DA OVEST NIENTE DI BUONO

Echeggiare il titolo del famoso film del 1930 (tratto dall’ancora più famoso romanzo (https://it.wikipedia.org/wiki/Erich_Maria_Remarque) può sembrare scontato ma la sua trama (quella di un professore di liceo che esalta gli ideali bellici e patriottici e convince i propri allievi ad arruolarsi, per poi pentirsene amaramente) purtroppo invece ha parecchio a che fare con la guerra che l’Europa ha alle porte. Le conseguenze potrebbero farsi sentire presto, tanto sui mercati finanziari, quanto sull’economia reale, fino a ieri risparmiata dall’inverno mite, dalla tenuta delle esportazioni e dagli strascichi di tempi migliori. L’Asia invece ci guadagna!

 

IL DECIMO PACCHETTO DI SANZIONI COLPISCE PRIMA L’EUROPA

L’Europa, giusto qualche giorno fa, ha varato il decimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e i suoi più stretti alleati. Questa notizia potrebbe meritare di finire tra i trafiletti di fondo se non fosse che l’ammontare delle esportazioni europee colpite da tale pacchetto sembra stavolta molto più rilevante di quelli precedenti! Basti pensare che ad un calcolo approssimativo il valore del decimo “pacchetto” eccede da solo un terzo del valore cumulato di tutti precedenti 9 “pacchetti”. Cioè circa 11,4 miliardi di euro a valori del 2021, il che significa che ad oggi dobbiamo rivalutarne la portata di almeno il 10%: cioè €12,5 miliardi.

Se pensiamo che l’ammontare totale di quella parte di export europeo che era stato silurato con i precedenti 10 pacchetti di sanzioni a Russia&C. ammontava in totale a 32,5 miliardi di euro, ecco che si percepisce meglio la gravità di ciò che è stato deliberato -quasi nel silenzio dei commentatori- da una Commissione Europea che -alla prova dei fatti- risulta fortemente schierata sugli interessi strategici ed economici americani, anche quando essi appaiono in tutta la loro gravità in contrasto con quelli europei.

Occorre notare infatti che l’Europa continentale vive quasi esclusivamente del suo export nel resto del mondo dal momento che prima della guerra l’export annuo totale dell’Eurozona ammontava in media a 140.548 milioni di euro dal 1999 al 2022. Dunque toglierne 45.000 nel solo anno che va dal Febbraio 2022 al Febbraio 2023 equivale ad affossarne l’equilibrio economico, già messo a dura prova dalla scarsità e dal prezzo delle risorse energetiche, dall’inflazione a doppia cifra e dai tagli ai bilanci pubblici per le ristrutturazioni edilizie e gli investimenti tecnologici a causa dell’incremento della spesa militare.


L’INFLAZIONE NON SCENDE PIÙ

A questa ferale notizia se ne aggiunge una non meno travolgente: l’inflazione non scende più! La prima rilevazione per l’Italia relativa al mese di Febbraio dovrebbe evidenziare addirittura una crescita del 10,1% dal precedente 10% di Gennaio! Nel continente americano (dove era scesa di più) l’inflazione mostra ugualmente una risalita. La lettura di gennaio dell’indice Pce (esclusi beni energetici e alimentari) è quasi del 4,7%, dunque superiore al dato di dicembre (che era del 4,4%): una vera e propria doccia fredda per la borsa americana che archivia la peggior settimana del 2023! E si prepara all’opposto di ciò che si aspettavano gli investitori: cioè ad un lungo periodo di ulteriori rialzi dei tassi da parte delle banche centrali. Il plurale è d’obbligo dal momento che a quelli della Fed, seguiranno quasi pedissequamente i rialzi della Banca Centrale Europea (BCE) e della Banca d’Inghilterra (BOE).

DOLLARO E PETROLIO RISALGONO

Non a caso il Dollaro è risalito contro Euro al cambio di 1,05 e vi sono timori diffusi che lo stesso possa avvenire per le quotazioni del petrolio (in Dollari, tra l’altro), che era sceso negli ultimi mesi ben oltre le attese.


Wall Street perciò si prepara a nuove sedute negative e a rivedere le proprie aspettative almeno alla seconda parte dell’anno. La guerra all’inflazione dovrà necessariamente uccidere i consumi e ridurre le aspettative degli operatori economici, che sino ad oggi erano tutto sommato ancora positive. Morale: se l’America piange l’Europa non può ridere.

LA GUERRA NON SEMBRA FERMARSI

Non si tratta quindi di discutere della possibile recessione, che forse l’America riuscirà ad evitare mentre l’Europa ha già imboccato (l’ultima lettura del PIL tedesco dell’ultimo trimestre 2022 mostra un calo del P.I.L. dello 0,4%), bensì del fatto che la guerra in Ucraina non sembra più vicina ad una soluzione di pace di quanto non lo fosse un anno fa e che di conseguenza l’intera Europa sembra intrappolata in tutte le conseguenze negative che una guerra alle sue porte può comportare (ivi compresi gli aggravi di debito pubblico che saranno necessari per supportare la corsa al riarmo di cui beneficherà quasi solo l’industria americana).


INDICE EURO STOXX 600 EUROPE
Ci aspettiamo perciò che il mercato finanziario (anche quello europeo) non potrà che peggiorare nei prossimi mesi, non solo a causa dei rialzi programmati dei tassi d’interesse (che a questo punto proseguiranno quantomeno per tutta la prima metà del 2023), ma anche per i potenziali ulteriori cali dei consumi, con la conseguente possibile progressiva riduzione dei profitti aziendali. Molti perciò ritengono che il mercato borsistico occidentale sia rimasto sino ad oggi troppo ottimista e che nelle prossime settimane gli investitori in titoli azionari potrebbero proseguire quei movimenti al ribasso che usualmente arrivano a primavera avanzata.

E L’ASIA GUADAGNA POSIZIONI

Non è detto peraltro che questa situazione sia simile nel continente asiatico, la cui economia è sembrata sino ad oggi marciare meglio del mondo occidentale. E’ probabile che ne possano beneficiare i mercati finanziari dei paesi emergenti e che la sovraperformance sui listini azionari occidentali attragga capitali in fuga dall’Occidente.

In situazioni come questa saranno ovviamente avvantaggiati gli esportatori abituali verso il continente asiatico, l’industria pesante e i produttori di beni essenziali, nonché ancora una volta gli estrattori di materie prime e risorse naturali. In bilico (ma non necessariamente in difficoltà) le grandi imprese tecnologiche, perché da un lato soffriranno per il calo dei consumi, dall’altro lato potrebbero avvantaggiarsi della corsa al riarmo e della necessità di tagliare i costi.

 

Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 20 – sabato 25 febbraio 2023

Nessuna operazione in essere

La lettera N. 19 ha eseguito entrambi gli acquisti ed ha subito entrambi gli stop loss, con una perdita di 1750 usd ( 1651 euro )

GOLD APR 23

La N. 19 diceva : ……………………..non dimentico che le serie così positive presentano il conto a chi assume troppa confidenza ( presunzione ) nei confronti del Mercato……………………………….. l’acquisto di gold andrebbe fatto non sopra il top di agosto ( 1808 cash )

Dopo aver predicato bene, la N.19 ha elevato il profilo di rischio, senza attendere il primo prezzo che fosse ben motivato ( top agosto 2022 pari a 1808 cash – 1816 fut )

Il Mercato ha presentato il conto.

Pazienza, si farà meglio.

Dopo la necessaria consuntivazione dei recenti fatti, evidenzio che :

– Ven 24 feb GOLD cash ha riavvicinato finalmente l’area da 1808 a 1735 nella quale un acquisto presenta un reward/risk ( relazione tra profitto sperato e ampiezza dello stop loss ) accettabile
– È confermato che la tredicesima settimana dal terzo bottom consecutivo a 1614 – 1616 ha invertito il trend al rialzo che era molto violento ( non ci illudiamo che ogni tredicesima settimana conteggiata da un minimo inverta il mercato, diversamente tutti i lettori di questa lettera potrebbero tralasciare altre considerazioni e attendere la tredicesima settimana di un qualsiasi mercato – qui c’era anche altro )
– Guardando infine il grafico mensile, spero che almeno qualcuno si sia accorto che febbraio, lungi dal mandare GOLD a 2500 – 3000 come i soliti “esperti” avevano proclamato, ha generato un outside ribassista devastante per quei “signori”
– Infine, osserviamo insieme con gioia che la prima vendita eseguita dalla lettera a 1960 apr future è nella parte più alta della barra mensile, che è semplice a dirsi, ma non a farsi.

Torno a rispettare le regole e quindi non inserisco ordini per almeno una settimana.

BTP FUT MARZO 2023

Sta provando a scendere in zona 112 – 110 e ancora non mi interessa.

DOW JONES INDU CASH

Dopo lo stop loss, la regola imponeva  una settimana di pausa, regola che la N. 19 ha violato, evidenziando ai lettori tale deroga, quindi non ci deve sorprendere il fatto di subire un secondo stop loss.

Per interpretare correttamente quanto avvenuto, è’ necessaria una piccola dose di “senno di poi” :

dobbiamo ricordare che nella N. 18 fu inserita una vendita a 34200 fut con stop loss a 34500 fut; martedì 14.2, in seguito ai dati sull’inflazione USA, il Mercato salì fino a 34551 stoppando la vendita eseguita la sera prima a 34200.

Il Mercato è restato sopra il prezzo dello stop loss ( 34500 fut ) meno di un minuto, iniziando poi una discesa massacrante e abbiamo visto fino a ieri venerdì 24.2 quanto corretta era la scelta di andare al ribasso sul DOW JONES.

Qualcuno potrebbe quindi pensare che bastava non mettere lo stop loss per beneficiare della vendita a 34200.

Non si deve mai operare senza uno stop loss.

Il comportamento del medesimo DOW JONES, dopo lo stop loss scattato la settimana scorsa a 33500, con successiva accelerazione al ribasso, spiega la valenza.

Riassunto

Da sab 1.10.2022 la Lettera ha eseguito 10 ( dieci )operazioni di cui:

Cinque in utile con un profitto totale di euro 20926.75 (euro 4185.35 per operazione)
Cinque in perdita con una perdita totale di euro 4770 (euro 954 per operazione)

Viene da pensare che gli stop loss costano, ma servono.

Il capitale iniziale di euro 100000 al momento, senza operazioni in essere e senza ordini inseriti e non eseguiti, ammonta ad euro 116156.75 – vale a dire un profitto sul capitale che supera il 16 % dal 1 ottobre ad ora.

Provo a continuare così, ma sarebbe veramente fuori dal comune.

Leonardo Bodini







 




ATTERRAGGIO MORBIDO ?

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
Il termine soft landing (atterraggio morbido) indica il percorso di un aeroplano che si è innalzato in cielo e che cerca di atterrare dolcemente. Quando viene riferito all’economia- indica un approccio “morbido” all’azzeramento dello sviluppo economico. Cioè il passaggio dallo sviluppo alla recessione senza traumi per le parti sociali, né crolli delle borse, né fuga dalle banche, eccetera. Eppure come un aeroplano non può sfidare le leggi della fisica e dovrà, prima o poi, toccare terra, così l’economia non sembra in grado di crescere per sempre. L’alternativa all’atterraggio morbido normalmente è quello “duro”.

 

DIPENDE DALL’INFLAZIONE

Eppure si è fatta strada l’idea che l’andamento ciclico dell’economia non sia necessario, e che dunque possa esistere anche il “no landing”, almeno per il momento e almeno sino a quando i tassi d’interesse non cresceranno fino al punto di strozzare l’economia occidentale. Potrebbero contribuire a che si verifichi tale ultimo scenario il fatto che la disoccupazione non sia ascesa vertiginosamente, che i consumatori non abbiano desistito dal mantenere le loro abitudini e che, di conseguenza, le aziende non abbiano smesso di fare profitti.

La vera domanda però in tal caso riguarda l’inflazione: se non si allenterà a sufficienza e resterà “sticky” (cioè appiccicosa; fuor di metafora: se continuerà a propagarsi dalle materie prime fino si servizi meno essenziali) allora le banche centrali continueranno ad alzare i tassi d’interesse fino a quando la recessione non arriverà davvero. E infatti al momento è ciò che dichiarano di voler fare.

DIPENDE DA PAESE A PAESE

Negli ultimi giorni di “landing” dell’economia tutti parlano, perché l’interpretazione da dare ai dati statistici delle ultime settimane non è univoca, né chiara. Ovviamente dipende poi da Paese a Paese. L’America ad esempio al momento è proiettata verso una crescita reale del PIL (cioè al netto dell’inflazione) di quasi il 3% su base annua. Non per nulla la disoccupazione tende a restare ai minimi storici e l’inflazione non demorde, anzi: i negozi al dettaglio assumono nuovo personale! Per l’America l’andamento dell’inflazione dipenderà soprattutto dai salari, dal momento che oltre il 70% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dipende dai consumi.

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
La Cina sembra andare ancor meglio dell’America: anche a causa dell’abbandono delle restrizioni agli spostamenti delle persone quest’anno la crescita del PIL non sembra sarà inferiore al 5%, la disponibilità di credito continua a crescere e lo stallo del settore immobiliare sembra non preoccupare nessuno, diversamente dagli USA, dove l’incremento del costo annuo di affitto equivalente pare sia salito soltanto del 3% nell’ultimo mese.

L’Europa non va altrettanto bene. Innanzitutto a causa dell’inflazione più elevata che dipende dal maggior costo locale dell’energia, ma non soltanto: le rigidità strutturali imposte dall’Unione Europea e il costo del supporto all’Ucraina stanno impedendo ai bilanci nazionali di supportare adeguatamente la ripresa. In zona Euro poi c’è ancora oggi una disoccupazione più alta che in America, in Cina e in Russia. Dunque la recessione in Eurozona c’è praticamente già adesso, seppur mascherata dagli incentivi erogati in deficit dai principali governi e dalla corsa al riarmo.

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
LO SCENARIO APOCALITTICO SEMBRA SCONGIURATO

Dunque ci sarà un “soft landing”, un “no landing” o un “hard landing” (cioè due trimestri di contrazione del PIL e un calo delle borse di almeno il 20%)? Nelle ultime settimane molti economisti si sono sperticati in pronostici rivolti a rimuovere dalla narrativa prevalente lo scenario di crisi dura che porterà presto le banche centrali a tornare ad abbassare i tassi e stimolare i consumi. Il buon andamento di Cina e America stimola anche i progressi dei Paesi Emergenti e questo traina l’export europeo.

Se lo scenario apocalittico sembra scongiurato allora i pronostici riguardano soltanto la scelta tra “soft” e “no” landing. Cioè di quanto le banche centrali vorranno avanzare nella risalita dei tassi di ultima istanza fino a provocare loro stesse (come spesso succede) una recessione. Ma le banche centrali non stanno soltanto combattendo l’inflazione, bensì anche sé stesse, ovvero la nomea di inutili sovrastrutture che l’avanzata della digitalizzazione potrebbe riservare loro, nonché lo spazio di manovra per una futura ridiscesa dei tassi.

Sebbene ciò può significare strozzare l’economia tornando ad alimentare le rendite di posizione attraverso l’imposizione di elevati tassi d’interesse reali, lo scenario si scinde inevitabilmente tra Europa e America. In quest’ultima è possibile che ciò non succeda, sebbene permanga l’esigenza di un Dollaro forte che dovrà tenere conto dei rendimenti delle altre divise (in particolare Euro e Yuan) e che potrebbe spingere la Federal Reserve a proseguire anche durante tutto l’anno a colpi di 1/4 di punto a trimestre. Se così fosse l’America arriverebbe comunque al “landing”, seppur morbido. Altrimenti potrebbe continuare a “galleggiare” sino al 2024.

IN EUROPA È DIVERSO

In Eurozona è molto diverso: la BCE sembra ignorare completamente la natura dell’inflazione continentale (quasi tutta legata ai rialzi dei prezzi -in Dollari- di gas, petrolio e materie prime) e sembra molto determinata nel proseguire duramente. Cioè nel voler provocare una vera e propria recessione. Ci sono -com’è evidente- degli ampi interessi in gioco (soprattutto da parte delle èlites industriali dei Paesi del Nord) ma c’è anche la volontà di mantenere elevate le quotazioni della divisa unica. Dunque è più improbabile che la BCE si trattenga nei rialzi e lo scenario più probabile sembra qui l’atterraggio “duro”.

Ovviamente dipenderà non poco dai prezzi dell’energia e dei materiali, circa i quali al momento è veramente difficile fare previsioni. Se dovessero crollare indubbiamente le banche centrali avrebbero meno “scuse” per proseguire i rialzi. Se invece -come sembra- dovessero tornare a crescere, allora la manfrina sarebbe più che giustificata ma, al tempo stesso, le borse potrebbero subire un bel contraccolpo. Per non parlare dell’economia reale, in particolare di quella dei paesi periferici dell’Unione.

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
La disponibilità di credito si ridurrebbe moltissimo e la disoccupazione avanzerebbe inesorabilmente. Un’ipotesi più che probabile, soprattutto se non crolleranno gas e petrolio. Tuttavia la guerra potrebbe finalmente attenuarsi sui tavoli di un difficile ma non impossibile negoziato e l’industria italiana sono decenni che viene data per morta e invece risorge sempre, così come il calabrone che per le leggi di Newton non potrebbe volare. Dunque lo scenario “duro” non è poi così probabile, per parecchi motivi e, sinceramente, ce lo auguriamo tutti.

Per le borse ciò potrebbe significare un “galleggiamento” sulla scia dei guadagni già realizzati nella prima parte dell’anno, seppure una “decrescita di primavera” al momento sembra plausibile -in coincidenza con gli ulteriori rialzi della BCE- così come una ripresa delle quotazioni borsistiche sembra prevedibile nella seconda metà dell’anno, magari in abbinata ad un possibile armistizio.

CHI VINCE E CHI PERDE

I settori industriali che dovrebbero beneficiare di più sono principalmente quelli finanziari e assicurativi, mentre lo stesso non vale per l’immobiliare, dove lo iato crescente tra il reddito disponibile e i rialzi delle rate dei mutui casa si farà sentire.

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
Andamento dei principali settori industriali tra tutte le borse del mondo (indice MSCI)
Le infrastrutture potrebbero subire qualche acciacco ma la loro tendenza di fondo resta positiva mentre le utilities cozzeranno più di altri con il rialzo del costo del denaro. Le imprese industriali più capitalizzate potrebbero beneficiare dell’ indotto delle esportazioni e dell’inevitabile corsa al riarmo, ma a condizione di potersi permettere importanti invece strumentali. Quelle che non avranno abbastanza capitali per inseguire i mercati di sbocco finali potrebbero invece entrare presto in asfissia finanziaria, anche perché la domanda interna potrebbe ridursi ulteriormente.

Se le borse non crolleranno brutalmente questo significherà alcune decine di probabili “matricole” in borsa e una certa effervescenza di M&A e Private Equity. Difficile invece dire la stessa cosa per il venture capital, a meno di considerare tale quello relativo ad applicazioni avanzate di intelligenza artificiale: una vera e propria nuova forza che promette di scardinare la vecchia industria e rivoluzionare non poco la vita quotidiana. Anche se è più probabile che la sua vera ascesa si vedrà soltanto nel 2024…

LA COMPAGNIA HOLDING SPA


Stefano di Tommaso




APPUNTI DI TRADING

N. 19 – sabato 18 febbraio 2023

Nessuna operazione in essere

La lettera N. 18 ha dato un grande profitto

GOLD APR 23

La N. 18 diceva : ………. comprerò per chiudere metà posizione ( 5 micro gold apr 2023 ) a qualsiasi prezzo aprirà GOLD lu 13 feb al mattino

Ho pertanto comperato 5 micro gold lu 13 feb al mattino a 1871,45 – non appena aperta la SIM, con un utile su di ( 1905 – 1871,45 = 33,55 punti ) x 50 usd = usd 1677,5

La settimana era di quelle fortunate e l’auspicio espresso, sempre nella N. 18, è divenuto realtà.

Avevo scritto : “Mi piacerebbe scendere ancora fino al mio range preferito pari a 1840 – 1820 di future apr 2023 ( che corrisponde a 1825 – 1805 gold cash ).

Vediamo se ci accontenta”

Il contratto apr micro gold è sceso ve 17 feb a 1827,75 – nella parte bassa del range gradito – quindi ho potuto chiudere a mercato a 1836,70 gli altri 5 apr micro gold, che erano i primi aperti al ribasso da 1960, con un utile di ( 1960 – 1836,70 = 123,30 punti ) x 50 usd = usd 6165

Ovviamente sono molto contento, ma non dimentico che le serie così positive presentano il conto a chi assume troppa confidenza ( presunzione ) nei confronti del Mercato

Devo ricordare a tutti che in questo ribasso non ritenevo raggiungibile il top di sett. 2022 ( 1735 cash )

Dissi che sarebbe stato “ troppo comodo “.

Tuttavia l’acquisto di gold andrebbe fatto non sopra il top di agosto ( 1808 cash )

Diversamente, considerato il profitto molto elevato nelle tasche di questa lettera, aumento il profilo di rischio e da lu 20 feb inserirò :

acquisto di 5 micro gold apr future a 1840 con stop loss a 1820.

Ho scritto molto, ma serviva.

BTP FUT MARZO 2023

Se non scende in zona 112 – 110, non mi interessa.

Segnalo inoltre che, dopo che il doppio minimo in area 108 regge ormai da tempo, la sua eventuale e improbabile rottura avrebbe un significato pesante per l’onerosità del debito della ns. amata Repubblica Italiana.

DOW JONES INDU CASH

Su questo mercato l’analisi forse va oltre le mie capacità. Mi spiego meglio.

Nella N. 18 avevo scritto :

“Resta da capire se il Mercato avrà la cortesia di riconquistare il segmento che ho colorato di giallo della linea che avevo tracciato sin nella N.11 di sab 10 dic 2022.

In tal caso proverò a vendere 1 mini DJ MAR FUT a 34100 – 34300 con stop loss a 34500”

Cortesemente il Mercato mi aveva accontentato lu 13 alla sera, mentre giocavo a tennis, cossicchè avevo venduto 1 mini DJ a 34.200, come indicato nella solita tabella.

Per illustrare cosa ha fatto in 300 secondi il DOW JONES martedì 14 feb alle 15.30, in seguito al rilascio dei dati su inflazione USA, devo allegarvi, ( succederà, spero, poche altre volte ), un grafico con barre a 5 minuti.

Vi descrivo l’andamento dalle 15.29 in poi :

alle 15.29 il DJ era immobile a 34300 in evidente attesa dei dati;

alle 15.30 dopo il comunicato, DJ è salito a 34.551 ( stoppandomi in perdita di 34200 – 34507 = 307 ) x 5 usd = 1535 usd

e poi è immediatamente sceso a 34188 alle 15.35

Non era finita la volatilità.

Partito un rimbalzo fino a 34371 alle 16.00 e discesa violenta a 33855 alle 17.45 con salita a 34234 alle 20.30.

Fine della volatilità.

Dalle 20.30 il Mercato ha ripreso il comportamento abituale ed è sceso, appoggiandosi sulla parte gialla della linea tracciata in dic 2022 dalla N. 11 in poi

Dopo lo stop loss, la regola vuole una settimana di pausa.

E’ tale l’entusiasmo per il mega profitto su gold, che violo le mie regole e quindi lu 20 feb inserirò :

acquisto di 1 marzo mini DOW JONES future a 33650 con stop loss 33500

Speriamo bene.

Leonardo Bodini