ATTERRAGGIO MORBIDO ?

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
Il termine soft landing (atterraggio morbido) indica il percorso di un aeroplano che si è innalzato in cielo e che cerca di atterrare dolcemente. Quando viene riferito all’economia- indica un approccio “morbido” all’azzeramento dello sviluppo economico. Cioè il passaggio dallo sviluppo alla recessione senza traumi per le parti sociali, né crolli delle borse, né fuga dalle banche, eccetera. Eppure come un aeroplano non può sfidare le leggi della fisica e dovrà, prima o poi, toccare terra, così l’economia non sembra in grado di crescere per sempre. L’alternativa all’atterraggio morbido normalmente è quello “duro”.

 

DIPENDE DALL’INFLAZIONE

Eppure si è fatta strada l’idea che l’andamento ciclico dell’economia non sia necessario, e che dunque possa esistere anche il “no landing”, almeno per il momento e almeno sino a quando i tassi d’interesse non cresceranno fino al punto di strozzare l’economia occidentale. Potrebbero contribuire a che si verifichi tale ultimo scenario il fatto che la disoccupazione non sia ascesa vertiginosamente, che i consumatori non abbiano desistito dal mantenere le loro abitudini e che, di conseguenza, le aziende non abbiano smesso di fare profitti.

La vera domanda però in tal caso riguarda l’inflazione: se non si allenterà a sufficienza e resterà “sticky” (cioè appiccicosa; fuor di metafora: se continuerà a propagarsi dalle materie prime fino si servizi meno essenziali) allora le banche centrali continueranno ad alzare i tassi d’interesse fino a quando la recessione non arriverà davvero. E infatti al momento è ciò che dichiarano di voler fare.

DIPENDE DA PAESE A PAESE

Negli ultimi giorni di “landing” dell’economia tutti parlano, perché l’interpretazione da dare ai dati statistici delle ultime settimane non è univoca, né chiara. Ovviamente dipende poi da Paese a Paese. L’America ad esempio al momento è proiettata verso una crescita reale del PIL (cioè al netto dell’inflazione) di quasi il 3% su base annua. Non per nulla la disoccupazione tende a restare ai minimi storici e l’inflazione non demorde, anzi: i negozi al dettaglio assumono nuovo personale! Per l’America l’andamento dell’inflazione dipenderà soprattutto dai salari, dal momento che oltre il 70% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dipende dai consumi.

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La Cina sembra andare ancor meglio dell’America: anche a causa dell’abbandono delle restrizioni agli spostamenti delle persone quest’anno la crescita del PIL non sembra sarà inferiore al 5%, la disponibilità di credito continua a crescere e lo stallo del settore immobiliare sembra non preoccupare nessuno, diversamente dagli USA, dove l’incremento del costo annuo di affitto equivalente pare sia salito soltanto del 3% nell’ultimo mese.

L’Europa non va altrettanto bene. Innanzitutto a causa dell’inflazione più elevata che dipende dal maggior costo locale dell’energia, ma non soltanto: le rigidità strutturali imposte dall’Unione Europea e il costo del supporto all’Ucraina stanno impedendo ai bilanci nazionali di supportare adeguatamente la ripresa. In zona Euro poi c’è ancora oggi una disoccupazione più alta che in America, in Cina e in Russia. Dunque la recessione in Eurozona c’è praticamente già adesso, seppur mascherata dagli incentivi erogati in deficit dai principali governi e dalla corsa al riarmo.

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LO SCENARIO APOCALITTICO SEMBRA SCONGIURATO

Dunque ci sarà un “soft landing”, un “no landing” o un “hard landing” (cioè due trimestri di contrazione del PIL e un calo delle borse di almeno il 20%)? Nelle ultime settimane molti economisti si sono sperticati in pronostici rivolti a rimuovere dalla narrativa prevalente lo scenario di crisi dura che porterà presto le banche centrali a tornare ad abbassare i tassi e stimolare i consumi. Il buon andamento di Cina e America stimola anche i progressi dei Paesi Emergenti e questo traina l’export europeo.

Se lo scenario apocalittico sembra scongiurato allora i pronostici riguardano soltanto la scelta tra “soft” e “no” landing. Cioè di quanto le banche centrali vorranno avanzare nella risalita dei tassi di ultima istanza fino a provocare loro stesse (come spesso succede) una recessione. Ma le banche centrali non stanno soltanto combattendo l’inflazione, bensì anche sé stesse, ovvero la nomea di inutili sovrastrutture che l’avanzata della digitalizzazione potrebbe riservare loro, nonché lo spazio di manovra per una futura ridiscesa dei tassi.

Sebbene ciò può significare strozzare l’economia tornando ad alimentare le rendite di posizione attraverso l’imposizione di elevati tassi d’interesse reali, lo scenario si scinde inevitabilmente tra Europa e America. In quest’ultima è possibile che ciò non succeda, sebbene permanga l’esigenza di un Dollaro forte che dovrà tenere conto dei rendimenti delle altre divise (in particolare Euro e Yuan) e che potrebbe spingere la Federal Reserve a proseguire anche durante tutto l’anno a colpi di 1/4 di punto a trimestre. Se così fosse l’America arriverebbe comunque al “landing”, seppur morbido. Altrimenti potrebbe continuare a “galleggiare” sino al 2024.

IN EUROPA È DIVERSO

In Eurozona è molto diverso: la BCE sembra ignorare completamente la natura dell’inflazione continentale (quasi tutta legata ai rialzi dei prezzi -in Dollari- di gas, petrolio e materie prime) e sembra molto determinata nel proseguire duramente. Cioè nel voler provocare una vera e propria recessione. Ci sono -com’è evidente- degli ampi interessi in gioco (soprattutto da parte delle èlites industriali dei Paesi del Nord) ma c’è anche la volontà di mantenere elevate le quotazioni della divisa unica. Dunque è più improbabile che la BCE si trattenga nei rialzi e lo scenario più probabile sembra qui l’atterraggio “duro”.

Ovviamente dipenderà non poco dai prezzi dell’energia e dei materiali, circa i quali al momento è veramente difficile fare previsioni. Se dovessero crollare indubbiamente le banche centrali avrebbero meno “scuse” per proseguire i rialzi. Se invece -come sembra- dovessero tornare a crescere, allora la manfrina sarebbe più che giustificata ma, al tempo stesso, le borse potrebbero subire un bel contraccolpo. Per non parlare dell’economia reale, in particolare di quella dei paesi periferici dell’Unione.

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La disponibilità di credito si ridurrebbe moltissimo e la disoccupazione avanzerebbe inesorabilmente. Un’ipotesi più che probabile, soprattutto se non crolleranno gas e petrolio. Tuttavia la guerra potrebbe finalmente attenuarsi sui tavoli di un difficile ma non impossibile negoziato e l’industria italiana sono decenni che viene data per morta e invece risorge sempre, così come il calabrone che per le leggi di Newton non potrebbe volare. Dunque lo scenario “duro” non è poi così probabile, per parecchi motivi e, sinceramente, ce lo auguriamo tutti.

Per le borse ciò potrebbe significare un “galleggiamento” sulla scia dei guadagni già realizzati nella prima parte dell’anno, seppure una “decrescita di primavera” al momento sembra plausibile -in coincidenza con gli ulteriori rialzi della BCE- così come una ripresa delle quotazioni borsistiche sembra prevedibile nella seconda metà dell’anno, magari in abbinata ad un possibile armistizio.

CHI VINCE E CHI PERDE

I settori industriali che dovrebbero beneficiare di più sono principalmente quelli finanziari e assicurativi, mentre lo stesso non vale per l’immobiliare, dove lo iato crescente tra il reddito disponibile e i rialzi delle rate dei mutui casa si farà sentire.

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Andamento dei principali settori industriali tra tutte le borse del mondo (indice MSCI)
Le infrastrutture potrebbero subire qualche acciacco ma la loro tendenza di fondo resta positiva mentre le utilities cozzeranno più di altri con il rialzo del costo del denaro. Le imprese industriali più capitalizzate potrebbero beneficiare dell’ indotto delle esportazioni e dell’inevitabile corsa al riarmo, ma a condizione di potersi permettere importanti invece strumentali. Quelle che non avranno abbastanza capitali per inseguire i mercati di sbocco finali potrebbero invece entrare presto in asfissia finanziaria, anche perché la domanda interna potrebbe ridursi ulteriormente.

Se le borse non crolleranno brutalmente questo significherà alcune decine di probabili “matricole” in borsa e una certa effervescenza di M&A e Private Equity. Difficile invece dire la stessa cosa per il venture capital, a meno di considerare tale quello relativo ad applicazioni avanzate di intelligenza artificiale: una vera e propria nuova forza che promette di scardinare la vecchia industria e rivoluzionare non poco la vita quotidiana. Anche se è più probabile che la sua vera ascesa si vedrà soltanto nel 2024…

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Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 19 – sabato 18 febbraio 2023

Nessuna operazione in essere

La lettera N. 18 ha dato un grande profitto

GOLD APR 23

La N. 18 diceva : ………. comprerò per chiudere metà posizione ( 5 micro gold apr 2023 ) a qualsiasi prezzo aprirà GOLD lu 13 feb al mattino

Ho pertanto comperato 5 micro gold lu 13 feb al mattino a 1871,45 – non appena aperta la SIM, con un utile su di ( 1905 – 1871,45 = 33,55 punti ) x 50 usd = usd 1677,5

La settimana era di quelle fortunate e l’auspicio espresso, sempre nella N. 18, è divenuto realtà.

Avevo scritto : “Mi piacerebbe scendere ancora fino al mio range preferito pari a 1840 – 1820 di future apr 2023 ( che corrisponde a 1825 – 1805 gold cash ).

Vediamo se ci accontenta”

Il contratto apr micro gold è sceso ve 17 feb a 1827,75 – nella parte bassa del range gradito – quindi ho potuto chiudere a mercato a 1836,70 gli altri 5 apr micro gold, che erano i primi aperti al ribasso da 1960, con un utile di ( 1960 – 1836,70 = 123,30 punti ) x 50 usd = usd 6165

Ovviamente sono molto contento, ma non dimentico che le serie così positive presentano il conto a chi assume troppa confidenza ( presunzione ) nei confronti del Mercato

Devo ricordare a tutti che in questo ribasso non ritenevo raggiungibile il top di sett. 2022 ( 1735 cash )

Dissi che sarebbe stato “ troppo comodo “.

Tuttavia l’acquisto di gold andrebbe fatto non sopra il top di agosto ( 1808 cash )

Diversamente, considerato il profitto molto elevato nelle tasche di questa lettera, aumento il profilo di rischio e da lu 20 feb inserirò :

acquisto di 5 micro gold apr future a 1840 con stop loss a 1820.

Ho scritto molto, ma serviva.

BTP FUT MARZO 2023

Se non scende in zona 112 – 110, non mi interessa.

Segnalo inoltre che, dopo che il doppio minimo in area 108 regge ormai da tempo, la sua eventuale e improbabile rottura avrebbe un significato pesante per l’onerosità del debito della ns. amata Repubblica Italiana.

DOW JONES INDU CASH

Su questo mercato l’analisi forse va oltre le mie capacità. Mi spiego meglio.

Nella N. 18 avevo scritto :

“Resta da capire se il Mercato avrà la cortesia di riconquistare il segmento che ho colorato di giallo della linea che avevo tracciato sin nella N.11 di sab 10 dic 2022.

In tal caso proverò a vendere 1 mini DJ MAR FUT a 34100 – 34300 con stop loss a 34500”

Cortesemente il Mercato mi aveva accontentato lu 13 alla sera, mentre giocavo a tennis, cossicchè avevo venduto 1 mini DJ a 34.200, come indicato nella solita tabella.

Per illustrare cosa ha fatto in 300 secondi il DOW JONES martedì 14 feb alle 15.30, in seguito al rilascio dei dati su inflazione USA, devo allegarvi, ( succederà, spero, poche altre volte ), un grafico con barre a 5 minuti.

Vi descrivo l’andamento dalle 15.29 in poi :

alle 15.29 il DJ era immobile a 34300 in evidente attesa dei dati;

alle 15.30 dopo il comunicato, DJ è salito a 34.551 ( stoppandomi in perdita di 34200 – 34507 = 307 ) x 5 usd = 1535 usd

e poi è immediatamente sceso a 34188 alle 15.35

Non era finita la volatilità.

Partito un rimbalzo fino a 34371 alle 16.00 e discesa violenta a 33855 alle 17.45 con salita a 34234 alle 20.30.

Fine della volatilità.

Dalle 20.30 il Mercato ha ripreso il comportamento abituale ed è sceso, appoggiandosi sulla parte gialla della linea tracciata in dic 2022 dalla N. 11 in poi

Dopo lo stop loss, la regola vuole una settimana di pausa.

E’ tale l’entusiasmo per il mega profitto su gold, che violo le mie regole e quindi lu 20 feb inserirò :

acquisto di 1 marzo mini DOW JONES future a 33650 con stop loss 33500

Speriamo bene.

Leonardo Bodini




 

 




LE BORSE CROLLERANNO?

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Le borse stanno gonfiando le valutazioni delle aziende quotate oltre ogni ragionevolezza? C’è una bolla speculativa che va avanti da Ottobre scorso nonostante il peggioramento delle condizioni economiche generali? Adesso siamo vicini al punto di rottura? A dirlo non sono gli analisti finanziari, né qualche nota ”cassandra”come Nuriel Roubini (che lo dice sempre), bensì DAN, cioè un software di intelligenza artificiale, nella versione “jailbreak” (cioè “sbloccata”) del famoso software ChatGPT che, subito dopo essere stato lanciato lo scorso 30 Novembre a San Francisco dalla società OpenAI di Sam Altman, sta scuotendo il mondo con le sue esternazioni senza freni!

 

LA DIVERGENZA DEI MERCATI

Più precisamente la data prevista da DAN per il crollo delle borse è il prossimo 15 Febbraio, cioè il giorno dopo la pubblicazione del nuovo dato sull’inflazione americana. In effetti una serie di fattori macroeconomici appaiono tendenzialmente negativi quali: il rallentamento dei prodotti interni lordi delle principali economie occidentali, il crescente livello di indebitamento dell’intero sistema, l’aggravarsi della situazione geopolitica globale, la prosecuzione dei rialzi dei tassi d’interesse e il calo dei profitti aziendali.

I fattori macro appena citati sono sempre più in contrasto con l’andamento super-ottimistico dei mercati finanziari dove la speculazione l’ha fatta da padrona anticipando tutti gli altri operatori del mercato con posizioni al rialzo sinanco eccessive. Ora, delle due l’una: o i fattori citati stanno falsamente preannunciando una recessione che invece non ci sarà oppure l’ottimismo dei mercati ha oramai le ore contate. E se anche il gioco delle aspettative dovesse rivolgersi contro, allora c’è da attendersi quantomeno una corsa alla chiusura delle posizioni speculative e un conseguente forte ribasso dei listini, che potrebbe fare largo nell’orientamento collettivo.

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L’OTTIMISMO È ESAGERATO…

Ma perché il mercato ha espresso sino ad oggi uno smisurato ottimismo? La narrativa principale riguarda l’andamento al ribasso dell’inflazione, dalla quale quasi tutto è derivato. Il rallentamento dell’economia globale sta sgonfiando i rialzi dei prezzi già da qualche mese e l’inflazione è apparsa in discesa tanto velocemente quanto era salita.

Se l’inflazione continuerà a scendere le banche centrali non potranno che prenderne atto prima possibile, fermando i rialzi dei tassi e creando le condizioni per un “atterraggio morbido” dell’economia e per una potenziale conferma delle attuali quotazioni azionarie, al momento tutte in stato di forte “ipercomprato”.

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Un altra ragione di ottimismo è proprio l’avvio dell’era dell’intelligenza artificiale, con tutto ciò che la rivoluzione tecnologica che seguirà potrà comportare per l’industria, i consumi e gli investimenti collegati. Non a caso sono tornati in grande spolvero i titoli azionari delle società che esprimono più tecnologia. È ormai un dato di fatto che indubbiamente aiuta ad essere ottimisti. Tutte le volte che in passato furono introdotte nuove tecnologie che comportavano un salto quantico con il passato le borse hanno sempre brindato al rialzo!

E poi c’è il dato sulla disoccupazione. Mai una recessione è arrivata con un mercato del lavoro così dinamico! Davvero gli economisti non sanno come interpretare l’attuale congiuntura.


Il problema però non sono i dati, bensì le aspettative. Se dovessero venire tradite una ripercussione sui listini azionari sarebbe quantomai probabile. E oggi, a poche ore dal nuovo dato sull’inflazione, la grande domanda è cosa succederà se la discesa dell’inflazione fosse già finita. Già perché forse proprio il prossimo rilevamento sull’andamento dell’inflazione potrà diventare l’ago della bilancia, quello che può mettere in crisi il sistema finanziario, con l’eventuale smentita delle attese iper-ottimistiche degli operatori di mercato.

…E LE BANCHE CENTRALI SONO SPESSO MALDESTRE

C’è inoltre la teorica possibilità che le cose vadano ancora peggio. E cioè che non soltanto l’inflazione mostri una resilienza a proseguire la discesa che spingerà le banche centrali a mantenere in programma ulteriori aumenti dei tassi d’interesse, ma anche che, contemporaneamente, le banche centrali occidentali non riescano a pilotare il cosiddetto “atterraggio morbido” (storicamente non ci sono riuscite quasi mai, anche perché per tornare a tagliare in fretta i tassi ci vuole forse troppo coraggio) e che invece provochino esse stesse una nuova recessione, pur in presenza di un’inflazione che non cala più. Sarebbe il massimo! E ovviamente le borse non potrebbero che reagire negativamente.

Altra variabile assai poco sotto controllo è l’andamento dei profitti aziendali delle società quotate in borsa: fino ad oggi hanno “tenuto” piuttosto bene anche grazie alla rincorsa dei consumi causata anche dal timore di dover pagare più caro nel prossimo futuro molti beni durevoli. Ma dalla primavera 2023 in avanti è ancora giustificato attendersi profitti che resteranno ancora una volta sui livelli più elevati della storia recente? Probabilmente no, ma questa si che è una variabile che oggi nessuno è in grado di prevedere correttame.

UNA TEMPESTA PERFETTA?

E’ chiaro dunque che nelle prossime giornate una serie di fattori, rimasti sostanzialmente stabili sino alla fine di Gennaio, potrebbero congiurare fra loro per creare una “tempesta perfetta” sui mercati: l’inflazione che smette di scendere, le banche centrali che, spaventate, proseguono i rialzi (o quantomeno non si fermano), i consumi che continuano a calare in funzione dei prezzi cresciuti oltre la capacità di spesa del cittadino medio… Persino gli investimenti, essenziali per le esportazioni europee e motore della crescita futura, potrebbero subire una battuta d’arresto se il “circuito della fiducia” dovesse interrompersi.

Ovviamente il condizionale è d’obbligo: l’inflazione invece potrebbe fornire segnali rassicuranti! Ma l’eccesso di speculazione al rialzo è difficile cancellarlo con un tratto di penna!

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

LA COMPAGNIA HOLDING SPA

N. 18 – Sabato 11 Febbraio 2023

Operazioni in essere :

venduti 5 micro gold apr 23 a 1960, ora con stop loss 1905 ( vendita eseguita merc 1 feb durante riunione FEDERAL RESERVE )

venduti 5 micro gold apr 23 a 1905, da chiudere al meglio appena apre il mercato al mattino di lunedi 13 feb 2023 ( vendita eseguita ve 3 feb )

GOLD APR 23

Nella settimana 6 – 10 feb GOLD ha dormito, ma comunque non ha centrato nemmeno lo stop loss basso ( 1905 ) e tanto meno quello alto ( 1940 )
Dopo questo piattume, la tentazione è di incassare tutto il profitto, che è veramente inconsueto.

Confesso che tale è lo sforzo di scrivere una lettera che “regga” per cinque gg di trading, che anche il profitto che sto conseguendo sul mio conto personale ha tratto un certo beneficio e forte è la tentazione di chiudere tutto e passare alla cassa.

Non si fa così.

Ritengo quindi di chiudere solo la metà posizione aperta a 1905 e mantenere aperta, con stop loss a 1905, la prima vendita, eseguita a 1960.

Ricordo ai lettori che la strada già percorsa in discesa è molta rispetto a spazi limitati ulteriori.

Mi piacerebbe scendere ancora fino al mio range preferito pari a 1840 – 1820 di future apr 2023 ( che corrisponde a 1825 – 1805 gold cash )

Vediamo se ci accontenta.

Ribadisco che comprerò per chiudere metà posizione (5 micro gold apr 2023) a qualsiasi prezzo aprirà GOLD lu 13 feb al mattino

BTP FUT MARZO 2023

Se non scende in zona 112 – 110, non mi interessa.

DOW JONES INDU CASH

Su questo mercato l’analisi sta diventando ancora più difficile.

Il mercato ha rotto la linea che avevo colorato di giallo, sfiorando anche il livello che mi occupava profondamente l’analisi, tanto che nella N. 17 di sab 4 feb 2023 avevo scritto :

……………..….”Valuterò durante la settimana 6 – 10 feb se inserire una vendita alla rottura del minimo della settimana scorsa ( 33550 circa di mar fut ), ma una simile operazione non può trovare spazio in una lettera che deve durare una settimana, senza possibilità di intervenire”

Il prezzo di 33550 è stato assaggiato e DOW JONES, visto l’abisso, è schizzato su nella stessa seduta.

Meditate su queste parole.

Resta da capire se il Mercato avrà la cortesia di riconquistare il segmento che ho colorato di giallo della linea che avevo tracciato sin nella N.11 di sab 10 dic 2022.

In tal caso proverò a vendere 1 mini DJ MAR FUT a 34100 – 34300 con stop loss a 34500.

Leonardo Bodini

 

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