EFFETTI COLLATERALI

Quali sono gli effetti sull’economia reale della crisi che sta maturando in seno al sistema bancario occidentale? C’eravamo già posti il problema pubblicando poco più di un mese fa un articolo con il titolo: “Contagio”, in cui -dati alla mano- facevamo notare che, se l’inflazione sta (lentamente) calando è soltanto perché l’economia “accelera il rallentamento”, e concludevamo dicendo che: “il bello (cioè il peggio) deve ancora venire”. E adesso sta arrivando. Altre banche stanno saltando e l’intero settore è in profonda trasformazione, non senza conseguenze per il resto del mondo…

 


Andamento quotazioni della Borsa americana (linea blu) dell’indice relativo ai titoli finanziari (linea rossa), dell’indice relativo alle sole banche (linea verde) e di quello relativo alle banche regionali (linea viola)

I RIALZI DEI TASSI DANNEGGIANO LE BANCHE

Il circolo vizioso dei danni al sistema bancario occidentale parte dai rialzi dei tassi d’interesse e dalle conseguenti minusvalenze sui crediti e portafogli di titoli in pancia al sistema bancario, e si alimenta con una riduzione del credito concesso alle imprese e, conseguentemente, con una forzosa restrizione della capacità (tanto delle banche quanto delle imprese clienti) di generare profitti, cosa che alimenta tanto il rallentamento dell’economia quanto il volume dei finanziamenti che alla fine non saranno rimborsati alle banche.


CHI CI RIMETTE SONO LE PMI

Ovviamente nel precedente articolo speravamo di sbagliare, ma soprattutto precisavamo il fatto che questo circolo vizioso avrebbe riguardato soprattutto le piccole e medie imprese, l’economia reale insomma, e le banche di minori dimensioni con l‘ovvio fagocitamento di queste ultime da parte delle più grandi. Oggi, a pochi giorni dal superamento del 5% dei tassi base praticati dalla Banca Centrale americana, le condizioni di salute delle piccole e medie istituzioni finanziarie occidentali sono soltanto peggiorate. Ma le conseguenze matureranno nei prossimi mesi..

LE BANCHE AMERICANE HANNO ESAURITO I MEZZI PROPRI

Qualcuno ha calcolato che, nei soli Stati Uniti d’America, l’ammontare delle perdite in conto capitale delle banche non ancora espresse in bilancio sui titoli obbligazionari detenuti in portafoglio supera i 1800 miliardi di dollari. Dal momento che il patrimonio netto delle 4800 banche americane sembra assommare all’incirca a 2000 miliardi, se anche soltanto una parte di quelle banche dovessero essere costrette a realizzare le minusvalenze sui titoli per la necessità di vendere i titoli in portafoglio, esse dovrebbero contestualmente dichiarare il fallimento.

Si stima tra l’altro che il totale effettivo dei danni generati dalla crisi del mercato immobiliare e dalle minusvalenze sui titoli obbligazionari arrivi negli USA a circa 9.000 miliardi di dollari: oltre 4 volte il loro patrimonio netto.

E I FALLIMENTI SI MOLTIPLICANO

Dopo le prime quattro banche americane cadute in disgrazia (Silvergate, Signature, Silicon Valley e First Republic) oltre al colosso Credit Suisse, fortemente presente anche in USA, al momento altre tre banche americane starebbero “tirando le cuoia”in risposta ai ritiri dei depositi della clientela: Pacwest, Western Alliance e First Orizon. La situazione insomma si avvicina ai limiti della sostenibilità dei sostegni pubblici alla crisi del sistema bancario (la FDCI, delegata alla salvaguardia dei depositi è dotata di soli 127 miliardi di dollari), dato anche il problema dello sfondamento del tetto al debito pubblico americano, arrivato già oggi oltre i 31 trilioni di dollari.

IN EUROPA SI FA FINTA DI NULLA

E il problema -com’è facilmente desumibile- non è soltanto oltre Atlantico. Anzi! Semplicemente in America c’è molta più trasparenza sui conti e le regole del mercato impongono alle banche di dichiarare immediatamente il problema, pena pesanti (ed immediate) responsabilità di carattere penale. Che invece in Europa, se mai dovessero essere rilevate, potrebbero stemperarsi in anni e anni di inchieste che facilmente non giungerebbero a nulla. È ragionevole quindi pensare che il medesimo problema sta maturando anche a casa nostra, semplicemente meglio occultato e un po’ in ritardo. Ma il mercato finanziario sconta ancora un paio di rialzi dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE), al termine dei quali la situazione potrebbe essere altrettanto disperata.


Anzi: occorre rammentare che la quota di mercato di competenza delle banche dei prestiti complessivamente erogati alle imprese è in America quasi la metà di quella europea (la differenza è prestata da operatori del mercato dei capitali). Come dire che, se il sistema bancario del vecchio continente entrerà in crisi, gli effetti sulle imprese europee potrebbero essere doppi! Senza considerare peraltro la maggior quota di titoli del debito pubblico detenuti dalle banche europee, circa la sostenibilità del quale si addensano nuvoloni neri all’orizzonte degli ulteriori aumenti dei tassi d’interesse. E in questo gioco al massacro indovina chi sta peggio in Europa?

E PER L’ITALIA SI FA DURA

Ovviamente l’Italia, che non a caso ha davanti a sé la scure del taglio del rating al di sotto del livello di sostenibilità a parte delle agenzie americane. L’Italia, anche per il forte sbilanciamento del sistema industriale verso la piccola dimensione aziendale, rischia davvero grosso con la prospettiva, quantomai evidente, di un ulteriore restrizione del credito alle imprese da parte del sistema bancario. E i possibili effetti del “credit crunch” non potranno che essere evidenti anche in termini di conti pubblici: minor credito di fornitura, minori investimenti e minori profitti non potranno che determinare forti contrazioni del gettito fiscale, già oggi ridotto di un terzo in Italia rispetto a soltanto un anno fa!

IL DILEMMA

L’intero Occidente deve tuttavia fronteggiare una scelta assai infelice: lasciar correre l’inflazione e limitare i danni al sistema bancario e finanziario evitando nuove strette monetarie oppure continuare ad alzare i tassi procurando una recessione seria e rischiando l’apocalisse delle banche come nel 2008?

È assai verosimile peraltro che queste disgrazie siano oramai quasi inevitabili e che andranno a sovrapporsi inflazione, recessione e altre crisi bancarie, lasciandoci in una grigia situazione di “stagflazione”.

In realtà occorre considerare il fatto che non ci sono certezze relativamente al fatto che, a fronte dell’inflazione dei prezzi, l’unica medicina utile sia quella delle politiche monetarie. Anzi: è quasi vero il contrario, data l’evidente origine esogena dell’attuale ondata inflazionistica.

Ma la narrativa corrente non fa che riportare il problema all’eccesso di quantità di moneta in circolazione, e al fatto che i tassi d’interesse, rispetto all’ultima grande ondata d’inflazione della storia moderna, quella degli anni ‘70, sono apparentemente assai più bassi di come fossero cinquant’anni fa.

LA SITUAZIONE È PIÙ GRAVE DI QUELLA DEGLI ANNI ‘70

E allora i debiti pubblici ammontavano a una piccola frazione di ciò che sono oggi, anche fatte le dovute proporzioni con i Prodotti Interni Lordi. Un piccolo assaggio di cosa potrebbe succedere oggi in concomitanza alla possibile insolvenza di Stato lo si è potuto osservare con la crisi del debito in Grecia, pochissimi anni fa. Sono ancora vivide nella memoria le imagini di quegli anni: la corsa agli sportelli (e ai bancomat) da parte della gente in strada, i fallimenti a catena, le pensioni e le cure mediche non pagate, la svendita dei beni dello Stato e il conseguente impoverimento di un intero popolo!

È probabile che la risposta sarà la classica via di mezzo, che però rischia di scontentare tutti.


Insomma, se Atene piange, Sparta non ride. L’Europa oggi tace sulla questione che assilla l’America: a quanto ammonta la riduzione dei patrimoni effettivi del sistema bancario? E a quanto ammonterà la riduzione dei crediti erogati in risposta a tali debolezze? Altrettanto fa la BCE (cioè tace anch’essa), anche perché una parte dei partecipanti alla cosiddetta Unione (i paesi nordici) spera addirittura di profittare dalla crisi, ma il rischio a casa nostra è forse ancora maggiore. E probabilmente lo è per tutti, non soltanto per gli Stati dell’Unione che sembrano messi peggio.

MA CON L’ITALIA RISCHIA ANCHE L’EUROPA

Non a caso la produzione industriale tedesca è andata in crisi: meno 11% ad Aprile, e i veri guai rischiano di manifestarsi soltanto in futuro. E non induca in errore il calo della disoccupazione: in tutto l’Occidente l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite procurano effetti statistici distorsivi difficili da analizzare, ma che determinano ovviamente una minore offerta di manodopera qualificata. Se la statistica rivela meno disoccupazione è probabilmente soltanto perché l’offerta di lavoro si riduce più della domanda. Ecco perché il problema del Rating sovrano dell’Italia non sembra il più preoccupante al momento. E non mi stupirei del fatto che Moody’s & C. volessero chiudere entrambi gli occhi pur di non propagare panico sui mercati!

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N.29 – sabato 6 maggio 2023

Nessuna operazione in essere

Mart. 2 maggio comperato 1 MINI DJ FUT GIUGNO a 33800, stoppato merc. 3 maggio a 33340, con una perdita di usd 5 x 460 punti = usd 2300 = euro 2090

Questa lettera risulterà eccezionalmente lunga, spero utile, ma non stabilisce un nuovo standard size.

GOLD GIU 23

Invito a osservare i dettagli

Il paragrafo che segue va letto tenendo a fianco il primo grafico che allego, che è orario.

Allego grafici orari molto di rado, per far notare stranezze, certamente non per l’analisi.

Alla chiusura del mercato di merc. 3 maggio, dopo il rialzo tassi di 0,25 % da parte della FED, il Top era stato 2049,85 – quindi l’ordine di vendita a 2050 era rimasto non eseguito.

A mezzanotte circa, quando l’America è chiusa e l’Asia non ha ancora aperto, quindi in un mercato estremamente “sottile” ( con volumi minimi, ove un ordine robusto non trova contropartita e spazza il prezzo in pochi istanti ) GOLD FUT GIUGNO schizza a 2082,80 – per poi ridiscendere durante la notte

La SIM sulla quale opero carica gli ordini per il periodo in cui ogni singolo mercato è aperto, senza mantenerli operativi sulle 24 ore.

Non posso facilmente dire se questo comportamento nel lungo termine giova o non, ma direi che è statisticamente corretto operare solo nell’orario ufficiale di apertura, durante il quale i volumi solo tali da rendere ininfluenti i singoli ordini immessi.

Di conseguenza non ho venduto a 2050 e non sono stato stoppato a 2065.

Meglio per me.

Per chiudere l’argomento, ritengo che il movimento notturno del mercato sia il frutto di una manipolazione, gestita da uno o più operatori in concerto, che tentano di evitare la formazione di un pericoloso TRIPLO MASSIMO in area 2070 – 2080, che, se poi fosse rotto il recente minimo di 1969 cash, potrebbe venire “confermato” e quindi invertire il mercato.

Per il momento il giorno successivo ven. 5 maggio Gold cash è ridisceso a 1999, sul più volte citato top di aprile 2022, livello che Gold tenterà di conquistare.

Segnalo che SILVER ha tenuto un comportamento analogo, negli stessi minuti, quindi qualcuno si è dato molto da fare intorno alla mezzanotte europea.

Dopo questa manipolazione, ritengo prudente non operare per almeno una settimana, per vedere se queste “manovre” si ripetono.

DOW JONES INDU CASH

Avevo scritto :

“Tutto il range di aprile, da 33235 a 34104 di DJ CASH, è stato percorso tra mercoledì 26.4 e ve 28.4, realizzando un “outside rialzista” rispetto ai gg precedenti di aprile, da lu 3 a mart 25.”

Ebbene, in modo inusuale e ancora più ampio e violento, da lu 1 a gio 4 maggio, in soli 4 gg di trading è stato percorso in senso opposto tutto il mese di aprile con un range da 34258 a 32937.

Sembra che l’indice americano voglia quindi bruciare gli stop loss di entrambe le fazioni ( rialzisti e ribassisti, ottimisti e pessimisti ); vorrà poi cortesemente mantenere un trend che sia navigabile.

Così spero e aspetto.

Poiché l’outside realizzato da 1 a 4 maggio costituisce outside settimanale su una settimana già di outside, ma purtroppo rappresenta anche un outside mensile sull’intero mese di aprile, il trend appare al ribasso e quindi l’unica operazione fattibile, ma poco probabile, è un acquisto in zona 32500 DJ FUT GIUGNO nella settimana 8-12 maggio che dista 30 settimane dal minimo del 13 ott 2022 ( 28660 cash ), dal quale partì la salita dei mercati americani.

Dopo uno stop loss, i Princìpi seguiti dalla Lettera vietano di operare.

Se farò personalmente l’acquisto a 32500 FUT GIU, lo stop loss sarà di soli 300 p. a 32200.

NASDAQ 100 CASH

Ha un comportamento molto diverso dal DJ, così come denota il grafico.

Segnalo che NAS 100 FUT GIUGNO ha sfiorato l’ordine di acquisto stabilito dalla N. 28 alla eventuale rottura di 13380, per due volte nei giorni lu 1 maggio a 13370 e ve 5 maggio a 13359.

Continuo a pensare che NAS 100 può accelerare dopo la eventuale rottura e pertanto, dopo i primi 90 minuti di contrattazioni, dalle ore 17.00 ( orario Italia ) di lunedì 8.5, inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13400 stop, con stop loss 12970.

Ritengo obbligatorio quindi usare dosi minime, da incrementare solo sulle eventuali conferme di un trend rialzista, che sembra già avviato.

Tra lu 8 e ven 12 maggio valuterò se, dopo la eventuale rottura e il long conseguente, mi sentirò di :

– acquistare ogni giorno 1 MICRO NAS 100 FUT GIUGNO a metà del range di ogni giorno precedente a quello e solo quello in cui viene superato il top del medesimo giorno precedente; lo stop loss sarà 12970 per tutti questi, eventuali, miei acquisti.

Ecco perché l’operazione viene avviata con dose “omeopatica”.

Molto faticosa da scrivere. Spero bene

Leonardo Bodini

 




L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE MUOVE LE BORSE

IL “CASUS BELLI “ : META PLATFORMS

È stata la miracolosa ripresa delle quotazioni di Meta a WALL Street. Dopo essere sceso da 360 dollari a 80, venerdì è tornato a superare i 240. Il titolo è sugli scudi non soltanto per i risultati positivi della trimestrale, ma anche e soprattutto a causa dei cospicui investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale che non soltanto li hanno consentiti nonostante una cospicua riduzione del personale, ma promettono anche ulteriori avanzamenti.

LE “BIG TECH” GUIDANO IL LISTINO AMERICANO

Con differenti sfumature la stessa narrazione riguarda sostanzialmente anche tutti gli altri principali titoli quotati delle grandi multinazionali della tecnologia. Responsabili del 53% dell’apprezzamento del listino americano dall’inizio dell’anno ad oggi (+8%) sono infatti soltanto sei società: Microsoft Alphabet (Google), Amazon, Meta Platforms (Facebook, Instagram e Whatsapp), Nvidia e Salesforce. E le prime dieci società (per capitalizzazione) quotate a Wall Street non sono mai state così preponderanti sull’andamento dell’indice Standar/Poor’s 500. Si calcola che i soli investimenti in ”chatbot” (robot che rispondono al telefono a ogni genere di domanda) abbiano incrementato il valore di capitalizzazione della borsa americana di quasi un miliardo e mezzo di Dollari nei primi quattro mesi di quest’anno.

Ma soprattutto le grandi imprese multinazionali sono state quasi le uniche a rivalutarsi, mentre il resto delle imprese quotate (che comunque a Wall Street non sono mai troppo piccole) si è addirittura svalutato per via del rallentamento dell’economia reale.

 

 

LA RAGIONE? LE PROSPETTIVE DI PROFITTO

A fare la differenza però non sono soltanto le preferenze degli investitori verso i grandi gruppi della tecnologia, e nemmeno le forti razionalizzazioni di costo che queste società hanno avviato negli ultimi mesi (anticipando quasi tutti gli altri settori industriali, tanto nelle spese generali quanto nella riduzione del personale), bensì le prospettive di profitto (e di minor necessità di manodopera specializzata) che derivano dall’impiego estensivo dei nuovi strumenti di intelligenza artificiale. Una tecnologia che ovviamente ha molte più probabilità di essere impiegata dalle Big Tech come NVIDIA (giunta a quasi 650 miliardi di Dollari di capitalizzazione di Borsa) o ALPHABET che non dalle altre grandi quotate.

Nonostante dunque l’America si avvii verso una probabile recessione o quantomeno verso una forte frenata dello sviluppo economico, sui mercati finanziari imperversa già la febbre da intelligenza artificiale, con l’aspettativa di ulteriori apprezzamenti per i gruppi economici che prima degli altri riusciranno a stabilire una leadership.

UN CAMBIO DI PARADIGMA


L’intelligenza artificiale (AI) peraltro -non soltanto appare destinata a cambiare il mondo- ma è essa stessa un mondo tutto nuovo e ancora da scoprire, dal momento che sta iniziando a diventare chiaro sia che si tratta di una tecnologia ancora ai primordi (e dunque suscettibile di un enorme sviluppo, man mano che viene affinata) sia anche che potrà presto essere applicata in qualsiasi campo, dalle armi intelligenti alla guida autonoma, alla gestione della produzione industriale, ai servizi domestici, alla sanità, ai servizi avanzati, fino all’ingegneria, all’alta finanza e alla consulenza. Praticamente non ci sarà alcun settore che non verrà rivoluzionato dai chip che divengono capaci di apprendere e di conseguenza di reagire autonomamente agli stimoli che vengono loro posti. Si inizia anche a parlare di AI nel mondo dello spettacolo, delle arti figurative e della cucina.


La corsa all’oro che sta per partire dunque non soltanto rivoluzionerà le nostre abitudini e renderà obsoleto praticamente qualsiasi strumento di cui disponiamo, ma sta già determinando importanti scelte da parte degli investitori i quali sono tornati a privilegiare i giganti della tecnologia a scapito delle industrie più tradizionali, soprattutto quei giganti che risultano in migliore posizione per poterne trarre profitto. Ad esempio coloro che hanno sviluppato le soluzioni informatiche migliori, o i produttori di microchip di ultima generazione o ancora i produttori di autoveicoli che riusciranno per primi a beneficiare del cambiamento di paradigma dell’industria.

LE RICADUTE MACROECONOMICHE

Guardando in prospettiva ciò che sta per succedere si potrebbe sperare in una nuova fase della crescita di benessere per l’umanità, dal momento che lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e soluzioni basate sull’intelligenza delle macchine dovrebbe provocare ingenti investimenti, dunque nuovo sviluppo economico e nuova occupazione. È successo nei primi anni del nuovo millennio, con l’avvento della digitalizzazione, peraltro tutt’ora in corso. È successo, in minor misura, anche con il lancio della cosiddetta “transizione ecologica” e lo sviluppo dei titoli che potevano vantare caratteristiche “ESG” (Environment, Social, Governance). Può succedere dunque anche con la diffusione di prodotti e servizi collegati a sistemi di intelligenza artificiale. Anzi: è proprio questo che accende la fantasia degli investitori!


Ma la festa potrebbe risultare assai poco amena sin dal suo inizio se le cose andranno come si può vedere al momento: per ora infatti chi ne sta beneficiando sono quasi esclusivamente i grandi conglomerati globali, i loro grandi azionisti e i detentori delle tecnologie più avanzate. Addirittura a spese della maggior parte delle attività tradizionali. Senza contare inoltre il fatto che la situazione di grande disordine geopolitico globale potrebbe confiscare le tecnologie più avanzate a servizio del loro impiego militare, negli armamenti o nei sistemi di spionaggio. Resta da considerare inoltre la più bassa attrattiva degli investimenti necessari in un regime di tassi d’interesse elevati e di rischi di recessione.

OGGI L’A.I. E’ “CAPITAL INTENSIVE”

Perché l’avvento di questa nuova tecnologia possa generare benessere diffuso inoltre sarà necessario che essa sia resa accessibile ai più, alle startup, ai giovani e alle imprese tradizionali, che in tal modo potranno modernizzarsi, in definitiva a tutti coloro che potranno farne uso per sviluppare nuovi prodotti e servizi. La qual cosa non è così semplice poiché al momento, per sviluppare sistemi di intelligenza artificiale o anche soltanto per adattarli ad esigenze specifiche, occorrono fortissimi investimenti, alla portata dunque di pochi grandi operatori.

I RISCHI DI CREARE DISTOPIE

Qualcuno fa anche osservare i giganteschi rischi che possono celarsi dietro il passaggio delle comunità umane ad un’automazione sempre più spinta di ogni genere di attività materiali e commerciali. Attività che prima venivano svolte dall’uomo e che oggi rischiano di svolgersi perdendo completamente di vista gli aspetti soggettivi, psicologici e umanitari. Generando dunque indirettamente malessere a vantaggio del controllo dei costi e del monopolio di fatto di numerosi settori.

Soprattutto nei primi tempi: sin tanto infatti che la tecnologia non farà un nuovo grande passo in avanti per tenere conto di tutti quegli aspetti umani (oltre cioè la pura e immediata convenienza) che oggi non sono ancora contemplati nei software che sviluppano ragionamenti induttivi quasi esclusivamente nell’ambito dell’elaborazione di vaste serie di dati statistici. Nell’ambito dei rapporti bancari, ad esempio, dove il digital banking è già oggi divenuto prevalente nelle attività creditizie ed in quelle di investimento, l’assenza di considerazioni generali può generare molte incomprensioni.

MA LE BORSE CI CREDONO


Le borse mostrano di volerci credere. E ci stanno scommettendo, sia pure limitatamente ai pochi grandi operatori (quotati quasi solo a Wall Street) che ci si sono buttati e i cui titoli oggi sono i preferiti dei grandi investitori istituzionali, i quali scommettono quindi su ulteriori rialzi. Se poi anche l’economia reale ne trarrà giovamento è presto per dirlo, anche se nel medio termine è piuttosto probabile.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N.28 – sabato 29 aprile 2023

Nessuna operazione in essere

La N. 28 viene scritta dopo una lunga laterale dei prezzi delle borse U.S.A. e quindi risulterà insolitamente complessa

Aprile è stato un mese breve, con soli 19 gg di trading.

La mia ( ipotizzata ) sensibilità mi allerta per una possibile compressione dell’energia, con conseguenti accelerazioni in uscita da questa calma (apparente ?)

GOLD GIU 23

Avevo scritto :

“Il livello di 1998, corrispondente al top di aprile 2022, da possibile tetto, sembra diventato un pavimento. Uso il condizionale perché la mia analisi tecnica si basa sui prezzi di GOLD in USD, ma sarebbe ben diverso se vedessimo un grafico di GOLD in EURO.”

Forse non riesco a spiegare perché la rottura di 1998 non mi convince pienamente, ma credo sia per la grande importanza da attribuire al top di 12 mesi orsono (aprile 2022)

Ripeto infine :

“Allego un grafico mensile che evidenzia che siamo in zona triplo massimo con i precedenti di 2075 ( Covid nell’anno 2020 ) e 2070 ( Ucraina nel 2022 )

Il triplo massimo è certamente una delle più potenti figure di vendita nella analisi tecnica ed inoltre GOLD sta arrivando a questi prezzi in un clima nuvoloso, dal punto di vista della politica internazionale (guerra UCRAINA e rischi TAIWAN )

Mi limito volutamente all’analisi tecnica, non avendo capacità di previsione su questi fatti internazionali, ma osservo che GOLD sta giungendo per la terza volta in questa area di prezzo e per la terza volta ci sono gravi preoccupazioni; comprerò quindi malvolentieri la eventuale rottura di 2075.”

Ciò premesso, vorrei sfruttare il recente top di 2063 GOLD FUT GIUGNO ( 2049 GOLD CASH ) per provare a vendere, chiaramente contro il trend mensile, per finanziare un acquisto, se GOLD sarà in seguito così cortese da scendere almeno verso il 50 % della recente salita ( da 1804 a 2049 con una media di 1926,5 GOLD CASH – aggiungerò 10 punti per la scadenza giugno 2023 )

Lu 1 maggio festeggerò il Lavoro, che mi appassiona; inserirò quindi :

vendo 5 MICRO GOLD FUT GIUGNO a 2050 con stop loss a 2065

Se volessi fare una operazione da puro lettore di grafici, se GOLD FUT salirà almeno a 2025 ( top di gio 20.4 ), senza raggiungere 2050, potrei vendere in rottura di 1975 inserendo contestualmente lo stop loss sopra il top registrato fino a quell’istante nella settimana da 1 a 5 maggio. Non inserirò in tabella, in quanto difficile da incasellare in un foglio EXCEL.

DOW JONES INDU CASH

Il range disegnato dal DOW JONES nel mese di aprile, che si è chiuso ieri ven 28, è molto ridotto in termini percentuali (34104 – 33235 corrisponde al 2,61 %)

Vorrei sfruttarlo per acquistare a basso rischio; pertanto, dopo i primi 90 minuti di contrattazioni, dalle ore 17.00 ( orario Italia ) di lunedì 1.5, inserirò il seguente ordine:

Compero 1 GIUGNO MINI DOW JONES a 33800, con stop loss 33340

Forse comprerò la seconda dose in caso di rottura del top di aprile ( 34104 cash – 34300 GIU FUT ), ma questo ordine non può essere anticipato di molte sedute.

Per far capire quanto è difficile gestire una previsione valida per 5 gg di trading, senza poter intervenire, cosa che invece faccio con i miei quattrini, basti osservare quanto segue : tutto il range di aprile, da 33235 a 34104 di DJ CASH, è stato percorso tra mercoledì 26.4 e ve 28.4, realizzando un “outside rialzista” rispetto ai gg precedenti di aprile, da lu 3 a mart 25.

Un contropiede tale da stoppare l’80 – 90 % degli operatori.

Si salva solo chi accetta stop loss ampi ( e qualcuno molto fortunato, come questa Lettera )

NASDAQ 100 CASH

Confermo che NAS 100 può accelerare dopo la eventuale, probabile, rottura di 13350 FUT GIUGNO, ma ritengo che da ora si possa anche vendere con buona confidenza la eventuale rottura di 12800 FUT GIUGNO; non inserisco questo ordine, ma utilizzerò 12800 come stop loss.

Pertanto, dopo i primi 90 minuti di contrattazioni, dalle ore 17.00 ( orario Italia ) di lunedì 1.5, inserirò il seguente ordine :

Compero 1 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 13380 stop, con stop loss 12800

Ritengo obbligatorio quindi usare dosi minime, da incrementare solo sulle eventuali conferme di un trend rialzista, che sembra già avviato.
Per quanto riguarda la eventuale vendita, non reputo probabile un trend ribassista che scenda al di sotto di 12200 – 12000 e quindi, in caso di discesa a 12800, stopperò in perdita l’acquisto eventualmente eseguito, ma ritengo che una vendita presenterebbe un risk reward non favorevole.

Faticosa da scrivere e, temo, anche da ben comprendere.

Leonardo Bodini