d’Italia.


Oltreoceano la situazione è un po’ migliore, anche a causa della maggior incidenza -per l’America- della progettazione e produzione di nuove tecnologie, che sembrano essere tornate al traino dell’economia e anche delle borse valori.

IN AMERICA LE BIG TECH SONO AI MASSIMI

Le aziende che sono all’avanguardia tecnologica hanno mostrato margini che tornano a crescere e oggi sembrano essere entrate in piena bolla speculativa, parzialmente fondata su prospettive a dir poco rosee per l’intelligenza artificiale, gli armamenti e i veicoli di nuova generazione.


La parte meno fondata della bolla speculativa che sta investendo le borse internazionali dipende tuttavia dalla ben nota “congestione dei risparmi” (“savings’glut”) che riversa sui mercati finanziari più risorse di quante ne andrebbero correttamente allocate in un mondo ideale.

LA “CONGESTIONE DEI RISPARMI”

Essa deriva dall’entrata in pensione di buona parte della generazione che ha vissuto il boom delle nascite tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60, che spesso è ancora in ottima forma fisica ma oramai si allontana dal mercato del lavoro per dedicarsi ad investire i propri risparmi. Il risultato è una montagna di risparmi, che da qualche parte deve essere investita, come si può vedere da questo grafico:


Peraltro qualcuno fa correttamente notare che i titoli azionari sono sempre stati in posizione “rialzista” con l’inflazione poiché costituiscono frazioni di diritti di proprietà di attività “reali” (cioè le aziende) e dunque sono destinati naturalmente a rivalutarsi in presenza dell’inflazione dei prezzi. Quindi se da un lato i maggiori tassi d’interesse penalizzano le valutazioni aziendali perché scontano a tassi più elevati i flussi di cassa futuri, dall’altro lato il valore intrinseco delle imprese non può che riflettere i prezzi più alti. Ciò ovviamente vale soprattutto per i colossi multinazionali, che però costituiscono buona parte della capitalizzazione delle borse.

LE BORSE RESTANO ALTE

I listini quindi non hanno tutti i torti a galleggiare intorno ai massimi storici: in molti casi aziendali l’inflazione ha determinato una situazione in cui i margini di guadagno sono risaliti e, se la situazione generale non peggiorerà, la rivalutazione dei “real assets” delle aziende dovrebbe aiutare a sostenerne le quotazioni. Come si può vedere da questo grafico le valutazioni delle società quotate (espresse come multiplo degli utili attesi) restano relativamente elevate rispetto alle medie storiche:


Tutto bene dunque? Non proprio. La situazione generale è al momento quella di una pausa nei grandi movimenti, eccezion fatta per i grandi colossi globali delle tecnologie, che sono in grande spolvero nel progettare il proprio futuro. I timori -anche geopolitici- sono elevati ma le tecnologie avanzano e la recessione morde quasi soltanto l’Occidente.

I PAESI EMERGENTI “TENGONO BOTTA”

I Paesi Emergenti mantengono oggi una crescita economica che in molti casi giova a tamponare la situazione di quelli appartenenti all’OCSE, assillati da eccesso di debiti e tassi che rischiano di continuare a crescere minando alla radice la stabilità finanziaria. Ma quanto questi ultimi potranno continuare? Le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale per l’anno in corso sono piuttosto magre, rinviando al 2024 (se Dio vorrà) le speranze di un rilancio delle economie:


Si parla di de-dollarizzazione ma certo questa non è ancora avvenuta. Oggi un eventuale peggioramento dell’andamento previsto dei Paesi OCSE potrebbe ancora influire non poco nel ridurre le speranze di crescita economica dei c.d. Paesi BRICS (Brasile, Russia, India Cina e Sud Africa), così pure come degli altri Paesi Asiatici, degli altri Paesi Africani e, quasi certamente dell’America Latina. Cosa che significherebbe che il mondo si indirizzerebbe verso una grande recessione, anche se ci starebbe andando più lentamente del solito.

Quante sono le probabilità che l’Occidente “inciampi” più seriamente di quanto si vede oggi? Probabilmente nessuno lo sa, ma che il rischio esista è evidente.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 32 – sabato 27 maggio 2023

Operazioni in essere :

acquistato 1 GIU MICRO NAS 100 a 13400, ora con stop loss a 13550

GOLD AGO 23

Sembra in formazione un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, cerca conferme e quindi potrebbe invertire il mercato.

La caduta violenta da 2060 gold cash a 1936 ha realizzato un outside mensile, figura grafica ribassista e viene la tentazione di aprire degli short a qualsiasi prezzo, ma fare trading non è così semplice.

Per facilitare la comprensione di queste righe, ho allegato il grafico a barre mensili, nella speranza che tutti possano vedere con me la possibile formazione di un TRIPLO MASSIMO nel range 2070 – 2080.

Rammento che utilizzerò il contratto AGOSTO 2023 ( usd 19 più alto di gold cash ) in quanto il giugno è in consegna.

GOLD è sceso senza rimbalzi , quindi non ha consentito a questa Lettera di vendere in pull back, vicino ai massimi.

Cambio quindi strategia.

Utilizzo i recenti minimi per tentare una piccola posizione al rialzo, inizialmente solo allo scopo di finanziare lo stop loss della futura vendita, ma qualcosa non quadra nella discesa di cui ero piuttosto convinto.

E’ troppo lenta.

Pertanto da lu 29 maggio, sin dalla apertura del Mercato, inserirò il seguente ordine :

COMPERO 3 MICRO GOLD FUTURE AGOSTO a 1960 con stop loss a 1940

DOW JONES INDU CASH

DOW JONES continua ad esprimere una forza relativa modesta e sempre più modesta rispetto al NAS 100. Il Mercato non ha soldi per comprare entrambi, che sono comunque indici della borsa americana, ma ciò non sembra.

L’avevo visto da tempo e, forse troppe volte, lo avevo evidenziato.

In realtà merc. 24.5 DJ è sceso molto vicino al prezzo di 32500 ( DJ CASH ha toccato 32586 ) che attendevo da settimane, ma non ritengo di aprire una posizione al rialzo su un Mercato con forza relativa così modesta.

Quindi : analisi piuttosto precisa, ma niente profitti.

NASDAQ 100 CASH

Continuo a pensare che NAS 100 proseguirà la salita e pertanto lunedì 29.5 inserirò i seguenti ordini :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13950 con stop loss 13550

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13700 con stop loss 13550

Si tratterebbe di raddoppiare o triplicare la posizione, infima, attualmente in essere, applicando uno stop loss relativamente contenuto.

In realtà la crescita è più veloce di quanto prevedevo e quindi sto rincorrendo il Mercato, per comperare le rate previste.

Pazienza.

La N. 31 aveva un ordine di acquisto di un secondo micro Nas 100 a 13500, il Mercato è sceso fino a 13566 e poi è schizzato via.

Mi ha visto e mi ha salutato.

Anch’io avevo visto Lui, diversamente non avrei sfiorato il prezzo.

Questa Lettera ha avuto fortuna qualche volta; non lo dimentico e resto a vedere.

Se la fretta mi dominasse, potrei comperare in qualsiasi istante di Mercato aperto, ma alzerei il prezzo medio ed il profilo di rischio, il che non mi va.

Guadagnerò poco, questa volta.

Ripeto che sento arrivare movimenti più ampi, che ritengo debbano essere affrontati con investimenti ridotti, pena friggere in padella.

Vale per GOLD e anche per NAS 100.

Leonardo Bodini