CHI FA SOLDI CON LE SCIAGURE INFORMATICHE

Tanium, tra le più grandi start-up tecnologiche della Silicon Valley è forse anche quella che più ha beneficiato dell’ondata di paura che ha seguito l’avvento di WannaCry, il famoso cyber-attacco che ha recentemente mandato K.O. i computer di mezzo mondo.

 

Condotta da un mercuriale amministratore delegato -Orion Hindawi- pronto ad ogni colpo basso e fondata da suo padre, noto genio dei sistemi di sicurezza, Tanium ha sviluppato sistemi di sicurezza informatica impareggiati e unici nel loro genere, perché garantiscono un controllo estensivo e completo di ogni possibile sistema informatico aziendale complesso, impedendone l’hackeraggio anche dall’ultimo dei terminali. Tra i suoi clienti si annoverano le più grandi multinazionali del pianeta e addirittura molti enti governativi.


Non soltanto Tanium è da tempo in odore di una quotazione multi-miliardaria alla borsa di Wall Street. Essa è inoltre uno dei pochissimi “Unicorni” (le start-up valutate dagli investitori più di un miliardo di dollari) capace di generare cassa (pare ne abbia per oltre 300 milioni di dollari) e di raddoppiare ogni anno il proprio giro d’affari (il 2016 lo ha chiuso con un fatturato di 360 milioni di dollari e anche per l’anno in corso ci si aspetta un raddoppio, in parte dovuto al l’ampliamento della sua base di clientela e in parte a causa dell’incremento generalizzato del budget di spesa delle grandi aziende per la propria sicurezza informatica.

L’azienda, spesso citata per il ruvido stile di gestione dell’accoppiata padre-figlio che l’ha fondata (i quali ancor oggi ne controllano la maggioranza del capitale -i signori David e Orion Hindawi- già fondatori di BigFix) non è nuova a scandali e improvvise sterzate di gestione ed è forse anche per questo che è stata di recente additata come la Uber della sicurezza informatica.

Ebbene, tanto per non smentire la sua fama, Tanium ha approfittato dell’occasione del timore generalizzato riguardante la sicurezza informatica generato dal recente attacco globale del virus “WannaCry” per racimolare dai propri investitori ancora un “round” di aumento di capitale (l’ottavo, sembra, dalla sua fondazione) da 100 milioni, sfiorando con quest’ultimo la mirabolante valutazione implicita di quasi 4 miliardi di dollari, rimandando con ciò nuovamente ad una tempistica indefinita la propria quotazione a Wall Street ed incamerando nuova benzina per la propria crescita senza dover minimamente dipendere dalle sorti dei mercati azionari.


L’operazione ha colto tutti di sorpresa non solo perché nessuno pensava che Tanium ne avesse bisogno, ma anche per il fatto che molto di recente gli stessi Hindawi, suoi principali azionisti citati spesso dalla stampa per aver rimpiazzato senza tanti scrupoli numerosi propri dirigenti aziendali di lungo corso quasi solo allo scopo di poter imporre il loro stile di gestione e così controllare meglio la loro società, si erano invece espressi pubblicamente a favore di una grande quotazione in borsa della società, contraddicendo con ciò un sentimento comune di relativa avversità ai mercati finanziari tra le aziende ipertecnologiche della Silicon Valley , che spesso li considerano soltanto un “male necessario” alla propria sopravvivenza.

Ciò nonostante che il mercato finanziario dei titoli “high-tech” quotati a Wall Street abbia registrato nella prima parte dell’anno una performance da capogiro, pari al 20% (oltre il 50% su base annua lizzati), contro un misero 5% degli altri titoli che compongono l’indice Standard&Poor500.

La storia di questo gioiello tecnologico di quell’America dell’America che è la California odierna non è poi molto diversa da quella di numerose altre grandi imprese americane, mirabilmente capaci di dominare una sofisticata e al tempo stesso pronte a ogni manovra pur di difendere la propria autonomia e identità aziendale, ivi compreso il trarre ottimi profitti dalle disgrazie altrui!

Stefano di Tommaso




I MERCATI NON CREDONO NEL “LICENZIAMENTO” DI TRUMP

Le preoccupazioni che ci trasmettono i giornali relativa al rischio di nuovi scandali, guerre e sconvolgimenti geopolitici non coincidono con la lettura che delle medesime fanno i mercati finanziari

 

Sono state giornate concitate, le ultime. Non soltanto per l’attentato terroristico costato la vita a così tanti giovanissimi a Manchester, ma anche e soprattutto per le notizie che la stampa internazionale ha riportato con insistenza circa la possibile defenestrazione del 45.mo Presidente d’America, con lo shock emotivo ed economico che il rischio di un nuovo scandalo Watergate ha procurato a chiunque volesse prendere in considerazione quella narrativa.

C’è stata però un’altra narrazione al tempo stesso, quella dei numeri dell’economia, dei mercati finanziari e dei risultati borsistici, che dovrebbe far riflettere le cornacchie pronte a scommettere in una nuova apocalisse politica americana. Quella delle borse valori sembra infatti provenire da un altro pianeta, un mondo assai meno dominato dalla potenza (e dall’orientamento politico quasi unanime) dei grandi media che suonano la grancassa.

Proviamo perciò, prima di credere pedissequamente a tutto ciò che i telegiornali ci propinano (soprattutto quando evocano scenari apocalittici) a fare ciò che gli Inglesi consigliano da sempre: “follow the money”!

UNA DIVERSA NARRATIVA

Ecco che dunque i mercati finanziari negli stessi ultimi giorni di angoscia e panico della stampa restano invece tranquillamente sui valori massimi, a cominciare dall’ampio Indice di borsa Standard&Poor500 (Wall Street):


Come pure per gli indici europei, in particolare il FTSE MIB della Borsa Italiana:


Anche per quanto riguarda l’indice azionario globale (l’equivalente dello SP500 riferito alle borse di tutto il mondo) la situazione è la medesima: ai massimi storici di sempre!

Chiaramente la cosa non si spiegherebbe se non ci fossero degli elementi che nel tamtam giornalistico rimangono puntualmente lasciati indietro: ad esempio il fatto che la svolta di Novembre 2016 (quando appunto il controverso Donald Trump è stato eletto) ha rappresentato l’inaugurazione di una stagione completamente nuova non solo per le borse ma anche per l’intera economia mondiale!

Ed è paradossalmente in Europa che da quel momento in poi è cambiata la musica, come dimostrano i dati relativi all’andamento economico delle Piccole e Medie Imprese pubblicati ieri da Markit riguardo l’Eurozona.

Si potrebbe obiettare che il tasso di cambio del Dollaro in compenso sia in decisa discesa, che gli indici economici americani non sono altrettanto fortemente positivo come quelli del resto del mondo, ma non dimentichiamoci cos’è successo fino all’altro ieri: il Dollaro è stato per molto tempo in decisa e costante crescita e l’economia americana comunque sta ancora oggi viaggiando a ritmi migliori di quelli europei. Dopo una lunga corsa entrambi possono ben giustificare un riallineamento a favore di un vecchio continente che continua a sua volta a macinare risultati eccellenti sotto il profilo dell’export e che sembrava avere accumulato un deciso ritardo -rispetto a Wall Street- riguardo alle valutazioni delle imprese quotate.

COSA SUCCEDE DUNQUE: LE PROSPETTIVE ECONOMICHE GLOBALI SONO POSITIVE O NEGATIVE?

Con il raffeddarsi delle relazioni tra Cina, Russia e America nonché con l’escalation militare in corso davanti alle acque della Corea e in Medio Oriente stiamo correndo verso la terza guerra mondiale oppure è anche questa una manfrina che ci propina la stampa? L’America si appresta a far fuori il suo neo-eletto Presidente o questi finalmente darà seguito alle importanti promesse elettorali riguardo la riduzione della tassazione, la riforma della sanità e la revisione dei trattati commerciali USA con il resto del mondo?

Ovviamente nessuno possiede una sfera di cristallo perfettamente funzionante! Nessuno può prevedere con certezza come evolverà lo scenario geopolitico globale. Ci sono anzi importanti e preoccupanti segnali di possibili crisi all’orizzonte. Ma lasciatemi proseguire: ci sono come sempre d’altronde!

ORO E PETROLIO INVECE NON RIFLETTONO ALCUNA PREOCCUPAZIONE

Se guardiamo agli indicatori economici reali, come la quotazione dell’oro, per esempio, che in qualità di bene rifugio ha storicamente ha raggiunto straordinari livelli di parallelismo con le preoccupazioni degli investitori, troviamo le sue quotazioni ad una sostanziale bassezza, esplicitando solo una lieve tendenza a risalire a partire dalla data delle elezioni presidenziali americane:

Una lieve crescita in linea peraltro con le accresciute (ma limitate) attese di inflazione, lungamente ed esplicitamente desiderate dalle banche centrali di tutto il mondo che, fino a quel momento, temevano di vedere l’economia globale ricadere nello spettro di una stagnazione e deflazione secolare.

Non molto diverso (anzi pressoché identico) lo scenario nello stesso arco di un quinquennio relativo ad un altro indicatore globale di preoccupazione degli operatori economici: il prezzo del petrolio, di cui tutti hanno bisogno.

Se fossero davvero preoccupati, gli operatori economici avrebbero avuto negli ultimi sei mesi un atteggiamento completamente diverso!

Dal momento che però non possiamo prolungare questo discorso all’infinito (né possiamo conoscere davvero il futuro), non resta che porsi un’ultima, grande domanda: i mercati finanziari si trovano realmente in una situazione di “ipercomprato”, oppure i fatti nascondono verità diverse da quelle sbandierate dai media?

WALL STREET È DAVVERO SOPRAVVALUTATA?

Per provare a rispondere ho trovato un’interessante analisi dell’andamento di Wall Street (che, come si è visto sopra, è ai massimi ma non è andata troppo diversamente dall’indice azionario globale) misurato, invece che in Dollari, in oro. Vale a dire mostrando l’andamento del medesimo indice SP500 in relazione al prezzo dell’oro (cercando cioè di riferirla a un valore indipendente dalla valuta in cui è espresso):

 


Interessante, vero? Siamo a meno della metà del suo picco massimo raggiunto alla fine degli anni ’90 al momento dell’esplosione della bolla speculativa riferita alla “new economy” e addirittura al di sotto delle quotazioni raggiunte a metà degli anni 2000, prima della grande crisi del 2007, che nel grafico risulta molto evidente (le aree grigie indicano i periodi storici di recessione dell’economia americana).

Secondo questo particolarissimo metro dunque, la borsa americana ha ancora spazio per correre, sebbene il medesimo non possa -da solo- costituire un elemento determinante.

DIFFICOLTÀ POLITICHE, MA NON L’IMPEACHMENT

D’altra parte la firma da parte americana di numerosissimi accordi commerciali in corso, la ripresa dei profitti delle piccole e medie imprese (che in America erano molto depresse) e la relativa stabilità registrata negli ultimi tempi per i mercati dei paesi emergenti, unitamente ad una situazione generale di tassi bassi, limitata inflazione e stabilità dei prezzi delle materie prime, lasciano ben sperare in un’accelerazione della crescita economica globale, cosa che non può che favorire i paesi più sviluppati, esportatori netti di impianti e tecnologie. E finché la barca va, è probabile che nessuno in America si sogni di ammazzare davvero la gallina dalle uova d’oro, ovvero la presidenza Trump. È più probabile che i giochi politici cerchino di limitarne i risultati, in vista delle elezioni del Congresso che potrebbero ribaltare l’attuale monopolio istituzionale repubblicano.

La morale di questa diversa narrativa ognuno di noi può provare a derivarla autonomamente. La mia è semplicemente una constatazione di fatti, cercando di non inficiarli con le opinioni.


Stefano di Tommaso




L’EUROPA CORRE E L’ITALIA… CHE FA?

(Il mondo sembra essere giunto a un bivio sebbene l’Asia prosegua la sua corsa, l’Europa sembri andare meglio dell’America, la Gran Bretagna ancor di più, mentre l’Italia… sembra non cambiare mai!)

 

Il nostro Paese -sebbene abbia imboccato il suo secondo anno di ripresa economica- resta a tutti gli effetti il fanalino di coda del convoglio europeo, fatta eccezione per la Grecia, che però non ha mai avuto l’onore di assurgere a quarta-quinta potenza industriale del mondo.

Il treno dell’Europa, invece, corre. Più di quanto gli analisti potessero prevedere. Più della locomotiva americana, sembra, sebbene l’ipotesi sia tutta da verificare a consuntivo, dopo il naturale esaurimento della attuale felice stagione borsistica del vecchio continente, stagione che invece in America sembra già arrivata al crepuscolo.

È POSSIBILE CHE NON SI PROSPETTI ALCUNA APOCALISSE PER LE BORSE

Come al solito però bisogna fare i conti con la realtà dei fatti che è sempre più moderata di come ce la di aspetti (anche quando sembra proprio che tutto stia cambiando), mentre i giornalisti e i commentatori sono costantemente alla ricerca dello “scoop” ed esagerano sempre.

Questo per dire che la borsa americana potrebbe non declinare così tanto come tutti sembrano prevedere sotto i fendenti delle schermaglie politiche per rimpiazzare il presidente più controverso d’America.

 

LE BORSE EUROPEE POTREBBERO CONTINUARE IL LORO TREND POSITIVO

Nel corso del resto dell’anno le borse europee potrebbero invece anche continuare a crescere, anche se meno di quanto tutti pensano debba succedere, così come l’economia italiana potrebbe non andare così male come invece i più vogliono prevedere, in balia di un nuovo populismo che, come minimo, si manifesterà non prima delle elezioni politiche del 2018, sebbene anche questa data si vuole vederla anticipata da chissà quale coalizione.

Da un lato è vero che l’Eurozona, giunta al suo quarto anno di (disomogenea) ripresa economica, potrebbe averne ancora almeno un paio.Bonanza , data anche la bassa inflazione e la tendenza al ribasso del tasso di disoccupazione, giunto in Germania al 4% circa. Dall’altro verso bisogna osservare che un’eventuale fine del ciclo espansivo americano ridurrebbe le speranze di crescita del resto del mondo, nonché le esportazioni europee.

I grandi investitori stanno oggi riducendo le loro posizioni in dollari e sono pronti a scommettere su un’Eurozona che vede rafforzato l’asse franco-tedesco. Di conseguenza l’Euro sale. La cosa non è positiva per le nostre esportazioni ma è anche ovvio che non potrà restare priva di conseguenze: o la Germania lascia che il suo avanzo commerciale corra e in cambio si accolla i debiti dei paesi europei più deboli oppure la Banca Centrale Europea è possibile che per tenere l’Euro basso continui a comperare titoli di stato (anche italiani) facendo così ancora una volta un favore alle borse. Insomma comunque la si giri l’Europa potrebbe cavarsela bene.

LE BANCHE POTREBBERO STUPIRE POSITIVAMENTE

Le borse europee, d’altronde, si aiutavano già da sole. Gli utili aziendali dell’indice Eurostoxx 600 nel primo trimestre 2017 sono in crescita del 14% rispetto al medesimo periodo 2016 e se si guarda ai profitti delle sole società italiane quotate in Borsa il quadro è ancora più roseo: +73% (e sono principalmente banche le società quotate).

Il panorama peraltro sgombra ogni nuvola all’orizzonte delle banche europee (e fors’anche di quelle italiane): in molti si aspettano una loro sovraperformance nel 2017 e quindi un miglior andamento dei loro titoli. E della situazione potrebbero beneficiare anche le banche italiane, tanto per I rinnovati acquisti immobiliari nel Bel Paese (in forte incremento è in corso, almeno sul fronte residenziale), quanto per la riduzione decisa delle insolvenze sul credito concesso più di recente.

È probabile che la continuazione del ciclo positivo in Europa passi da un allargamento delle maglie del credito mentre in America potrebbe succedere l’opposto.

Aspettarsi tuttavia che anche le nostre finanze pubbliche su rimettano anch’esse un po’ in ordine approfittando del ciclo economico positivo sarebbe davvero troppo. Non in questo momento di campagna elettorale permanente, durante la quale come sempre si cercherà di giustificare aumenti della spesa pubblica non compensati da aumenti (oramai quasi impossibili) del gettito fiscale. Anzi: la campagna elettorale è appena iniziata e sarà lunga ancora circa un anno, fino alla data delle prossime elezioni politiche.

L’ITALIA RISCHIA DI NON CAMBIARE MAI

L’Italia in questo rischia purtroppo di non cambiare mai, sebbene chi la ripara dai fulmini sul proprio debito pubblico, l’ombrellone europeo, rafforzato dalle tendenze positive dell’economia continentale, non potrà certo durare in eterno.

Nell’ipotesi più probabile il debito pubblico sarà progressivamente assorbito da una forte tassazione (unità a una sostanziale discesa della spesa e dei servizi pubblici) in cambio di una crescente integrazione finanziaria in Europa, che ci farà però assomigliare ad una sorta di colonia franco-tedesca. In quella peggiore (da un punto di vista meramente economico), l’Italia vedrà vincere il M5S e magari avvierà un percorso di uscita dall’Euro e di svalutazioni competitive, probabilmente in un quadro di moratoria internazionale del proprio debito. Cosa che la farebbe assomigliare ancor di più alla Grecia.

Ma quest’ultima è un’ipotesi piuttosto improbabile a causa del peso che la vicenda potrebbe avere nei confronti di tutto il resto del mondo e dunque dell’impossibilità per il nostro Paese di sfidarne le istituzioni, come ha potuto fare la Gran Bretagna.
È più probabile una lunga e penosa situazione di bassa crescita, che farà del paese del cappuccino, delle marionette e delle pernacchie una sorta di stato-cuscinetto. Un baluardo strategico dell’Europa nei confronti del resto del Mediterraneo, un po’ dentro e un po’ fuori dell’Unione. Perennemente in bilico e costantemente sé stessa.

Stefano di Tommaso

 




LA CARICA ESPLOSIVA DEL BITCOIN

Bitcoin ai massimi di valore e notorietà. Ma dopo l’attacco senza precedenti ai computers di tutto il mondo ci si chiede se metterlo sotto inchiesta

 

Due recenti accadimenti, collegati tra loro, hanno fatto notizia in tutto il mondo nelle scorse ore:
– L’impressionante ascesa del valore del Bitcoin (la moneta virtuale nata nel 2009 per le transazioni su internet), giunto alla soglia dei 1800 Dollari, quando a inizio 2017 quotava “solo” 1000 Dollari;
– L’attacco informatico senza precedenti che rischia di bloccare i computer di mezzo mondo, per rimuovere il quale è stato chiesto un “riscatto” in Bitcoin.

Soprattutto quest’ultimo ha messo in evidenza come il “Cibercrime” (i reati informatici) possa risultare estremamente difficile da contrastare quando utilizzi tutte le risorse che mette a disposizione la rete mondiale di iternet, ivi compresa la sua criptovaluta: il Bitcoin.

UNA MONETA DAVVERO “INDIPENDENTE” BASATA SUL BLOCKCHAIN: UNA TECNOLOGIA FORTEMENTE INNOVATIVA

Nonostante la sua recente nascita (2009), l’ascesa del Bitcoin come moneta indipendente e internazionale ne ha fatto parlare parecchio i giornali. Ancora oggi tuttavia sono in molti a chiedersi esattamente cosa sia e come funzioni.

La caratteristica principale della valuta online è la sua tecnologia innovativa di certificazione delle transazioni, denominata “blockchain”. Diffusa gratuitamente dai suoi creatori quale sistema di certificazione indipendente e inattaccabile degli scambi commerciali denominati in Bitcoin, il mondo sta individuando molti altri possibili utilizzi della blockchain per certificare di tutto senza bisogno di sottostare all’autorità di qualche garante.

Il fatto che nessuno abbia nemmeno la più remota speranza di poter manomettere il sistema di verifica dei pagamenti in Bitcoin e il fatto che il medesimo sistema non sia controllato né gestito da alcuna autorità politica o centrale, ne proietta un’aura idealistica e libertaria, cosa che ha spinto i suoi pionieri a diffonderla per accompagnare e promuovere proprio quella filosofia sottostante: l’idea che il “signoraggio” della moneta potesse essere abolito costituisce il principale fascino della moneta elettronica per eccellenza, visto che nessuna autorità pubblica può permettersi di stamparne liberamente per i propri scopi.

ADESSO IL BITCOIN HA ASSUNTO ANCHE VALORE LEGALE

Fino a poco tempo fa tuttavia la medesima Bitcoin era una valuta cui nessuno Stato riconosceva valore legale, sin quando tuttavia il governo del Giappone (a inizio 2017) non ha fatto la prima mossa, prendendo atto della sua diffusione e accettandola quale mezzo ufficiale alternativo di pagamento.
La mossa ha spiazzato tutti gli altri governi del mondo perché il Bitcoin ha una caratteristica che a molti non piace affatto: è totalmente indipendente dal sistema bancario e, conseguentemente, i suoi movimenti non sono riferibili all’identità di chi li ha effettuati.

È probabile che sia questo il motivo per il quale il ricatto informatico globale delle ultime ore chiede di essere riscattato in Bitcoin: nessuno potrà risalire all’identità di chi lo percepisce. Forse mai prima d’ora il mondo aveva preso atto del fatto che il Bitcoin può diventare la moneta delle transazioni illegali!

Il Bitcoin infatti viene percepito dai più come una vera e propria riserva alternativa di valore e, al tempo stesso, come un bene della cui proprietà si può impedire il censimento alle autorità statali. Le sue transazioni sono tutte tracciate, ma non è possibile individuare i soggetti che le compiono, che possono avere costituito i loro conti in Bitcoin interamente per contanti e con nomi di pura fantastica.

La questione però accende più di un faro sulla mancanza di controlli per uno strumento che non solo risponde all’esigenza di effettuare transazioni sulla rete, ma soprattutto viene utilizzato come “asset class” a sé stante, oggetto di investimento e speculazione per oltre il 90% delle sue transazioni.

LA CRESCITA DEL SUO VALORE E LA SUA NATURA SPECULATIVA

Il motivo per il quale il Bitcoin è cresciuto esponenzialmente di valore negli ultimi mesi è da riferirsi anche a anche un’altra fondamentale caratteristica di questa moneta: quella di non poter essere “inflazionata”.

Nessuno infatti ha il potere di stamparne un ammontare superiore a quello in circolazione, mentre il suo volume totale cresce leggermente all’aumento del numero di transazioni eseguite grazie a un meccanismo automatico che ne premia i “certificatori” con il cosiddetto “mining” (cioè con la sua estrazione). Il meccanismo di moltiplicazione della moneta è però tale per cui se ne sale la diffusione tra il pubblico e, conseguentemente, la domanda, il prezzo del Bitcoin cresce quasi proporzionalmente, determinandone una forte rivalutazione.

Questo è anche il motivo per il quale ci si aspetta ulteriori forti impennate della valuta virtuale, dal momento che essa è impossibile da inflazionare e, al contempo, è molto richiesta proprio in situazioni dove la circolazione della moneta ufficiale è invece ristretta (la Cina, per esempio) oppure dove esistono forti timori di una svalutazione della medesima a causa di politiche monetarie eccessivamente accomodanti (come il Giappone, appunto). Non è un caso che delle 32 piattaforme di scambio della moneta le prime 4 utilizzino lo Yuan come moneta di cambio del Bitcoin!

Il fatto tuttavia che la maggior parte delle transazioni in Bitcoin abbia natura di investimento ne rende estremamente volatile il valore, come dimostrano le sue vistose oscillazioni degli ultimi anni (sebbene nell’ambito di un trend fortemente crescente).

COSA SUCCEDE ADESSO

È probabile che sia presto tentata la messa al bando della possibilità di creare nuovi conti in valuta Bitcoin in maniera anonima, ma resta per farlo una enorme difficoltà: oggi il sistema è completamente indipendente dai suoi creatori e dunque risulta estremamente difficile apportarvi modifiche.
È come un mostro che si autoalimenta e che propaga la sua esistenza in maniera esponenziale man mano che tutti, dai giovani “nativi digitali” a chi vuole affrancarsi dalle restrizioni di legge, lo scoprono e lo adottano.

È per questo motivo che -nonostante politici, banchieri e sinanco studiosi dell’economia continuino a gridare allo scandalo- è probabile che la sua diffusione non conosca dei significativi arresti e, per l’impossibilità di moltiplicarne le quantità in circolazione, magicamente, nemmeno la crescita del suo valore!

 

Stefano di Tommaso