TRADING: FEB 23 GOLD FUTURE

N.9 – 26/11/2022

Nessuna operazione in essere.

Il contratto dec 2022 va in scadenza e quindi scelgo di iniziare le prossime operazioni sul contratto feb 2023 – La scadenza gennaio 2023 è poco liquida e quindi non mi interessa.

Riflessione preliminare :
– in novembre GOLD ha generato un outside rialzista mensile in quanto prima ha rotto marginalmente al ribasso il minimo di ottobre, subito dopo ha percorso tutta la barra di ottobre, rompendo il max di ottobre e salendo altri 58 usd, dimostrazione di grande forza
– normalmente imposterei solo operazioni di acquisto nel caso di ritorno nella fascia 1705 – 1676 cash e, in mancanza di tale pull – back, mi limiterei ad osservare il mercato, ma sembra che a qualche lettore prudano le mani e quindi ho cercato anche una operazione, purtroppo ad alto rischio in quanto sarebbe contro il trend, che senza dubbio si è girato al rialzo dalla rottura di 1735 cash, che fu il top di settembre, mese piuttosto importante.

Segnalo infine che, mentre il contratto di dicembre che è in scadenza valeva ormai come il metallo cash, il contratto febb 2023 costa 15 usd in più e il trading sarà eseguito sul feb 2023.

DEC BTP FUTURE

Dalla lettera n. 5 di sabato 29 ott ho inserito brevi cenni su altri mercati, in particolare sul FUTURE BTP e anche oggi segnalo che il livello di acquisto non si può alzare dalla fascia indicata sa 29 ott 2022 a 112-111 mentre il BTP era a 117 – 118.
Il successivo mart 8 nov il BTP registrò un minimo a 112,45 salendo violentemente fino a questi gg con un top di 121,67.
Si può usare il contratto dicembre 2022 fino al 7.12.2022, poi passerò al marzo 2023.

Ciò premesso, da lu 28 nov 2022 inserirò i seguenti ordini :
-vendo 1 feb gold fut a 1790 con stop loss 1805 ( sopra il top del contratto feb 2023 )
-compero 1 feb gold fut a 1710 con stop loss a 1630
Non inserirò ordini sul DEC BTP FUTURE in quanto il prezzo è troppo lontano dai livelli che ho indicato.

Da lu 5 dic 2022 valuterò il comportamento del BTP nella settimana da lu 28 nov a ven 2 dic per inserire eventualmente una vendita, contro trend, allo scopo di finanziare l’acquisto del BTP, che ritengo preferibile.

Allego i grafici che evidenziano i punti chiave:




Leonardo Bodini




NORMALIZZAZIONE

Nelle ultime settimane c’è stato molto fermento in giro per il mondo: non soltanto le consultazioni elettorali di un certo numero di paesi occidentali (le quali hanno senza dubbio espresso taluni cambi di orientamento), ma anche il G-20 e le consultazioni bilaterali a tutto campo. La sensazione è che i cambiamenti in corso abbiano portato i governi (e sinanco la Commissione Europea) ad una fase di stabilizzazione in cui ci si assesta e si tenta di prendere atto di una “nuova normalità”.

 

UNA NUOVA NORMALITÀ

La presidenza degli USA è ridimensionata nelle sue ambizioni dopo la parziale sconfitta delle elezioni parlamentari e dopo aver preso atto che -nonostante il cospicuo investimento finanziario- la guerra in Ucraina non può portare nessuna delle parti ad una vittoria totale. I nuovi vertici britannico e italiano sono costretti a prendere atto di limitati spazi finanziari di manovra per stimolare l’economia, ma sono costretti alla moderazione anche i vertici francese e tedesco.

Persino in Sud America, dove ha vinto di misura di nuovo la sinistra di Ignacio Lula da Silva spodestando Bolsonaro in Brasile, ci si rende conto del fatto che circa metà del paese è avverso ai nuovi vertici e che si rischia la sommossa.

LA TRANSIZIONE

Potremmo dunque tentare di definire quello che stiamo vivendo in queste settimane come un periodo di “sutura” tra due diverse epoche: sino a ieri quella di una globalizzazione pervasiva ma disordinata, la cui parte finale è stata caratterizzata da fortissimi rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia, da tensioni sempre più evidenti tra Oriente e Occidente, dall’iper-inflazione e da rialzi dei tassi d’interesse senza precedenti storici; e forse da domani (difficile però stabilire esattamente da quando) quella di una “diverso ordine mondiale”, probabilmente basato sul consolidamento di due o più diverse sfere di influenza globali.


Se così fosse, potremmo trovarci alla vigilia di una nuova epoca, nella quale i capitali e forse persino le competenze tecnologiche è possibile che circoleranno meno tra i diversi “blocchi politici”, molte produzioni verranno rimpatriate, molte risorse verranno dirottate a scopi di intelligence o militari e dunque il controllo delle risorse naturali potrebbe costituire causa di crescenti tensioni geopolitiche per riuscire ad accaparrarsele.

Ovviamente è solo una congettura, assai sintetica e grossolana, ma forse utile a cercare di inquadrare il momento storico di apparente incertezza che caratterizza l’andamento congiunturale (cosa si prospetta nel 2023: recessione, stagnazione o sviluppo economico?) e più o meno di conseguenza l’andamento dei mercati finanziari. Proviamo dunque a sviluppare meglio il ragionamento.

L’IPER-INFLAZIONE STA TERMINANDO?


Se fosse infatti vero che la fase di iper-inflazione sta terminando, anche a causa di un più che probabile rallentamento della crescita economica globale grazie al quale si riduce la domanda di materie prime, di energia e di prodotti finiti (guarda caso non soltanto si riducono le quotazioni di gas naturale, ma scende anche il prezzo del petrolio) allora sarebbe giustificata la prosecuzione dell’attuale rimbalzo delle quotazioni azionarie, perché potrebbe significare che le banche centrali inizieranno a tirare il freno nel loro programma di inasprimento della politica monetaria, evitando che i tassi d’interesse arrivino a strangolare l’economia. A quale livello si fermeranno? Oggi si discute tra gli economisti di un intervallo tra il 5% ed il 7%.


Soprattutto se ci si fermasse al 5%, la scommessa dei mercati borsistici apparirebbe più che corretta: nessuno si aspetta di nuovo un roboante sviluppo della ricchezza ma nemmeno una pesante recessione.

L’EUROPA FANALINO DI CODA

Lo stop alla crescita economica sarebbe peraltro localizzato principalmente in Europa e deriverebbe decisamente dalle sanzioni imposte all’interscambio con la Federazione Russa, che ha ridotto drasticamente la disponibilità a buon mercato di energia e materie prime. Il mondo intero si avvia dunque verso un duopolio costituito dagli Stati Uniti d’America che controllano (direttamente o indirettamente) il mercato dell’energia e dalla Cina che si avvia a controllare (anche per conto della Russia) quello delle materie prime e di molti semilavorati. Nel grafico qui riportato l’indice della volatilità (Vix Index riferito alle quotazioni di Wall Street).


La fine di questo periodo di “sutura” tra il vecchio e il nuovo assetto politico globale potrebbe dunque arrivare quando si fosse completato l’attuale nuovo allineamento, ma nemmeno questa fine è dietro l’angolo: la Germania sta cercando un compromesso nel dialogo con la Cina; Russia e Ucraina proveranno a muovere le diplomazie ma non ci riusciranno tanto in fretta, la Commissione Europea ha dovuto prendere atto del disagio espressa dalle nuove leadership nei confronti di diktat troppo filo-americani e troppo a favore dei paesi del nord-Europa. La leadership del partito conservatore in Gran Bretagna traballa e suggerisce al nuovo premier (dopo la fine ingloriosa di chi l’ha preceduto) maggiore prudenza, soprattutto nelle relazioni internazionali. Sinanco il presidente democratico degli USA dovrà innanzitutto riuscire a domare l’inflazione prima della fine del suo mandato (tra un anno e mezzo) e perciò proverà a spingere sulla leva fiscale e a non esagerare con quella monetaria.

LA NORMALIZZAZIONE NON DURERÀ POCO

Insomma sembra proprio di vedere avviata una fase di “normalizzazione”, e c’è il rischio che non durerà poco. I tassi d’interesse perciò -al di là della retorica che le banche centrali “devono” mostrare per recuperare un minimo di credibilità- non potranno ragionevolmente continuare a crescere al ritmo preannunciato. Ci sarà con ogni probabilità un periodo caratterizzato da una graduale convergenza tra il tasso d’inflazione dei prezzi al consumo e quello di rifinanziamento da parte delle banche centrali. Ma dovrà tenere conto della necessità delle imprese di finanziare gli investimenti nell’efficientamento e nella crescita della produttività del lavoro, altrimenti il rischio di nuove tensioni sociali sarà elevato.


È peraltro più probabile che sia l’Europa a mostrare più moderazione al riguardo dei rialzi dei tassi e che dunque il Dollaro possa rimanere intorno ai massimi raggiunti. Questo fatto non favorisce certo Wall Street ma nemmeno la deprime. Le borse europee potranno restare a galla, ma difficilmente potranno salire molto, data la precarietà dell’economia.

ASIA E ORO SUPERSTAR

Chi potrebbe perciò guadagnarci sono piuttosto i paesi emergenti e, segnatamente, quelli asiatici, per i quali lo sviluppo economico e demografico sembra proseguire. Ma il timore di nuove tensioni geopolitiche potrebbe favorire l’esodo di altri capitali da Oriente e dunque nemmeno da questi mercati dovrebbe provenire una tumultuosa crescita delle quotazioni azionarie. Questo fenomeno potrebbe peraltro favorire l’oro e altri beni-rifugio.


La “normalizzazione” generalizzata perciò potrebbe riguardare anche i mercati finanziari. E non è detto che sia un male, considerando l’alternativa!

 

Stefano di Tommaso




TRADING: GOLD FUTURE DICEMBRE

N.8 – 19/11/2022

Nessuna operazione in essere

Lunga, ma necessaria, premessa

In 8 gg di mercati aperti, ( 12gg di calendario con i fine settimana ) GOLD CASH ha percorso da 1616 ( gio 3 nov ) a 1787 ( mart 15 nov ) realizzando :

  •  una salita di usd 171 pari al (171 / 1618) 10,6 %
  •  un outside rialzista mensile rispetto all’intero mese di ottobre in soli 8 gg di novembre.

Battiamo le mani al Mercato, che ha realizzato un violento contropiede, dopo la rottura del minimo di 1676 – che aveva resistito 17 mesi da marzo 2021 ad agosto 2022 – e, invece di scendere, è risalito dalla parte opposta.
Normalmente un simile ribaltamento causa una grave perdita agli investitori.
Al contrario, questa lettera non ha perso un solo dollaro di stop – loss
Fortuna ? Troppa prudenza nell’inserire gli ordini ?
Vedremo nelle prossime lettere.

Fine premessa e inizio della lettera

La salita di 171 usd ci impedisce di inserire ordini di acquisto a basso rischio.
Non ritengo che si possa vendere con successo un treno in corsa come oggi è GOLD.
Normalmente starei fuori da questo mercato, in attesa di riduzione della ampiezza dei movimenti, ma mi è stato chiesto di scrivere e quindi scrivo.
La lettera ha in tasca un profitto di usd 10.000 ( 100 usd di utile in due trading x 100 once a contratto ) e quindi lu 21 nov 2022 inserirò due ordini, utilizzando il micro contratto che vale 1/10 del contratto normale, quindi 10 once anziché 100.
La fascia in cui inserirò gli ordini sarà tra 1705 – metà della recente salita e 1676 – vecchio supporto, rotto dopo 17 mesi e subito recuperato.

Pertanto i miei ordini da lu 21.11 saranno :
Acq 5 micro gold a 1710
Acq 5 micro gold a 1680
Entrambi gli ordini saranno accompagnati da uno stop loss iniziale a 1618.

Nel caso in cui uno o entrambi gli acquisti fossero eseguiti in settimana, dopo una salita di almeno 40 usd, alzerò lo stop loss a prezzo 5 usd più basso del minimo che verrà registrato nella settimana 21-25 nov 2022.
Mi rendo conto che ho spiegato in modo minuzioso ( noioso ) il mio money management, ma un lettore, che è anche imprenditore cliente del mio studio, ha lamentato una difficile comprensibilità delle mie righe. Non sia mai.
Segnalo che il contratto dicembre sta per andare in consegna, quindi dovremo rollare ad una scadenza – liquida – successiva.
La sto analizzando.
Devo ripetere che GOLD è ora un mercato impossibile da “tradare” a basso rischio, quindi allego poche righe sull’alternativa che mi piace di più al momento.

DEC BTP FUTURE

Dopo una discesa rovinosa del 30,5 % da 155,71 ( ago 2021 ) a 108,13 ( sett 2022 ) con perdite superiori ai mercati azionari ( sp 500 ha perso “solo” il 27,5 % ) che ha messo in difficoltà quanti hanno i BTP a garanzia dei loro impegni, il BTP sembra avere trovato una base tra 108 e 119 – fascia molto larga.
Avevo scritto, quando il BTP aveva toccato 118 la prima volta, che avrei tentato un primo acquisto a 112 – 111 ma, dopo una rapida discesa a 112,45 – mart 8 nov 2022, è salito in outside rialzista settimanale oltre 119.
Ritengo di usare il prezzo di 112,45 come stop loss, inserendo l’ acquisto nella fascia 114 – 113 senza assumere maggiori rischi, in quanto non escludo un doppio minimo, se vi fossero fattori esogeni negativi.

 



 

Alla prossima

Leonardo Bodini

 

 

 




PIÙ CAPITALI E M&A PER LE PMI

La congiuntura economica vive un momento di grande incertezza: le borse sono sì tornate a salire (dopo vistosi cali negli ultimi mesi) ed è vero che l’inflazione inizia a mostrare segni di stanchezza (oggi solo in America ma senza dubbio arriverà a scendere anche al di qua dell’Atlantico), ma è in arrivo una stretta creditizia che potrebbe rovinare la festa per le imprese di piccola dimensione e ancor più per quelle a ridotta capitalizzazione. Queste ultime infatti rischiano di essere quasi le uniche a farne le spese perché -senza accesso al mercato dei capitali- non riusciranno a investire abbastanza in quegli efficientamenti che invece sono sempre più necessari per migliorare la produttività in tempi di rialzi dei costi che superano l’aumento dei prezzi di vendita.

 

L’INFLAZIONE INIZIA A SCENDERE

L’autunno terribile che tutti temevamo non è arrivato! Il quadro a tinte fosche che alla fine dell’estate si delineava per l’andamento del prodotto interno lordo europeo sembra fare decisamente meno paura: gli aumenti di prezzo e la scarsità delle materie prime paiono in molti casi ridimensionarsi e la tanto temuta mancanza di gas da bruciare che avrebbe potuto azzoppare l’industria metalmeccanica europea sembra al momento quantomeno rinviata. Persino il temutissimo calo di consumi e investimenti, che avrebbe potuto destabilizzare sinanco le imprese più virtuose, sin’ora non c’è stato.


Anche per questo nelle ultime settimane le borse sono timidamente tornate a riprendersi e le banche centrali potrebbero decelerare sul programma di rialzo dei tassi d’interesse.

(nel grafico riportato qui accanto l’apparente “picco” dell’inflazione è già stato superato negli USA)

 

MA LE IMPRESE GRIDANO ALLARME

Proprio in questi giorni tanto le associazioni di categoria quanto gli osservatori indipendenti stanno però levando un unanime grido di allarme per il sovrapporsi di: inflazione, recessione, incremento della tassazione (incredibile ma vero: in Italia continua ancora a crescere e ora siamo al 43,8% medio contro il 43,4 del 2021), aumento del costo del lavoro e, soprattutto, necessità di effettuare forti investimenti mentre invece sui mercati circola minor liquidità e prosegue la stretta creditizia.

Sono tutti fattori concomitanti che rischiano di danneggiare gravemente le piccole e medie imprese italiane, strangolando nella culla anche le startup e l’imprenditoria giovanile in genere. Se perciò i governi non interverranno con decisione, anche qualora le condizioni di mercato continuassero a migliorare per le imprese ci sarebbe una concomitanza di fattori negativi.


Per molte imprese infatti a rovinare i conti economici e la generazione di cassa si stanno sommando alla crescita dei costi di produzione gli aumenti dei tassi d’interesse, quelli delle imposte e i maggior oneri in arrivo per causa dei rinnovi dei contratti di lavoro.

LA NECESSITÀ DI INGENTI INVESTIMENTI

E come se non bastasse per molte imprese occorre inoltre procedere al “re-shoring” di molte produzioni prima appaltate all’estero, all’incremento dell’automazione industriale, allo sviluppo del marketing (ma anche del procurement) digitale e a tutti quei numerosissimi investimenti derivanti dalla necessità di riposizionarsi verso una maggiore produttività della manodopera, per ottemperare alle normative sulla transizione energetica o per non perdere la sfida della transizione digitale, tutt’ora in corso.

In una parola, per le piccole e medie imprese il problema sarà quello di riuscire a reperire ingenti risorse finanziarie per effettuare tutti gli investimenti necessari, senza i quali esse rischiano di ridurre drasticamente i margini di profitto o di rimanere spiazzate rispetto alla concorrenza internazionale.

LE VALUTAZIONI D’AZIENDA ERANO SCESE PARECCHIO

Un fattore che rischia di ridurre in modo deciso il valore delle imprese e dei marchi di fabbrica ma che, d’altra parte, diviene senza dubbio un’interessante opportunità di crescita e di investimento per chi può investire e riuscire a cavalcare il cambiamento! Nel grafico che segue si può notare un deciso abbassamento dei moltiplicatori di valore azionario (di fatto dimezzati rispetto al picco di fine 2020) in tutte le principali borse del pianeta:


Oggi i tassi d’interesse continuano a crescere e il credito non solo costa più caro ma rischia anche di scarseggiare, per via della costante riduzione della liquidità in circolazione. Il momento di cautela infatti spinge molti soggetti economici a detenere più cassa possibile, o a rinviare talune spese, per “mettere fieno in cascina”.

IL SETTORE FINANZIARIO NE APPROFITTA

Molti capitali inoltre prendono il largo verso le sponde opposte dell’Atlantico o verso Oriente, per inseguire opportunità più interessanti di quelle disponibili a casa nostra. Il risultato nel complesso è quello di ottenere migliori profitti da parte del settore finanziario (i bilanci delle banche stanno migliorando decisamente) a scapito dell’industria, dell’artigianato e dei servizi.


Non per nulla le imprese di costruzione e impiantistica impegnate nella ristrutturazione degli immobili fanno sempre più fatica a smaltire i crediti d’imposta accumulati attraverso il meccanismo del “superbonus” fiscale del 110% e, quando ci riescono, costa loro decisamente più caro. In una situazione di incremento dei prezzi di qualsiasi cosa, il costo del denaro rischia di fare la parte del leone e di contrastare fortemente l’esigenza nazionale di incrementare invece gli investimenti per ammodernare il sistema produttivo e distributivo.

LA SELEZIONE DELLA SPECIE CHE NE DERIVA

Come sempre in questi casi il probabile epilogo di questa congiuntura sarà quello di una forte transizione dimensionale delle imprese: quelle più piccole e meno capitalizzate saranno inevitabilmente cedute alle più grandi o agli investitori istituzionali, oppure dovranno ricorrere alla ristrutturazione del debito.


In rari casi si procederà all’aggregazione di imprese minori in entità di maggiori dimensioni e quasi sempre occorrerà -per chi potrà permetterselo- sostituire il minor credito bancario con risorse finanziarie provenienti dal mercato dei capitali.

Ciò a prescindere da come evolverà il quadro economico generale e da come impatterà il quasi certo calo dei consumi, per via della probabile prosecuzione della riduzione del potere d’acquisto da parte di famiglie e aziende.

BORSA BOND E FINTECH COLMERANNO IL GAP

Le imprese che invece potranno farcela attingeranno con ogni probabilità a piene mani dalla quotazione in borsa, dall’emissione di prestiti obbligazionari, dal private debt e dal private equity, dalle cartolarizzazioni e dal crowdfunding, per posizionarsi diversamente rispetto al passato e alla concorrenza. E in molti casi l’alternativa non esiste proprio. Ma è chiaro che non tutte le aziende riusciranno a trovare risorse da questa fonte.


Sinanco il ricorso al settore parabancario (specialmente se “fintech”) potrà crescere decisamente, mentre invece il credito tradizionale bancario -nonostante si possa ragionevolmente prevedere un incremento dell’intervento dello Stato con garanzie pubbliche al credito- con ogni probabilità subirà ulteriori riduzioni, tanto a causa della contrazione generalizzata dei margini delle imprese e della conseguente riduzione del loro merito di credito ed “equity value”, quanto per via della riduzione della liquidità disponibile per il sistema bancario.

OCCORRE RIVEDERE I MODELLI DI BUSINESS

Nei prossimi mesi dunque la sfida è decisamente ardua per l’imprenditoria nazionale. Non sarà un’ecatombe ma nemmeno una passeggiata di salute: alla necessità di un forte riposizionamento della finanza per le imprese dovrà essere accompagnata un’intelligente revisione dei piani industriali, degli strumenti e delle infrastrutture che permetteranno alle imprese di migliorare i margini di guadagno, dell’organizzazione del lavoro e dei canali logistici e distributivi.

Uno schema esemplificativo dell’assetto strategico aziendale

Quelli che in precedenza sembravano processi aziendali efficienti rischiano oggi di non esserlo più. I maggiori costi generali innalzano la leva operativa delle imprese costringendole a crescere in dimensione, mentre l’esigenza di procedere a maggiori investimenti determina ulteriori necessità di cassa e maggiori ammortamenti. Infine il maggior costo del denaro può completare il meccanismo che rischia di tramutare in una perdita secca il risultato netto del conto economico qualora il margine operativo non faccia un salto quantico!

Per riuscirvi occorre rivedere completamente il posizionamento strategico e il modello di business di quasi tutte le imprese, arrivando così a poter giustificare i forti investimenti che stanno divenendo necessari. Sono però manovre importanti e delicate, sebbene risultino sempre più necessarie per navigare nelle acque agitate dell’attuale congiuntura economica. Questa considerazione lascia presupporre che molte imprese non prenderanno troppo sul serio la sfida che si prospetta loro, e rischieranno di cappottarsi!


CHI LASCIA E CHI RADDOPPIA

Per molti imprenditori il periodo invernale in arrivo preannuncia perciò l’ennesimo chock da cambiamento. Che potrà essere preso sul serio e utilizzato come stimolo o potrà essere ignorato.

Presto però -come sempre accade- taluni risulteranno protagonisti e, pur rischiando parecchio, ne approfitteranno per riuscire a investire e guadagnare posizioni, mentre per la maggior parte degli altri saranno forse necessari il ridimensionamento o addirittura la riconversione ad altra attività, magari confluendo in gruppi industriali di maggiori dimensioni o cedendo a investitori finanziari.

Soltanto per chi si ostinerà a restare fermo la situazione rischia di sfuggire di mano, perché in periodi come questo bisogna riuscire a rispondere alle sfide con coraggio, velocità e determinazione, trasformandole ove possibile in occasioni di successo!

Stefano di Tommaso