CONTAGIO

Quanto impatterà sull’economia globale la crisi delle banche occidentali? Tutto lascia presupporre che, nell’intento di evitare inutili allarmismi, le autorità monetarie stiano sottovalutando il problema del “contagio” da parte del sistema bancario nei confronti delle borse e dell’economia reale…

 

IL MITO DEL “SOFT LANDING” SI SGRETOLA

L’economia globale aveva tenuto sorprendentemente bene sino a qualche settimana fa. Soprattutto l’America, non soltanto a causa delle esportazioni di energia, del traino dell’industria militare, della parte sana delle tecnologie e delle grandi risorse finanziarie che il mercato aveva messo a disposizione del rimpatrio di molta manifattura. A questi fattori “di fondo” si erano aggiunti una buona dinamica di incrementi salariali e la rapida e invidiabile (per gli standard europei) conversione del maggior reddito giunto nelle tasche della gente in consumi, soprattutto durevoli, i quali però oggi stanno scendendo, come si può leggere dal grafico qui riportato:


La “corporate America” ha poi fatto il resto, continuando ad investire (sebbene non al medesimo ritmo) e a generare buoni profitti. Non così buoni come in passato ma nemmeno tanto ridotti, sostenendo peraltro le quotazioni azionarie di molte grandi imprese anche oltre il limite della ragionevolezza (data l’ascesa dei tassi d’interesse), in funzione di un magico “pivot” (picco, dell’inflazione e dunque del rialzo dei tassi) che si sarebbe dovuto manifestare già da Pasqua in poi.

Oggi è molto più chiaro di qualche settimana fa che quel “picco” non è più dietro l’angolo -quantomeno per quanto riguarda i tassi d’interesse- e che, se l’inflazione sta lentamente calando, è soltanto perché l’economia ha accelerato il rallentamento e una bella recessione è oramai dietro l’angolo. Dunque la buona notizia dell’inflazione ne trascina con sé una peggiore: il famigerato “soft landing” è divenuto sempre più improbabile! Nel grafico che segue si può notare come si sono modificate di recente le aspettative sui tassi americani:


LA CORSA AGLI SPORTELLI È APPENA INIZIATA

Perché oggi è tutto più chiaro? Perché nel frattempo sono arrivate le corse agli sportelli (e ai rimborsi dei prestiti obbligazionari) di un certo numero di banche, non più soltanto in forma sporadica, bensì sempre più sistemica. In America è passata quasi sotto silenzio stampa un gigantesco ritiro dei depositi da molte piccole banche, a fronte della quale è vero che il ministero del Tesoro della Janet Yellen ha rassicurato tutti sostenendo la garanzia (quasi “erga omnes”) dei depositi e, di conseguenza, la speranza che non fallisca quasi più nessuna banca, ma è altrettanto vero che le rassicurazioni dell’ex governatrice della Federal Reserve (FED) sono una foglia di fico, dietro alla quale si nasconde l’impossibilità sostanziale -per il budget federale- di sostenere davvero la tenuta di ogni possibile banca o banchetta presente sul territorio a stelle e strisce. Nel grafico che segue una stima delle perdite ancora non espresse in bilancio da parte delle banche americane:


Che le cose stiano davvero così (male) è stato peraltro certificato dall’ultimo discorso pubblico del suo successore alla FED (Jerome Powell) il quale, alzando ancora una volta (sebbene in misura ridotta) i tassi d’interesse, ha detto due cose: 1) siamo arrivati in fondo ai rialzi (o quasi, senza spiegare esplicito ciò che sanno tutti: perché è in arrivo la recessione), e 2) i tassi non scenderanno quest’anno, senza spiegare peraltro ciò che tutti hanno ben compreso: che questo è probabile perché l’inflazione non destinata a scendere tanto in fretta, se non per eventuali “crolli” dei consumi, al momento non così probabili. Con buona pace del “pivot” che al massimo sembra un “ceiling” (tetto) e con buona pace per l’atterraggio morbido che si sarebbe potuto sperare.

L’EUROPA BRUCIA

In Europa le cose non sono andate peraltro altrettanto bene: in questi giorni la Francia Brucia le piazze per movimenti sociali spontanei che i media fanno fatica a minimizzare, la Germania oggi entra in sciopero generale, l’Italia vive una forte delusione per un nuovo governo che non sta cambiando quasi nulla e al tempo stesso viene viene sbeffeggiato dall’Unione Europea in materia di redistribuzione e arginamento dei migranti, di vincoli all’erogazione dei fondi del PNRR e di vincoli di bilancio, mentre viene sospinto con le buone e con le cattive verso la forzosa accettazione del Meccanismo Europeo di Stabilità.

Soprattutto nessuno parla più dei problemi che derivano dalla necessità di continuare a finanziare a colpi di sforamenti dei tetti le spese militari per l’Ucraina (dalle quali guadagnano quasi solo le imprese americane) e al tempo stesso si continua a ripetere che va tutto bene, soprattutto in America, dove si nega a spada tratta la teoria del contagio (della crisi bancaria e finanziaria nei confronti dell’economia reale) ma dove si sa che il mercato immobiliare si sta letteralmente sgretolando e che il 70% del debito ipotecario è stato erogato dalle banche medio-piccole.

Una situazione non troppo diversa da quella dei mutui sub-prime del 2008. Allo scorso 15 marzo negli USA (dopo la crisi della SVB) il calo dei depositi bancari era stato di quasi $190 miliardi (-$67 mld per le grandi banche e -$120 mld per quelle medio-piccole). Dove stanno andando i quattrini sottratti ai depositi bancari? Ecco una prima risposta: i fondi monetari, quasi esattamente come successe alla vigilia del grande crollo delle borse a causa del COVID!


È poi circolata la notizia che il consorzio Federal Home Loan Bank System ha emesso debito per 304 miliardi di dollari per generare l’ammontare di liquidità necessario alle 6500 banche medio-piccole da questo monitorate, per farle sopravvivere (oltre il doppio di quanto garantito dalla “Discount Window” aperta dalla FED per i due recenti fallimenti bancari). Il Dipartimento del Tesoro starebbe già lavorando a un piano per espandere a tutte le banche le garanzie del Federal Deposit Insurance Corp. (FDIC) “. Ma il totale dei depositi bancari americani è pari a 18 trilioni di Dollari, mentre la disponibilità del FDIC è solo di 125 miliardi.

IL “CONTAGIO”

Insomma l’America sta preparandosi al peggio! Con la quasi certezza che una crisi di fiducia nel sistema finanziario genererebbe un “contagio” immediato nei confronti dell’economia reale. Come peraltro si può evincere dal grafico qui riportato , che evidenzia la forte correlazione storica dell’andamento dei titoli bancari con l’indice SP500 di Wall Street, al momento non sceso altrettanto bruscamente:


Un “contagio” che peraltro sta arrivando anche nel vecchio continente, dapprima per il Crédit Suisse che è stato sì “salvato” dalla Banca Centrale Svizzera e dall’Unione Banche Svizzere (UBS) ma previa disposizione di importanti mancati rimborsi ai suoi obbligazionisti. E poi con il crollo della fiducia nella più importante banca tedesca: la Deutsche Bank, che ha dovuto ammettere una forte esposizione ai titoli subordinati del Crèdit Suisse (i famigerati AT1) e che per il momento è stata salvata da un “whatever it takes” a mezza bocca (anche per motivi anatomici) della Christine Lagarde della Banca Centrale Europea (BCE), ma sicuramente ancora in pericolo. Nel grafico che segue sono riportate le esposizioni agli AT1 da parte delle principali banche :


Ma se la BCE si trovasse costretta a intervenire pesantemente il problema si proporrebbe un istante dopo anche per tutte le altre banche dell’area euro e per le loro quotazioni azionarie, che costituiscono una bella percentuale della capitalizzazione delle borse europee.

L’Europa è infatti ancora costellata di piccole e medie banche (soprattutto le “landesbank” tedesche) che rischiano di saltare ancor prima delle banche “di sistema”. Anche in questo caso i governi possono sgolarsi a promettere una salvaguardia ma alla condizione che non si trasformi in un’ecatombe, che implicherebbe una crisi di fiducia anche nei debiti pubblici e privati delle nazioni. Ho trovato in rete questo interessante grafico che raffigura l’andamento dell’indebitamento complessivo dei principali paesi europei:


È notizia recente che il maggior fondo pensione della Svezia “Alecta” ha riportato perdite per 2 miliardi di dollari dovute alla forte esposizione che aveva nei confronti delle banche americane cadute in disgrazia.

Il vero problema è che il bello (si fa per dire) cioè il vero “contagio” che proviene dalla crisi delle banche deve ancora mostrarsi: non ci sono infatti ancora statistiche relative alla riduzione (e al maggior costo) dei crediti erogati alla clientela, ma c’è da giurare che quella riduzione avrà luogo in maniera consistente, e che contribuirà ad accentuare la flessione dell’economia. Una flessione che rischia di trascinare inevitabilmente con sé anche le borse.

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 24 – sabato 25 marzo 2023

 

Nessuna operazione in essere

GOLD GIU 23

Nella N. 23 di sa 18.3 avevo notato : “una accelerazione insolita ven 17 marzo”, proseguendo poi : “Il profitto, non ancora incassato, che si è formato dopo l’acquisto di GOLD apr fut eseguito il 7 marzo, è veramente speciale”

Per tale motivo, contro il “mantra” – let the profit run –, decisi di chiudere al meglio e il successivo lu 20.3 l’ ordine fu eseguito al mattino a 1993,20 usd, con un profitto di 1993,20 – 1840 = 153,20 punti x usd 50 = usd 7660 pari ad euro 7092.

Ad ora si tratta del maggior profitto conseguito con una unica operazione dall’inizio di questa Lettera, vale a dire il giorno 1 ottobre 2022; tra poco si chiuderà il primo semestre.

Il maggior profitto viene subito dopo la maggior perdita, sopportata sul DOW JONES.

Evidentemente, dopo un danno, siamo chiamati al coraggio di rialzarci e tornare a questo difficile lavoro.

Difficile, ma non impossibile.

GOLD ha ora un ostacolo, rappresentato dal top di aprile 2022 ( 1998 cash )

Questo prezzo è stato attaccato negli ultimi gg, senza chiusure giornaliere sopra.

Provo a sfruttare questo livello per vendere, utilizzando come stop loss i recenti massimi.

Da lun 27 marzo inserirò :

– vendo a 2010 ( o meglio, se lunedì al mattino aprisse sopra ) 5 GIUGNO MICRO GOLD FUT con stop loss a 2035.

DOW JONES INDU CASH – NASDAQ 100 CASH

Nuovamente sono sufficienti poche righe per il DJ.

DJ CASH da quando ven 10 marzo ha raggiunto la riga che trovate colorata di giallo sul grafico giornaliero, si è incollato ad essa, con close giornalieri che si alternano sopra e sotto tale riga.

Ritengo che stia cercando un punto di inversione al rialzo, ma in una forte incertezza.

E’ una situazione in cui manca totalmente un trend, quindi soprassiedo dall’inserire ordini fino alla ricomparsa dello stesso.

Credo che non manchi molto.

Il minimo del mese di marzo su questo mercato ha una buona valenza, per l’analisi del Tempo, quindi il focus resta anche sul DOW JONES.

Veniamo ora al NASDAQ 100.

Sta dimostrando una forza relativa superiore al DOW JONES, così come dalla fine del 2021 aveva mantenuto per circa 12 mesi una evidente debolezza relativa contro DJ.

Le barre sono molto più ampie in % e userò pertanto il MICRO FUTURE ( corrisponde a 1/10 del MINI FUTURE, vale a dire solo USD 2 da moltiplicare per la quotazione )

Segnalo che in marzo 2023, che non è ancora concluso, NAS 100 ha già fatto outside mensile rialzista, evento non molto frequente; tanto più mi colpisce dopo che nel grafico settimanale aveva generato un “quasi megafono” che era stato oggetto del post scriptum della N. 23.

Questa figura è stata rotta in su e quindi posso utilizzare il minimo di marzo 2023 ( 11695 NAS 100 CASH ) come stop loss attendibile per le posizioni long che cercherò di aprire.

La Lettera da lun 27 marzo inserirà l’ordine della precedente N. 23:

compero 2 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 12300 con stop loss 11800

Sembra uno stop loss troppo piccolo per riuscire ad entrare nel volatile NAS 100, ma segnalo che un rischio di 500 su 12000 circa corrisponde già al 4 % e ciò è ai limiti dei miei principi.

Con la violenza che connota il NAS 100, sarà poco probabile che offra l’ingresso con uno stop loss inferiore al 4 -5 % .

Ritengo obbligatorio quindi usare dosi minime, da incrementare solo sulle eventuali conferme di un trend rialzista, per me già credibile.

Leonardo Bodini

P.S.

Questa Lettera, la cui prima redazione risale a sabato 1 ottobre 2022, ha lavorato un capitale iniziale di euro 100000 giungendo ora a euro 120418, con un profitto di oltre il 20 % in meno di sei mesi, con mia grande soddisfazione.

Arduo proseguire a questo livello.

 




BANCHE CENTRALI ALLA SVOLTA

Dopo i disastri degli ultimi dieci giorni i più hanno sperato che la tempesta che negli ultimi dieci giorni ha investito le banche occidentali fosse finalmente passata! I timori però sono ancora tutti vivi, non soltanto perché è fresco il ricordo di ciò che è successo quindici anni fa (nel 2008, con la crisi dei titoli “subprime” il sistema bancario globale era andato in crisi) ma anche perché è chiaro che le banche centrali per salvare le banche devono tornare a finanziarle e correre ad abbassare i tassi d’interesse: cioè l’esatto opposto di quel che stavano facendo. Col rischio di entrare in recessione con un’inflazione ancora alta, con un livello di indebitamento complessivo mai visto in precedenza e con un grande fardello di titoli (da svalutare) ancora nei loro bilanci. Cioè con le armi spuntate e con forti perdite in conto capitale!

 

UNA SETTIMANA DI PASSIONE

Nel frattempo qualche dato numerico può aiutare a comprendere qual è stata (sino allo scorso Venerdì) la portata della crisi di fiducia che si è generata nei confronti delle banche a causa dell’ottusità delle banche centrali e dell’eccessiva velocità delle loro manovre : il BTP a 10 anni ha superato il rendimento del 4%, il listino azionario della Borsa di Milanop ha perso quasi il 7% nel corso dell’ultima settimana, Madrid oltre il 6%, Londra il 5%, Francoforte e Parigi oltre il 4%. In media il settore bancario in Europa è sceso di oltre l’11%. La presa di coscienza del fatto che il rialzo dei tassi d’interesse ha deprezzato molte poste all’attivo dei bilanci delle banche quotate ha insomma limato non poco le valutazioni, facendole scendere al di sotto dei valori contabili del patrimonio netto (book value).

L’INTERVENTO DELLA FEDERAL RESERVE

Certamente stavolta le autorità monetarie americane hanno agito con solerzia nel fornire al mercato finanziario segnali rassicuranti: dopo il fallimento delle prime due banche (i cui depositi sono stati salvaguardati con una garanzia straordinaria del Governo degli Stati Uniti d’America onde evitare una nuova corsa generalizzata agli sportelli) è stata la volta del Crèdit Suisse, sostenuto con un prestito ponte da 50 miliardi di franchi svizzeri dalla banca centrale di Berna e infine incorporato da UBS.


Per evitare poi altri tracolli la Federal Reserve Bank of America (FED) ha girato alle banche che ne hanno fatto richiesta un supporto straordinario (discount window) di oltre 160 miliardi di dollari nel corso della sola ultima settimana! Ma non è bastato: per salvare un’altra banca in crisi di fiducia da parte del sistema (First Republic Bank) la FED ha dovuto convincere i principali istituti bancari del paese a prestare a quest’ultima altri 30 miliardi di dollari.

ADDIO AL TAPER TANTRUM

Ma l’intervento massiccio della banca centrale americana ha gettato un’ombra non irrilevante sulla possibilità pratica di proseguire il “taper tantrum” recentemente avviato (il programma di riduzione della liquidita disponibile che sarebbe servito, insieme ai rialzi dei tassi, a contrastare l’inflazione dei prezzi). La liquidità totale disponibile sul mercato peraltro non era affatto calata, non soltanto perché ci sono alcune banche centrali orientali, come quella di Pechino, che viceversa stavano pompano nuova liquidità, ma anche perché quasi tutti i governi occidentali stanno ancora intervenendo a livello di politica fiscale con programmi di sostegno alle imprese e ai cittadini è per evitare che i rialzi dei prezzi possano mettere in ginocchio le loro economie. Dunque se le banche centrali tolgono liquidità dal mercato ma poi i governi la immettono, il risultato combinato è nullo, ma il debito pubblico in compenso cresce.

Il punto però è che la principale arma nelle mani delle banche centrali per combattere l’inflazione: i rialzi dei tassi d’interesse, in tal modo serve a ben poco. Non a caso l’inflazione infatti fa fatica a scendere negli USA e soprattutto in Europa. Per contrastarla bisognerebbe provocare una vera e propria recessione, che in effetti sembra proprio essere in arrivo, ma che si sperava di poter “addolcire” con ammortizzatori sociali e sussidi alle imprese più colpite.

L’ECCESSIVO INDEBITAMENTO DEL SISTEMA

E sono proprio queste le difficoltà maggiori per le banche centrali: se il sostegno al sistema bancario renderà loro impossibile perseguire contemporaneamente un certo rigore nel combattere l’inflazione con gli strumenti a loro disposizione, è probabile che si entri in recessione non soltanto con un’inflazione troppo alta (soprattutto se paragonata a quella in essere nel 2008) ma anche con un eccesso di indebitamento del sistema finanziario, che nel 2008 era molto inferiore. Dunque con un forte rischio di tenuta del sistema finanziario!


Come detto non è possibile combattere l’inflazione con altri rialzi dei tassi d’interesse se l’indebitamento del sistema rischia di diventare insostenibile. Né con la riduzione della liquidità disponibile se significa far fallire le banche e affossare le borse valori. Si rischia cioè una crisi di fiducia sinanco peggiore di quella del 2008, e a seguito della quale potrebbero esserci problemi anche per le principali divise monetarie come il dollaro, la sterlina o l’euro. D’altra parte l’ovvia riduzione della disponibilità di credito per le imprese non potrà che accelerare l’entrata in recessione del mondo occidentale, costringendo queste ultime a ridurre le scorte e a rialzare i prezzi di vendita, cioè l’inflazione.

Per non parlare poi della possibilità che arrivino nuovi tagli dei posti di lavoro e nuovi fallimenti delle imprese che non trovano più supporto finanziario. Tutte cose che portano con sé un probabile calo significativo dei consumi e, di conseguenza, dei profitti delle imprese. Proprio quelli che erano stati sino ad oggi il puntello che ha sostenuto le quotazioni dei listini azionari, fornendo l’impressione che la recessione, se mai sarebbe arrivata davvero, non avrebbe colpito duramente i principali indici borsistici.


Si parla inoltre di una probabile “crisi di fiducia” perché se la sensazione di fragilità oggi percepita dagli operatori nei confronti del sistema bancario potrebbe estendersi a tutti gli altri comparti del mercato finanziario. In pochi giorni potrebbero dunque risultare spazzate via le speranze di pilotare l’economia verso un “atterraggio morbido” e la situazione di conseguenza potrebbe risultare “sfuggita di mano”, soprattutto se perdurasse la crisi di fiducia nel sistema finanziario.

L’INFLAZIONE POTREBBE “RIENTRARE” DA SOLA

Per onestà intellettuale bisogna tuttavia aggiungere che quest’ultima non è scontata. E che peraltro l’arrivo della recessione potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente la domanda (e dunque i prezzi) delle materie prime e dell’energia, cioè di quelle due componenti che avevano provocato il forte rialzo anche di tutti gli altri prezzi un paio di anni fa. Sempre che non riprenda il tam-tam della transizione energetica verso le fonti rinnovabili, che in questo momento l’Occidente non può permettersi. Dunque si potrebbe sperare che almeno l’inflazione dei prezzi possa ridursi autonomamente, e lo stesso potrebbe valere per l’inflazione salariale, che inizierebbe a venire contrastata dalla ripresa della disoccupazione.


Dunque -se la crisi di fiducia non di propagherà- non si tratterebbe di che di una più brusca frenata dell’economia, cioè di un’accelerazione di quella che potevamo sperare fosse una transizione “morbida” verso la recessione. Un’ipotesi che potrebbe essere fondata, dal momento che abbiamo appena osservato che in circolazione c’è ancora molta liquidità e che dunque un crollo delle borse al momento non appare così probabile, soprattutto se si riuscirà a sostenere adeguatamente le banche e ad evitare di conseguenza il cosiddetto “credit crunch” (cioè il crollo della disponibilità di credito per le imprese). Ma per riuscirvi le banche centrali dovrebbero cambiare rotta in fretta, contraddicendosi pesantemente e riducendo i tassi d’interesse, a meno di non voler provocare un pesante crollo della sostenibilità dei debiti pubblici della maggior parte dei paesi occidentali (a partire dal nostro).


MA LE BANCHE CENTRALI HANNO SBAGLIATO TUTTO

Il re (le banche centrali) però è ora nudo! Ancora una volta le autorità monetarie hanno maneggiato così goffamente gli arnesi a loro disposizione da riuscire a provocare un’accelerazione degli eventi che potevamo francamente risparmiarci. Dapprima sottovalutando l’arrivo dell’inflazione. E poi rialzando i tassi d’interesse ad un ritmo mai visto in precedenza! E il colmo del loro discredito sarebbe assistere ad una discesa dell’inflazione proprio mentre i tassi d’interesse vengono fatti calare e il supporto finanziario alle banche viene rafforzato. Ma resterà senza dubbio un’opzione migliore della sua alternativa, e cioè di una nuova crisi di sistema. Che oggi -a differenza di 15 anni fa- metterebbe davvero in ginocchio l’intero sistema economico occidentale!

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 23 – sabato 18 marzo 2023

 

Acquistati martedì 7 marzo 2023 5 micro apr gold fut a 1840, che da lu 20.3 verranno venduti al meglio, al primo prezzo disponibile

GOLD APR 23 – GIU 23

Ovviamente sono molto contento, anche di aver sottostimato il possibile target della salita di GOLD, tuttora in corso, con una accelerazione insolita ven 17 marzo.

Il profitto, non ancora incassato, che si è formato dopo l’acquisto di GOLD apr fut eseguito il 7 marzo, è veramente speciale.

Figlio più delle difficoltà di CREDIT SUISSE che del fallimento di Silicon Valley Bank, di cui ormai pochi sembrano ricordarsi, dopo soli 6 gg di trading.

Normalmente questa Lettera lascia correre i profitti e taglia le perdite, come è testimoniato dalla forte differenza tra il profitto medio e la perdita media, ma una spinta così forte e per me forse eccessiva, mi fa passare alla cassa.

Ho in mente ben altro, dato lo sconvolgimento dello scenario, ma non voglio annoiare.

Mi limito a invitare tutti ad annotare che :

– il grafico GOLD CASH mensile evidenzia una spinta da Lehman Bros ( 686 ) al 2011 ( 1919 ) che è stata ritracciata oltre il 50%
– lo stesso grafico evidenzia che questo forte ritracciamento fu seguìto da 2016 – 2017 – 2018, triennio di “DEAD ZONE” in cui i massimi erano calanti ed i minimi erano crescenti ( quasi un megafono… , quasi )
– dall’ultimo minimo di 1160, dal quale è partita la grande salita a 2075 ( nel mezzo ci fu il COVID, ma GOLD era in altro occupato ) il range di 915 è stato ritracciato a 1614 ( 2075 – 1614 = 461 ) vale a dire la metà esatta, se mi scontate i decimali
– dopo una pericolosa indifferenza a qualsiasi evento ( Ucraina, rischio Taiwan………..) pare che qualcosa finalmente sia risultato indigesto.

Tutto ciò indurrebbe a pensare che per la Lettera sarebbe meglio lasciare correre il profitto del brillante acquisto di GOLD, ma il fatto che USD sia relativamente forte mi manda alla cassa per riscuotere; mi pentirò, pazienza.

Dopo la necessaria premessa, da lun 20 marzo inserirò :

– vendo a mercato ( al meglio ) tutti i 5 APR MICRO GOLD FUT a suo tempo acquistati a 1840
– a 1930 compero 5 GIUGNO MICRO GOLD FUT, con stop loss a 1900.

Devo passare al contratto giu 23 perché apr 23, che ha dato profitti elevati e difficilmente ripetibili, va in consegna prima di fine marzo.

DOW JONES INDU CASH – NASDAQ 100 CASH

Sono sufficienti poche righe per il DJ.

Basta osservare il comportamento di DJ CASH da quando ven 10 marzo ha raggiunto la riga che trovate sul grafico giornaliero per capire che questo mercato, con close giornalieri che si alternano sopra e sotto tale riga, sta cercando un punto di inversione al rialzo, ma in una forte incertezza.

Con i dubbi non si fanno i soldi, quindi soprassiedo fino alla ricomparsa di un trend.

Poiché qualcuno sta apprezzando queste lettere per motivi molto diversi, tra i quali :

– sembra si impari qualcosa,
– mettono in ROSSO evidente le perdite, rammentando a tutti che solo uno su dieci “ ce la farà “,
– esibiscono un certo coraggio, anche ad abbandonare un mercato se presenta risk – reward non favorevole,

per non smentirmi, passo alla peggior belva che solchi i mercati, quel “distruttore di mille per arrichirne uno” che si chiama NASDAQ 100.

Lo amo ? Lo odio ? Non ho ancora deciso, dopo tanto tempo.

Di certo è salito da Lehman Bros ( 1019 ) al nov 2022 ( 16764 ) di oltre 16 volte, per poi tritare i ritardatari fino a 10440 in pochi mesi.

Un vero mostro, anche per la dimensione; il MINI NAS 100 FUT vale USD 20 da moltiplicare la quotazione, quindi ora corrisponde a USD 250000 circa.

Userò pertanto il MICRO FUTURE ( corrisponde a 1/10 del MINI FUTURE, vale a dire solo USD 2 da moltiplicare per la quotazione )

Forse sarebbe meglio guardarlo con ammirata paura, tuttavia la Lettera da lu 20 marzo inserirà :

compero 2 GIUGNO MICRO NASDAQ 100 a 12300 con stop loss 11800

Vogliamo proprio vedere, insieme, come andrà a finire.

Leonardo Bodini

 

P.S.
Per chi proprio è incontentabile, o vuole entrare negli iniziati, invito a guardare il grafico settimanale ( solo le ultime 4 settimane )

Troverete tre outside consecutivi costituenti un embrione di megafono, vale a dire che NAS 100 ha stoppato tutti i traders in entrambe le direzioni, per quasi un mese.

Una macelleria finanziaria.

E’ quindi solo per spirito di servizio che esordisco nel momento meno performante possibile, in un mercato che credo di aver chiaramente definito venti righe sopra.