SARÀ L’INFLAZIONE A MUOVERE I MERCATI ?

Come va l’economia globale? Piuttosto bene si potrebbe affermare al momento, sebbene grandi minacce geopolitiche e relative all’inflazione dei prezzi siano in agguato sovvertendo il mondo che conoscevamo. Non potremmo infatti avanzare la stessa conclusione per le sorti della democrazia nel mondo né per la tutela dell’ambiente. Due elementi che continuano a rimanere indietro nell’agenda dei governi. Uno scenario complesso quello che si prospetta per il 2022 che dovrebbe però vedere ancora una volta ottimi profitti per le grandi multinazionali e ciò potrebbe significare che le borse continueranno ad avanzare, sempre che non arrivino nuovi cigni neri!

 

Se nell’ultima settimana la Federal Reserve Bank of America (FED) voleva spaventare i mercati, al momento si può dire che c’è riuscita benissimo, dopo aver pubblicato una serie di “appunti” (relativi alle discussioni tra i partecipanti al consiglio della banca centrale) che facevano chiaramente comprendere un atteggiamento di forte volontà per rialzare i tassi d’interesse. E visto che le borse (soprattutto quella americana, e soprattutto i grandi titoli tecnologici) viaggiavano intorno ai livelli massimi di sempre nonostante la prospettiva di rialzo dei tassi d’interesse, quella pubblicazione ha contribuito non poco all’immediato ridimensionamento delle valutazioni d’azienda implicite nelle quotazioni azionarie.

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Ecco qui una tabella, proposta da Milano Finanza dello scorso sabato, circa le performances a fine 2021 delle principali borse.

Niente male, vero? Anche senza considerare la crescita annua del 72% delle quotazioni del Nasdaq (la borsa dei titoli tecnologici), sono da incorniciare la crescita del 47% della borsa americana e quella di quasi il 34% della borsa cinese. Nonché quel quasi +19% dei maggiori titoli europei, con i listini di Tokio, Parigi e Berlino che hanno fatto meglio!

QUANTO SONO SOPRAVVALUTATE LE BORSE ?

Ovviamente dopo questi risultati spettacolari occorre anche andare a vedere quanto sono “sopravvalutate” le borse, con due “iconici” indici americani al riguardo. Innanzitutto quello di Warren Buffett:

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E poi quello di Robert Shiller, premio Nobel per l’economia nel 2013 e considerato uno dei padri della finanza comportamentale. Shiller ha concentrato i suoi studi sulla formazione delle bolle speculative arrivando a creare un proprio indice (il cosiddetto C.A.P.E. ratio) relativo alla sopravvalutazione dei titoli rispetto al loro rendimento, dopo averlo aggiustato rispetto all’andamento generale del mercato finanziario:

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È PROBABILE UNA ROTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI AZIONARI

Come si può vedere, entrambi gli indici a fine 2021 sono intorno ai massimi storici, e questo nonostante un’inflazione galoppante, diversamente dagli anni precedenti, cioè con un incremento tendenziale dei prezzi al consumo che negli U.S.A. è già arrivato al 7% annuo. Dunque se ne può tranquillamente dedurre che le borse sono sopravvalutate!

Anche se più che alla media complessiva occorre guardare alla composizione degli indici azionari. Vediamo qui sotto com’è composto il principale indice della borsa americana:

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È dunque probabile che sia in corso una rotazione degli investimenti, se il listino americano è dominato dai grandi titoli tecnologici (quei il 30%) e se questi hanno sino ad oggi fortemente incrementato il valore della loro capitalizzazione dì borsa (come si può vedere dal grafico qui sotto riportato).

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DA COSA DIPENDONO I RIBASSI ?

E, se vogliamo parlare dei ribassi dell’ultima settimana (siamo nell’ordine di qualche punto percentuale), dobbiamo tener conto di questa rotazione dei medesimi portafogli verso titoli più “difensivi” rispetto a quelli (principalmente i tecnologici) sospinti al rialzo fino all’ultimo giorno utile dell’anno appena chiuso anche perché godevano del favore dei piccoli risparmiatori. dei medesimi portafogli verso titoli più “difensivi” di quelli (principalmente i tecnologici) sospinti al rialzo fino all’ultimo giorno utile dell’anno appena chiuso.

Ma non solo: dobbiamo anche chiederci quanto, nella loro genesi, ha influito il fatto che, con l’arrivo del nuovo anno, le performances dei gestori di patrimoni del 2021 erano state oramai cristallizzate e dunque i portafogli azionari potevano essere alleggeriti?

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Difficile misurare le diverse componenti, ma è probabile che, nello scivolare complessivo delle quotazioni negli ultimi giorni, queste componenti c’erano! E se così fosse allora potremmo considerare i recenti ribassi quali semplici assestamenti anche perché i rincari dei prezzi delle materie prime si sono oggettivamente acquietati nelle ultime settimane, come si può vedere dal grafico sopra riportato, che fa ben sperare per l’inflazione futura.

LE BANCHE CENTRALI E LA POLITICA DELL’ORACOLO DI DELFI

A proposito poi della confusione generata dai controversi annunci delle banche centrali, il professor Masciandaro (Università Bocconi) dalle colonne de Il Sole 24 Ore tuona inesorabilmente definendo la strategia adottata negli ultimi mesi come: “la politica dell’oracolo di Delfi”(riferendosi ai controversi vaticinii della sacerdotessa Pizia che interrogava il dio Apollo).

Con comunicati sibillini e indicazioni altalenanti i banchieri centrali stanno probabilmente prendendo tempo, nella consapevolezza che meno si fanno comprendere e più spazio di manovra guadagnano, senza timore di venire smentiti dai fatti troppo presto. Ecco dunque che un giorno rassicurano i mercati, quello dopo li spaventano, con il risultato complessivo di incrementare la volatilità degli stessi, ma non di farli scendere davvero di livello.

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E comunque, dal momento che subito dopo la pubblicazione delle “minute” della FED i mercati sono scesi, John Authers riporta, nella sua newsletter dello scorso Sabato, un complesso elenco di variabili economiche per farci comprendere che oggi è ragionevole supporre che i mercati abbiano già incorporato nei livelli attuali le attese di un più deciso rialzo dei tassi d’interesse, come si può leggere qui accanto dalla comparazione tra ciò che il “consenso” di mercato si aspettava agli inizi di Settembre, di Novembre, di Dicembre e ciò che si attende adesso.

LE BORSE SONO PRONTE PER SEGNARE NUOVI RECORD?

Dunque le borse hanno già effettuato la loro correzione e sono pronte per ripartire a crescere? Forse è così, ma le sorti del quadro complessivo dei mercati finanziari non dipendono soltanto dall’atteggiamento delle banche centrali.

Con i progressi dell’economia globale e con gli ultimi rincari dell’energia (che, ricordiamocelo, è la più importante catena di trasmissione dell’inflazione dei prezzi) tale quadro si è complicato non poco e, se fino a qualche giorno fa avremmo potuto scommettere sulla persistenza del fattore “T.I.N.A.” (“there is no alternative” all’affidarsi all’investimento azionario per ottenere uno straccio di rendimento positivo) e dunque al progressivo ricomporsi della fiducia nelle borse, oggi altri fattori si affacciano all’orizzonte degli eventi…

LE TENSIONI GEOPOLITICHE POSSONO MINARE LA FIDUCIA

Innanzitutto quello geo-politico: la crisi dell’Afghanistan è probabilmente tutto tranne che una questione interna dovuta a quella sorta di “primavera araba” con la quale i media vorrebbero etichettare la vicenda. La Federazione Russa la vede come una vera e propria minaccia ai confini del proprio territorio da parte dei servizi segreti anglosassoni nei confronti del regime-cuscinetto di Nursultan Nazarbaief, così come avevano agito ai tempi della destabilizzazione del Nord Africa e dell’Ucraina (e stavolta per evitare di sottovalutarla ha già inviato cospicue truppe scelte).

L’occidente parla quasi soltanto della brutalità della repressione della rivolta stessa, pur ammettendo numerosissimi morti tra le forze dell’ordine del Paese. Pochi parlano del fatto che quasi la metà di tutto l’uranio estratto nel mondo venga proprio da lì (proprio mentre si torna a parlare del nucleare come nuova fonte di energia “pulita”). È inoltre piuttosto probabile perciò che, a seguito dell’appoggio dato dai Russi all’esercito locale, nuove sanzioni verranno inflitte alla Federazione Russa.

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Dunque a seguito del fallito colpo di stato afghano è probabile che si creeranno nuove frizioni con l’Occidente, che potrebbero a loro volta alimentarne altre, dal momento che Cina, Turchia e altre repubbliche asiatiche hanno già proposto di schierarsi a favore della Russia e comunque non resteranno a guardare lo sviluppo degli eventi senza fare nulla. Soprattutto sul fronte dei prezzi dell’energia da petrolio e gas, che rischiano di rincarare ancora nonostante lo sforzo dichiarato di migrare più velocemente possibile verso forme di energie da fonti alternative.

Occorre ricordare al riguardo che l’America non è il primo esportatore di gas e petrolio, ma ne è sicuramente il primo produttore e ne è comunque un esportatore netto a dosi crescenti. Dunque le sue èlites potrebbero avere grande convenienza nel rialzo del costo dell’energia. Con l’eccezione della Federazione Russa il resto del mondo invece lo subirebbe, con conseguenze anche sui profitti degli operatori economici.

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Andrebbe tutto bene dunque, ma soltanto sino a quando l’eventuale persistenza dell’inflazione dovesse arrivare a minare la fiducia degli operatori economici, invertendo la discesa della disoccupazione (arrivata negli U.S.A. ai minimi storici, come si può leggere dal grafico) e iniziando a rallentare gli investimenti in efficienza produttiva. Questi fattori potrebbero ridurre le attese di profitto delle principali società quotate e determinare nuovi ribassi.

MA LA GOLDMAN SACHS È PIÙ CHE OTTIMISTA!

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Tuttavia, nonostante il fatto che la persistenza dell’inflazione, il rialzo dei tassi d’interesse e le tensioni internazionali siano tutti fattori che dovrebbero spingere alla prudenza, la banca d’affari americana Goldman Sachs non ha dubbi: non soltanto le nuove tecnologie continueranno a stupirci e a far guadagnare bene le grandi multinazionali, ma c’è ancora tanta liquidità in circolazione. Liquidità che al momento si rivolge alla speculazione su materie prime, metalli e immobili, ma che alla fine tornerà di nuovo a far incrementare l’investimento in titoli azionari, perché, appunto, a questi ultimi non c’è quasi alternativa in termini di rapporto rischio/rendimento.

Difficile dargli torto: la liquidità oggi in circolazione è davvero alta e, prima dì irrorare la crescita dei prezzi al consumo, essa si intrattiene sui mercati finanziari, dove però l’alternativa “reddito fisso” è davvero povera di attrattiva. E nelle sue previsioni non manca di elogiare le borse europee, meno sbilanciate sui titoli ipertecnologici e le cui performances sono state oggettivamente in calo per anni rispetto a quelle della borsa americana, e dove Goldman Sachs vede dunque le migliori opportunità, come si può dedurre dal grafico qui riportato da Bloomberg:

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Luci ed ombre insomma, come sempre all’inizio di ogni anno, ma forse con un pizzico di ottimismo, pur tenendo conto della volatilità aggiuntiva e del maggior rischio di fondo.

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Lo spettacolo però -come sempre- deve andare avanti. E probabilmente ci andrà. Soprattutto sul fronte delle tecnologie (che però sono investimenti ad elevatissimo rischio), ma anche sui titoli finanziari e sui titoli energetici, dovunque insomma ci sono da attendersi migliori performances per gli anni a venire.

Dunque al momento un pizzico di ottimismo non deve guastare il gusto agrodolce del mercato! Quantomeno la parte di amaro riguarderà i grandi sommovimenti che è lecito attendersi dalla rotazione dei portafogli e dall’incremento della volatilità complessiva. Ma è altrettanto probabile che i profitti aziendali continueranno a correre e, con loro, una messe assai interessante di dividendi !

Stefano di Tommaso




INVESTIRE COLLEZIONANDO: COLLEZIONISMO E PENNE STILOGRAFICHE, IN ASCESA IL MERCATO ASIATICO E ARABO

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Collezionare penne stilografiche è sempre stato un settore particolare, ma è anche una raffinata passione non di pochi eletti bensì di un gran numero di persone che da sempre amano questo oggetto, specie artigianale o altamente unico, ma è anche una passione molto diffusa in tutto il mondo. In Italia, è presente anche la ACPS, la storica Associazione Collezionisti Penne Stilografiche e materiale da scrittura, attiva a Firenze dal 1992.
Alle stilo e agli appassionati del genere è stato dedicato anche un libro, Le stilografiche da collezione, scritto da Jean-Pierre Guéno, Bruno Lussato, Kimiyasu Tatsuno ed edito da Tecniche Nuove, 1996. Così introducono gli autori nell’introduzione del volume: “Le invenzioni decisive che consentirono all’umanità il passaggio dalla cannuccia alla penna sono state concepite tra il 1880 e il 1918. Ma collezionare penne stilografiche significa anche ricercare un modello di qualità, conoscere bene le funzionalità, le condizioni e l’integrità estetica di tutte le componenti presenti in una penna. Solo un intenditore di questi manufatti è in grado di riconoscerne l’originalità, le imitazioni, ma soprattutto ha l’abilità di valutarne lo stato di conservazione.

La nascita del pc prima e l’era del digital dopo hanno fatto si che ci si allontanasse sempre di più dall’uso della penna e dalla scrittura di pugno in genere.

Negli ultimi anni, il desiderio di tornare a comunicare con personalità e a ricercare il rapporto one-to-one ha determinato il desiderio di tornare all’uso della penna e della grafia di pugno.

Una frase celebre recita “Più che la spada potè la penna”, in riferimento alla firma del più importante trattato internazionale della storia umana sul disarmo nucleare, lo smantellamento dei missili americani Pershing e dei sovietici Soviet avvenuto, appunto, per mano di Regan e Gorbaciov attraverso la firma del trattato, con una stilografica Parker 75 Sterling Silver, bella, robusta e funzionale, per molti anni modello di punta della casa americana Parker che produceva questa penna anche in Francia e in Inghilterra. Con un pezzettino del metallo di quei missili fu creato un sigillo tondo con incisione a forma di fischietto che fu inserito sulla sommità del cappuccio della Parker Duofold nera che, nel frattempo, aveva soppiantato la 75 prendendone il posto come ammiraglia della casa Parker.

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Negli Stati Uniti, da sempre, la penna per eccellenza americana era stata considerata la Sheaffer, poi affiancata dalla Parker e dalla Cross che veniva considerata una penna di nicchia in quanto prodotta prima nell’Irlanda del Nord e, poi, appunto, negli Stati Uniti.

La necessità e il desiderio di ritrovare una forma di comunicazione personale, ha determinato, negli anni recenti, il ritorno all’acquisto e all’uso della penna.

Il boom del roller è dovuto al desiderio di una scrittura con un tratto continuo e privo dei chiaroscuri e delle sbavature delle classiche penne a sfera o ballpoint. Il roller è costituito, quasi sempre, da un refill metallico contenente una tipologia di inchiostro liquido e pressurizzato tale da rendere la scrittura simile a quella della stilografica ma, tuttavia, sempre profondamente diversa da essa. Questo tipo di scrittura, cosiddetta liquida, e chiamata roller, ha modificato i mercati internazionali, premiando quelle case produttrici che avevano investito in quella qualità di scrittura e penalizzando, al contrario, le case rimaste legate alla penna a sfera.
Proprio questa tipologia evolutiva ha determinato, negli Stati Uniti, il boom della Cross, ormai universalmente riconosciuta come immagine americana contemporanea ed utilizzata pubblicamente sempre da Barack Obama prima e da Donald Trump, poi. Non a caso la Cross creò, subito dolo l’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, una versione dell’ammiraglia Centennial in lacca nera con la firma bianca di Obama sul retro del cappuccio.

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Il ritorno all’uso della penna e, quindi, della stilografica ha comportato il rilancio prima e il boom poi, del mercato collezionistico a vari livelli con la creazione di veri e propri status symbol come Montblanc, colosso tedesco della scrittura di qualità, produttore della prima Meisterstuck, – capolavoro – nel 1924, diventato poi multinazionale in mano ai gruppi internazionali francesi del lusso come Louis Vuitton.

Scrittura per eccellenza è, quindi, quella ad inchiostro, prodotta dalle stilografiche. Tale forma di rappresentazione, consente di riportare sul foglio ogni minima forma di personalizzazione del tratto, rendendo, così, la scrittura unica. In alcuni stati del mondo, come ad esempio il Giappone, esiste da sempre il culto della scrittura e la penna viene prodotta con tecniche storiche di altissima qualità e livello, anche estetico, come la tecnica del Maki-E, preziosa lavorazione con vari strati di lacca vegetale a temperature differenti, come la preziosissima Namiki.

Anche in Europa, il culto della buona scrittura, dell’imparare a scrivere in senso stretto, esiste da sempre in alcuni stati quali Germania e Austria. In particolare in Austria, i bambini delle scuole elementari devono recarsi in classe forniti di una penna stilografica in legno chiaro di abete o faggio, leggerissima e con un tappo di plastica rossa, diffusissima quella prodotta dalla tedesca Lamy, che consente loro di scrivere impugnando la penna solo ed unicamente nella giusta posizione che consente loro, pertanto, di imparare correttamente a scrivere.

La ricerca di qualità nell’uso e nella scelta della penna “particolare” ha incrementato notevolmente il mercato collezionistico e delle aste nelle quali vengono battute, a prezzi importanti, edizioni a tiratura limitata, spesso introvabili.

Le più ricercate, al momento, sono sicuramente le edizioni limitate di Montblanc ma, anche, della storica maison tedesca Pelikan, della giapponese Namiki, dell’italiana Montegrappa, conosciuta per la preziosa e rarissima lavorazione della celluloide – che, in passato era un fiore all’occhiello della italiana Omas – ricercatissima nei mercati arabi, ai quali dedica continuamente le sue versioni più rare e preziose. In particolare Montegrappa fu acquisita prima dal gruppo internazionale di Montblanc che apportò innovazioni, know how e tecnologie al laser e, successivamente riacquistata dalla stessa famiglia italiana di provenienza di Bassano del Grappa, Aquila, che la aveva posseduta in origine. Un cenno merita la casa francese Waterman che, come la italiana Omas, ha segnato un tratto importante nella scrittura della seconda metà del nvecento. In particolare, famosissime le CF degli anni cinquanta e sessanta fino ai primi anni settanta, poi soppiantate dalle Man 100, più moderne ed ottime stilografiche prodotte in vari materiali tra i quali mi piace ricordare, oltre alle varie e pregiate versioni in argento massiccio, il legno, proposto nella radica di erice, nell’olivo e nel prezioso e introvabile legno di Macassar, oggi specialità equatoriale protetta. Questi modelli, ancora oggi molto importanti e ricercati per l’estrema morbidezza del tratto, caratteristica tipica delle Waterman, sono stati, successivamente, affiancati e sostituiti dalla Edson, la prima penna stilografica a non perdere inchiostro in aereo e a resistere alla pressurizzazione fino a 10.000 metri di altezza.
La rivelazione della personalità di un individuo ha la sua massima espressione attraverso una stilografica!

In una penna stilografica da collezione i vari componenti non devono essere stati sostituiti o compromessi, i cappucci sono quelli originali e viene dato molto risalto all’integrità dei pennini. Ricordando che per la sua delicatezza, la penna stilografica si può rovinare in presenza costante di luce intensa o perchè esposta ad una temperatura troppo alta e, infine, anche quando è stato usato un inchiostro duro o di pessima qualità. Si pensi che, in Italia, esiste ancora una legge dei primissimi anni cinquanta che prescrive l’uso del ferro gallico all’interno dell’inchiostro per documenti. Tale sostanza rendeva non cancellabile quell’inchiostro ma, tuttavia, incrostava facilmente e presto le stilografiche che, se non pulite adeguatamente e spesso, finivano con il bloccarsi e con il rovinarsi. Tracce di ferro gallico esistono, ancora oggi, nei cosiddetti inchiostri color blu-nero o blue-black che, per questa caratteristica, vengono appellati col termine di “indelebili”. Pertanto, è da ritenersi colore indelebile, il blu scuro o blu-noir e, non il nero, come universalmente ed erratamente sostenuto.

Daniele Mangione

Ricercare una stilo da collezionare non è così semplice in quanto non tutti hanno la capacità o la possibilità di custodire l’oggetto nelle sue condizioni ottimali, per renderlo inalterato nel tempo e prezioso per i suoi utilizzi futuri. Il valore di mercato delle penne stilografiche cresce infatti nel tempo e sempre più interessante risulta essere il mercato asiatico che si contendono penne stilo di altissimo pregio stilistico, arrivando a toccare migliaia di euro, alcuni esempi:

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Penna stilografica Montblanc Year of the Dragon in resina nera, giada e placcata oro in edizione limitata. Modello: Anno del Drago Numero: 0221/2002 Cappuccio: Giada e placcato in oro Canna: resina nera e placcata in oro Pennino / Punta: Pennino in oro medio diciotto carati Firmato: Montblanc sulla cannaThis piece is final sale and not eligible for return Sotheby’s 8.000 USD

 

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 Montblanc Writer’s Series Friedrich Schiller in resina marrone e nera e penna a sfera placcata in oro. Modello: Writer’s Series Numero: 09513/16000 Cappuccio: resina marrone e placcato oro Canna: resina nera e placcata in oro Pennino/punta: punta placcata in oro Firmato: Schiller sulla canna. Sotheby’s 1,000 USD

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Penna stilografica Montblanc Anno del Drago in resina e placcata in oro. Modello: Anno del Drago Numero: 0472/2000 Cappuccio: resina nera, placcato oro, perla, rubino Canna: resina nera e placcata in oro Pennino/Punta: Pennino grande in oro 18 carati Firmato: Montblanc Anno del Drago d’Oro sul cappuccio. Sotheby’s 7,545 USD

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MONTEGRAPPA. STILOGRAFICA IN ARGENTO, CELLULOIDE E ZAFFIRI CON SETA IN EDIZIONE LIMITATA FIRMATO MONTEGRAPPA, MODELLO LUXOR BLUE NILE, NR. 1288/1912, CIRCA 2006 Corpo e cappuccio in celluloide madreperla blu, decorato con ornamenti in argento inciso con motivo antico egiziano in alto motivo, la parte superiore con uno scarabeo con occhi di zaffiro, la clip a forma di cobra con occhi di zaffiro, 18k pennino in oro bianco, firmato e numerato a penna 158mm. lunghezza totale. Christie’s HKD 35,000

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MONTEGRAPPA. STILOGRAFICA IN VERMEIL, CELLULOIDE E ZAFFIRO ROSA CON SET IN EDIZIONE LIMITATA FIRMATO MONTEGRAPPA, MODELLO MAR ROSSO, NR. 368/688, CIRCA 1997 Corpo e cappuccio in celluloide madreperla, decorato con ornamenti in vermeil con motivo antico egizio in alto motivo, la parte superiore con uno scarabeo con occhi in zaffiro rosa, la clip a forma di cobra con occhi in zaffiro rosa, 18k pennino in oro bianco, firmato e numerato a penna 158mm. lunghezza totale. Christie’s HKD 40,000

 

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Montegrappa. Un calamaio fine e in edizione limitata in argento sterling, cristallo di rocca e rubini firmato Montegrappa, The Dragon Inkwell, 091/500, circa 1997. La base in cristallo di rocca, impreziosita da un drago in argento sterling finemente dettagliato con occhi incastonati di rubini, il drago incernierato al collo per aprire e accedere all’inchiostro, insieme a un vassoio di presentazione in legno laccato, scatola originale Montegrappa montata e controimballo, firmato e numerato 65 mm. diam. Christie’s

 

Il Masters of Abstract Art Homage to Wassily Kandinsky Limited Edition è stato creato nel 2016 ed è limitato a sole 77 stilografiche in tutto il mondo. A segno della sua unicità, ogni strumento da scrittura in questa edizione altamente esclusiva porta un pennino inciso in oro con dettagli come il Cupole a cipolla di Mosca e la firma K. Inoltre, il cappuccio in oro 18k incorpora una forma d’onda dinamica ispirata all’esempio in Giallo-Rosso-Blu del 1925. Un visionario nel mondo dell’arte, questa è un’ottima opportunità per possedere una delle edizioni limitate più eleganti e Bauhaus di Montblanc. Circa 2016 Phillips Prezzo £ 18.000

 

In copertina:
Una raffinata penna stilografica Meissen in porcellana, oro e madreperla in edizione limitata con scatola di presentazione
Firmato Montblanc, n. 167/888, anno del drago d’oro, prodotto nel 2000
Corpo e cappuccio in porcellana di Meissen con motivo drago rosso imperiale e oro sul cappuccio, motivo fiamma rosso imperiale e oro sul corpo, montature placcate in oro, pennino in oro 18k con caratteri cinesi che leggono l’anno del drago, stella in madreperla Montblanc in il derby, cappellino numerato
137 mm di lunghezza totale. Christie’s

 

Si ringrazia Daniele Mangione per il gentile contributo da collezionista

Per maggiori infornazioni: marika.lion@lacompagnia.it
(Senior partner Art & Luxury Wealth – La Compagnia Holding)

 

 

 




BORSE ANCORA POSITIVE NEL 2022?

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È andata piuttosto bene nel 2021, ma lo scenario macro sta rapidamente cambiando. Ciò nonostante le buone performances medie potrebbero continuare anche nel prossimo anno seppur con molta più prudenza e selettività. Ecco perché…

 

LA LEGGE DI GRAVITÀ NON PUÒ ESSERE SCONFITTA

L’anno che si chiude è stato tutto sommato un anno decisamente positivo per i mercati finanziari, in particolare i mercati borsistici, nonostante le ondate di pandemia abbiano continuato a limitare la mobilità, i consumi e talune attività ricreative e nonostante, di conseguenza, il recupero del prodotto interno lordo rispetto ai livelli precedenti non sia stato pieno.

Una serie di fattori hanno permesso la performance delle borse valori, primi fra tutti i grandi stimoli fiscali e monetari praticati dai governi e dalle banche centrali di tutto il pianeta che hanno a loro volta contribuito a livellare ai minimi i tassi d’interesse. Una performance che si è gradualmente attenuata a causa del peggioramento del clima geopolitico globale, che ha contribuito non poco al rincaro delle materie prime, del costo dell’energia, e del cambio del Dollaro americano, e del conseguente risveglio dell’inflazione.

GLI STIMOLI MONETARI

Ovviamente la legge di gravità può essere ingannata, ma non sconfitta, e così tutto ciò che è stato sollevato artificialmente deve -prima o poi- fare i conti con le ovvie conseguenze. Fuor di metafora gli stimoli monetari dovranno in qualche modo rientrare nel tempo (il cosiddetto “tapering” che le banche centrali, spaventate dalle fiammate inflazionistiche, stanno iniziando ad annunciare per il 2022) e la cosa genera ovvie preoccupazioni per la conseguente riduzione della liquidità in circolazione e la possibile risalita dei tassi d’interesse: due elementi fondamentali per determinare le performances delle borse valori che, dall’anno che verrà, potrebbero giocare in direzione opposta rispetto a ciò che è successo a cavallo del 2020-2021.

LA COMPAGNIA FINANZIARIA
Già soltanto il preannuncio delle manovre di rientro da parte delle banche centrali può provocare l’avvio di una fase di ridimensionamento delle valutazioni aziendali e dei correlati livelli borsistici.

GLI STIMOLI FISCALI

Ma abbiamo citato anche un altro elemento fondamentale che ha determinato l’espansione economica di “riflusso” registrata nell’anno in corso dopo la contrazione del 2020: gli stimoli fiscali da parte dei governi nazionali (spesa pubblica e incentivi fiscali). Anch’essi sono necessariamente sottoposti alla legge di gravità e, prima o poi, dovranno essere controbilanciati da manovre in senso opposto (cioè incrementi della tassazione) se non si vuole che i debiti pubblici che ne sono conseguiti arrivino ad esplodere.

Anche perché quegli elevatissimi debiti pubblici che si sono generati a causa dei disavanzi della spesa pubblica non coperti da maggior tassazione sono stati sostenibili anche grazie al basso livello dei tassi d’interesse, che sta per terminare insieme agli stimoli monetari. E se i tassi dovranno necessariamente risalire la sostenibilità dei debiti pubblici è a rischio. Oggi infatti, con l’inflazione che in paesi come gli Stati Uniti d’America ha raggiunto i livelli di quasi quarant’anni fa, i tassi d’interesse reali (cioè quelli al netto dell’inflazione) sono molto al di sotto dello zero e ciò non può durare in eterno.

La cancellazione o la progressiva riduzione degli stimoli fiscali è insomma prima o poi necessaria e può comportare una riduzione della crescita economica globale, o addirittura una nuova recessione. Cose che -esattamente come il rialzo dei tassi d’interesse- non favoriscono le valutazioni aziendali, anzi!

TRE OTTIMI MOTIVI PER CUI LE BORSE SI SOSTENGONO

Se questo scenario prossimo venturo può di per sé spaventare non poco chi investe in borsa, bisogna anche fare i conti con il momento particolare in cui stiamo vivendo che non ha, ad oggi, consentito alcun ridimensionamento dei mercati azionari. Per tre ottimi motivi:

  1. le nuove tecnologie, lo sviluppo della scienza e la sempre maggior globalizzazione dell’economia hanno determinato la generazione di straordinarie occasioni di profitto per le grandi imprese e le borse stanno ancora godendo innanzitutto di questi elevati profitti;
  2. la grande liquidità in circolazione non è ancora stata ridotta da manovre in senso opposto da parte delle banche centrali e dunque la propensione all’investimento azionario non si è molto ridotta al momento, anche grazie al fatto che la principale alternativa alle borse (l’investimento in titoli a reddito fisso) può fare anche più paura, a causa del prospettato incremento dei tassi, che può determinare forti svalutazioni in conto capitale dei titoli obbligazionari;
  3. se da un lato è vero che i tassi d’interesse non potranno rimanere ai livelli infimi attuali, è altrettanto vero che al momento sono rimasti intorno ai minimi storici e che le banche centrali li hanno ampiamente pilotati nella stessa direzione, provocando una notevole convenienza all’investimento azionario e alla sostituzione delle cedole dei titoli obbligazionari con i dividendi pagati dalle imprese più generose in tal senso (in Italia per esempio quasi tutte le banche hanno pagato sino ad oggi dividendi molto più elevati dei tassi d’interesse correnti). Sino a quando dunque i tassi d’interesse nominali rimarranno esigui, non si può realizzare alcuna fuga dal mercato azionario.

Per tutti questi motivi insomma, nonostante le prospettive siano peggiorate, le borse valori hanno sì subìto un qualche arretramento, ma sono rimaste ancora molto vicine ai loro livelli massimi di sempre. Allo stesso modo sono proseguite indisturbate le operazioni di ingresso in borsa da parte delle cosiddette “matricole” (cioè le società che per la prima volta accedono al listino azionario) e non si è vista -di conseguenza- alcuna crisi dei mercati.

Anzi: per qualche tempo si è pensato che l’inflazione sarebbe potuta presto recedere decisamente rispetto ai livelli di picco raggiunti e che dunque la politica delle banche centrali di tassi bassi e grande liquidità sarebbe di fatto proseguita ancora a lungo. Ancora oggi c’è chi lo sostiene (e non del tutto a torto) ma, evidentemente, il contesto economico globale va ingrigendosi e, con esso, anche la prospettiva di ulteriori performances delle borse valori.

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VOLATILITÀ & RISCHI

E se le prospettive per l’anno che verrà si fanno più fosche, non c’è da stupirsi se aumenterà la volatilità dei listini azionari, e se iniziano un paio di manovre assai necessarie da parte degli investitori: la rotazione dei portafogli verso criteri di maggiore prudenza (e maggior sostenibilità ambientale) e la conseguente ulteriore selezione dei titoli sui quali investire. Anche se dunque -nel complesso- l’investimento in titoli azionari non dovesse ridursi, è probabile che la situazione complessiva delle borse valori possa cambiare ugualmente. Ed è piuttosto probabile che l’operazione di “setaccio” che sarà necessariamente compiuta dagli investitori porterà con sé una qualche ulteriore limatura degli indici di borsa, oggi pesantemente dominati dalle quotazioni stratosferiche dei titoli cosiddetti “tecnologici”.

I principali rischi dunque, per l’anno che sta per aprirsi, sono soprattutto quelli legati alla possibile accelerazione del processo di ridimensionamento dell’ottimismo e di ulteriore scrematura degli investimenti azionari. Nonché i rischi legati ad un possibile ulteriore peggioramento del quadro geopolitico, che porterebbero con sé un inevitabile ulteriore rincaro dei prezzi delle materie prime e dell’energia, portando l’inflazione dei prezzi sostanzialmente fuori controllo.

LA TRANSIZIONE VERSO UNA NUOVA NORMALITÀ

Se viceversa -come è piuttosto probabile- non avverrà alcuno scossone alla fiducia degli investitori, è possibile che le banche centrali riescano nel difficile compito di gestire transizione verso una “nuova normalità”, che vedrà sì tassi più elevati di quelli attuali e forse minore liquidità in circolazione, ma senza (o quasi) alcun ridimensionamento da parte dei mercati finanziari, se questo accadrà in presenza di una sostenuta e costante crescita economica globale.

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Soprattutto se il quadro geopolitico non peggiorerà, lo scenario sopra descritto ha una certa probabilità di concretizzarsi. E in tal caso è possibile che i profitti aziendali non diminuiranno e che la ricchezza globale addirittura vada aumentando in funzione della crescita del prodotto lordo dell’economia, permettendo una progressiva sostituzione dei debiti pubblici con risparmi reali da parte di una popolazione mondiale che continua ad invecchiare, e dunque anche a risparmiare di più.

MA L’EUROPA DEVE MONETIZZARE IL DEBITO…

Per l’Europa però la situazione è oggettivamente ancora più complessa e, conseguentemente, più a rischio:

  1. i debiti pubblici sono fortemente disallineati tra i cosiddetti “paesi frugali” e quelli piu “spendaccioni” (come il nostro) con la conseguenza di necessarie frizioni nella gestione del consenso complessivo della comunità europea;
  2. i tassi d’interesse sono ancora più bassi di quelli già bassi americani, nonché strutturalmente in ritardo rispetto agli andamenti registrati oltreoceano, anche perché i consumi ristagnano maggiormente;
  3. la tassazione dei redditi (e dei capitali) è tra le più elevate del mondo e della storia, lasciando poco spazio ad ulteriori incrementi della medesima allo scopo di ridurre i disavanzi della spesa pubblica;
  4. l’età media della popolazione è già molto più elevata che nel resto del mondo con la conseguenza di ulteriori rigidità nella produzione del reddito e l’esigenza di mantenere elevata la spesa per il “welfare”.
  5. In presenza di queste difficoltà non è difficile prevedere la necessità da parte della banca centrale europea di controbilanciare le debolezze strutturali dell’Unione “monetizzando” il più possibile almeno quella parte di debiti pubblici che continua ad incrementarsi in conseguenza di disavanzi di spesa non colmabili altrimenti. E, ciò nonostante, non è difficile prevedere una crescita economica maggiormente frenata dai fattori strutturali anzidetti. Dunque non è improbabile la possibilità di ulteriori svalutazioni del cambio dell’Euro nei confronti delle altre monete forti.

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…E LE BORSE POTREBBERO BENEFICIARNE

Lo strutturale ritardo però dell’economia europea rispetto a quella americana fa pensare che la crescita economica proseguirà, almeno nel breve periodo, sino a tornare ai livelli di “output” pre-Covid dell’economia. E questo fatto, insieme all’elevata propensione al risparmio e alla possibilità che scenda il cambio dell’Euro, comportano prospettive paradossalmente migliori per le borse europee, rispetto almeno a quella americana, strutturalmente più “cara” nei criteri di valutazione delle imprese. Almeno per il momento.

I rischi sopra evidenziati per i risparmiatori e gli operatori economici dunque restano (soprattutto quelli legati ad eventuali ulteriori tensioni geo-politiche) ma, nel caso delle borse europee, possono risultare decisamente attenuati da un tono di fondo ancora positivo. E probabilmente lo stesso rapporto appena delineato tra America e Europa può essere considerato valido tra Europa e Italia: ottime prospettive dunque per la Borsa Italiana, ma altrettanta prudenza per le debolezze di fondo del sistema-paese!

Stefano di Tommaso




RESILIENZA ITALIANA

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I media di tutto il mondo riportano in queste ore due picchi preoccupanti: l’inflazione registrata negli Stati Uniti d’America a Novembre (quasi il 7% – si dove tornare indietro al 1982 per ricordarne una maggiore), e i nuovi contagi da COVID. L’Italia al momento sembra al riparo da entrambi. Ma è addirittura il futuro dell’economia globale a rischio. E se l’inflazione continuasse a correre ma la crescita economica no, allora ci troveremmo presto nel peggiore degli scenari: la temuta “stagflazione” (stagnazione + inflazione). In tal caso la leggendaria capacità del nostro paese di “cavarsela” in qualche modo, insieme alle molte doti del governo in carica, potranno aiutare il paese a partorire un miracolo?

 

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LE CAUSE DEI TIMORI

L’andamento economico globale sta indubbiamente subendo nuovamente un freno per le conseguenze dell’imperversare della quarta ondata pandemica, caratterizzata dalla “variante omicron”, dal perdurare della scarsa offerta internazionale di materie prime, semilavorati, derrate alimentari e materiali combustibili. Ma fino ad oggi ciò non ha quasi mai creato problemi ai mercati finanziari perché gli idranti delle banche centrali di tutto il mondo hanno continuato a irrorare liquidità e i tassi sono rimasti bassi. Oggi il picco dell’inflazione e la constatazione del fatto che sia divenuta “strutturale” fanno temere interventi delle banche centrali che possono mandare K.O. le borse e spingere al ribasso gli investimenti.

Ed è oramai divenuto certezza che la possente ripresa economica che tutti speravano avrebbe caratterizzato l’anno successivo a quello dei “lockdown” (il 2020) si è trasformata in poco più di un mero rimbalzo, riuscendo sì a riportare il calendario sostanzialmente indietro di 2 anni (al 2019), ma con aggravanti e scarse prospettive di poter proseguire.

LE AGGRAVANTI RISPETTO AL 2020

Le principali aggravanti rispetto alla situazione pre-covid sono almeno tre: A) il maggior debito contratto tanto nel settore pubblico quanto nel privato per finanziare la ripresa, B) la possibile -anzi probabile- risalita dei tassi d’interesse conseguente all’inflazione dei prezzi e C) l’accresciuto allarme ambientale, che pone una serie di interrogativi su quanto esso inciderà sul costo dell’energia e dunque sull’inflazione.

Veniamo da una situazione quasi-idilliaca di inflazione e tassi d’interesse bassi, molta liquidità in circolazione (e quindi ovviamente di borse ai massimi livelli di sempre) e decisa ripresa economica. Ma oggi lo scenario sembra mutare verso il peggio. Altrove nel mondo, laddove sono stati raggiunti i livelli di Prodotto Interno Lordo cui si era arrivati prima del COVID, la ripresa stesa si è quasi appiattita. Per non parlare dell’inflazione, che negli U.S.A. ha raggiunto livelli che non si vedevano da quasi quarant’anni e che gode di una micidiale catena di trasmissione: il duetto Dollaro/Petrolio: quando scende il secondo sale il primo e viceversa.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Negli ultimi mesi l’Italia ha accelerato le sue esportazioni e, per la natura delle sue filiere produttive, è riuscita a limitare i danni del maggior costo delle materie prime. Le agenzie di rating ci hanno promosso e la Borsa ha performato bene. Anche l’altissimo tasso di popolazione vaccinata ha impedito (sino ad oggi) che la nuova ondata pandemica frenasse l’economia. E gli investimenti delle imprese stanno ancora continuando a correre, nonostante la più elevata tassazione del mondo, con una ripresa della fiducia degli operatori certificata di recente da Markit: l’indice Pmi manifatturiero dell’Italia ha addirittura toccato a novembre un massimo storico.

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Nel terzo trimestre del 2021 infatti il livello del valore aggiunto dell’industria manifatturiera italiana è risultato del 3,2% superiore a quello del quarto trimestre 2019 antecedente il Covid-19, mentre gli altri maggiori Paesi dell’Eurozona non sono riusciti a fare altrettanto. La Spagna è ancora sotto dell’1,4% ai livelli pre-crisi, la Francia del 4,8% e la Germania del 5,5%. L’Italia ha solo un settore tra i primi cinque del proprio export vulnerabile alle carenze di componentistica globale: l’automobile. Ma pesa soltanto per il 7,5% nelle nostre esportazioni totali mentre è del 17% per la Germania.

Se quest’anno il Pil dell’Italia è stato trainato anche dai contributi all’edilizia (110% e dintorni) e dalla ripresa dei consumi, il 2022 potrebbe proseguire, beneficiando dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Gli investimenti in digitalizzazione, ambiente, infrastrutture e sostegno sociale, possono aiutare l’Italia a ridurre il divario con il resto d’Europa in particolare nell’efficienza di Pubblica amministrazione e Giustizia, nonché nello sviluppo del Mezzogiorno.

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Ma l’asprezza dei giochi politici in corso per l’elezione del Presidente della Repubblica e la solita polemica pre-elettorale per elezioni politiche del 2023 (che potrebbe tornare a mordere già a partire dal prossimo anno) rivelano una certa difficoltà a far proseguire indisturbato l’attuale governo di unità nazionale.

LE CONDIZIONALITÀ EUROPEE

Inoltre lo “spread” (la differenza tra il costo del debito pubblico italiano e quello tedesco) ha già ripreso a correre, nonostante l’ottimo andamento dell’economia. Il finanziamento del debito pubblico italiano è stato infatti sino ad oggi garantito quasi soltanto dalla Banca Centrale Europea in attuazione del programma di acquisto dei titoli dì stato varato per contrastare l’emergenza pandemica (il c.d. P.E.P.P.). Ma questo avrà termine il prossimo 31 Marzo. Perché prosegua anche successivamente è probabile che dipenderà molto da una serie dì altre “condizionalità” che la Commissione Europea sta già preparando (dì fatto una riedizione riveduta e corretta del “Meccanismo Europeo dì Stabilità”, o MES che dir si voglia).

Il risultato della cosiddetta “cura Draghi” è sì insomma a un passo dall’essere colto, ma è anche tutt’altro che scontato. Il suo successo potrebbe aiutare il nostro paese a evolvere decisamente, ma il peso del debito dì Stato e l’ampiezza del deficit strutturale afferente le nostre finanze pubbliche lasciano supporre che ciò potrà avvenire soltanto se le condizioni economiche globali non continueranno a peggiorare e se la politica italiana non entrerà ancora una volta in fibrillazione con l’Unione Europea.

E I MERCATI AUMENTANO LA CAUTELA

I mercati finanziari di conseguenza non riescono ad esprimere (soprattutto per il nostro paese) previsioni affidabili, e oscillano tra ottimismo e pessimismo, su un sottofondo dì tensioni geopolitiche crescenti (che alimentano la forza del Dollaro) e tassi d’interesse dati per certo in crescita già dalla prossima primavera. Difficile dire cosa farà la nostra Borsa dopo Natale.

Sebbene infatti ci si attende che l’intonazione rimanga sostenuta, almeno fino all’estate, la volatilità delle sue quotazioni potrebbe continuare a crescere.

Stefano di Tommaso