PIÙ CAPITALI E M&A PER LE PMI

La congiuntura economica vive un momento di grande incertezza: le borse sono sì tornate a salire (dopo vistosi cali negli ultimi mesi) ed è vero che l’inflazione inizia a mostrare segni di stanchezza (oggi solo in America ma senza dubbio arriverà a scendere anche al di qua dell’Atlantico), ma è in arrivo una stretta creditizia che potrebbe rovinare la festa per le imprese di piccola dimensione e ancor più per quelle a ridotta capitalizzazione. Queste ultime infatti rischiano di essere quasi le uniche a farne le spese perché -senza accesso al mercato dei capitali- non riusciranno a investire abbastanza in quegli efficientamenti che invece sono sempre più necessari per migliorare la produttività in tempi di rialzi dei costi che superano l’aumento dei prezzi di vendita.

 

L’INFLAZIONE INIZIA A SCENDERE

L’autunno terribile che tutti temevamo non è arrivato! Il quadro a tinte fosche che alla fine dell’estate si delineava per l’andamento del prodotto interno lordo europeo sembra fare decisamente meno paura: gli aumenti di prezzo e la scarsità delle materie prime paiono in molti casi ridimensionarsi e la tanto temuta mancanza di gas da bruciare che avrebbe potuto azzoppare l’industria metalmeccanica europea sembra al momento quantomeno rinviata. Persino il temutissimo calo di consumi e investimenti, che avrebbe potuto destabilizzare sinanco le imprese più virtuose, sin’ora non c’è stato.


Anche per questo nelle ultime settimane le borse sono timidamente tornate a riprendersi e le banche centrali potrebbero decelerare sul programma di rialzo dei tassi d’interesse.

(nel grafico riportato qui accanto l’apparente “picco” dell’inflazione è già stato superato negli USA)

 

MA LE IMPRESE GRIDANO ALLARME

Proprio in questi giorni tanto le associazioni di categoria quanto gli osservatori indipendenti stanno però levando un unanime grido di allarme per il sovrapporsi di: inflazione, recessione, incremento della tassazione (incredibile ma vero: in Italia continua ancora a crescere e ora siamo al 43,8% medio contro il 43,4 del 2021), aumento del costo del lavoro e, soprattutto, necessità di effettuare forti investimenti mentre invece sui mercati circola minor liquidità e prosegue la stretta creditizia.

Sono tutti fattori concomitanti che rischiano di danneggiare gravemente le piccole e medie imprese italiane, strangolando nella culla anche le startup e l’imprenditoria giovanile in genere. Se perciò i governi non interverranno con decisione, anche qualora le condizioni di mercato continuassero a migliorare per le imprese ci sarebbe una concomitanza di fattori negativi.


Per molte imprese infatti a rovinare i conti economici e la generazione di cassa si stanno sommando alla crescita dei costi di produzione gli aumenti dei tassi d’interesse, quelli delle imposte e i maggior oneri in arrivo per causa dei rinnovi dei contratti di lavoro.

LA NECESSITÀ DI INGENTI INVESTIMENTI

E come se non bastasse per molte imprese occorre inoltre procedere al “re-shoring” di molte produzioni prima appaltate all’estero, all’incremento dell’automazione industriale, allo sviluppo del marketing (ma anche del procurement) digitale e a tutti quei numerosissimi investimenti derivanti dalla necessità di riposizionarsi verso una maggiore produttività della manodopera, per ottemperare alle normative sulla transizione energetica o per non perdere la sfida della transizione digitale, tutt’ora in corso.

In una parola, per le piccole e medie imprese il problema sarà quello di riuscire a reperire ingenti risorse finanziarie per effettuare tutti gli investimenti necessari, senza i quali esse rischiano di ridurre drasticamente i margini di profitto o di rimanere spiazzate rispetto alla concorrenza internazionale.

LE VALUTAZIONI D’AZIENDA ERANO SCESE PARECCHIO

Un fattore che rischia di ridurre in modo deciso il valore delle imprese e dei marchi di fabbrica ma che, d’altra parte, diviene senza dubbio un’interessante opportunità di crescita e di investimento per chi può investire e riuscire a cavalcare il cambiamento! Nel grafico che segue si può notare un deciso abbassamento dei moltiplicatori di valore azionario (di fatto dimezzati rispetto al picco di fine 2020) in tutte le principali borse del pianeta:


Oggi i tassi d’interesse continuano a crescere e il credito non solo costa più caro ma rischia anche di scarseggiare, per via della costante riduzione della liquidità in circolazione. Il momento di cautela infatti spinge molti soggetti economici a detenere più cassa possibile, o a rinviare talune spese, per “mettere fieno in cascina”.

IL SETTORE FINANZIARIO NE APPROFITTA

Molti capitali inoltre prendono il largo verso le sponde opposte dell’Atlantico o verso Oriente, per inseguire opportunità più interessanti di quelle disponibili a casa nostra. Il risultato nel complesso è quello di ottenere migliori profitti da parte del settore finanziario (i bilanci delle banche stanno migliorando decisamente) a scapito dell’industria, dell’artigianato e dei servizi.


Non per nulla le imprese di costruzione e impiantistica impegnate nella ristrutturazione degli immobili fanno sempre più fatica a smaltire i crediti d’imposta accumulati attraverso il meccanismo del “superbonus” fiscale del 110% e, quando ci riescono, costa loro decisamente più caro. In una situazione di incremento dei prezzi di qualsiasi cosa, il costo del denaro rischia di fare la parte del leone e di contrastare fortemente l’esigenza nazionale di incrementare invece gli investimenti per ammodernare il sistema produttivo e distributivo.

LA SELEZIONE DELLA SPECIE CHE NE DERIVA

Come sempre in questi casi il probabile epilogo di questa congiuntura sarà quello di una forte transizione dimensionale delle imprese: quelle più piccole e meno capitalizzate saranno inevitabilmente cedute alle più grandi o agli investitori istituzionali, oppure dovranno ricorrere alla ristrutturazione del debito.


In rari casi si procederà all’aggregazione di imprese minori in entità di maggiori dimensioni e quasi sempre occorrerà -per chi potrà permetterselo- sostituire il minor credito bancario con risorse finanziarie provenienti dal mercato dei capitali.

Ciò a prescindere da come evolverà il quadro economico generale e da come impatterà il quasi certo calo dei consumi, per via della probabile prosecuzione della riduzione del potere d’acquisto da parte di famiglie e aziende.

BORSA BOND E FINTECH COLMERANNO IL GAP

Le imprese che invece potranno farcela attingeranno con ogni probabilità a piene mani dalla quotazione in borsa, dall’emissione di prestiti obbligazionari, dal private debt e dal private equity, dalle cartolarizzazioni e dal crowdfunding, per posizionarsi diversamente rispetto al passato e alla concorrenza. E in molti casi l’alternativa non esiste proprio. Ma è chiaro che non tutte le aziende riusciranno a trovare risorse da questa fonte.


Sinanco il ricorso al settore parabancario (specialmente se “fintech”) potrà crescere decisamente, mentre invece il credito tradizionale bancario -nonostante si possa ragionevolmente prevedere un incremento dell’intervento dello Stato con garanzie pubbliche al credito- con ogni probabilità subirà ulteriori riduzioni, tanto a causa della contrazione generalizzata dei margini delle imprese e della conseguente riduzione del loro merito di credito ed “equity value”, quanto per via della riduzione della liquidità disponibile per il sistema bancario.

OCCORRE RIVEDERE I MODELLI DI BUSINESS

Nei prossimi mesi dunque la sfida è decisamente ardua per l’imprenditoria nazionale. Non sarà un’ecatombe ma nemmeno una passeggiata di salute: alla necessità di un forte riposizionamento della finanza per le imprese dovrà essere accompagnata un’intelligente revisione dei piani industriali, degli strumenti e delle infrastrutture che permetteranno alle imprese di migliorare i margini di guadagno, dell’organizzazione del lavoro e dei canali logistici e distributivi.

Uno schema esemplificativo dell’assetto strategico aziendale

Quelli che in precedenza sembravano processi aziendali efficienti rischiano oggi di non esserlo più. I maggiori costi generali innalzano la leva operativa delle imprese costringendole a crescere in dimensione, mentre l’esigenza di procedere a maggiori investimenti determina ulteriori necessità di cassa e maggiori ammortamenti. Infine il maggior costo del denaro può completare il meccanismo che rischia di tramutare in una perdita secca il risultato netto del conto economico qualora il margine operativo non faccia un salto quantico!

Per riuscirvi occorre rivedere completamente il posizionamento strategico e il modello di business di quasi tutte le imprese, arrivando così a poter giustificare i forti investimenti che stanno divenendo necessari. Sono però manovre importanti e delicate, sebbene risultino sempre più necessarie per navigare nelle acque agitate dell’attuale congiuntura economica. Questa considerazione lascia presupporre che molte imprese non prenderanno troppo sul serio la sfida che si prospetta loro, e rischieranno di cappottarsi!


CHI LASCIA E CHI RADDOPPIA

Per molti imprenditori il periodo invernale in arrivo preannuncia perciò l’ennesimo chock da cambiamento. Che potrà essere preso sul serio e utilizzato come stimolo o potrà essere ignorato.

Presto però -come sempre accade- taluni risulteranno protagonisti e, pur rischiando parecchio, ne approfitteranno per riuscire a investire e guadagnare posizioni, mentre per la maggior parte degli altri saranno forse necessari il ridimensionamento o addirittura la riconversione ad altra attività, magari confluendo in gruppi industriali di maggiori dimensioni o cedendo a investitori finanziari.

Soltanto per chi si ostinerà a restare fermo la situazione rischia di sfuggire di mano, perché in periodi come questo bisogna riuscire a rispondere alle sfide con coraggio, velocità e determinazione, trasformandole ove possibile in occasioni di successo!

Stefano di Tommaso




TRADING: GOLD FUTURE DICEMBRE

N.7 – 12/11/2022

Nessuna operazione in essere

Nella lettera N.6 avevo evidenziato che ve 4 nov Gold cash aveva ribaltato l’andamento precedente sviluppando un rialzo di usd 55 – da 1631 a 1686 – in un solo giorno, indicando che, dopo una escursione così ampia, la lettera avrebbe necessità di aggiornamento dopo ogni barra giornaliera da oltre 35-40 usd.

Il mercato si è ripetuto come segue :

mart 8 nov salito da 1664 a 1716 con ampiezza di usd 52

gio 10 nov salito da 1704 a 1757 con ampiezza di usd 53

Nel mezzo vi sono stati lu 7 e merc 9 con ampiezza normale ( 15 – 20 usd ).

Quindi nei tre gg : ve 4.11, mart 8.11 e gio 10.11 GOLD ha fatto un movimento maggiore che negli interi mesi di sett – ott, che erano quasi sovrapponibili.

Osservo infine che la settimana 24 – 28 ott, in cui scadeva un ciclo piuttosto rilevante, fu di ampiezza molto modesta, non esprimendo dunque l’energia generata dal CICLO.

Ha poi sfogato tutto in 3 soli gg, mi ripeto perché non capita spesso; osservo che, comunque, nonostante un ribaltamento violento, la lettera “si è salvata” senza subire stop loss.

Ora il trading diviene molto difficile, salvo affrontare il rischio di subire uno stop – loss veramente ampio, che potrebbe azzerare l’utile di 100 usd ( x 100 oz. quindi usd 10.000 ) generato dalle due operazioni vincenti.

Opero solo con stop loss contenuti, diversamente non mi interessa.

Ricordiamoci che, di rado, capita un gap notturno che non è gestibile, quindi non ritengo di aggiungere rischi.

Provo a formulare una strategia a rischio medio ( basso è impossibile ), con poche probabilità di effettuare il LONG

Premesso che, dopo tre strappi per totali 150 usd, organizzare un tentativo di SHORT esula dalle mie abitudini, ecco la mia scelta:
– inserirò da lu 14 nov un ordine di acquisto di 1 DEC GOLD FUTURE nella fascia 1700 – 1680 con un enorme stop loss a 1618
– se avverrà l’acquisto, quando vi fosse un profitto di almeno 40 usd, alzerò lo stop loss in pari, vale a dire al prezzo del LONG che avrò eseguito.

Nella precedente N.6 avevo allegato un grafico mensile con una evidenza 1872 e un segno giallo: si trattava del minimo di aprile 2022, che potrebbe essere l’area di fine corsa della onda rialzista in corso, con possibile estensione fino a 1919, che fu il top di undici anni fa ( sett 2011 ).

Allego :
-grafico giornaliero, per evidenziare la grande ampiezza delle tre barre a gg alterni;
-grafico settimanale, per evidenziare che la settimana “ciclica”, lungi dallo sfogare energia, ha registrato un piccolo range, con una compressione dell’energia stessa;
-grafico mensile, per evidenziare che ci sono tre mesi consecutivi sostanzialmente con lo stesso bottom, che è già ora stop loss per qualsiasi tipo di analisi tecnica.

Alternative
Francamente GOLD mi ha reso la vita difficile da ve 4 nov in poi e quindi mi chiedo se meriti ancora di rischiare i miei quattrini.

Continuo a analizzare il DEC BTP FUTURE che ha un’area interessante per un LONG a 112 – 111.

Il bottom recente 112,45 di mart 8 nov ha sfiorato tale range e poi BTP è schizzato a 118 in 2 gg; tale comportamento rafforza l’idea che il range indicato ha un significato.

Non ho fretta di aprire il long perché il secondo punto utile è poco sotto 109, valido per tutta la settimana 14 – 18 nov.

Per chi vorrà eseguire il long, è tassativo uno stop loss a 108, sotto il minimo del 28 settembre 2022.

 

Leonardo Bodini

 

 




SEGNALI DI FUMO

LA COMPAGNIA HOLDING
I mercati finanziari nelle ultime settimane fiutano segnali positivi e reagiscono altrettanto positivamente. Di cosa si tratta? E hanno ragione? Difficile ovviamente dare una risposta netta. Però l’aria sembra essere cambiata e tra gli operatori finanziari c’è più ottimismo, persino di fronte alle terribili dichiarazioni di volontà da parte della Federal Reserve Bank of America (la banca centrale degli U.S.A.) nella prosecuzione indefinita del rialzo dei tassi d’interesse, cui fa pedissequamente eco la Banca Centrale Europea. Il rialzo dei tassi d’interesse non può che buttare giù il valore attuale netto dei profitti futuri, principale fattore di valutazione delle imprese quotate. Eppure le borse reagiscono positivamente. Hanno ragione? Proviamo a rispondere, in punta di piedi peraltro.

 

LA CINA CORRE, L’AMERICA PROCEDE E COL CALDO CALA IL GAS

Non c’è soltanto l’aspettativa che il prodotto interno lordo cinese guidi la crescita economica dei prossimi mesi, sia per la probabile fine dei lockdown localizzati che per il balzo in avanti delle esportazioni dell’ultimo trimestre. Questo scorcio finale del 2022 sembra avere in serbo una serie di altre sorprese positive: a partire dalla straordinaria resilienza dell’economia americana al torchio senza precedenti cui l’ha sottoposta la sua banca centrale, fino alle ritrovate buone aspettative per i grandi marchi del lusso e alla ripresa dei consumi di petrolio che nonostante la straordinaria mitezza del clima autunnale.

Tutti segnali positivi che fanno ben sperare in una mini-ripresa economica mondiale o, quantomeno, in una recessione in arrivo ben più moderata di quel che sembrava essere soltanto un mese fa. Le borse ne hanno preso atto prima di chiunque altro e hanno già registrato un deciso rimbalzo. L’inflazione continua a mordere il potere d’acquisto dei consumatori e le banche centrali rialzano i tassi d’interesse e il conseguente costo del debito. E come non bastasse, dichiarano di voler proseguire su tale strada ancora a lungo.

L’ECONOMIA RESISTE, LE BORSE SALGONO, I MATERIALI CALANO

Ma ciò nonostante la crescita economica dell’Occidente (sinanco quella italiana) si mostra piuttosto resiliente. Sullo sfondo del buon andamento dei listini azionari però c’è soprattutto il fattore stagionale: tutti i numerosi gestori dei patrimoni si augurano di chiudere l’anno meno peggio di quel che poteva accadere, e poi c’è la protagonista indiscussa del mancato crollo delle borse: la famosissima signora Tina (cioè: “There Is No Alternative” all’investimento azionario) che fa dirottare grandi somme di denaro dall’investimento in titoli a reddito fisso verso il capitale delle aziende quotate, che peraltro rappresentano una delle migliori difese dalla svalutazione del denaro implicita nell’inflazione.

C’è poi la straordinaria positività del fatto che i prezzi delle materie -dopo i paurosi rialzi della prima parte dell’anno- si sono finalmente ridimensionati (l’indice azionario di riferimento per le commodities: il “S&P GSPC” è sceso del 22% da metà giugno) e lasciano sperare che l’inflazione, cresciuta come un fungo proprio sulla base di quei rialzi, si stia avvicinando al suo picco (il famoso “pivot” invocato a destra e a manca)! E se la pressione al rialzo sui prezzi al consumo dovesse venir meno anche la pervicacia nel rialzo dei tassi da parte delle banche centrali potrebbe scomparire.

E QUALCUNO FIUTA LA PACE…

L’ultimo e, forse, il più importante dei segnali positivi è l’indicazione, comunicata ai media di tutto il mondo, fornita dagli USA al governo ucraino, di non rifiutare più di sedersi al tavolo della mediazione per la risoluzione del conflitto armato, pena il disimpegno americano. Si tratta soltanto di parole, fino ad oggi, ma proviene dal maggior fornitore di armamenti a Kiev e dunque il segnale appare molto importante, anche alla luce del fatto che in queste ore la maggior parte degli americani ha già espresso il suo voto o ha già deciso per chi votare per il Parlamento, e dunque non dovrebbe esserci più alcuna retorica elettorale. Se anche soltanto un “cessate il fuoco” dovesse finalmente materializzarsi allora sarebbe più probabile anche una discesa dei prezzi di petrolio e gas e l’Europa potrebbe iniziare a tirare un bel sospiro di sollievo.

Purtroppo si tratta soltanto di aspettative, non di fatti tangibili. Non esistono certezze, né al riguardo di uno stop alla guerra e nemmeno a proposito della possibile inversione della crescita dei prezzi. Ma sembra sufficiente la sola speranza di un qualche cambiamento per ispirare ottimismo agli investitori, seppur sulla china di una probabile recessione in arrivo. Si vuole cioè sperare in un’evoluzione positiva del quadro congiunturale e, soprattutto, sembra si voglia fare di tutto perché l’anno solare non si chiuda troppo negativamente per i listini azionari: una performance particolarmente sfavorevole (si veda il grafico sotto riportato, relativo all’indice mondiale dei listini azionari) danneggerebbe non poco la fiducia che i risparmiatori ripongono sull’industria del risparmio gestito.

LA COMPAGNIA HOLDING
indice mondiale dei listini azionari

Difficile aggiungere altro: si tratta al momento soltanto di deboli segnali di fumo, quasi di vaghe speranze. Ma di questi tempi potrebbe già essere sufficiente che esse non vengano smentite!

OGNI TRANSIZIONE È COMUNQUE UNA RIVOLUZIONE

Per i commentatori meno propensi a fantasticare, quello che stiamo vivendo quello attuale sembra dunque il classico periodo di transizione, in cui nessuno si aspetta dai listini delle borse grandi sorprese ma nemmeno grandi performances. Al tempo stesso quello attuale sembra un momento in cui gli investitori professionali approfittano per fare più “pulizia” nei loro portafogli, andando a selezionare meglio tra i comparti industriali e ancor più tra le singole imprese chi mostra migliori promesse di generazione di valore. Ogni transizione vede sempre un certo numero di soggetti che riescono a profittarne, e altri che viceversa ne risultano vittime.

Potremmo provare a dire che anche stavolta a guadagnarci sono le imprese più tecnologiche, innovative, quelle che sono state capaci di costruire marchi davvero esclusivi e quelle che sono riuscite a creare una vera dominanza. Ma è vero solo in parte: la rivoluzione talvolta è silenziosa, misteriosa, improvvisa. Non tutte le imprese tecnologiche hanno la meglio, come non tutte le grandi case del lusso fanno grandi affari. Sicuramente le tensioni internazionali hanno favorito le imprese che vendono energia, che trattano petrolio e gas e che fanno chimica. Così come il rialzo dei tassi favorisce le banche sì, ma soprattutto i grandi operatori finanziari, i grandissimi capitalisti e i fondi più speculativi.

I bradisismi sottostanti ai grandi cambiamenti contribuiscono ogni giorno a rimodellare il mondo, e non soltanto quello occidentale. Tre grandi colossi quali Cina, India e Russia stanno anche loro cambiando pelle, modificando le loro strategie e le loro priorità, e prendendo progressivamente le distanze dal modello capitalistico occidentale. Questo comporterà necessariamente anche cambiamenti nel business, nelle filiere di approvvigionamento e nelle politiche commerciali. Tutte cose per le quali servono ingenti capitali. Perciò bisogna attrezzarsi di conseguenza, tanto più se i segnali di fumo dovessero risultare azzeccati…

Stefano di Tommaso




TRADING: GOLD FUTURE DICEMBRE

N. 6 – 05/11/2022

 

Nessuna operazione in essere.

La scorsa settimana era iniziata con la posizione di long 1 dec gold future a 1630 da gio 20 ott 2022.

Nella lettera N. 5 di sabato 29 ott 2022 il programma era : a 1670 – 1680 vendere un contratto per chiudere il long aperto il 20 ott 2022 a 1630 e, per chi voleva, nello stesso intervallo vendere un contratto per aprire lo short, in tal caso con stop loss 1690.

Personalmente avevo inserito il primo ordine a 1670 – eseguito merc 2 nov durante POWELL SPEECH con un utile di ( 1670 – 1630 ) = 40 usd pari a 40 / 1630 = 2,45 %.

Avevo inserito lo short a 1680, purtroppo un po’ tirato, ovviamente non eseguito.

Il mercato ha toccato 1673.10 e, dopo una euforia insolitamente breve, è iniziata una discesa altrettanto insolitamente rapida.

Non avendo aperto lo short ( mi auguro che qualche lettore sia stato meno avaro di me e sia riuscito a eseguire la vendita ) non ho potuto beneficiare della caduta completata il giorno seguente fino a 1618 gold cash.

Per chi invece è riuscito ad aprire lo short nell’intervallo indicato nella N.5 ( 1670 – 1680 ) , vista la rapida discesa, avrebbe dovuto mettere lo stop loss a 1673.10, lavorando senza rischio.

Come dico talvolta : in questi casi fortunati, si lavora con “ i soldi del mercato “.

Venerdì 4 nov 2022 Gold ha ribaltato l’andamento registrando la barra più ampia da agosto ( da 1631 a 1686 cash, quindi 55 usd in un giorno).

Con una escursione così ampia in poche ore, occorrerebbe aggiornare questa lettera, non dico ogni giorno, ma dopo ogni barra giornaliera da oltre 35 – 40 usd.

Pazienza.

Provo ugualmente a esporre una strategia che possa reggere una settimana ( a me stesso scrivo un aggiornamento ad ogni cambio di scenario).

Procederò come segue:

inserisco un ordine di acquisto nel range da 1655 a 1640 con stop loss 1618 dec gold fut ( stop tassativo, in quanto con qualsiasi analisi tecnica 1618 riveste una crescente valenza come supporto – ricordiamo inoltre che è il minimo di settembre).

Se gold cash, dopo l’acquisto, darà 40 usd di profitto, alzare lo stop loss al prezzo di apertura del long.

Nuovo argomento

Comincio a chiedermi se la rottura di 1676 verrà dimenticata dal mercato.

Potrebbe essere se il prezzo sfonderà 1735 cash – 1747 dec fut ( top settembre 2022 ).

In tal caso sono pronto a rivoluzionare il mio trading, ma ne parlerò in seguito.

Rileggete le ultime quattro righe della prima pag. della lettera N. 4 e ora potete capire perché ipotizzavo un outside rialzista, che non avrei immaginato potesse in poche ore percorrere il range usuale di una settimana.

Infine allego 3 grafici di GOLD CASH

LA COMPAGNIA HOLDINGLA COMPAGNIA HOLDINGLA COMPAGNIA HOLDING

Altri mercati

Lascio perdere il DAX, che a 13500 non offre un trading a basso rischio.

Controllerò il DEC BTP FUT solo se scende in zona 111, eventualmente con stop loss a 108.

Riflessioni

Con la lettera N. 6 si conclude un mese dei miei scritti dedicati all’oro.

Ringrazio il Dott. Di Tommaso che, con coraggio, ha ritenuto di ospitare i miei contributi.

Ho condiviso con voi, che non conosco, la lettera che da tempo indirizzo a me stesso, allo scopo di condurre un trading ordinato, lontano dai rumori e le emotività del mercato aperto.

Per evitare ciò, mi scrivo queste lettere il sabato pomeriggio.

Consiglio pertanto a tutti voi di leggere la lettera estraniandosi dalle sciocchezze che potete cogliere dai mass media e soppesando con calma se quanto esposto sia comprensibile, innanzitutto e poi condivisibile, se svolgete una Vs. analisi.

Buona prosecuzione.

Leonardo Bodini