IL SELL-OFF GLOBALE (PER ORA) NON INCLUDE L’AMERICA

L’indice medio globale delle borse valori è sceso da inizio anno del 9% se escludiamo gli USA, ma quel numero costituisce una media di trilussiana memoria (+5% lo SP500 e -15% l’indice MSCI dei Paesi Emergenti). Molti commenti stanno piovendo su uno iato che, da oramai un semestre, non fa che allargarsi, ma può essere inutile speculare su quale ne sia il motivo dal momento che la risposta è con molta probabilità di totale immediatezza: la crescita economica globale è oramai profondamente disallineata tra Stati Uniti d’America e il resto del mondo e questo incide profondamente sul mercato valutario rafforzando oltre ogni ragionevolezza il Dollaro. E le borse valori ne riflettono soltanto le conseguenze.

 

Purtroppo quello che bisogna prendere atto essere saltato è stato nientemeno che il Leit-Motiv della maggioranza degli investitori e commentatori degli ultimi due-tre anni : la sincronizzazione della crescita economica globale! Che sia tutta colpa di Donald Trump non è certo (anzi) ma non è nemmeno utile indagare. Quello che invece avrebbe sempre più senso chiedersi è quali conseguenze potranno scaturire da una tale -nuova- congiuntura.

Apparentemente la risposta del mercato è semplice e diretta: Wall Street e il Nasdaq saliranno e le altre borse soffriranno. Ma la realtà è molto più complessa e la risposta finale può essere molto diversa: il Sell-Off infatti può divenire facilmente globale.

“TIRA” ANCORA LA LOCOMOTIVA AMERICANA?

Molte volte in passato l’economia americana ha agito da traino alla crescita del resto del mondo, attraverso le importazioni e gli investimenti industriali disseminati ovunque nel pianeta. Per decenni si è sentito parlare di “di locomotiva americana”, ma oggi il mondo è cambiato: la maggioranza dei capitali investiti sulla piazza finanziaria americana non si sa più se sia ancora appartenente agli americani.

La differenza non è piccola perchè il rialzo dei tassi americani, fattore che riflette una dinamica positiva dell’economia, è sostenuto dai lauti profitti messi a segno dalle imprese a stelle e strisce. Ma questa congiuntura, che oggi rende fortissimo il dollaro, è chiaro che non può andare avanti troppo a lungo: col rialzo dei tassi il debito pubblico infatti (cresciuto a dismisura per finanziare le facilitazioni fiscali) costerà sempre di più e se il resto del mondo non seguirà la crescita economica d’oltreoceano allora le esportazioni americane (già danneggiate dal caro-Dollaro) crolleranno e anche i profitti aziendali ne risentiranno.

LA SINDROME CINESE

Il mondo è sempre più interconnesso e gli USA possono pensare di restare un’isola felice soltanto per un limitato lasso di tempo. Poi ogni genere di tensioni potrebbe esplodere, soprattutto se proseguiranno le frizioni con il loro vero rivale degli ultimi vent’anni: la Cina, guarda caso il principale investitore sulle piazze finanziarie americane, che ha accumulato negli ultimi mesi una perdita media del 20% sulle proprie borse valori (cosa che prima o poi le trasformerà in un’occasione di investimento) e  che oggi ha bisogno di riportare a casa i quattrini per proseguire negli investimenti infrastrutturali e tecnologici. La crescita economica cinese non è infatti mai stata così bassa e l’unico modo per contrapporsi a quella tendenza è investire, investire, investire.


L’EUROPA NON RESTERÀ IMMUNE DAL RISCHIO-ITALIA

L’Europa se l’era cavata bene fino a ieri, ma oggi il braccio di ferro con il nuovo governo italiano rischia di fare danni anche all’intera Unione, tanto a livello di debolezza dell’Euro (che per l’Italia potrebbe essere un elemento positivo) quanto per la possibilità che il rallentamento della crescita dell’Eurozona e la riduzione dei rating sovrani come quello dell’Italia possa favorire la fuga dei capitali verso l’area Dollaro.
I commentatori parlano ancora di “crescita globale” senza arrivare ancora a menzionare la progressiva divergenza tra le economie dell’area Dollaro, quelle Europee e quelle del resto del mondo ivi compresi i Paesi Emergenti. Quando inizieranno a prenderla in seria considerazione anche le previsioni di crescita a livello globale verranno pesantemente rivedute al ribasso.

MEGLIO I BOND A LUNGO TERMINE

Dal punto di vista di chi investe il momento è positivo per i mercati americano e giapponese, ma la sensazione netta è che il ciclo di rialzi delle borse stia volgendo al termine, affogato in una crescente volatilità dei mercati. Il rischio è quindi quello di comperare sui massimi , per quanto riguarda i titoli azionari, mentre al contrario è possibile che i rendimenti che si vedono adesso sui titoli obbligazionari a lunga scadenza saranno ricordati a breve come un picco di periodo oltre il quale è possibile che discendano, lasciando spazio a buone plusvalenze in conto capitale.

Stefano di Tommaso




PROVA A PRENDERMI!

Era il titolo di un famoso film con Leonardo DiCaprio nei panni di un giovane trasformista e truffatore che per sostenere una splendida vita e sposare la donna dei suoi sogni non lesina spavalderia, coraggio e genialità pur di riuscire nel suo intento di scrollarsi di dosso le indagini della FBI. Il film finisce in due modi diversi: da un lato il protagonista viene incastrato e finisce in galera, dall’altro la sua genialità viene riconosciuta dallo stesso governo americano che lo ingaggia come esperto falsario. L’impressionante rassomiglianza tra il protagonista del film (DiCaprio) e quello di un’altra storia: Elon Musk, ha eccitato la mia fantasia: entrambi giovani, spregiudicati e fulminei, ma anche troppi propensi all’estremo per riuscire a farla franca. Come nel film oggi DiCaprio rischia di vedere precocemente terminata la sua avventura a causa di un’indagine dell’autorità di Borsa (SEC) sul suo ultimo “cinguettio” (Tweet) sull’omonimo social network, che può trasformarsi in un‘incriminazione se non potrà provare che sia stato veritiero.

 

Tesla Inc. è una delle maggiori società quotate a Wall Street, ma anche senza il minimo dubbio la più controversa tra le “storie tese” che viaggiano sulla bocca di tutti gli investitori. I suoi prodotti sono amatissimi da chi può permetterseli (il top di gamma delle vetture elettriche) ma capaci di generare perdite mostruose che hanno costretto la società a chiedere continuamente capitali e finanziamenti al mercato, fino a creare molto nervosismo sulla sua capacità di riuscire dopo tanti anni -come promesso nell’ultima assemblea degli azionisti- a non bruciare più cassa. Per una compagnia automobilistica dimostrare di poter presto raggiungere gli obbiettivi di produzione e il pareggio di bilancio è un argomento non aggirabile.

 

LA CAPITALIZZAZIONE DI BORSA

Ciò nonostante il valore in Borsa del titolo (60 miliardi di dollari) è sempre riuscito a galleggiare al di sopra delle malelingue e della conseguente speculazione al ribasso, divenuta negli ultimi tempi l’ossessione del suo fondatore, un aitante ingegnere quarantenne sudafricano, anzi! La vicenda che rischia di vederlo incastrato dalla SEC è relativa alla sua ultima trovata: quella di anticipare sui social network una comunicazione di Borsa a dir poco rilevante come l’aver reperito gli investitori/finanziatori per un’OPA (offerta pubblica di acquisto) del titolo a 420 dollari, finalizzata a cancellarlo dal listino. Ora quella quotazione-obiettivo è il 33% in più di quanto viene valutata oggi e per tutti i piccoli azionisti rapppresenterebbe un ottimo risultato, mentre per Elon Musk, ossessionato dalla speculazione al ribasso, potrebbe essere un modo per concentrare il “focus” manageriale sui risultati a medio termine.

 


SERVONO 30 MILIARDI DI DOLLARI

Ora poiché a quella quotazione ($420) Tesla capitalizzerebbe più di 80 miliardi di dollari, tutti si sono chiesti da dove potessero arrivare i capitali per farlo, trovando risposta soltanto in illazioni. Sintantochè, infatti, il mercato dei capitali è disposto a valutare una fortuna i titoli di aziende tecnologiche come Tesla che esprimono forti aspettative di crescita, si può ancora sperare di reperirli, ma è oramai dall’inizio del 2018 la liquidità sui mercati si è rarefatta e di “venture capitalist” pronti a scommettere almeno 30 miliardi di dollari.

A causa infatti del lungo numero di investitori istituzionali e professionali nella compagine azionaria della società si ritiene che molti di essi potrebbero restare anche dopo il delisting riducendo l’effettivo esborso per l’OPA nell’intorno di tale cifra (si veda la tabella qui sotto riportata).

 

Ciononostante, seppur per “soli” 30 miliardi di dollari, di capitali in Occidente disposti a supportare quest’operazione -e i rischi che ne conseguono- c’è il rischio che non ve ne siano. Anche alla luce di ciò il titolo è scivolato in Borsa al di scodella precedente quotazione ($352).


ARRIVANO DA ORIENTE?

E qui viene il bello: altrove nel mondo invece di investitori che non vedono l’ora ce ne potrebbero essere eccome, soprattutto perché Tesla racchiude in sè importanti tecnologie che farebbero gola alla Cina innanzitutto, ma anche all’Arabia Sudita, il cui fondo sovrano è tra I suoi importanti azionisti: in una parola tutti quei paesi in cerca di un “technology transfer”. Non a caso il famoso “cinguettio” che rischia di incastrare Musk per aggiotaggio è arrivato dopo un viaggio in Cina dove ha incontrato un altro suo grandissimo azionista: Tencent (la società che possiede WeChat ) e dove tutte le grandi corporation dispongono potenzialmente di fondi statali illimitati. La Cina è comunque interessante per Tesla dal momento che si appresta a diventare il più grande mercato al mondo per gli autoveicoli e Musk stava comunque pensando di installarvi una fabbrica per ovviare al peso delle tariffe doganali. Da questo punto di vista Musk ha indubbiamente ancora una volta reperito “valore” dove gli altri non si sognavano nemmeno di andare a cercarlo.

 

LA VICENDA DELLE OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI

Ma c’è anche un’altra storia che vale la pena di raccontare: quella del debito di Tesla, espresso principalmente in obbligazioni convertibili. La soglia oltre la quale converrebbe agli azionisti convertire il titolo è guarda caso quella ($360) raggiunta qualche minuto dopo il “tweet” che rischia di incriminare Musk. Se quella quotazione non sarà tenuta allora Tesla in pochi mesi dovrà rimborsare il debito per quasi un miliardo di dollari. Sebbene non si tratti di cifre paragonabili ai valori in gioco, la scadenza era tenuta d’occhio dagli operatori di borsa perché rischiava di essere la buccia di banana sulla quale poteva scivolare l’azienda. Giocare d’anticipo rischia di essere l’unica possibilità di Elon Musk che con gli ultimi scossoni di borsa si sentiva comunque sotto assedio da parte della speculazione al ribasso (coloro che vendono i titoli allo scoperto per poi ricomperare quando scendono) dal momento che Tesla, non generando cassa, può ripagare i suoi debiti solo contraendone altri.

DUE MORALI, COME NEL FILM

Come nel film questa storia ha due morali: da una parte la spregiudicatezza e la temerarietà di un imprenditore che gioca con le perdite di bilancio e con i debiti da anni in tutta naturalezza e alla fine si butta tra le braccia dei dragone cinese (che però potrebbe garantirgli risorse di ogni tipo e vendite di vetture a milioni di persone) hanno una logica che non fa una piega, visto il possibile epilogo. Dall’altra parte il rischio che l’avventura di Musk si fermi prima (dal momento che è già sotto inchiesta e che potrebbe essere incriminato per aver diffuso informazioni confidenziali) andrebbe a danneggiare non soltanto l’azienda, ma anche migliaia di piccoli azionisti che hanno creduto nella borsa americana!

 

Ecco perché la manovra rischia di avere, nonostante tutto, successo. Ma di colpi di scena aspettiamocene ancora un bel numero. Il personaggio è controllato a vista ma non si darà così facilmente per vinto.

 

Stefano di Tommaso




CAPITALI E TECNOLOGIA RIVOLUZIONANO L’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

Tutti si chiedono cosa succederà all’industria dei veicoli da trasporto (e dei loro componenti), innanzitutto perché essa ha vissuto sino ad oggi un certo numero di anni di grande bonanza e adesso mostra qualche segnale di stanchezza nelle vendite e nei prezzi praticati (è da tempo esclusivamente un mercato di sostituzione), ma anche e soprattutto perché ci aspetta che in esso prendano contemporaneamente piede tre diverse rivoluzioni tecnologiche e di mercato che lo influenzeranno moltissimo:

 

TRE DIVERSE RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE SONO IN ARRIVO

– la motorizzazione dei veicoli : (sempre più ibrida-elettrica o mossa da nuove tipologie di combustibile (esempio: idrogeno) e sempre meno diesel, anche in funzione delle esigenze ecologiche e di miglior comfort prestazionale (vibrazioni, rumore, accelerazione, frenata, sospensioni, tenuta di strada…)

– la tecnologia di guida dei veicoli: anche grazie alla digitalizzazione e allo sviluppo delle tecnologie ad essa collegate, ci si aspetta che i veicoli in circolazione saranno animati da grandi intelligenze artificiali, sempre più capaci di farli muovere in sicurezza e autonomamente, sfidando la crescente complessità di ogni contesto (dai centri città ai tunnel alla pioggia o neve),

– La condivisione della proprietà dei veicoli: dal momento che è stimato che ogni veicolo venduto venga utilizzato in media pochi minuti al giorno e che la congestione urbana del traffico spinge inevitabilmente a ridurne il numero in circolazione. Un’esigenza che rimodellerà anche il design dei veicoli, le loro caratteristiche di parcheggiabilità, durabilità e autonomia, data la necessità che ne consegue di poter restare in esercizio per il maggior numero di ore al giorno.

È chiaro che si tratta di tre potentissime ventate di novità che ci si aspetta potranno a breve termine cambiare radicalmente i connotati dell’intera filiera produttiva, ma è ancora più evidente che nessun operatore potrà in futuro fare a meno di importanti collaborazioni con quelli attivi in settori industriali completamente diversi dall’industria tradizionale vdell’auto:

I SETTORI INTERESSATI AL CAMBIAMENTO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

– dalla fabbricazione di motori elettrici e dei sistemi di “power train” (gestione della trazione) sempre più efficienti,

– all’industria dei sensori di ogni genere,

– al settore informatico e dell’intelligenza artificiale

– a quello della conservazione dell’energia (batterie e sistemi alternativi, quali le fuel cells),

– fino all’industria dei nuovi materiali, dalla siderurgia al carbonio, al grafene, al vetro e ai nuovi materiali compositi plastici,

– o a quella del design e dell’arredo interno (ivi compresa la pelletteria e gli accessori)

– per finire con l’ergonomia e gli apparati elettro-medicali utili per la prevenzione degli infortuni.

NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA

Se però tutto questo è vero, è altresì realistico pensare che ben poco del panorama industriale nel settore “automotive” prossimo venturo resterà simile a quello attuale!

Con ogni probabilità dunque il “venture capital” e le “fusioni e acquisizioni” (anche e soprattutto trasversali a diversi settori economici) rimodelleranno e ridefiniranno completamente i confini dell’industria dell’auto, i moltiplicatori di valore di ciascun segmento, fino a decretare il successo o la disfatta di vecchi e nuovi gruppi industriali che riusciranno meglio di altri a cavalcare le ondate di rinnovamento sopra descritte.

Il probabile calo delle vendite degli “altri” veicoli e l’avvento di nuove normative che tenderanno a risultare più restrittive nei confronti dei veicoli inquinanti termineranno il lavoro della ridefinizione dell’industria automobilistica. Ovviamente in un tale contesto chi si ferma è perduto!

IL TRIONFO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ma se c’è un comparto che più probabilmente la farà da padrone è quello dell’intelligenza artificiale, sia nell’attirare i maggiori capitali e i migliori cervelli scientifici dati i moltiplicatori di valore che il mercato finanziario gli riserva, che nella pervasività delle innovazioni che esso determina, anche al di fuori dell’industria della mobilità.


Negli ultimi anni la robotica in generale e l’intelligenza artificiale in particolare hanno attratto le maggiori risorse dei capitali di ventura e la Silicon Valley è oggi tutta un fiorire di start-up tecnologiche focalizzate sulla guida autonoma dei veicoli e su tutto l’indotto che tale industria ha generato. Se va avanti di questo passo il cuore dell’industria dell’auto non potrà che spostarsi in California! Il Giornale della Finanza l’anno passato ha già pubblicato 3 articoli sui cambiamenti in arrivo nell’industria automobilistica : a proposito dell’ auto intelligente , a proposito della sua supply chain, e riguardo al fenomeno del car sharing .

Oggi sono però cresciute, con i capitali dei grandi investitori, grandi compagnie completamente dedite alla tecnologia della guida autonoma come ad esempio ZOOX, che ha recentemente raccolto 500 milioni di dollari per continuare a sviluppare un sistema completo di auto elettrica a guida autonoma (di fatto totalmente alternativa a case come Tesla), valutata implicitamente quasi 3 miliardi di dollari nell’operazione di aumento di capitale. Zoox ha assunto 500 risorse super-specializzate per sviluppare un proprio “robo-taxi” in grado di fare tutto da solo e afferma di esserci sostanzialmente già riuscita!

CAPITALIZZAZIONI DA SOGNO

Le più grandi società della Silicon Valley in concorrenza con Zoox sono peraltro dei colossi come Waymo, la società lanciata da Google nel settore della guida autonoma basata sull’intelligenza artificiale con la collaborazione di Fiat Chrysler e molte altre (BMW, HONDA, INTEL e DELPHI. In una recente intervista al capo analista di UBS Eric Sheridan Business Insider riporta che la sua valutazione come società una volta scorporata da Alphabet (la holding di Google) potrebbe toccare I 135 miliardi di dollari! Per fare un paragone la Ford Motor Co. capitalizza in borsa “soltanto” una quarantina di miliardi di dollari!

La General Motors ha invece acquistato CRUISE alla fine del 2017, valutandola 1 miliardo di dollari. Recentemente (fine maggio 2018) Softbank ha investito nella società 2,25 miliardi di dollari con un aumento di capitale che dovrebbe portarla a controllarne il 20% circa, valutandola implicitamente 11,25 miliardi di dollari.

Ci sono in realtà in questo momento oltre 50 società e filiali di altre aziende che hanno dei veicoli a guida autonoma in circolazione per le strade della California, tutte suscettibili di riuscire a vincere, nelle varie sfaccettature, la corsa all’auto intelligente! Ma soprattutto molte di queste hanno in corso il sorpasso della valutazione della loro casa-madre, quando non sono nate in modo del tutto spontaneo.

LA RIGENERAZIONE DEL SETTORE

Dal momento che le prime a investire in queste start-up sono state proprio le case automobilistiche tradizionali, non è difficile ipotizzare una salutare “rigenerazione” di quell’industria, anche perché sino a ieri a causa dell’oligopolio di fatto che ne preservava margini e quote di mercato, il settore dell’auto era rimasto a fabbricare -affinandole- sostanzialmente le stesse autovetture degli anni ‘90. Forse gli azionisti di controllo dei protagonisti della nuova generazione di costruttori di autoveicoli rimarranno quasi gli stessi, ma le risorse umane, le modalità di lavoro e gli stabilimenti produttivi non potranno che cambiare radicalmente nei prossimi mesi e anni, perché la rivoluzione del settore è in pieno corso!

Stefano di Tommaso




CHI HA GUADAGNATO E CHI HA PERSO DALLE GUERRE COMMERCIALI?

Difficile aggiungere validi commenti alle tonnellate d’inchiostro che sulla stampa di tutto il mondo si sprecano sui pericoli del protezionismo. Meglio cercare di guardare i fatti che qui vengono riportati con l’andamento degli indici delle borse:

•Globale (indice MSCI WORLD in Dollari) 


•Americana (SP500)


•Europee (Stoxxs Europe 600)

 


•Giapponese (Nikkei)

 



•Hong Kong (Hang Seng)

 



•Cinese (SSEC)


Stupiscono due fatti al di là di ogni considerazione: le principali borse del mondo, che alla fine del 2017 sembravano aver toccato le stelle con un dito, nella prima metà del 2018 non sono quasi affatto discese a livelli più bassi, nemmeno nei Paesi Emergenti (tra l’altro misurate in Dollari che si sono evidentemente apprezzati contro molte valute locali!).

Contrariamente a quanto leggiamo tutti i giorni i risultati che emergono dai grafici che seguono non potrebbero essere più chiari: l’America è quella che ci guadagna di più (nonostante il super-Dollaro) e l’Asia (Giappone escluso) è quella che ci perde. Difficile pensare che gli investitori non abbiano alzato le antenne per cercare di capire prima degli altri cosa sta succedendo. E se non sono fuggiti a gambe levate non vi viene qualche dubbio? Siete sempre dell’idea che Trump sia un pazzo che sta mettendo a ferro e fuoco il mondo?

Le ultime proiezioni indicano che quest’anno il prodotto interno lordo americano crescerà di quasi il 3%, poco meno del doppio di quanto dovremmo fare in Italia e significativamente di più di quanto farà la Germania. Se poi cerchiamo di capire qual’è la vera crescita economica cinese dobbiamo alzare le mani, perché gli osservatori internazionali concordano nel ritenere che le statistiche (comunque in discesa sul limitare del 6%) siano in realtà tutte falsate e che il vero passo è poco superiore alla metà di quel numero.

Purtroppo il bombardamento quotidiano cui siamo sottoposti, di commenti di parte e notizie parziali, ci fa talvolta perdere il senso della realtà, convincendoci che la “deriva populista” cui sembra condannato l’Occidente (a partire dalla Brexit) sta distruggendo le basi della società civile cui ci eravamo abituati. Purtroppo è quasi vero l’opposto: i partiti che stanno guadagnando terreno sono votati da un crescente malcontento popolare che le èlites che fino a oggi hanno governato il mondo (e che controllano buona parte della diffusione dell’informazione) non accettano di riconoscere.

Nessuno scrive che l’Europa e la Cina fino all’anno scorso applicavano unilateralmente dazi nei confronti dei prodotti americani e che l’America di Trump aveva più volte chiesto di rimuoverli. Allora Trump è passato ai fatti. E il risultato è che i capitali corrono a sottoscrivere titoli del Tesoro americano e il Dollaro sale, anche perchè le multinazionali riportano a casa la liquidità che prima lasciavano oltre oceano, mentre salari e consumi degli USA crescono a un ritmo superiore a quelli di tutto il resto del mondo.

Stefano di Tommaso