PERCHE’ PENSO CHE AMAZON CAMBIERA’ LA NOSTRA VITA E L’INTERO MONDO DEL CONSUMER BUSINESS

Dopo aver fatto un passaggio basilare nell’aggiungere alla propria catena distributiva i supermercati bio “Whole Food” (cibo integrale) oggi Amazon si appresta a lanciare un’altro di quei servizi che solo lei può offrire: “Prime Wardrobe”, quello di prova a casa di abiti e degli accessori scelti online senza obbligo di acquisto

 

 

La pubblicità è accattivante: uno scatolone viene lasciato davanti alla porta di casa dell’utente che ha selezionato alcuni capi da visionare, questi li prova quando vuole, ne trattiene qualcuno se crede, e poi lascia il resto visionato nello scatolone che richiude con uno speciale adesivo con il codice che aveva trovato al suo interno, limitandosi a poggiare di nuovo lo scatolone fuori della sua porta. Un incaricato lo ritirerà a sue spese.

Perché solo Amazon può offrire un tale servizio?

•quasi solo Amazon può contare su una completa completa conoscenza delle abitudini e dei gusti del consumatore, dal momento che gli vende di tutto
•solo Amazon ne ha precedentemente valutato la solvenza e le preferenze con la diffusione capillare dell’abbonamento al servizio “Prime” (consegna in una o due ore nelle principali città del pianeta) e con il controllo dei propri sistemi di pagamento,
•solo Amazon può stoccare in ogni Paese del mondo una montagna di centinaia di migliaia di articoli nei propri magazzini per poterli avere pronti all’uso in un istante,
•solo Amazon può conseguentemente vantare un controllo globale della catena logistica e distributiva fino al furgoncino che effettua il giro della clientela Prime “a prescindere” da cosa deve consegnare o ritirare,
•ma soprattutto solo Amazon può integrare tutto ciò in un’unica imbattibile offerta!

Siamo veramente arrivati a un passo dal Grandee Fratello descritto settanta anni fa da George Orwell! E ci siamo arrivati con il sorriso sulle labbra per il solletico che ci fa nell’incarcerarci dietro le sbarre dorate della nostra nuova gabbia (l’abitazione), con lo scintillio delle sue campanelline e la felicità di sentirsi più pronti ad effettuare acquisti e noleggi.

Mettere insieme informazioni fondamentali circa le nostre misure delle scarpe, delle camicie, insieme a quelle che Amazon ha acquisito già dal momento in cui andavamo su internet a cercare gli articoli che preferiamo, dalle mutande , dallo spazzolino da denti, dal cibo che preferiamo fino tipo di cuffie Bluetooth che ci piacciono o di televisori che preferiamo, di giochi online che selezioniamo, di libri che leggiamo o di film che noleggiamo, farà di Amazon il cugino stretto del Grande Fratello. Con sistemi inferenziali di quelle informazioni che sono già correntemente state sviluppate da molti operatori informatici Amazon potrà disporre di una catalogazione del fenotipo di ciascuno di noi da far invidia ai servizi segreti! E tutto ciò per miliardi di utenti…

 Un’immagine suggestiva del film “1984”di Michael Redford tratto dall’omonimo romanzo di Orwell

Di lì a controllare anche i media e le agenzie di pubblicità online il passo sarà davvero breve. E a quel punto anche la manipolazione delle menti risulterebbe un obiettivo facilmente raggiungibile !

Ma Amazon può a questo punto andare molto oltre anche sotto il profilo del “business”: obbligare praticamente chiunque altro voglia raggiungere i “suoi” consumatori a passare dalla propria piattaforma (e a pagare pedaggio). Obbligare chiunque voglia produrre degli articoli e sperare di riuscire a distribuirli globalmente a farli come dice e al prezzo che dice lei, dal momento che quasi solo lei ne conoscerà davvero il corretto posizionamento competitivo. Obbligare chiunque voglia fare logistica e distribuzione a lavorare per lei. Costringere l’intero sistema bancario globale a passare dalle proprie griglie di conoscenza della capacità di credito degli individui e a confrontarsi un acerrimo concorrente che, grazie ai propri sistemi informatici e alle proprie piattaforme di pagamento, risulterebbe quasi imbattibile.

Amazon ha -in teoria- la forza finanziaria, la diffusione capillare e l’intelligenza gestionale di fare tutto ciò sotto il naso di un bel po’ di bellimbusti che oggi credono di essere i padroni del mondo, di un bel po’ di politici che fanno finta di difendere i loro elettori, di un bel po’ di intellettuali che pensano di immaginare un mondo diverso… Bisogna vedere se glielo lasceranno fare, ma prima aspettiamoci che il suo titolo, quotato a Wall Street, possa fare ancora l’ennesima bella galoppata al rialzo, magari al di sopra di Google e Apple!

Chi aveva in animo di lanciare l’ennesima start-up online, magari con l’ambizione di farla diventare la prossima SnapChat o la prossima Foodora, adesso ha un problema in più: come potrebbe fare a meno dell’organizzazione capillare che Amazon può vantare? dei magazzini sempre pronti? del corriere che passa già dall’indirizzo della clientela selezionata? della conoscenza della capacità finanziaria del consumatore e, soprattutto, della profilazione sempre più puntuale dei gusti, delle abitudini, degli orari e delle competenze del consumatore ideale?

 

Stefano di Tommaso




È IN ARRIVO UN NUOVO CRASH DELLE BORSE?

Il Professor James Rogers, (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Jim_Rogers) storico socio di SOROS, fa o suoi interessi nello sperticarsi in queste profezie (per poter affermare un giorno: io l’avevo detto) ma in realtà ogni anno le Borse prima o poi scendono, per poi tornare a crescere!

 

JIM ROGERS: The worst crash in our lifetime is coming

 

È vero: esiste il pericolo che dalle vette più alte mai raggiunte dai mercati sino ad oggi si possa inciampare e precipitare rovinosamente. Certamente, più in alto ci si è spinti e più precipitoso potrebbe essere il ruzzolone! Più si è gonfiata la bolla speculativa dei mercati e più sonoro potrebbe esserne lo scoppio!

È altrettanto vero però che i mercati sono giunti da tempo a quelle vette, i portafogli degli investitori sono stati fatti “rotare” diverse volte (passando da alcune “asset class” che generavano tanta cassa ad altre che promettono tanta crescita). A molti risparmiatori sono stati proposti investimenti alternativi e beni-rifugio, molto terrorismo è stato fatto circa la Brexit, l’impeachment di Donald Trump e l’eccesso di debito cinese, ma ciò nonostante i mercati non sono apparsi mai tanto tranquilli come in questo periodo.

PERCHÉ LE BORSE VOLANO ALTE

I motivi? Se vogliamo parlare il linguaggio dei tecnici: tanta liquidità innanzitutto, ma anche molte altre buone notizie per l’economia mondiale, i profitti delle società quotate, la scarsezza di alternative valide, la mancata ripresa dell’inflazione ma anche la scomparsa dello spettro della deflazione, il venire meno dei timori di crollo delle economie dei paesi emergenti… eccetera, eccetera, eccetera!
La verità terra-terra è tuttavia forse molto più adeguata a spiegare cosa sta succedendo alle borse: il più prolungato periodo di pace globale della storia dell’umanità, il più marcato salto di qualità della scienza e della tecnica che si sia mai verificato e la più elevata popolazione mondiale mai registrata sul pianeta sono tutti meravigliosi fattori di crescita “sistemica” delle risorse economiche, dei valori aziendali, dei diritti di sfruttamento delle tecnologie.
Quel che ne consegue è che le aziende generano cassa, fanno profitti, investono nel futuro, distribuiscono dividendi e formano nuove leve di dirigenti e operai super-specializzati. I mercati finanziari non possono ignorare la cosa: essi registrano nuovi record man mano che tutti hanno capito che per fare soldi devono riuscire a detenere attività finanziarie e profittare dalle medesime.

È UNA BOLLA SPECULATIVA?

Il fenomeno straordinario cui assistiamo è ovviamente al tempo stesso anche una bolla speculativa pericolosa, ma non mancano le ragioni per cui la medesima si alimenta. Può scoppiare? Certo che sì, ma dipende anche da tutto quel che gli succede intorno: i “vigilantes” delle frodi fanno bene il loro mestiere? le banche centrali si dimostrano credibili e sagge? i governi sostengono le classi più povere e al tempo stesso assicurano il sottostrato di infrastrutture e semplificazioni burocratiche necessarie affinché le imprese non smettano di prosperare?
Se la risposta è sì avremo poco da temere: ridimensionamenti e nuove rotazioni dei portafogli, alti e bassi più o meno marcati e nuovi miti tecnologici o modaioli li agiteranno sicuramente, ma non dovrebbero riuscire a scuotere una quercia più solida di prima: l’economia globale sembra in realtà rafforzarsi.
Se la risposta è invece negativa, se nuove guerre, nuove follie politiche, nuove concentrazioni eccessive di potere e ricchezza provocheranno scossoni, conflitti, scontri sociali o più semplicemente errate allocazioni delle risorse, allora ci sarà molto più da temere per le borse, che non potranno non tenerne conto.
È perciò il partito della guerra quello che dobbiamo tenere davvero, il complotto globale, la devianza delle istituzioni, la corruzione in generale e l’ingiustizia in particolare. Il vero pericolo è che questo meraviglioso momento storico di straordinaria crescita economica e scientifica dell’umanità abbia termine, Dio non volesse anche bruscamente. Allora le cornacchie avranno avuto ragione da vendere! È possibile, ma non direi che sia così probabile.


Stefano di Tommaso




Red Shift

Potrebbe essere arrivato il momento di osservare i mercati finanziari attraverso un diverso metodo, dal momento che quello tradizionale con il quale interpretiamo i risultati dell’analisi “fondamentale” basandola sull’andamento delle principali variabili macroeconomiche, ci fornisce invece un quadro assai contraddittorio, che sinora è stato capace di ingannare la maggior parte degli analisti finanziari.

 

IL CANTO DELLE CORNACCHIE

Sono infatti almeno sei mesi (dopo la fine del 2016 quando la borsa è salita in funzione del cosiddetto “Trump trade”) che ci sentiamo ripetere che i listini azionari sono sopravvalutati, che -compiuti i fatidici sette anni- il ciclo economico positivo non può che volgere al suo naturale termine (almeno in America), che il “tapering” delle banche centrali occidentali restringerà la liquidità in circolazione e tornerà ad alzare i tassi (sebbene per quelle orientali il discorso sia, almeno per il momento, assai diverso) e che dunque sia destinata a sgonfiarsi la gigantesca bolla speculativa che ha favorito i listini e pompato anche i valori dei titoli a reddito fisso.

Sembra sopita per il momento persino la speranza di essere entrati in una nuova epoca che -a partire dal mondo anglosassone- inauguri un deciso taglio alle tasse e un forte incremento degli investimenti per infrastrutture, due fattori che avrebbero il potere di  rilanciare decisamente la crescita economica globale.

Eppure i mercati finanziari non sembrano affatto averla presa male. Restano a galleggiare tranquillamente sui massimi di sempre, assorbendo sinanco l’impatto (oramai dato per scontato) del secondo turno di rialzo dei tassi USA a metà Giugno e, anzi, il corso del Dollaro sembra incamminato verso una china discendente nonostante la Federal Reserve abbia chiaramente indicato che i rendimenti del biglietto verde saliranno tre volte ancora, dopo quello imminente.

LA CRESCITA DEGLI UTILI NON PLACA I TIMORI

Aggiungiamo che i profitti delle società quotate che compongono i principali indici di borsa nell’anno in corso sembrano ulteriormente destinati a crescere: del 24% nell’Eurozona e dell’11% in USA. L’America sembra inoltre veder crescere il suo Prodotto Interno Lordo del 2,3-2,5% quest’anno, contro un 1,6% medio dell’Europa (una crescita media che, senza alcune palle al piede di Paesi resilienti come l’Italia, sarebbe superiore al 2%).

Buone notizie, da piena ripresa economica, o da nuovo slancio del ciclo esistente. Ma secondo gli analisti queste cifre non bastano da sole a giustificare i nuovi massimi dei mercati azionari, non bastano per spiegarne il mancato ridimensionamento. Al contrario! Tutti si aspettano a breve qualche pericolo: un crollo delle borse o, quantomeno, una riduzione dei valori d’azienda espressi dai multipli dei profitti.

Sebbene sia quasi impossibile per chiunque formulare delle ipotesi accurate, lo è tanto più difficile quanto più si voglia navigare controcorrente in contrapposizione al coro generale degli analisti e strateghi di borsa che continuano a guardare la quiete dei mercati quale precursore di tempeste che -nella mia umile opinione- non si materializzano forse mai.

Il mio punto di osservazione mi porta invece a vedere un ordinato dispiegamento di fattori di crescita e di consolidamento dell’economia globale, soprattutto nel continente asiatico, nell’ambito di un mondo che -nel complesso- vede espandere la sua popolazione e la sua produzione di servizi digitali (spesso gratuiti ma che generano comunque importanti valori aziendali) a ritmi ben superiori alle risibili percentuali di crescita economica dell’Occidente.

IL “RED SHIFT” DELL’ECONOMIA MONDIALE

Nell’osservazione dell’Universo, il “red shift” (ovvero lo “spostamento verso il rosso” delle onde elettromagnetiche ricevute) è la constatazione dell’effetto “Doppler” relativo all’allontanamento delle galassie da cui esse provengono, effetto tanto più marcato quanto più sono distanti. Il “red shift” è perciò divenuto nel tempo il sinonimo dell’espansione dell’Universo, misurato in frazioni infinitesimali se proviamo a usare il nostro tempo (anni) e il nostro metro (multipli di chilometri), ma di portata inimmaginabile se lo computiamo su base cosmica, cioè osservando gli oggetti più lontani.

Ed è proprio a partire dall’osservazione degli oggetti più lontani che vorrei argomentare la mia personale spiegazione degli eventi economici globali: la crescita economica che si materializza soprattutto in Asia, con i suoi 5 miliardi di abitanti (quasi dieci volte quelli di USA e Eurozona insieme), i quali in massima parte stanno uscendo adesso dalla condizione di indigenza, è un bradisismo espansivo che trova limitato riscontro nelle statistiche ufficiali, innanzitutto per due motivi:

1) La crescita economica è espressa in valori monetari denominati in divise relativamente deboli rispetto a Dollaro e Euro (si dice che il P.I.L. della Cina avrebbe superato quello americano già nel 2012 se lo Yuan non si fosse svalutato ben di più);
2) una parte consistente della crescita economica è invece basata sulla generazione di contenuti e valori digitali, a partire da quello del Bitcoin, che non trovano posto nelle statistiche ufficiali ma che esprimono valori di accelerazione ben superiori a quelli ufficialmente rilevati.

Si legga ad esempio il saggio di Brookings “l’espansione senza precedenti della classe media nel mondo” nel link qui di seguito: https://www.brookings.edu/wp-content/uploads/2017/02/global_20170228_global-middle-class.pdf.

I BENEFICI PER L’OCCIDENTE

Di una parte di questa crescita si avvantaggiano ovviamente le economie occidentali (ecco che le esportazioni europee crescono ben più delle importazioni, e così si rivaluta l’Euro), un’altra parte di quella crescita va a compensare le esigenze della base demografica che si allarga, una parte di essa infine alimenta l’economia sommersa.
Dunque una parte non trascurabile della “crescita che non si vede” va a ingrassare i profitti delle grandi corporations euro-americane i cui certificati azionari compongono gli indici di borsa. Ed è questo il motivo per il quale i loro profitti crescono oggi ad un ritmo che è dieci volte quello delle economie di loro appartenenza.

Con la crescita dell’economia digitale inoltre i valori inespressi generati dal world-wide web sono probabilmente più elevati di quanto evidenzino le relativamente poche aziende tecnologiche ancora quotate nelle borse valori, la cui maggioranza dei titoli non riguarda l’economia digitale.
Prova ne è la maggior crescita -rispetto agli indici di borsa generali- del listini “tecnologici” come quello del NASDAQ, o meglio ancora gli indici dei valori riferiti alle aziende ipertecnologiche, come il “Robo-Index” (si legga al riguardo un mio recente articolo:  http://giornaledellafinanza.it/2017/05/01/arriva-il-robo-index/ ).

IL RISCHIO DI INCEPPO E LO SPAURACCHIO GEO-POLITICO

È chiaro che la crescita dei valori in gioco e dei profitti (attuali e futuri) che li sostengono può teoricamente portare a incendiare la dinamica salariale, può creare una crisi di liquidità se in parallelo non si diffonderanno ulteriormente strumenti di pagamento alternativi come -appunto- quello del BitCoin, arrivando a generare in definitiva un possibile panico per gli investitori ma, come si dice nell’ambiente aeronautico, “un aereo dentro l’hangar è sempre più sicuro di uno in volo, ma non è nato per restarci”!

Così possiamo prendere in considerazione nelle nostre analisi la probabilità di scossoni stagionali nell’estate, di quelli congiunturali derivanti dal rialzo dei tassi, di quelli prospettici dovuti al ritardo con il quale verranno varate le riforme fiscali e i nuovi grandi investimenti infrastrutturali.
Ma se la crescita economica globale mantiene il suo ritmo attuale, allora le prospettive finanziarie resteranno nonostante tutto fortemente positive!
Questo è anche il motivo per cui tutti si preoccupano per le Borse ma nessuno liquida i propri titoli. E se lo avesse già fatto negli ultimi mesi avrebbe senz’altro sbagliato.

Cosa resta da temere allora? A mio modesto avviso un vero spauracchio, in questa ottica, resta eccome, anzi si dilata, perché può uccidere il vero motore della crescita globale e, indirettamente, silurare i livelli attuali dei listini azionari: è quello della variabile geo-politica!
Il partito della guerra ha sempre tanti sostenitori, troppi, forse, ora che in ballo c’è un’espansione economica come in passato non se ne erano mai viste! Un’espansione corroborata dalla scienza, da un crescente rispetto dell’ambiente, da una relativa pacificazione globale.

Dopo l’astronomia allora è doveroso citare anche la fisica delle particelle: insieme al “red-shift” ci vuole insomma un vero e proprio “quantum leap” (salto quantico) nella qualità della politica internazionale, al fine di riuscire a mantenere le sfere in movimento verso un mondo più complesso sicuramente, ma nel complesso anche migliore.

 

Stefano di Tommaso




I MERCATI NON CREDONO NEL “LICENZIAMENTO” DI TRUMP

Le preoccupazioni che ci trasmettono i giornali relativa al rischio di nuovi scandali, guerre e sconvolgimenti geopolitici non coincidono con la lettura che delle medesime fanno i mercati finanziari

 

Sono state giornate concitate, le ultime. Non soltanto per l’attentato terroristico costato la vita a così tanti giovanissimi a Manchester, ma anche e soprattutto per le notizie che la stampa internazionale ha riportato con insistenza circa la possibile defenestrazione del 45.mo Presidente d’America, con lo shock emotivo ed economico che il rischio di un nuovo scandalo Watergate ha procurato a chiunque volesse prendere in considerazione quella narrativa.

C’è stata però un’altra narrazione al tempo stesso, quella dei numeri dell’economia, dei mercati finanziari e dei risultati borsistici, che dovrebbe far riflettere le cornacchie pronte a scommettere in una nuova apocalisse politica americana. Quella delle borse valori sembra infatti provenire da un altro pianeta, un mondo assai meno dominato dalla potenza (e dall’orientamento politico quasi unanime) dei grandi media che suonano la grancassa.

Proviamo perciò, prima di credere pedissequamente a tutto ciò che i telegiornali ci propinano (soprattutto quando evocano scenari apocalittici) a fare ciò che gli Inglesi consigliano da sempre: “follow the money”!

UNA DIVERSA NARRATIVA

Ecco che dunque i mercati finanziari negli stessi ultimi giorni di angoscia e panico della stampa restano invece tranquillamente sui valori massimi, a cominciare dall’ampio Indice di borsa Standard&Poor500 (Wall Street):


Come pure per gli indici europei, in particolare il FTSE MIB della Borsa Italiana:


Anche per quanto riguarda l’indice azionario globale (l’equivalente dello SP500 riferito alle borse di tutto il mondo) la situazione è la medesima: ai massimi storici di sempre!

Chiaramente la cosa non si spiegherebbe se non ci fossero degli elementi che nel tamtam giornalistico rimangono puntualmente lasciati indietro: ad esempio il fatto che la svolta di Novembre 2016 (quando appunto il controverso Donald Trump è stato eletto) ha rappresentato l’inaugurazione di una stagione completamente nuova non solo per le borse ma anche per l’intera economia mondiale!

Ed è paradossalmente in Europa che da quel momento in poi è cambiata la musica, come dimostrano i dati relativi all’andamento economico delle Piccole e Medie Imprese pubblicati ieri da Markit riguardo l’Eurozona.

Si potrebbe obiettare che il tasso di cambio del Dollaro in compenso sia in decisa discesa, che gli indici economici americani non sono altrettanto fortemente positivo come quelli del resto del mondo, ma non dimentichiamoci cos’è successo fino all’altro ieri: il Dollaro è stato per molto tempo in decisa e costante crescita e l’economia americana comunque sta ancora oggi viaggiando a ritmi migliori di quelli europei. Dopo una lunga corsa entrambi possono ben giustificare un riallineamento a favore di un vecchio continente che continua a sua volta a macinare risultati eccellenti sotto il profilo dell’export e che sembrava avere accumulato un deciso ritardo -rispetto a Wall Street- riguardo alle valutazioni delle imprese quotate.

COSA SUCCEDE DUNQUE: LE PROSPETTIVE ECONOMICHE GLOBALI SONO POSITIVE O NEGATIVE?

Con il raffeddarsi delle relazioni tra Cina, Russia e America nonché con l’escalation militare in corso davanti alle acque della Corea e in Medio Oriente stiamo correndo verso la terza guerra mondiale oppure è anche questa una manfrina che ci propina la stampa? L’America si appresta a far fuori il suo neo-eletto Presidente o questi finalmente darà seguito alle importanti promesse elettorali riguardo la riduzione della tassazione, la riforma della sanità e la revisione dei trattati commerciali USA con il resto del mondo?

Ovviamente nessuno possiede una sfera di cristallo perfettamente funzionante! Nessuno può prevedere con certezza come evolverà lo scenario geopolitico globale. Ci sono anzi importanti e preoccupanti segnali di possibili crisi all’orizzonte. Ma lasciatemi proseguire: ci sono come sempre d’altronde!

ORO E PETROLIO INVECE NON RIFLETTONO ALCUNA PREOCCUPAZIONE

Se guardiamo agli indicatori economici reali, come la quotazione dell’oro, per esempio, che in qualità di bene rifugio ha storicamente ha raggiunto straordinari livelli di parallelismo con le preoccupazioni degli investitori, troviamo le sue quotazioni ad una sostanziale bassezza, esplicitando solo una lieve tendenza a risalire a partire dalla data delle elezioni presidenziali americane:

Una lieve crescita in linea peraltro con le accresciute (ma limitate) attese di inflazione, lungamente ed esplicitamente desiderate dalle banche centrali di tutto il mondo che, fino a quel momento, temevano di vedere l’economia globale ricadere nello spettro di una stagnazione e deflazione secolare.

Non molto diverso (anzi pressoché identico) lo scenario nello stesso arco di un quinquennio relativo ad un altro indicatore globale di preoccupazione degli operatori economici: il prezzo del petrolio, di cui tutti hanno bisogno.

Se fossero davvero preoccupati, gli operatori economici avrebbero avuto negli ultimi sei mesi un atteggiamento completamente diverso!

Dal momento che però non possiamo prolungare questo discorso all’infinito (né possiamo conoscere davvero il futuro), non resta che porsi un’ultima, grande domanda: i mercati finanziari si trovano realmente in una situazione di “ipercomprato”, oppure i fatti nascondono verità diverse da quelle sbandierate dai media?

WALL STREET È DAVVERO SOPRAVVALUTATA?

Per provare a rispondere ho trovato un’interessante analisi dell’andamento di Wall Street (che, come si è visto sopra, è ai massimi ma non è andata troppo diversamente dall’indice azionario globale) misurato, invece che in Dollari, in oro. Vale a dire mostrando l’andamento del medesimo indice SP500 in relazione al prezzo dell’oro (cercando cioè di riferirla a un valore indipendente dalla valuta in cui è espresso):

 


Interessante, vero? Siamo a meno della metà del suo picco massimo raggiunto alla fine degli anni ’90 al momento dell’esplosione della bolla speculativa riferita alla “new economy” e addirittura al di sotto delle quotazioni raggiunte a metà degli anni 2000, prima della grande crisi del 2007, che nel grafico risulta molto evidente (le aree grigie indicano i periodi storici di recessione dell’economia americana).

Secondo questo particolarissimo metro dunque, la borsa americana ha ancora spazio per correre, sebbene il medesimo non possa -da solo- costituire un elemento determinante.

DIFFICOLTÀ POLITICHE, MA NON L’IMPEACHMENT

D’altra parte la firma da parte americana di numerosissimi accordi commerciali in corso, la ripresa dei profitti delle piccole e medie imprese (che in America erano molto depresse) e la relativa stabilità registrata negli ultimi tempi per i mercati dei paesi emergenti, unitamente ad una situazione generale di tassi bassi, limitata inflazione e stabilità dei prezzi delle materie prime, lasciano ben sperare in un’accelerazione della crescita economica globale, cosa che non può che favorire i paesi più sviluppati, esportatori netti di impianti e tecnologie. E finché la barca va, è probabile che nessuno in America si sogni di ammazzare davvero la gallina dalle uova d’oro, ovvero la presidenza Trump. È più probabile che i giochi politici cerchino di limitarne i risultati, in vista delle elezioni del Congresso che potrebbero ribaltare l’attuale monopolio istituzionale repubblicano.

La morale di questa diversa narrativa ognuno di noi può provare a derivarla autonomamente. La mia è semplicemente una constatazione di fatti, cercando di non inficiarli con le opinioni.


Stefano di Tommaso