E SE SCOPPIASSE LA PACE ?

La congiuntura mondiale appare così grigia da lasciar pensare che qualcosa di eclatante potrebbe accadere nei prossimi giorni, capace di ribaltare in positivo le terribili prospettive economiche e finanziarie che si stanno concretizzando. D’altra parte l’imminenza delle elezioni in America può spingere verso la riapertura delle trattative per la pace anche perché il mondo occidentale non sarebbe davvero pronto ad uno scontro bellico globale. Ma se così fosse anche l’economia potrebbe beneficiarne, e l’inflazione potrebbe venirne stroncata.

 

Le elezioni di medio termine negli USA sono alle porte (manca un mese) e la situazione generale dell’economia occidentale è sempre più nera. La banca centrale americana (le cui mosse non potranno che essere seguite a ruota da tutte le altre con la situazione che si è creata sui cambi valute) ha reso chiaro a tutti che, nel suo sforzo di combattere l’inflazione, andrà avanti ad innalzare i tassi d’interesse fino a che la crescita economica non calerà fino al punto in cui i consumi inizieranno a raffreddarsi, e con essi i prezzi di beni e servizi. L’ascesa verticale dei tassi di interesse può però fare molto male tanto all’industria quanto al mercato dei capitali, che -in assenza di cambiamenti- prima o poi dovrà prendere atto del fatto che le prospettive di profitto delle imprese quotate sono inevitabilmente destinate al ribasso e che di conseguenza le quotazioni borsistiche diverrebbero sopravvalutate.


La Banca centrale americana (come si può vedere dal grafico) non ha mai alzato così velocemente i tassi d’interesse, promettendo al tempo stesso di continuare a farlo ancora a lungo. Ora il rischio (se non quasi la certezza) è che l’operazione non sia priva di conseguenze sull’economia reale. Ciò che ne può conseguire in parte rischia di diventare anche un problema americano sinanco in caso di forte rivalutazione del Dollaro, e ovviamente sarebbe ancor più serio e drammatico per il resto del mondo: una recessione profonda e un “grande reset” globale di cui in particolare rischia di fare le spese più di altri l’Europa, alleato storico e strategico degli USA, il cui peso morale e culturale sul resto del mondo per di più supera ampiamente i numeri bruti della sua economia.

D’altra parte se davvero si pensa di togliere di colpo e per intero all’Occidente le forniture di risorse naturali che ha sempre comperato a buon mercato dalla Federazione Russa, le conseguenze appaiono sempre più ovvie. Oltre a fare un bel grosso regalo alle economie di Cina e India, in questo momento non particolarmente vicine alle posizioni di Washington e molto felici di acquistare quelle risorse naturali a forte sconto.


Nemmeno all’interno degli Stati Uniti d’America ci sarebbe molto da brindare di fronte ad uno scenario del genere, dal momento che, con il costo delle materie prime che rischia di continuare indefinitamente a salire (si veda il taglio alla produzione stabilito dai paesi aderenti all’OPEC nell’ultimo consiglio), l’inflazione resterebbe insopportabilmente alta per un bel po’ di tempo, persino con l’arrivo di una recessine globale. L’escalation della guerra poi potrebbe fare il resto, rilanciando sino a livelli insostenibili tanto il caro-Dollaro quanto i prezzi dell’energia e facendo crollare gli investimenti privati. Bisogna inoltre ricordare che l’inflazione attuale nasce soprattutto dalle strozzature dell’offerta, più che dagli eccessi della domanda di beni e servizi. Dunque i rialzi dei tassi d’interesse della FED appaiono un’arma decisamente spuntata.


Da questo punto di vista il fattore che ha davvero scatenato l’apocalisse dei rincari è stata indubbiamente la guerra. Con essa e con le sanzioni alla Russia anche l’intera retorica sulla sostenibilità del pianeta sbandierata dai partiti democratici è andata letteralmente a farsi benedire. E dietro alle politiche per una urgente “transizione ecologica” c’erano inoltre molti interessi economici che oggi appaiono calpestati a causa dell’esigenza di reperire altre fonti energetiche, ragione per cui le centrali nucleari sono state rivalutate e quelle a carbone sono state riaperte. Uno smacco per Biden & C. da non poco conto.

Viene perciò da chiedersi se a Washington sono tutti masochisti o se c’è qualcosa che nel frattempo potrebbe succedere. Qualche colpo di scena potrebbe infatti essere nell’aria perché la recessione potrebbe amplificare il malcontento interno all’America e, di questo passo, la disfatta del partito democratico che esprime il governo a stelle e strisce apparirebbe scontata, con la conseguenza che l’elite politica che ci sta dietro rischierebbe di venire letteralmente asfaltata. Ciò è oggettivamente poco probabile: troppi interessi di lobby di ogni genere (e non soltanto quelle dell’energia e degli armamenti) si celano (e neanche troppo) dietro i DEM americani al potere.


La storia recente poi ci insegna che, quando le tendenze dell’economia e della finanza appaiono troppo scontate, qualcosa succede sempre per ribaltarne il corso. E se così non fosse l’intera Europa potrebbe svoltare decisamente a destra iniziando a porre seri dubbi sulla sua inveterata adesione all’alleanza atlantica. Dunque qualche colpo di scena potrebbe essere finalmente nell’aria. E questo colpo di scena non potrebbe che riguardare che l’abbandono (o più probabilmente la momentanea sospensione) del clima di tensione che la situazione dell’Ucraina sta creando a livello globale. I due attentati alle infrastrutture strategiche della Russia nelle ultime due settimane da questo punto di vista appaiono come le gocce che rischiano di far traboccare il vaso della pazienza.


Convengo con i più scettici circa il fatto che esprimo idee parecchio fuori dal coro di tutti i commentatori che oggi compiono estrapolazioni della congiuntura globale, ma io vedo in quelle nere previsioni di una nuova crisi globale un forte iato: se anche una parte dei “poteri forti” desiderasse davvero l’avvento della prossima guerra mondiale, con la speranza di destabilizzare il governo della Russia e di tornare in tal modo a governare un mondo che inizia ad andare fuori controllo a causa del fattore demografico, non avrebbe comunque senso farlo così presto da riuscire -nelle prossime elezioni- a perdere il controllo della politica interna americana.

La Russia dal canto suo avrebbe tutto l’interesse nel trovare presto un punto di compromesso nello scacchiere ucraino, perché altrimenti sarebbe sospinta inesorabilmente verso la necessità di imporre il suo controllo anche su Kiev, e nel farlo ovviamente dovrebbe impiegare molte risorse e sacrificare molte vite umane. La partita perciò apparerebbe più vantaggioso giocarsela sui tavoli negoziali con l’Occidente che sul campo di battaglia. Anche perché né la Cina né tantomeno l’India potrebbero risultare così solidali quando la situazione dovesse incancrenirsi.

Non stupirebbe poi che ciò potesse passare sopra la testa di un pazzo guerrafondaio come Zelenski, che fino a ieri ha costruito una carriera politica sull’alleanza con i battaglioni nazisti e che oggi non trova niente di meglio che lanciare bombe all’interno dei confini russi. L’èlite USA ha quasi sempre “tradito” i propri fantocci usati per agitare temporaneamente le acque. Lo ha fatto ad esempio con Bin Laden. Lo ha fatto spesso in Sudamerica e in Africa. E lo ha fatto più recentemente con Letta, Macron, Markel, Boris Johnson e Shinzo Abe. Figuriamoci se avrebbe problemi a ribaltare Zelenski pur di rilanciare (almeno temporaneamente) lo slogan della pace nel mondo! Una linea di compromesso potrebbe riguardare l’autonomia linguistica e amministrativa delle repubbliche orientali dell’Ucraina, magari con un governo meno estremista a Kiev.

Persino Putin, oggi messo a dura prova dalle fronde interne che hanno mal digerito la chiamata alle armi di alcune centinaia di migliaia di “riservisti” (cioè di civili), potrebbe sbilanciarsi a favore della pace se sul piatto della bilancia comparisse la testa del presidente ucraino.


Le conseguenze in termini economici e finanziari di una apertura in grande stile di nuovi negoziati di pace non potrebbero essere più favorevoli: la fiducia degli operatori economici riprenderebbe decisamente quota e con essa gli investimenti produttivi, essenziali per ridurre le strozzature all’offerta di beni e servizi che hanno sospinto l’inflazione. Sinanco il prezzo del petrolio -di fronte ad uno scenario di pace- non potrebbe che scendere, costringendo gli economisti a migliorare le loro nere previsioni circa la crescita del prossimo anno.


Forse si tratta soltanto di una speranza, ma l’alternativa alla riapertura dei tavoli negoziali appare davvero truce. Mettere la Russia in un angolo con ulteriori provocazioni equivale infatti a spingerla ad iniziare ad usare il deterrente bellico verso l’America e il Regno Unito più che verso Kiev. Per sopprimere governo e parlamento ucraini basterebbe invece qualche razzo ben assestato di quelli ipersonici che si sono visti volare all’inizio del conflitto. L’Intera Europa rischierebbe di essere risucchiata in un tale conflitto per via delle numerose basi missilistiche nucleari NATO dislocate su tutto il suo territorio (soltanto in Italia pare se ne contino 29). Sarebbe l’inizio delle ostilità in grande stile, nonché il disastro delle prospettive economiche globali per il prossimo anno: non il migliore dei biglietti da visita per l’amministrazione Biden alle prossime elezioni!

Stefano di Tommaso




TRADING: GOLD FUTURE DICEMBRE

– N. 2 – 08/10/2022

  • Per chi ha venduto tra i 1700 e 1720, inserire stop – loss a 1747 top di settembre  1735 cash, 1747 dec. Future);
  • Dopo una salita così violenta, a 1680 – 1650 chiudere gli short, prendendo profitto;
  • Si valuterà un acquisto tra 1640 e 1630 (girando la posizione tra short e long) con stop loss a 1620.

A 1620 si pone in grande tema: sul Dec. Future si tratterebbe della rottura del minimo di settembre 2022, periodo che attendevo da tempo e che ha un significato notevole, ma il calcolo risk – reward non è favorevole ad uno short in rottura di 1620, nel mentre il primo target è già a 1550.

Il possibile target finale è molto più basso (1380 – 1350), ma è un prezzo molto ambizioso e quindi solo eventuale.

Essendo aperta una poszione short su GOLD, viene nuovamente allegato un grafico settimanale, mentre il grafico mensile, idoneo ad analisi di scenario, viene sostituito da un grafico giornaliero, più utile per il trading.

I grafici sono di GOLD CASH

La complessità della strategia delineata consegue a:

  • GOLD ha recentemente rotto il livello di 1676 che aveva retto molto a lungo e, lungi dall’offrire un pasto gratuito, deve rendere la vita dura agli short
  • E’ tassativo porre uno stop loss sopra il top di settembre (1747 dec. Future) perchè resta aperta la possibilità di salire a 1800- 1820, entro fine ottobre (nel caso lo stop loss sarà 1830 top di agosto 2022)

Posizioni aperte

4 ott. 2022 Venduto a 1 dec. Gold a 1720 per aprire poszione (inserito stop loss 1747)

Leonardo Bodini




GRANDI MINACCE E GRANDI OPPORTUNITÀ

LA COMPAGNIA HOLDING
Le ultime caotiche settimane hanno fornito nuovi segnali e sintomi di un malessere generale dell’economia globale confermando quello che da tempo quasi tutto gli osservatori stanno dicendo: è in arrivo un’ importante recessione globale. Ragione per cui gli investitori restano ammutoliti e privi di entusiasmo, gli operatori economici rinviano molte decisioni di investimento e i consumatori -già impoveriti dalla riduzione del potere d’acquisto- riducono la domanda di beni e servizi, in attesa di tempi migliori.

 

LA MINACCIA DELLA RECESSIONE HA FATTO SCENDERE I MERCATI

Sarebbe difficile usare parole più nere di quelle appena scritte eppure i mercati finanziari hanno già perduto circa un terzo del valore annuo del prodotto globale lordo e le prospettive rischiano di essere ancora peggiori.

LA COMPAGNIA HOLDING
LA COMPAGNIA HOLDING
Sembra insomma in arrivo la tempesta perfetta, mentre i venti di guerra soffiano più impetuosi che mai e il rischio di nuovi disastri ambientali incombe più di prima dal momento che quasi ogni precedente iniziativa rivolta a moderare l’impatto dell’emergenza climatica e dell’inquinamento planetario appare rinviata a tempi migliori, data la crisi energetica che avvolge buona parte delle economie industriali.

Tra l’altro a riprova del fatto che una contrazione del prodotto lordo è già in corso, è sufficiente osservare nel grafico qui riportato quanto si siano ridotti i costi dei trasporti marittimi, evidente anche a causa della riduzione della domanda:

LA COMPAGNIA HOLDING
Cosa succede dunque? Davvero il mondo è rivolto ad un disastro economico epocale? Ovviamente molto dipenderà dall’esito delle fortissime tensioni politiche internazionali oggi in corso, mentre si sta creando una delle maggiori “spaccature” della storia dell’umanità tra il blocco occidentale delle nazioni (maggioritario in termini di ricchezza economica e tecnologica) e quello orientale e dei paesi emergenti (maggioritario invece in termini di popolazione mondiale e di risorse naturali).

I CONFLITTI ARMATI SI MOLTIPLICANO

LA COMPAGNIA HOLDING
Generalizzare è quasi impossibile e molte grandi nazioni cercano di articolare le loro posizioni politiche sforzandosi di non prendere troppo parte alle attuali contrapposizioni tra i due blocchi (a partire dall’India, che avrebbe tutto da perdere nello schierarsi molto apertamente), ma ciò nonostante la sostanza dei fatti non cambia granché: il mondo sta correndo verso una nuova recessione economica globale e aumenta a dismisura il rischio di nuovi conflitti bellici epocali.

L’Europa (e in particolare Germania e Italia, le due principali strutture industriali del vecchio continente) in questa congiuntura -pur essendo schierata sin troppo lealmente con l’alleato americano- è stato senza dubbio il vaso di coccio tra i due d’acciaio, tanto per la sua forte dipendenza dalle forniture energetiche russe che sono venute meno in modo repentino, quanto per i maggiori costi dovuti ai rincari del Dollaro, delle materie prime e dell’energia, che l’hanno resa assai poco competitiva.

Per quali motivazioni tutto ciò avvenga è difficile per chiunque oggi spiegarlo e forse nel prossimo futuro ci vorranno decenni per farlo nel modo più corretto (senza cioè cadere in fuorvianti semplificazioni). Ma certo oggi la vera domanda -una volta metabolizzata la situazione- è divenuta per quasi tutti i cittadini del mondo un’altra: come comportarsi (razionalmente) di conseguenza?

COSA FARE?

Difficile è infatti accettare la dura realtà: il mondo è sulla china di grandi passi indietro nell’evoluzione dell’umanità, la libertà di opinione e di azione di buona parte della popolazione mondiale è fortemente a rischio e persino i grandi avanzamenti sociali, culturali e scientifici del genere umano rischiano di venire in tal modo cancellati. Ma -una volta inquadrati correttamente i rischi che corriamo- ancor più difficile è valutare quale comportamento assumere.

LA COMPAGNIA HOLDING
Purtroppo non soltanto la domanda risuona forte per chiunque osservi i mercati finanziari, scossi da un’inflazione dei prezzi che sembra stabilmente tornata ai livelli visti l’ultima volta più di quarant’anni addietro e gettati nel panico altresì dal comportamento -apparentemente poco comprensibile- delle banche centrali occidentali (nell’immagine il governatore della FED: Powell), che stanno rialzando bruscamente i tassi di interesse. Questo comportamento è andato sino ad oggi a vantaggio del Dollaro ma rischia di alimentare la crisi economica che già oggi consegue all’inflazione.

LA COMPAGNIA HOLDING
Non soltanto. Il timore fare di errate valutazioni passa ora infatti dalle banche centrali anche all’economia reale, dal momento che qualsiasi operatore economico dovrà confrontarsi con crescenti costi energetici e con la lunghissima filiera di rincari che ne consegue per: materie prime, manufatti e servizi. Qualsiasi operatore economico inizia perciò a chiedersi di quanto si restringeranno i consumi e di conseguenza i suoi mercati di sbocco.

IL CAMBIAMENTO ACCELERA CON LA CRISI

Come dire cioè che, ammesso che nonostante i rincari gli imprenditori riescano a restare in piedi riuscendo cioè a limitare i danni e/o a ribaltare i maggiori costi sui prezzi di vendita, le imprese dovranno anche confrontarsi con l’arrivo della recessione e con i possibili cali dei consumi. Se una grande recessione economica globale si farà sentire sarà perciò giocoforza limitare gli investimenti programmati, tanto per ragioni di opportunità quanto per gli incrementi dei costi e le riduzioni delle disponibilità finanziarie che ne conseguiranno.

La riduzione degli investimenti innalzerà poi inevitabilmente la disoccupazione, nonché i gettiti fiscali che -in buona parte del mondo occidentale- sostengono i pagamenti degli interessi da versare a remunerazione dei debiti pubblici. Al tempo stesso tutti chiederanno interventi pubblici in deficit di bilancio, alimentando la crescita dei debiti pubblici oltre ogni ragionevolezza.

Ciò crea inevitabilmente nuove tensioni e nuove pressioni politiche, soprattutto a danno delle nazioni più deboli e a relativo vantaggio di quelle più forti. Nei grafici che seguono: il rialzo dei rendimenti che il mercato ha imposto ai nostri titoli di stato e, di conseguenza, l’incremento della divaricazione (lo “spread”) con i rendimenti dei titoli di stato tedeschi.

LA COMPAGNIA HOLDING
Ma lo stesso varrà anche per le imprese, tra le quali le più piccole subiranno maggiormente e saranno probabilmente fagocitate dalle maggiori. Sarà quindi doveroso tornare ad affermare quanto già ampiamente chiarito in occasione della recente crisi conseguita alla pandemia globale che il mondo ha appena subìto: questi eventi traumatici generano una forte accelerazione verso il cambiamento, in ogni direzione. Un cambiamento in molti casi traumatico ma anche foriero di importanti novità, e circa il quale occorre fare molta attenzione. Gli imprenditori e gli operatori culturali più attenti riusciranno probabilmente a cavalcarlo, altri potranno invece quasi soltanto subirlo.

EFFICIENTARE, COLLABORARE, CAPITALIZZARE…

Ma il cambiamento non riguarderà soltanto i mercati, le tecnologie e le tendenze dei consumi. Riguarderà inevitabilmente anche la struttura sociale e quella delle imprese. Il livello di capitalizzazione e di efficienza, i quali dovranno inevitabilmente incrementarsi a dismisura. Difficile dire cosa succederà a tutti coloro che resteranno indietro in tale processo, ma è più facile prevedere cosa dovrebbero fare tutti coloro che riusciranno a porsi tali questioni per tempo: riflettere ma poi agire presto, efficientare, collaborare e creare alleanze, assicurarsi capitali e intelligenze. E il tutto prima che sia troppo tardi.

Che arrivi o meno una nuova grande crisi economica dell’economia reale (oggi siamo ancora soltanto ad una stagnazione” delle economie del blocco occidentale) dipenderà ovviamente moltissimo dal livello di conflitto che si svilupperà a livello geopolitico. Ma -qualunque cosa succederà- sono sufficienti le attuali tensioni, le attuali aspettative e le attuali problematiche per poter affermare che -ancora una volta- il ritmo evolutivo dell’economia planetaria, così come dell’industria e delle abitudini della gente, è irrimediabilmente destinata ad accelerare. E questo per molti versi acccadrà indipendentemente dell’intensità della crisi. La centrifuga insomma sta accelerando e qualcuno ne rimarrà travolto. Però qualcun altro ne uscirà vincitore, anche a motivo del vuoto che viene creato. Come sempre peraltro…

Stefano di Tommaso




TRADING: GOLD (CASH)

– N. 1 – 01/10/2022

La formazione di un doppio massimo tra il 2020 ( prezzo 2075 ) e il 2022 ( 2070 ) ha reso rilevante il minimo di 1676 – 1680 compreso tra i due massimi, ripetuto più volte nel 2021 ed infine in luglio 2022.

La rottura di 1676 rende probabile una discesa fino a 1550 – primo step- ed eventualmente fino a 1380 – 1350 – vale a dire i massimi del quinquennio 2014 – 2018
Volendo aprire uno short, resta da stimare il possibile rimbalzo, ritenendo :
– probabile 1700-1720
– possibile circa 1800, che costituirebbe un doppio top con ago 2022

L’analisi del tempo mi suggerisce di controllare la settimana del 24 – 28 ottobre 2022, che ha un certo rilievo dal punto di vista ciclico e quindi può dare nuova energia ( anche per una inversione ) da allora in poi.

Se il mercato facesse quello che ci aggrada, sarebbe molto comodo un rimbalzo il più possibile vicino all’area 1800 intorno al 24-28 ott. 2022, per vendere con una sinergia di prezzo e ciclo temporale, ma vorremmo veramente troppo.

Se, viceversa, non vi sarà un rimbalzo così forte, anche la semplice rottura del minimo di settembre ( 1614 cash ) verrà da me seguita con apertura di short, purtroppo con uno stop – loss molto ampio, vale a dire che, in ogni settimana dal posizionamento al ribasso in poi, lo stop loss verrà fissato ( ed in seguito solo abbassato ) al top della settimana precedente, fino ai target.

Allego un grafico mensile dal 2014 e un grafico settimanale del 2022 con alcune sottolineature pertinenti a quanto sopra:

LA COMPAGNIA HOLDING

LA COMPAGNIA HOLDING

 

Leonardo Bodini