TRADING: FEB 23 GOLD FUTURE

N.11 – 10/12/2022

Nessuna operazione in essere.

Il mercato dell’oro si è pressochè fermato in un range di prezzi che rende troppo rischioso un acquisto e poiché cerco solamente un acquisto, sto analizzando la fascia da 1735 ( top di sett 2022 ) a 1676 ( minimo che ha retto a lungo e quindi resta un livello chiave ).

I prezzi che leggete sono di GOLD CASH, del quale vi allego da due mesi i grafici, mentre gli ordini che inserirò sono del FEB GOLD FUT che quota circa 12 USD in più.

Come scritto nella lettera N.9, l’outside mensile rialzista di novembre sopra il top di settembre di 1735 ha girato il trend, che era negativo sin dalla rottura del minimo di 1676, livello che aveva resistito per 17 mesi.

Non si va contro il trend, specialmente quando si è appena girato, ma si deve attendere con pazienza un calo per acquistare, in accordo con il trend stesso.

Qualche trader diviene impaziente quando il mercato non offre ingressi a basso rischio e cerca di entrare comunque, ma la frequenza di stop loss sale.

Ribadisco ( quanto scritto nella precedente N.10 ) che la salita in corso potrebbe avere come target di gold cash la fascia da 1872 ( minimo di aprile 2022, mese più importante di settembre ) a 1919 ( top dell’anno 2011, che ha resistito fino al COVID 19 nel 2020 ).

Nella settimana 12-16 dic non inserirò ordini.

BTP FUTURE MARZO 2023

Continuo a monitorare il BTP FUTURE, per il quale siamo passati alla scadenza marzo 2023 in quanto il contratto dic 2022 è scaduto.

Il roll over tra la scadenza dic 2022 e quella marzo 2023 ha comportato un “salto” della quotazione da circa 120,50 a circa 116,50 con una differenza molto ampia e poco frequente di 4 figure pari a 120,5 / 116,5 = 3,43 %

E’ una differenza enorme, superiore all’utile medio che mi attendo da una singola operazione.

La banca dati di cui dispongo ha archiviato per la settimana da lu 5 dic a ven 9 dic il prezzo del contratto dic 2022 che si è mosso tra 120,5 e 122 circa, attuando il salto della trendline sul grafico settimanale che avevo allegato alla lettera N.10; ciò sarebbe un segnale di forza, che ho evidenziato in giallo sul grafico BTP settimanale allegato alla presente lettera N.11.

Uso il condizionale perché lo stesso grafico, se io utilizzassi le quotazioni del contratto marzo 2023 per la settimana 5-9 dic, sarebbe più basso di 4 figure e quindi sarebbe rimasto sotto la trendline. Il contratto mar 2023 scambiava molto di più del dic 22 che era in scadenza e quindi secondo me il fornitore di dati sbaglia ad archiviare dati su un contratto che fa pochi scambi.

Poiché non ho mai fretta, mi limiterò ad analizzare il FUTURE BTP, senza inserire ordini.

DOW JONES INDUSTRIAL – CASH

Qualcuno mi ha chiesto se abbia mai analizzato il mercato azionario americano.

Si tratta di un mercato molto sensibile alle scelte della FED, pertanto soggetto a “strappi” che generano spostamenti di prezzo anche del 3 – 4 % in poche ore, specialmente il mercoledì alle ore 20.00 circa ( ore 14 USA ) quando, ogni sei mercoledì, Jerome Powell prova a indirizzare i mercati.

L’ultima volta che il presidente della FED ha parlato il Nasdaq 100 è salito del 5 % in due ore, provocando valanghe di stop loss.

Si può ugualmente operare su questo mercato ? Lo faccio da tempo, ma con una logica completamente diversa da GOLD e BTP.

Cerco di attuare un trading più lento che certamente non usa leva, anzi prevede ingressi graduali, unicamente sulla successiva conferma della rottura dei livelli individuati.

Sol per introdurre l’argomento, allego due grafici, entrambi di INDU DJ CASH, rispettivamente un mensile dal 2007 e un giornaliero dal recente minimo del 13 ottobre 2022.

Il grafico mensile ci ricorda che questo mercato ha moltiplicato il valore X 5,71 da mar 2009 a gen 2022 e ha raddoppiato dal COVID 19 ( mar 2020 ) a genn 2022.

Quindi ha dato grandi ricchezze a quanti ci hanno creduto.

Non mi occupo oggi dell’incremento di oltre 16 volte che ha segnato NASDAQ 100 nello stesso periodo di 13 anni, perché si tratta di un settore particolare, che ha accelerazioni maniacali e altrettanto catastrofiche discese.

Tornando al DJ, potete osservare che aveva formato tra il 2018 e feb 2020 ( ven 21 febbraio 2020, prima che il mondo prendesse coscienza del COVID 19 ) un megafono ( figura molto rara caratterizzata da massimi crescenti e minimi decrescenti, che porta disorientamento anche per i più grandi asset managers, in quanto gli stop loss vengono centrati in entrambe le direzioni ).

L’uscita al rialzo dal megafono ancora una volta fu decisa dalla FED, che inondò i mercati di liquidità, mandando i tassi a zero in USD e molto sotto zero in EURO – ricordiamoci che il tasso dei BUND decennali scese a meno 0,80 circa.

La distruzione di ricchezza che è iniziata 18 mesi dopo ( autunno 2021 ) non si può capire quando finirà, forte sull’azionario, ma devastante per chi ha in portafoglio bond di durata medio – lunga ( 3 -7 anni ).

Chi è oltre i dieci anni, forse non rivedrà i folli prezzi pagati.

L’uscita al rialzo dal megafono è avvenuta in nov 2020 e ha causato in 14 mesi una salita da 29.000 a 36952.

Da gennaio 2022 è iniziata una discesa che ha azzerato completamente la salita dal megafono , scendendo a 28.660 il 13 ottobre 2022.

Pull back perfetto, da libro di analisi tecnica.

Poiché sui libri si legge la storia, ma non si legge il futuro, provo a formulare un possibile scenario.

La salita dal 13 ottobre ( bottom 28660 ) è stata violenta e in 33 gg di trading al 30 nov 2022 ha portato a 34590 con una crescita del 20,7 % pari allo 0,63 % al giorno.

Basta tirare una riga ( trendline ) tra minimo e massimo per capire che non si regge una pendenza simile a lungo.

Secondo me è il tempo di scendere un po’, direi non oltre il 50 % della salita, quindi intorno a 31.500 -32.500, per poi vedere un’altra spinta in su per completare questo rimbalzo non oltre la primavera.

Mi piacerebbe tanto che si sbrigasse entro marzo, ma sarebbe una analisi troppo precisa.

Non credo che DJ avrà la forza di salire altri 6.000 punti dal minimo che attendo, come ha fatto dal 13 ott al 30 nov, ma non mi sorprenderei se si andasse anche oltre 36.000, in zona doppio max con il top di gen 2022 – 36.952.

Quando vedrò un possibile acquisto a rischio accettabile, inserirò un ordine.

Mi sono dilungato oltre le abitudini, ma il mercato USA richiederebbe considerazioni ancora più ampie :
– recente direzione dei flussi finanziari in uscita da Europa per Russia- UKR,
– forza della valuta usd che sposta capitali,
– tasso usd più attraente di tasso euro che rende costoso – impossibile shortare a termine il dollaro contro le valute degli altri paesi civili
– stop degli acquisti di T BOND da parte dei gov cinese…………………………..

Per il momento non posso inserire ordini sul DJ in quanto non fornisce livelli di stop loss accettabili, deve prima scendere e consentire un acquisto a basso rischio per provare a entrare nelle schema esposto sopra.

 

Leonardo Bodini




TUTTO CAMBI PERCHÉ NULLA CAMBI

LA COMPAGNIA HOLDING SPA
L’11 novembre 1958 veniva pubblicato Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da cui è tratta la frase sopra citata. I rivolgimenti epocali citati nel romanzo e le lucide riflessioni del vecchio nobiluomo che ne è protagonista esprimono bene il concetto di krisis, tradotta dal greco come “separazione”, ma anche gemmazione di importanti novità. La citazione viene dunque buona perché il mondo intero oggi sembra aver adottato questa verità tipicamente italiana: se vogliamo salvarci, è necessario un profondo cambiamento.

 

Anzi: al neorealismo siciliano sembra oggi aggiungersi la concretezza partenopea perché -parafrasando Totò- un po’ come gli esami, nemmeno i cambiamenti sembrano finire mai. Questa fine d’anno 2022 sta vedendo infatti delle insospettabili e importanti novità un po’ in ogni direzione, riuscendo a scombussolare non poco chi cerca di annusare l’aria per cercare di anticipare cosa avverrà.

COSA È CAMBIATO NELLE ULTIME SETTIMANE

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l’andamento nell’ultimo anno dell’indice globale delle azioni

 

Cominciamo perciò da ciò è già avvenuto quasi di colpo nelle ultime settimane:

  • la corsa dei prezzi dell’energia sembra proprio essersi fermata. Anzi il petrolio continua a scendere nonostante la forte domanda.
  • Anche l’inflazione cala. Oggi tutti affermano abbia superato il suo picco.
  • Il Dollaro Americano ne ha decisamente preso atto, ridimensionandosi abbondantemente e velocemente.
  • E immancabilmente, anche la corsa dei tassi d’interesse che circolano sui mercati finanziari si è arrestata.
  • Le borse, che ne avevano anticipato la probabile evoluzione, hanno per qualche giorno tirato i remi in barca, ma sono in molti a scommettere che questo “rally dell’orso” (perché si innesta su una tendenza alla debolezza che va avanti dall’inizio del 2022) non sia ancora terminato.
  • Anzi: la corsa dei profitti delle società quotate -nonostante tutto- nel corso dell’anno non sembra essersi arrestata (nemmeno in Italia, come si può vedere dal grafico sotto riportato sono cresciuti in media del 32%). E i mercati si interrogano se ciò potrà continuare anche nel 2023.
  • Persino le banche centrali, che sui tassi d’interesse fanno ancora la voce grossa, hanno dovuto ammettere, nella persona del governatore della FED, che non è il caso di esagerare in nome del rigore. E come vuole il cliché, le altre banche centrali occidentali non potranno che seguire a ruota, perché il mondo sembra avviarsi verso una recessione economica e perché i debiti pubblici continuano a crescere.

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da: Il Sole 24 Ore Domenica 4 Dicembre

IL MOMENTO È MAGICO

Il punto è però che le sorprese non sembrano finire qui perché questo momento magico, in cui l’inflazione sembra scendere mentre l’economia continua a “tirare”, non sembra destinato a continuare in eterno. Innanzitutto a causa dell’inflazione, che una volta preso piede non si esaurisce mai dall’oggi al domani, a causa del fatto che i rincari – a partire da quello della manodopera- generano sempre altri rincari, ma con uno scartamento temporale tra l’uno e l’altro che rischia di auto-alimentare l’inflazione. È anche per questo che, entro certi limiti, è bene che l’economia rallenti per porre un fine alla girandola dei prezzi.

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LE 4 “D” CHE CAMBIANO IL MONDO

Ma il mondo occidentale sembra incamminarsi inesorabilmente verso le famose “4 D”:

  • de-globalizzazione,
  • de-carbonizzazione,
  • debito
  • demografia.

Cominciando dall’ultima: l’invecchiamento della popolazione alza il costo della manodopera. Più debito e maggiori tassi d’interesse hanno loro volta effetti inflattivi, come ad esempio il rincaro delle rate dei mutui-casa e il rialzo dei fitti abitativi. La necessità di ridurre le emissioni nocive poi alimenta la richiesta di energia verde, della quale evidentemente il costo è più alto. E il fenomeno pervasivo della de-globalizzazione porterà necessariamente con se qualche costo aggiuntivo, anche se c’è da scommettere che nuovi siti produttivi (magari fortemente automatizzati) riusciranno facilmente a rimpiazzare in sede locale ciò che arriva in minor quantità dall’altro capo del mondo, magari inquinando singolarmente di meno, ma non necessariamente riducendo la domanda complessiva di energia.

Abbiamo in proposito già avuto modo di notare su queste colonne che gli anni ‘70 ci hanno insegnato molto sull’andamento dell’inflazione (anche allora scoppiata a seguito dei rincari dei prezzi dell’energia). L’inflazione -anche quando si ritira- si muove ad ondate successive e riprende sempre un po’ di fiato proprio quando sembrava essersi sopita. Dunque c’è da attendersi che i rialzi dei prezzi continueranno anche nel corso del 2023, sebbene a ritmi ridotti.

MA LA SPESA PUBBLICA NON PUÒ SCENDERE

Anche perché le politiche fiscali delle principali nazioni dovranno necessariamente mantenersi espansive, a causa delle spese militari che sembrano in crescita verticale, ma anche a causa della crescente necessità di “welfare”, cioè di assistenza sociale alle classi più deboli, che rischiano di piombare nella fame, quantomeno a causa dei rialzi dei prezzi degli alimenti. Tradotto: se il debito pubblico e la spesa sociale continueranno ad aumentare, non è così probabile che l’inflazione continuerà a frenare altrettanto bruscamente nel corso dell’anno a venire.

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la spesa sociale pubblica americana fino al 2016

Nel 2023 peraltro il rallentamento dell’economia sembra inesorabile, nonostante la messe di buone notizie sopra riportate. Da un punto di vista storico ciò è piuttosto normale, ma da altri punti di vista resta pur sempre una iattura, perché se i prezzi non ridiscendono e i redditi non risalgono le tensioni sociali saranno assicurate. Non solo: anche i profitti aziendali rischiano di non poter proseguire la loro corsa, dal momento che nel 2022 hanno comunque potuto godere di una correlazione positiva con la forte domanda di beni e servizi, che rischia inevitabilmente di attenuarsi se l’economia globale continuerà a rallentare.

LA ROTAZIONE DEI PORTAFOGLI CONTINUERÀ

Sempre da tenere presente poi che -se è vero che l’andamento economico nel suo complesso è ciclico- è altrettanto vero che ad ogni nuovo ciclo cambiano le preferenze dei consumatori, le esigenze di investimento e sinanco la tipologia di spesa pubblica. Se ad esempio l’elettronica e le tecnologie hanno dominato sino a ieri, non è affatto detto che queste continueranno indefinitamente a farla da padrona, anche perché la girandola delle innovazioni che ne alimenta il successo al momento sembra essersi quasi fermata: il “venture capital” è oggi sicuramente più cauto, quantomeno a causa del rialzo del costo del denaro.

Anche l’industria più tradizionale potrebbe subire un contraccolpo, non tanto nella domanda, che sembra tra le più stabili, quanto nell’esigenza di maggiori investimenti (finanziati a tassi più elevati) per assurgere a nuova efficienza nei costi, cosa che costringerà molti operatori del passato a rinnovarsi, o ad aggregarsi o a lasciare spazio a nuovi attori.

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Lo scenario del 2023 peraltro -guerre e conflitti locali permettendo- potrebbe non essere così cupo: è ad esempio possibile che questa volta più che una recessione si materializzi un “soft landing”, cui potrebbe fare presto seguito nuovo vigore, dovuto all’effetto moltiplicativo che potranno avere gli investimenti che deriveranno dalla maggior necessità di preservare l’ambiente, la salute della popolazione, la difesa e la prevenzione dai disastri naturali.

Morale: è piuttosto probabile che i mercati azionari nel loro complesso, dopo l’ubriacatura che proseguirà facilmente fino a fine anno, potranno ridimensionarsi. Ma è più improbabile un vero e proprio crollo. Così come è possibile che nel corso del medesimo anno i titoli a reddito fisso potranno beneficiare del ridimensionarsi delle attese di rialzo dei tassi d’interesse. Ma l’investimento azionario ha una caratteristica vincente: protegge meglio dall’inflazione. Ed è per questo che tendo a sottopesare il reddito fisso.

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Ciò che è soprattutto molto probabile è che assisteremo ancora una volta ad una decisa rotazione dei portafogli dei grandi investitori. Gli uffici studi sono perfettamente consci del fatto che nuove società coglieranno al balzo i cambiamenti epocali in corso mentre altre li subiranno senza riuscire a reagire abbastanza in fretta. Chi sarà in grado di interpretare i nuovi paradigmi si adatterà e prospererà. Chi no dovrà pagare pegno, perché la prosperità, come la vita è come anche la ricchezza, hanno bisogno di rinnovarsi per restare tali!

Stefano di Tommaso




TRADING: FEB 23 GOLD FUTURE

N.10 – 03/12/2022

Nessuna operazione in essere.

Il giorno gio 1 dic 2022 la lettera ha subito il primo stop loss.
Da lu 28 nov ogni giorno avevo inserito una vendita di 1 feb gold fut a 1790 con stop loss a 1805 ( sopra il top precedente ).
Merc 30 nov ha parlato il presidente della FED e il mercato è salito senza arrivare a 1790.
Il giorno dopo al mattino il mercato era poco oltre tale prezzo e quindi ho venduto a 1792,30 – nel pomeriggio il mercato è salito ancora centrando lo stop loss a 1805 con una perdita di usd 12,70 x 100 once ( 12,7/ 1790 = perdita del 0,71 % ) pari a un totale di usd 1.270.

Quando subisco uno stop loss analizzo i motivi; nel caso che ci occupa la causa è semplice.

Come scritto nella lettera N.9, l’outside mensile rialzista di novembre sopra il top di settembre di 1735 ha girato il trend, che era negativo sin dalla rottura del minimo di 1676, livello che aveva resistito per 17 mesi.
Non si va contro il trend, specialmente quando è appena girato, ma si deve attendere con pazienza un calo per acquistare, in accordo con il trend stesso.
Qualche trader diviene impaziente quando il mercato non offre ingressi a basso rischio e cerca di entrare comunque, ma la frequenza di stop loss sale.
Niente di rotto, la lettera mantiene un profitto complessivo.
Tuttavia, le mie regole impongono di non fare operazioni per almeno una settimana dopo uno stop loss, per non essere nemmeno sfiorato da desideri di rivincita, che portano altri danni.
Pertanto non inserirò alcun ordine tra lu 5 e ve 9 dic.
Segnalo che la salita in corso potrebbe avere come target di gold cash la fascia da 1872 ( minimo di aprile 2022, mese più importante di settembre ) a 1919 ( top dell’anno 2011, che ha resistito fino al COVID 19 nel 2020 ).
Poiché cerco un acquisto, sto analizzando la fascia da 1735 ( top di sett 2022 ) a 1676 ( minimo che ha retto a lungo e quindi resta un livello chiave )
Non opero e mi guardo attorno.
Continuo a monitorare il BTP FUTURE per il quale dovrò passare alla scadenza marzo 2023 in quanto il 7 dic 2022 il contratto dic 2022 cessa le contrattazioni.

Allego un grafico settimanale che evidenzia il livello di 118 circa, al quale il BTP sta mostrando di essere sensibile e una trendline discendente dal massimo storico di 155,71 che disegna l’andamento degli ultimi top con precisione eccessiva.
Vedremo se il top di ve 2 dic pari a 121,81 potrà reggere o se questa trendline verrà sfondata al rialzo.
In tal caso potrebbe accelerare con violenza.

A presto.

Leonardo Bodini




IL RALLY DELL’ORSO

Il recente e un po’ improvvisato ottimismo delle borse valori ha riaperto più che mai il dibattito sugli scenari economici che si profilano per l’anno a venire, iniziando a mettere in discussione la narrativa prevalente secondo la quale il mondo andrebbe diritto incontro alla recessione. Anzi: proprio a proposito dei cicli economici si sono scomodati i più illuminati pensatori dell’Occidente per cercare di comprendere quale futuro ci attende, pur senza concludere su nulla di sicuro, se non nel prendere atto del fatto che l’economia globale non si limita mai soltanto ad oscillare tra riprese e recessioni, bensì ad ogni ciclo intervengono numerosi fattori di novità che stravolgono le previsioni più scontate per dare spazio a nuove e inconsuete prospettive. E questa fine d’anno difficilmente farà eccezione.

(nel grafico l’andamento nell’ultimo anno del più diffuso indice azionario a Wall Street)


NESSUNA CERTEZZA

Dunque il dibattito tra gli osservatori è acceso, e di certezze ce ne sono sempre meno: da un lato si scommette sul fatto che il rialzo dei listini azionari cui stiamo assistendo oramai da più di un mese potrebbe non essere altre che un “bear market rally” ovvero un rimbalzo nell’ambito di un mercato “orso” cioè ancora in discesa. A suggerire questa sensazione sono soprattutto i dati macroeconomici che sembrano proprio indicare una recessione in arrivo, con la conseguenza più ovvia che, in caso di recessione, i profitti aziendali dovrebbero necessariamente ridursi, e con essi anche le valutazioni delle società quotate.

Però, al di là delle oscillazioni giornaliere, nessuno può esibire certezze al riguardo, dal momento che ancora una volta al momento l’economia americana sembra reggere benissimo ai venti di crisi. E a certificarlo interviene il dato sulle vendite al dettaglio realizzate durante il cosiddetto “Black Friday” (cioè le promozioni di fine novembre): ben 9,1 miliardi di Dollari: un vero e proprio record! D’altra parte la disoccupazione americana stenta ad aumentare e la situazione politica sembra essersi stabilizzata. Dunque può davvero succedere di tutto nel 2023.

L’economia europea dal canto suo sembra essere meno in forma ma al tempo stesso le borse europee (che erano cadute di più) a partire da Ottobre sono rimbalzate di più, come si può vedere nel grafico qui sotto riportato, sulla scia della ripresa di un qual certo ottimismo sul prezzo dell’energia, che incombe come una mannaia sull’economia del vecchio continente.


Il prezzo dell’energia infatti, insieme alle quotazioni di petrolio e gas, continua a scendere nonostante tutto, portandosi dietro la speranza di una cospicua riduzione dell’inflazione, che per ora però si è vista soltanto negli Stati Uniti d’America. Ora ci si aspetta che possa propagarsi presto anche all’Europa, e ciò accade proprio quando poteva invece arrivare il peggio: cioè quando potevano avviarsi meccanismi perversi di inseguimento da parte dei salari, dei servizi e dei prezzi al consumo ai rialzi nella prima parte dell’anno delle materie prime e dei semilavorati.

GLI INDICATORI ECONOMICI NON AIUTANO L’OTTIMISMO

Fattori che in passato hanno propagato indiscriminatamente il fenomeno inflattivo e che invece -almeno in Europa- negli ultimi mesi non si sono quasi mossi al rialzo. Anche perché il rallentamento complessivo della crescita dell’economia reale c’è comunque stato (in tutto il mondo, sinanco nell’estremo oriente) e il rischio di chiusure aziendali e fallimenti incombe ancora più che mai.


L’INCOGNITA DEL DOLLARO FORTE

Un altro fattore che ha aiutato -sino ad oggi- ad evitare il peggio nel rialzo dei prezzi al consumo è stato sicuramente il rallentamento della corsa del Dollaro americano, sebbene non si possa parlare di una vera e propria inversione di tendenza. Questo (così come il ribasso di petrolio e gas) ha contribuito a calmierare il rialzo dei prezzi alla produzione per il resto del mondo, fornendo prospettive migliori per scongiurare l’aggressività futura delle banche centrali, alle prese con uno spiazzamento che non si ricordava dagli anni ‘70 (sono cioè rimaste così indietro rispetto al rialzo dei tassi che hanno iniziato a scatenarsi con rialzi repentini senza precedenti sino ad oggi, che però il mercato finanziario oggi stima non potranno continuare indiscriminatamente).

L’AGGRESSIVITÀ DELLA FED

E se le banche centrali alla fine ridurranno la pressione al rialzo dei tassi d’interesse le quotazioni azionarie ne potranno ricevere ulteriore impulso. E’ stata in particolare quella americana a mostrare la peggiore aggressività, con una serie di bruschi rialzi (e l’annuncio di voler proseguire senza meno anche nel prossimo anno) che non hanno precedenti nella storia. Anche per questo motivo la tendenza di fondo del biglietto verde resta al rialzo.

Nel grafico che segue si può vedere chiaramente non soltanto la proiezione a breve termine verso la soglia psicologica del 5% per i tassi federali di rifinanziamento delle banche americane, ma anche la possibilità che arrivino a toccare il precedente picco del 7% un quarto di secolo addietro! Non tutti quindi concordano con l’ottimismo mostrato nelle settimane dagli investitori sui listini azionari.


I RISCHI LEGATI ALLA GUERRA

Per esempio secondo l’ufficio studi del Crédit Suisse i mercati non stanno tenendo conto delle incognite legate alla guerra, per ora assai fredda da parte dell’America nei confronti della Cina (con la quale evita uno scontro diretto ma continua a impedire all’intero Occidente di esportarvi tecnologia). Guerra invece assolutamente calda dell’intero Occidente nei confronti della Federazione Russa, attraverso i numerosi supporti forniti all’esercito ucraino e attraverso le innumerevoli sanzioni che continuano a venire deliberate, soprattutto alla Commissione Europea, nonostante gli inviti ufficiali di Biden a Zelenski a sedersi presto al tavolo della pace.

E se la guerra dovesse continuare oltre la fine del presente anno diverrebbe chiaro che l’ottimismo di queste settimane risulterebbe mal riposto, con il rischio di tramutarsi in fretta in un nuovo pessimismo, e la conseguenza ulteriore che anche i ribassi nelle quotazioni di petrolio e gas potrebbero terminare (e l’inflazione riprendere la sua corsa).

QUANTO SALIRANNO I TASSI D’INTERESSE?

L’altra grande incognita sono -come già scritto- saranno i tassi d’interesse: se l’economia globale non entrerà in recessione sarà più probabile che le banche centrali proseguano nel rialzo dei tassi, anche ben oltre quel 5% che al momento appare l’obiettivo più probabile. E le banche centrali -se dovessero eccedere nell’ austerità- avrebbero da sole il potere di spedire l’economia dell’intero pianeta in recessione e questo senza dubbio farebbe ancora più male al mercato azionario.

Se ciò accadesse tra l’altro, sarebbe la prima volta che ci troveremmo di fronte ad una recessione con ben pochi strumenti di politica economica ancora utilizzabili per venirne fuori, dato il livello già elevatissimo di indebitamento pubblico e la grande quantità di titoli ancora in portafoglio delle banche centrali. E come se non bastasse bisogna tenere conto del fatto che tassi d’interesse troppo elevati danneggerebbero inevitabilmente la fiducia nella sostenibilità dei debiti pubblici dell’intero Occidente e prima di tutto metterebbero a rischio la tenuta della divisa unica europea, stante la situazione critica di paesi come l’Italia, la Grecia e il Portogallo.

QUANTO DIPENDE L’INFLAZIONE DAI CONSUMI?

Non solo: il capo economista di Moody’s Analytics Mark Zandi ha calcolato che quasi il 60% dell’attuale inflazione americana è imputabile a strozzature dell’offerta di beni più che all’eccesso di domanda, la quale a suo avviso non supera il 28% delle cause dell’inflazione. Se ciò corrispondesse a verità ci sarebbe il serio rischio che gli aumenti del costo del denaro andrebbero a limare soltanto quel 28% di fattori che determinano il rialzo dei prezzi, mentre rischierebbero di risultare quale ulteriore causa dell’aumento dei prezzi a causa del rialzo conseguente del costo del denaro che andrebbe ad aggiungersi ai costi di produzione. Insomma un vero e proprio autogol! E se questo vale per gli USA figuriamoci per l’Europa, dove i consumi sono storicamente molto più deboli.


Nessuno dunque può affermare alcuna previsione al momento senza rischiare di cadere presto nel ridicolo: non c’è chiarezza tra gli accademici circa le manovre più opportune per combattere l’inflazione così come non c’è nemmeno chiarezza circa l’andamento effettivo del ciclo economico: siamo sulla china di una brutta recessione o alla vigilia di una sorprendente ripresa? Se si guarda alla spettacolare inversione della curva dei tassi in Germania (che da sola conta per quasi un quarto dell’eurozona), la risposta appare purtroppo quasi scontata:

L’OCCIDENTE RISCHIA, L’ESTREMO ORIENTE CORRE

E soprattutto quella sincronizzazione dell’andamento economico che aveva caratterizzato il periodo precedente all’arrivo della pandemia oggi sembra essere perduta: c’è chi si arrischia a prevedere che quest’anno in arrivo l’economia della Cina crescerà addirittura del 5,5%, contro una previsione di crescita economica europea poco sopra lo zero assoluto e di crescita per l’intero pianeta, paesi emergenti compresi, di un mero 2,7%. Potremmo assistere dunque a cicli economici quasi inversi da una parte all’altra del pianeta.

Dunque il 2023 rischia di passare agli annali come l’anno della riscossa del continente asiatico, nonostante i boicottaggi americani e nonostante le tensioni geopolitiche alle stelle. Se però il continente asiatico dovesse assicurare all’economia globale un valido supporto sinanco le previsioni nere che riguardano l’Europa potrebbero essere riviste, non solo a causa di probabili maggiori esportazioni da parte del vecchio continente ma anche perché la liquidità in eccesso che si genererà in Asia andrà inevitabilmente a corroborare quella che mancherà invece in Occidente (favorendo indubbiamente i mercati finanziari). La banca centrale cinese insomma potrebbe arrivare a prendere il posto di quella americana quale punto di riferimento nel mondo!


E in un mondo che sembra correre a due diverse velocità, il blocco occidentale rischia di seppellirsi da solo dietro ad una retorica oltranzista anti-russa. Mentre quello asiatico potrebbe trarne il massimo profitto. Il che non appare esattamente come un buon presagio per le borse occidentali.

Stefano di Tommaso