STORIA DI UN RATING ALL’ITALIANA

L’allarme relativo al giudizio sul merito di credito dello Stato italiano è magicamente rientrato qualche giorno fa e per di più senza alcun clamore sui “media” di tutto il mondo. Come si spiega? Era giustificato prima o è stato ignorato dopo? Proviamo a ricostruire i fatti…

 

TUTTO INIZIA CON IL “SUPERBONUS”

La storia inizia lo scorso 20 settembre con il primo consuntivo sul Superbonus (ai tempi c’era il governo Draghi). La capienza fiscale degli istituti di credito che avrebbero dovuto finanziarlo stava terminando (all’epoca il totale atteso era di 75 miliardi di crediti fiscali, tra accettati e in corso di valutazione), ma era in corso la campagna elettorale. Draghi aveva apertamente criticato il costo del Superbonus per lo Stato, ma nessun partito politico se la sentiva di affrontare l’argomento e tutti tacquero.

Senza porvi un freno tuttavia la situazione sarebbe divenuta insostenibile, così a fine febbraio 2023 è toccato al governo attuale prendere l’amara decisione di bloccare la cedibilità a terzi dei crediti fiscali accumulati, dopo che comunque gli istituti di credito avevano da tempo frenato sulla loro anticipazione.

Bisognava prendere atto del fatto che lo stock dei crediti superbonus era asceso a un totale di circa 120 miliardi di Euro: 71,7 miliardi per bonus edilizi, 19 miliardi per il bonus facciate e 28,9 miliardi per altri crediti fiscali legati all’edilizia. Ovviamente si tratta di debito ulteriore dello Stato, seppur dovuto ai soli cittadini che pagheranno le tasse, sotto forma di bonus fiscale, ma “pesa” anch’esso indirettamente sul calcolo del debito pubblico italiano.

L’ATTACCO DELLA GOLDMAN SACHS

Il capitolo successivo della saga è andato in scena tra il 23 e il 24 Aprile, quando la Goldman Sachs pubblicò una ricerca in cui suggeriva apertamente di vendere titoli pubblici italiani per comperare quelli spagnoli. Tra le motivazioni innanzitutto la forte impennata dei tassi d’interesse che provoca a uno stato super-indebitato come quello italiano un’importante maggior spesa per il servizio del debito e conseguente ulteriore deficit di bilancio.


La banca d’affari americana proseguiva citando una crescita economica storicamente limitata del nostro Paese, i ritardi delle riforme che hanno causato ritardi di oltre un mese nell’erogazione di 2 tranches dei fondi europei a sostegno del PNRR e il conseguente ridotto impatto sulla crescita dell’economia italiana. L’Italia è poi il paese con il più alto “tax rate” del mondo (la pressione fiscale), cosa che rende difficilmente aggiustabile il deficit pubblico con incrementi di imposte e tasse.

L’ANNUNCIO DI MOODY’S

Ovviamente la sequela di eventi non è passata inosservata da parte delle maggiori agenzie di rating, tra le quali Moody’s, da sempre la più severa con il nostro Paese, e lo ha apertamente posto in revisione per un possibile ribasso del rating (il giudizio sul merito di credito). Era il 25 aprile scorso (cioè il giorno dopo la pubblicazione della ricerca di Goldman Sachs): la divisione Emerging markets dell’agenzia di rating si lanciò in una previsione pessimistica relativa alla revisione del rating italiano attesa per il 19 maggio: “Crescita stagnante e aumento del costo del debito potrebbero ulteriormente indebolire le prospettive per l’economia italiana”.. Un annuncio pericoloso poiché Moody’s già collocava i titoli italiani soltanto un gradino al di sopra dello status di “titoli spazzatura“. Per fortuna e’ anche l’unica a farlo.

E SINANCO LA BCE GETTA BENZINA SUL FUOCO…

A complicare le cose ci si è poi messa la Banca Centrale Europea, che con il suo ultimo bollettino economico ha espresso previsioni di un futuro incerto per l’intera Eurozona e ha paventato la possibilità che l’Italia raggiunga presto un rapporto debito/prodotto interno lordo al 190% (alla data attuale si parla del 144%), precisando che il nostro Tesoro potrebbe dunque incontrare seri rischi nelle sottoscrizioni in rinnovo dei titoli pubblici in scadenza, anche in conseguenza del ridotto supporto fornito in tal senso dalla BCE stessa.

POI IL “MIRACOLO” !

Magicamente tuttavia, pochi giorni prima della scadenza del 19 Maggio, Moody’s “sospende” il suo giudizio sul rating pubblico italiano, rinviandolo addirittura di un semestre. Dunque l’agenzia di rating ci ha di fatto ripensato, tenendoci però in ostaggio fino a Novembre.

Certo, poco prima del “ripensamento” di Moody’s erano comparsi vari e ottimi dati macroeconomici relativi al nostro Paese: la crescita del fatturato dei servizi in aprile, sulla spinta del turismo, un ottima performance dell’export (si legga il grafico sotto riportato) con il conseguente surplus commerciale e soprattutto una previsione di crescita del P.I.L. italiano espressa da parte della Commissione Europea dell’1,2%, contro il dato medio dell’1,1% dell’eurozona e lo 0,2% della Germania (addirittura più alta della previsione del nostro governo, che si era limitata all’1%).

CHI AVEVA RAGIONE ?

La domanda che si sono posti in molti al riguardo è però la seguente: stavolta il giudizio dell’agenzia di rating si è finalmente basato sui dati macroeconomici fondamentali? Si perché se il PIL crescerà dell’1,2% dopo essere stato deflazionato di circa 7 punti percentuali, allora vuol dire che l’economia italiana nel 2023 potrebbe crescere di ben oltre l’8%, circa il doppio di quanto possa essere atteso il deficit pubblico. Il che vuol dire che il debito pubblico (che è espresso necessariamente in termini nominali e non al netto dell’inflazione) crescerà probabilmente meno di quanto crescerà il PIL, con una possibile riduzione dunque del rapporto percentuale tra l’uno e l’altro. Non un aumento. Di qui il rinvio di un intero semestre.

Probabilmente tuttavia non sono state le possibili considerazioni sui dati macro-economici a guidare l’agenzia di rating, bensì la lunga mano della geo-politica. Non è sfuggita a nessuno l’overdose di europeismo ed atlantismo esibita pubblicamente dal governo italiano nell’ultimo mese, a partire dalla tolleranza mostrata nei confronti degli sberleffi dei ministri francesi del governo Macron, per passare all’accoglienza a dir poco calorosa riservata a Zelensky, fino alla promessa -in sede di G7 a Hiroshima- di abbandonare l’accordo con la Cina per il programma di infrastrutture aero-portuali denominato “Belt&Road” sottoscritto ai tempi del governo Conte. E all’orizzonte ci sono altre importanti riforme promesse ai falchi di Nato e UE, ivi compresa la sottoscrizione del famigerato Meccanismo Europeo di Stabilità (il MES).

QUANTO È GRAVE LA SITUAZIONE?

Ma il debito pubblico italiano è davvero così preoccupante? La risposta ovviamente non è univoca. Da un lato ci sono gli elementi di oggettiva debolezza del Paese sopra richiamati, che rischiano seriamente di farlo crescere oltre ogni ragionevole attesa (tra le quali le esigenze di riforma della sanità pubblica evidenziate dal Covid, quelle riordino delle infrastrutture dopo i disastri delle Autostrade, la necessità di stimolare il mercato domestico dei capitali per arginare l’esodo delle imprese italiane, eccetera).


Dall’altro lato c’è appunto da considerare che ciò che conta davvero è il rapporto percentuale del debito pubblico nei confronti del Prodotto interno lordo. Se quest’ultimo promette di salire di più, va da sé che le preoccupazioni si riducono. Inoltre i dati relativi all’indebitamento del nostro Paese vanno letti tutti, e cioè non soltanto quelli relativi al debito dello Stato.

Ad esempio la ricchezza complessiva delle famiglie italiane (se si considerano anche gli immobili , al netto delle passività) supera i 10mila miliardi di euro (oltre 5 volte il debito pubblico). Nel corso del 2021 inoltre la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata tra le più alte in Europa, pari a 8,7 volte il loro reddito disponibile (Francia: 8,6; Germania: 8,8). Il debito complessivo dell’Italia dunque, in Europa è più alto soltanto di quello tedesco, come si può leggere dal grafico qui riportato, al di sotto cioè di Francia e Spagna.

L’EUROPA CI GIOCA PESANTE

Dunque le politiche europee di convergenza sono attualmente troppo orientate al sol debito pubblico e non tengono conto del fatto che i dati fondamentali del nostro Paese sono ancora piuttosto sani. C’è probabilmente una spiegazione politica: l’Unione Europea (così come l’americana Moody’s) giocano su questi fattori per fare pressioni sulla politica italiana. Per carità, niente di nuovo sotto il sole: nel nostro Paese è andata così negli ultimi cinquant’anni.


Ma delle due l’una: o a fine Aprile Moody’s aveva scherzato e Goldman Sachs aveva giocato sulle emozioni per speculare al ribasso sul debito pubblico italiano, oppure è in atto una riforma forzosa del nostro Paese, mascherata da una lettura “partigiana” dei dati macroeconomici (che passa anche dal giudizio di rating) allo scopo di mantenere elevato lo “spread” tra il costo del debito pubblico italiano e quello degli altri principali paesi europei.

E IL BALLETTO NON È FINITO !

Ovviamente c’è da attendersi che i tassi europei continueranno ad aumentare nelle prossime settimane, nonostante che la Federal Reserve americana abbia annunciato di essere arrivata al capolinea e nonostante sia chiaro a tutti che in Europa la risalita dei tassi non produce alcun beneficio. Nemmeno sull’inflazione, dal momento che i consumi dei cittadini europei stanno calando ”a prescindere”e dal momento che una Divisa Unica che si rivaluta sul Dollaro non aiuta certo le esportazioni. Ma in tal modo le pressioni sui conti pubblici dei paesi periferici dell’Unione saranno da considerarsi tutt’altro che esaurite.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 31 – sabato 20 maggio 2023

Operazioni in essere :

acquistato 1 GIU MICRO NAS 100 a 13400 con stop loss a 12970

GOLD GIU 23

Sembra in formazione un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, cerca conferme e quindi invertire il mercato.

La caduta violenta da 2060 gold cash a 1952 ha quasi realizzato un outside mensile ribassista, per conseguire il quale manca di rompere il minimo di aprile 2023 ( 1949 gold cash )

Vedremo se ci riesce.

Per facilitare la comprensione di queste righe, ho allegato il grafico a barre mensili, in luogo del settimanale, nella speranza che tutti possano vedere con me la possibile formazione di un TRIPLO MASSIMO nel range 2070 – 2080.

Devo utilizzare da lu 22 maggio il contratto AGOSTO 2023 ( usd 23 più alto di gold cash ) in quanto il giugno va in consegna a giorni.

Il contratto luglio 2023 esiste, ma è poco liquido e vi ricorderete tutti che evito mercati poco liquidi.

Nella N. 30 avevo scritto : Anche se sto andando contro il trend, che resta evidentemente al rialzo, proverò un secondo tentativo di vendita nell’ipotesi che si stia formando un triplo massimo, cercando di espormi ad uno stop loss molto limitato”.

Se il triplo massimo, che ipotizzo essere in formazione, trovasse altre conferme, potrebbe generare una spinta in giù anche di rilievo, perché molti “esperti” pare fossero pesantemente al rialzo e quindi il conto potrebbe essere salato.

Poiché siamo ancora molto vicini al top di 2060 gold cash, prudenza mi suggerisce di non vendere in caduta, ma di cercare la fascia 2030 – 2050 cash ( + usd 23 per GOLD AGO )

Pertanto da lun 22 maggio, sin dalla apertura del Mercato, inserirò il seguente ordine :

vendo 5 MICRO GOLD FUTURE GIUGNO a 2065 con stop loss a 2090

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“Dopo un raro outside mensile compiuto in una sola settimana ed una successiva una settimana inside, DOW JONES sale, ma con forza relativa modesta rispetto al NAS 100”

L’avidità sta montando in groppa alla paura e quindi, ritenendo che non sia conveniente assumere posizioni al ribasso sull’azionario U.S.A., per andare al rialzo, mi accodo alla folla e abbandono il DJ.

NASDAQ 100 CASH

Più volte avevo scritto : “Ha un comportamento molto diverso dal DJ, così come denota il grafico.”

Continuo a pensare che NAS 100 può proseguire la salita dopo la rottura e pertanto lunedì 22.5 inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13500 con stop loss 12970

Si tratterebbe di raddoppiare la posizione, infima, attualmente in essere, applicando il medesimo livello di stop loss.

Qualcuno gentilmente mi ha chiesto quanto potrò mai guadagnare con un solo (e misero, …… visto che vale usd 2 x indice = circa 27600 usd ) MICRO NAS 100 all’opera; quasi nulla, rispondo, ma è una apertura di piano di accumulo, che è la tecnica che oggi scelgo per trattare un mercato come il NAS 100, sulla cui pericolosità mi sono già, forse troppo, dilungato.

Comprerò inoltre ogni giorno, senza poter inserire le informazioni nella tabella excel degli ordini inseriti e non ancora eseguiti, unicamente in quanto è una strategia che ogni giorno trae il prezzo da eseguire dal range del giorno precedente, 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO a metà del range di ogni giorno precedente a quello e solo quello in cui viene superato il top del medesimo giorno precedente; lo stop loss sarà 12970 per tutti questi, eventuali, miei acquisti.

Ripeto che si tratta di una strategia complessa da capire, ma per nulla casuale, che tuttavia potrebbe portare ad una posizione molto spinta, in caso di continue rotture al rialzo.
Ecco perché l’operazione viene avviata con dose “omeopatica”.

Segnalo che sento arrivare movimenti più ampi, che ritengo debbano essere affrontati con investimenti ridotti, pena friggere in padella.

Vale per GOLD e anche per NAS 100.

Lo dico perché qualcuno ha ravvisato una eccessiva prudenza nei prezzi di acquisto e vendita che stanno caratterizzando gli ordini annunciati nelle lettere più recenti, accompagnando il commento con ipotesi di “pancia piena”.

Ai lettori attenti :

Sicuramente non cerco di evitare i profitti.

Neppure intendo “addormentarmi” sul + 17 % conseguito dal 1 ott 2022 ad oggi, che sta irritando qualcuno.

Se penso che vi saranno barre estese, lungi dall’aumentare la aggressività dell’approccio, cerco di non farmi sottrarre in poche sedute un risultato conseguito in quasi otto mesi.

Servirà lucidità e tanta pazienza.

Leonardo Bodini




VERSO LA “GRANDE REVISIONE”

La recessione comincia a mordere in America. Ma è ragionevole attendersi grandi catastrofi? Forse no. Perché il mondo si divide sempre di più tra Oriente e Occidente e perché sono in arrivo nuove tecnologie che potrebbero rilanciare la sfida per la supremazia, ma soprattutto potrebbero alimentare forti investimenti e nuovo sviluppo economico. Tuttavia mentre le tecnologie di ultima generazione sono al lavoro per cambiare il mondo, nulla è scontato, nessuno scenario può essere dato per acquisito.

 

L’AMERICA “VEDE” LA RECESSIONE

Negli USA le richieste di sussidi per disoccupazione sono incrementate bruscamente nelle ultime settimane e la crescita dei salari si è praticamente arrestata. Non c’è da stupirsi: nell’ultimo trimestre l’economia Americana è andata solo leggermente avanti (ma soltanto dell’1% su base annua) e soltanto grazie agli ottimi profitti delle grandi multinazionali e ci sono buone probabilità che in quello in corso (siamo esattamente a metà del II trimestre) succeda la stessa cosa.


Non per niente il dollaro continua a scendere sulla scia dei problemi del debito pubblico (acuiti dai rialzi dei tassi) e il petrolio di più: siamo giunti al livello-soglia di 70 dollari al barile circa, un prezzo che è forse uno spartiacque per l’andamento futuro (se dovesse andare sotto si aprirebbe una nuova catena di ribassi). Ne è causa la bassa domanda da parte dei paesi OCSE ed è probabile che la maggior domanda, proveniente esclusivamente da parte del resto del mondo, potrà beneficiare delle agevolazioni di prezzo riservate agli acquirenti di petrolio russo.

L’EUROPA FA FINTA DI CRESCERE

Dunque in America sembra finalmente prendere forma la recessione più annunciata della storia (sono anni che se ne parla e che -COVID a parte- non è mai arrivata) mentre in Europa si spera ancora nella prosecuzione della crescita economica per il resto dell’anno, dopo un primo trimestre andato meglio del previsto. Ma quanto è “autonoma” l’Euro-zona da ciò che accade oltre Atlantico? Oggettivamente piuttosto poco, e per di più con una guerra alle porte (e con i suoi salassi in termini di spesa militare) e con una progressiva limitazione che la NATO vuole imporre all’export verso i paesi BRICS (cioè i non-allineati con l’Occidente). Dunque le speranze dell’Europa risiedono quasi esclusivamente nel ritardo strutturale con il quale gli eventi già visti negli USA si rifletteranno a casa nostra.


Nel frattempo anche dal punto di vista dell’inflazione però siamo indietro, nel senso che a casa nostra il suo calo è stato molto limitato sino ad oggi. Anzi è proprio “lavorando” sul deflattore del Prodotto Interno Lordo (cioè limitandolo) che viene fuori una crescita fittizia. Ma se l’inflazione è addirittura più alta di quella media che annunciano gli istituti di statistica, esiste una buona probabilità che vedremo ancora la Banca Centrale Europea annunciare due o addirittura forse tre nuovi incrementi dei tassi d’interesse, e questo nonostante che la repressione monetaria, per ammissione di quasi tutti gli economisti, c’entra molto poco con le vere cause dell’inflazione. In Europa infatti il contributo dei consumi alla crescita economica è storicamente basso e ci sono molti più problemi di previdenza e assistenza socio-sanitaria, per cui la gente è costretta a risparmiare di più.

In Europa ci sono poi ulteriori elementi di freno ad una vera e propria crescita economica come la crisi semi-sotterranea delle piccole e medie banche sta facendo molte vittime tra le imprese di minori dimensioni: la disponibilità di credito è sempre minore e, per una serie di motivi, il flusso di risparmi che alimenta il mercato dei capitali crea una costante emorragia di questi ultimi verso le piazze finanziarie americane ed asiatiche, lasciando alle banche europee anche lo spettro di ulteriori cali nell’ammontare dei depositi della clientela, cui la BCE rischierà di non supplire adeguatamente.

Per non parlare della forte dipendenza energetica dal resto del mondo può costituire un freno allo sviluppo in termini di maggior costo dell’energia e ulteriori esigenze di “stoccaggio” che alimentano la spesa pubblica. Morale: se Sparta (gli USA) piange Atene (l’EU) non ride!

L’ASIA “SUPPLISCE” ALLA MANCATA CRESCITA OCCIDENTALE

Ma di qui a prevedere che l’economia globale risentirà parecchio della recessione in arrivo ce ne passa parecchio, dal momento che l’Asia continua a correre sull’onda non soltanto di una miglior demografia, ma anche di minore inflazione e maggior rilassatezza delle politiche monetarie. Anche l’energia costa oggettivamente di meno in tutto il continente asiatico e non per niente la sua principale economia (la Cina) prevede una crescita superiore al 5% quest’anno. Persino il Giappone sembra ottimista mentre le previsioni non sono chiare per l’India ma certamente restano ampiamente positive.

La crescita impetuosa dell’oriente alimenta peraltro i consumi di provenienza occidentale così come gli investimenti per infrastrutture, impianti e macchinari (principalmente di provenienza europea) che contribuisce ad attutire la recessione in arrivo. Ma nemmeno negli USA è poi così detto che la congiuntura sarà grigia: sono in arrivo 800 miliardi di dollari di investimenti nell’Intelligenza Artificiale neo prossimi dieci anni, che gli analisti stimano si trasformeranno in 6.000 miliardi di dollari di maggior valore di capitalizzazione di borsa da parte delle imprese che riusciranno a cavalcare la nuova tigre.

Dunque se una vera recessione è davvero in arrivo è -come si dice- tutta da vedere! È quasi certamente in arrivo un periodo di fortissimi cambiamenti epocali. Una sorta di Grande Revisione (o come accidenti vorrete chiamare nella lingua di Dante il Great Reset preconizzato da Klaus Schwab, il patròn del World Economic Forum).


L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PUÒ FARE UNA RIVOLUZIONE

È facile prevedere che l’America beneficerà ampiamente delle ricadute della nuova tecnologia (che vede in testa alla corsa anche la Cina) e che quest’ultima invaderà ogni ambito dell’industria, dei prodotti di largo consumo e sinanco dei servizi avanzati quali la salute e la giustizia. Sono inoltre già all’opera sistemi intelligenti per comporre musica, poesie, articoli di giornale e documentari. E uno dei primi settori che potrebbero esserne dominati saranno istruzione e formazione. La rivoluzione digitale in confronto potrebbe sembrare un evento minore nella storia dell’umanità.


C’è chi si arrischia addirittura a trarre similitudini con la rivoluzione industriale: è come se ci trovassimo alla fine del XVIII° secolo e dovessimo cercare di prevedere come si concluderà il XX°! Davvero arduo… È probabile dunque che il rilancio dello sviluppo economico passi da strade quasi inaspettate. Che questa recessione in arrivo non somigli affatto a quelle precedenti. E che gli interventi delle banche centrali saranno un po’ meno devastanti di quanto lo siano stati in passato. Semplicemente perché conteranno un po’ meno. E per fortuna! Somministrare la recessione per curare l’inflazione nel terzo millennio equivale a praticare il salasso per curare la scabbia due o tre secoli addietro! Roba da macellai sociali dotati di poca scienza e di tanta presupponenza.

Se non ci fosse stata sino ad oggi la lotta armata alle nuove valute digitali da parte delle autorità pubbliche forse sarebbe già così. Ma il potere -si sa- alimenta solo sé stesso. Dunque la strada verso un’evoluzione positiva dello sviluppo economico occidentale sembra ancora parecchio ostacolata dai grandi poteri monetari, politici e militari, dai grandissimi oligopoli globali, e da una prosecuzione dei conflitti armati per chissà ancora quanto tempo.

I GRANDI GRUPPI MANGIANO I PICCOLI

Ciò che è più difficile prevedere è se i mercati finanziari ne potranno beneficiare a sufficienza da controbilanciare le crisi, le recessioni e le inflazioni di turno. Quel che si può -al momento- immaginare è che la risposta sia positiva: i listini azionari viaggiano piuttosto bene a causa delle previsioni positive per i grandi colossi delle tecnologie.

E sinanco per il sistema bancario sta succedendo la stessa cosa: pochi grandi gruppi finanziari che guadagnano anche dalle sventure di sistema macinano profitti e capitalizzazione di borsa fino a controbilanciare completamente la discesa di valore del resto del mondo. Il successo borsistico di JP Morgan nel rilevare le ultime banche fallite e i grandi profitti attesi per Goldman Sachs nella JV con Apple per raccogliere depositi e gestire capitali della clientela in fuga dalle banche commerciali ne sono l’impronta indelebile!


Difficile dunque arrivare a fare previsioni affidabili senza essere tra i pochi al mondo seduti nella “stanza dei bottoni”. Ed è piuttosto logico anzi prevedere, in un tale scenario, una relativa stabilità dei mercati e del sistema finanziario in generale. Dunque una recessione “morbida”, un mercato azionario che scende poco per poi risalire presto, un mercato dei titoli obbligazionari che non andrà a picco e, nonostante l’inflazione, non demorderà facilmente.

L’ECONOMIA SI “FINANZIARIZZA”

Attraverso una crescita strutturale dei tassi d’interesse, assisteremo perciò ad una sempre maggior finanziarizzazione dell’economia occidentale, con la conseguente necessità della prosecuzione di tensioni e contrapposizioni con il resto del mondo. Ma che questo fenomeno possa generare sconvolgimenti appare piuttosto improbabile. Ciò che è più probabile è una concentrazione della ricchezza ancora crescente e la necessità di “fare sistema” per tutte quelle imprese che non sono già collegate alle “Big Tech”, o alle ”Big Pharma” o ai giganti finanziari globali. Cioè agli effettivi possessori dei “driver primari” della tecnologia, dell’economia e della finanza.


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N.30 – sabato 13 maggio 2023

Operazioni in essere :

acquistato 1 GIU MICRO NAS 100 a 13400 con stop loss a 12970

GOLD GIU 23

Sembra in formazione un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, se poi fosse rotto il recente minimo di 1969 cash, potrebbe venire “confermato” e quindi invertire il mercato.

Posso utilizzare per un’altra settimana il contratto giugno, che vale circa 9 Usd più del cash.

Anche se sto andando contro il trend, che resta evidentemente al rialzo, proverò un secondo tentativo di vendita nell’ipotesi che si stia formando un triplo massimo, cercando di espormi ad uno stop loss molto limitato.

Pertanto da lun 15 maggio, sin dalla apertura del Mercato, inserirò il seguente ordine :

vendo 1 MINI GOLD FUTURE GIUGNO a 2075 con stop loss a 2090

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

Poiché l’outside realizzato da 1 a 4 maggio costituisce outside settimanale su una settimana già di outside, ma purtroppo rappresenta anche un outside mensile sull’intero mese di aprile, il trend appare al ribasso e quindi l’unica operazione fattibile, ma poco probabile, è un acquisto in zona 32500 DJ FUT GIUGNO nella settimana 8-12 maggio che dista 30 settimane dal minimo del 13 ott 2022 ( 28660 cash ), dal quale partì la salita dei mercati americani.

Dopo due outside settimanali, di cui il secondo è stato un raro outside mensile compiuto in una sola settimana, abbiamo avuto una settimana inside.

Vale a dire che, dopo molti stop loss bruciati nelle due direzioni, il Mercato si è fermato; è sempre più difficile operare perché le regole dell’analisi tecnica “tradizionale” indicano di seguire l’uscita di un Mercato da un inside, inserendo lo stop loss all’opposto della barra inside, ma l’ostacolo a 32500, che ho già evidenziato nella N. 29, è molto vicino.

Resterebbe pertanto la sola possibilità di seguire l’eventuale rottura al rialzo della settimana 8-12 maggio. Non ho fretta e non mi convince.

NASDAQ 100 CASH

Ha un comportamento molto diverso dal DJ, così come denota il grafico.

Dopo che NAS 100 FUT GIUGNO ha sfiorato l’ordine di acquisto stabilito dalla N. 28 alla eventuale rottura di 13380, per due volte nei giorni lu 1 maggio a 13370 e ve 5 maggio a 13359, alla fine merc. 10.5 ha rotto in su e la lettera ha comperato a 13400 un solo micro contratto.

Continuo a pensare che NAS 100 può accelerare dopo la rottura e pertanto lunedì 15.5 inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13100 con stop loss 12970

Si tratterebbe di raddoppiare la posizione, infima, attualmente in essere, applicando il medesimo livello di stop loss.

Tra lu 15 e ven 19 maggio valuterò se mi sentirò di :

– Acquistare, sin da lunedì, ogni giorno 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO a metà del range di ogni giorno precedente a quello e solo quello in cui viene superato il top del medesimo giorno precedente; lo stop loss sarà 12970 per tutti questi, eventuali, miei acquisti.
– acquistare, solo da giovedì 18.5, 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO in rottura di 13500

E’ una strategia forse complessa da capire, ma per nulla casuale, che tuttavia potrebbe portare ad una posizione molto spinta, in caso di continue rotture al rialzo.

Ecco perché l’operazione viene avviata con dose “omeopatica”.

Le operazioni che ho scritto in colore nero sono eventuali e non sono in grado di rappresentarle nel foglio EXCEL, in quanto sono subordinate a vari eventi.

Nei mercati azionari da sempre si dice : “sell in may and go away”

Ve lo rammento, ma non mi interessa.

Leonardo Bodini