METÀ ANNO & METÀ DEL GUADO

Giunti alla svolta dell’Estate, all’inizio del nuovo semestre solare e alla vigilia del nuovo G20, proviamo a fare il punto sulla situazione dei mercati e dell’economia globale e, soprattutto, sulla possibilità di una correzione estiva delle borse.

 

Con i prezzi al consumo stabili in Italia a giugno l’inflazione, grande protagonista di timori e aspettative nella prima metà dell’anno, è in calo dello 0,1% all’1,3% mentre nei prossimi mesi dovrebbe restare poco sopra questi livelli (media annua attesa del CPI a 1,5%). Alla stessa percentuale dovrebbe attestarsi in Eurozona la crescita dei finanziamenti ai privati.

L’OTTIMISMO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Draghi perciò gongola: la situazione è in quella perfetta via di mezzo per la prosecuzione degli stimoli quantitativi (tra inflazione/deflazione, crescita moderata e borse non troppo esuberanti) che può permettergli al tempo stesso di continuare quasi indefinitamente a sostenere la liquidità in circolazione e i rinnovi dei titoli di stato italiani (di un eventuale stop se ne riparlerà oramai nel 2018) mentre l’Euro continua ad apprezzarsi sul Dollaro e su quasi tutte le altre valute (cosa molto gradita ai Tedeschi, che stanno partendo per le vacanze sentendosi un po’ più ricchi).

Nemmeno l’Italia trema: le esportazioni italiane vanno ugualmente un po’ meglio di prima (la fiducia delle imprese nel manifatturiero è passata a Giugno a 107,3 dal 106,9 precedente mentre nelle costruzioni sale a 129,8 dal 128,1 di maggio: ai massimi da quasi un decennio) e, se durante il momento di punta del turismo in Italia arriva un po’ più di valuta forte, la cosa non dispiace a nessuno.

L’Euro in salita invece alle borse europee un pochino disturba: chi fa i conti in Dollari continua a cavarsela con le performances ma concorrono alla debolezza delle borse continentali l’instabilità politica e bancaria italiana, gli effetti negativi (assai limitati invero) dell’uscita della Gran Bretagna e i dubbi sulla capacità di Macron di realizzare ciò che ha promesso. La situazione europea tuttavia non riuscirà a influenzare il corso delle borse, anzi fosse per quelle nostrane ci sarebbero anche segnali di cauto ottimismo.

I PERICOLI PER LE BORSE ARRIVANO DA OLTREOCEANO

Il mercato azionario è però sempre più globalizzato e, casomai, il vero pericolo che una correzione significativa su manifesti nel corso del mese arriva dal resto del mondo, dove un certo numero di tensioni stanno acuendosi: dalle difficoltà crescenti della presidenza Trump a quelle geopolitiche mediorientali, dal timore del crollo del sistema finanziario cinese, fino a quello dello scoppio della bolla speculativa derivante dagli eccessi di leva finanziaria di nuovo presenti sul mercato dei derivati (che nel 2008 è stato il vero detonatore).

Bisogna ricordare infine che buona parte degli shock sul mercato finanziario sono stati storicamente generati dalle mosse delle banche centrali e anche stavolta la Yellen potrebbe trovare il modo di portare avanti la tradizione tanto con il suo recente richiamo circa le valutazioni troppo elevate espresse dal mercato quanto per il fatto che un contesto americano di piena occupazione e crescita moderata potrebbe tentare la FED di continuare con il rialzo dei tassi, cosa che però potrebbe-nello scenario attuale- costituire un ulteriore ostacolo alla partenza degli investimenti nelle grandi opere infrastrutturali promesse da Trump.

A ciò va aggiunto che gli operatori si interrogano sulle implicazioni di una crescita economica americana fin troppo moderata che potrebbe far propendere il Congresso americano verso la definitiva archiviazione della riforma fiscale. Già solo questi ultimi due fatti, una volta incorporati nei modelli statistici degli analisti, possono far temere uno scivolone estivo delle borsa americana e, con essa, di buona parte di quelle asiatiche.

Questo non significherà necessariamente l’avvio di una nuova tempesta perfetta dei mercati, per via della crescita economica globale consistente e generata da variabili cosiddette “fondamentali” (demografia, capacità produttiva, tecnologie e globalizzazione). Ma solo che, all’alba del secondo semestre 2017, l’economia globale -giunta a malapena a metà del guado nel suo processo di rinnovamento- qualche ostacolo lungo il suo cammino verso un mondo migliore è praticamente scontato che lo si incontri

 

Stefano di Tommaso




L’EUROPA CORRE E L’ITALIA… CHE FA?

(Il mondo sembra essere giunto a un bivio sebbene l’Asia prosegua la sua corsa, l’Europa sembri andare meglio dell’America, la Gran Bretagna ancor di più, mentre l’Italia… sembra non cambiare mai!)

 

Il nostro Paese -sebbene abbia imboccato il suo secondo anno di ripresa economica- resta a tutti gli effetti il fanalino di coda del convoglio europeo, fatta eccezione per la Grecia, che però non ha mai avuto l’onore di assurgere a quarta-quinta potenza industriale del mondo.

Il treno dell’Europa, invece, corre. Più di quanto gli analisti potessero prevedere. Più della locomotiva americana, sembra, sebbene l’ipotesi sia tutta da verificare a consuntivo, dopo il naturale esaurimento della attuale felice stagione borsistica del vecchio continente, stagione che invece in America sembra già arrivata al crepuscolo.

È POSSIBILE CHE NON SI PROSPETTI ALCUNA APOCALISSE PER LE BORSE

Come al solito però bisogna fare i conti con la realtà dei fatti che è sempre più moderata di come ce la di aspetti (anche quando sembra proprio che tutto stia cambiando), mentre i giornalisti e i commentatori sono costantemente alla ricerca dello “scoop” ed esagerano sempre.

Questo per dire che la borsa americana potrebbe non declinare così tanto come tutti sembrano prevedere sotto i fendenti delle schermaglie politiche per rimpiazzare il presidente più controverso d’America.

 

LE BORSE EUROPEE POTREBBERO CONTINUARE IL LORO TREND POSITIVO

Nel corso del resto dell’anno le borse europee potrebbero invece anche continuare a crescere, anche se meno di quanto tutti pensano debba succedere, così come l’economia italiana potrebbe non andare così male come invece i più vogliono prevedere, in balia di un nuovo populismo che, come minimo, si manifesterà non prima delle elezioni politiche del 2018, sebbene anche questa data si vuole vederla anticipata da chissà quale coalizione.

Da un lato è vero che l’Eurozona, giunta al suo quarto anno di (disomogenea) ripresa economica, potrebbe averne ancora almeno un paio.Bonanza , data anche la bassa inflazione e la tendenza al ribasso del tasso di disoccupazione, giunto in Germania al 4% circa. Dall’altro verso bisogna osservare che un’eventuale fine del ciclo espansivo americano ridurrebbe le speranze di crescita del resto del mondo, nonché le esportazioni europee.

I grandi investitori stanno oggi riducendo le loro posizioni in dollari e sono pronti a scommettere su un’Eurozona che vede rafforzato l’asse franco-tedesco. Di conseguenza l’Euro sale. La cosa non è positiva per le nostre esportazioni ma è anche ovvio che non potrà restare priva di conseguenze: o la Germania lascia che il suo avanzo commerciale corra e in cambio si accolla i debiti dei paesi europei più deboli oppure la Banca Centrale Europea è possibile che per tenere l’Euro basso continui a comperare titoli di stato (anche italiani) facendo così ancora una volta un favore alle borse. Insomma comunque la si giri l’Europa potrebbe cavarsela bene.

LE BANCHE POTREBBERO STUPIRE POSITIVAMENTE

Le borse europee, d’altronde, si aiutavano già da sole. Gli utili aziendali dell’indice Eurostoxx 600 nel primo trimestre 2017 sono in crescita del 14% rispetto al medesimo periodo 2016 e se si guarda ai profitti delle sole società italiane quotate in Borsa il quadro è ancora più roseo: +73% (e sono principalmente banche le società quotate).

Il panorama peraltro sgombra ogni nuvola all’orizzonte delle banche europee (e fors’anche di quelle italiane): in molti si aspettano una loro sovraperformance nel 2017 e quindi un miglior andamento dei loro titoli. E della situazione potrebbero beneficiare anche le banche italiane, tanto per I rinnovati acquisti immobiliari nel Bel Paese (in forte incremento è in corso, almeno sul fronte residenziale), quanto per la riduzione decisa delle insolvenze sul credito concesso più di recente.

È probabile che la continuazione del ciclo positivo in Europa passi da un allargamento delle maglie del credito mentre in America potrebbe succedere l’opposto.

Aspettarsi tuttavia che anche le nostre finanze pubbliche su rimettano anch’esse un po’ in ordine approfittando del ciclo economico positivo sarebbe davvero troppo. Non in questo momento di campagna elettorale permanente, durante la quale come sempre si cercherà di giustificare aumenti della spesa pubblica non compensati da aumenti (oramai quasi impossibili) del gettito fiscale. Anzi: la campagna elettorale è appena iniziata e sarà lunga ancora circa un anno, fino alla data delle prossime elezioni politiche.

L’ITALIA RISCHIA DI NON CAMBIARE MAI

L’Italia in questo rischia purtroppo di non cambiare mai, sebbene chi la ripara dai fulmini sul proprio debito pubblico, l’ombrellone europeo, rafforzato dalle tendenze positive dell’economia continentale, non potrà certo durare in eterno.

Nell’ipotesi più probabile il debito pubblico sarà progressivamente assorbito da una forte tassazione (unità a una sostanziale discesa della spesa e dei servizi pubblici) in cambio di una crescente integrazione finanziaria in Europa, che ci farà però assomigliare ad una sorta di colonia franco-tedesca. In quella peggiore (da un punto di vista meramente economico), l’Italia vedrà vincere il M5S e magari avvierà un percorso di uscita dall’Euro e di svalutazioni competitive, probabilmente in un quadro di moratoria internazionale del proprio debito. Cosa che la farebbe assomigliare ancor di più alla Grecia.

Ma quest’ultima è un’ipotesi piuttosto improbabile a causa del peso che la vicenda potrebbe avere nei confronti di tutto il resto del mondo e dunque dell’impossibilità per il nostro Paese di sfidarne le istituzioni, come ha potuto fare la Gran Bretagna.
È più probabile una lunga e penosa situazione di bassa crescita, che farà del paese del cappuccino, delle marionette e delle pernacchie una sorta di stato-cuscinetto. Un baluardo strategico dell’Europa nei confronti del resto del Mediterraneo, un po’ dentro e un po’ fuori dell’Unione. Perennemente in bilico e costantemente sé stessa.

Stefano di Tommaso

 




MERCATI FINANZIARI: LIQUIDITÀ INNANZITUTTO!

Contrordine: avanti tutta! A volte bisogna ammettere di aver sbagliato e rivedere criticamente le proprie analisi: la liquidità dei mercati finanziari -già da tempo ai massimi- invece di iniziare a scendere cresce ancora e può dunque alimentare un ulteriore slancio verso nuovi massimi.

 

Con la vittoria di Macron alle presidenziali francesi non si può non prendere nota del rilascio ancora una volta di forti dosi di endorfine da parte del sistema finanziario globale, oramai da molti mesi, dopo l’estate 2016, subito a valle dello spavento (durato invero assai poco) conseguito dopo la vittoria della Brexit e in contemporanea all’elezione del più populista di tutti i leaders politici: Donald Trump.

UN FORTE E PROLUNGATO RILASCIO DI ENDORFINE

L’Unione Europea guadagna, con le elezioni francesi, uno dei suoi maggiori sostenitori di uno dei maggiori Paesi “centrali”, quelli che ne potevano avviare la disgregazione e che invece ne sosterranno l’evoluzione. Un messaggio politico importante (di stabilità) che non potrà non trasmettersi ai mercati finanziari, da tempo “dopati” da questo e da molti altri segnali favorevoli allo sviluppo dell’economia mondiale.

Quelle endorfine degli investitori hanno generato uno dei rialzi più sensibili delle borse mondiali nell’ultimo semestre, nonostante esso fosse anche uno dei più improbabili della storia economica, perché arrivato al termine di un lungo ciclo di crescita durato otto anni dal 2008, anno di deflagrazione della crisi di Wall Street, dopo due vittorie politiche “anti-sistema” come la Brexit e Trump, dopo un deciso calmieramento dei prezzi di petrolio e materie prime e in contemporanea ad un forte rimpatrio dei capitali verso i Paesi più sviluppati, cosa che aveva fatto temere per forti conseguenze nei confronti delle economie emergenti.

Invece anche in periferia del mondo è successo l’esatto contrario: le borse dei paesi emergenti sono salite (molto) e le loro valute non ne hanno risentito più di tanto.
Morale: non soltanto i mercati ancora una volta gongolano e riposano su un letto di buone e rassicuranti notizie, ma lo fanno :
– dalla cima dell’Everest, cioè nonostante si trovassero già in situazione di ipercomprato;
– contro ogni previsione con una contemporanea discesa dell’indice di volatilità al livello più basso degli ultimi dieci anni!

MERCATI FINANZIARI: LA VOLATILITÀ SCENDE, LA LIQUIDITÀ SALE

Lo scorso 12 Aprile l’indice della volatilità (quello più noto, riferito all’indice di borsa americano Standard & Poor’s 500) aveva toccato un massimo relativo di periodo (circa quota 16), che faceva pensare all’inaugurazione di una nuova fase di dubbi e sussulti, tanto per il fatto che ai livelli raggiunti dalle borse molti investitori avrebbero iniziato ad alleggerire i loro portafogli, quanto perché solo un mese fa l’inflazione sembrava riprendere corpo e numerosi venti di guerra spiravano in tutte le direzioni del pianeta, alimentando tensioni geopolitiche e il timore di possibili rincari petroliferi.

Invece, soltanto un mese dopo, dobbiamo prendere atto che è successo l’esatto opposto: l’indice della volatilità è sceso a quota 10, i mercati hanno letteralmente ignorato i rischi geopolitici (si legga al riguardo il recente articolo del Giornale Della Finanza :http://giornaledellafinanza.it/2017/05/03/gli-interessi-dietro-la-questione-nord-coreana/ ) nonché le vertigini che potevano scaturire dal camminare su un filo teso tra le vette stratosferiche toccate dalle valutazioni aziendali implicite nei livelli raggiunti delle borse.

Anzi: la loro volatilità è discesa e la loro liquidità è cresciuta, complice anche il fatto che oggi tutte le opinioni sugli utili aziendali e quindi anche sul futuro dei mercati borsistici sembrano essere molto buone. E se il mercato ha esattamente metà dei suoi partecipanti che acquista e l’altra che vende, la sua liquidità cresce! Diverso sarebbe trovarsi in un mercato dove in un determinato istante tutti comprano o tutti vendono: in un tale mercato sarebbe più difficile liquidare la propria posizione o costruirne una, perché sarebbe difficile trovare una contropartita. In un tale mercato -a parità di tutto il resto- la liquidità sarebbe inferiore.

ADESSO COSA ACCADE

Chiaramente, dopo che l’ennesima buona notizia è andata a corroborare il “sentiment” dei mercati, tutti si chiedono cosa succederà dopo. La finanza tende ad anticipare sempre le notizie e non è affatto detto che, subito dopo il loro conclamarsi, esso ne anticipi invece altre di segno negativo, che le statistiche economiche registreranno soltanto molti mesi dopo. “Buy on rumors and sell on news” dicono le vecchie volpi!

È sempre possibile che adesso i mercati vadano giù, ma è relativamente improbabile per i motivi sopra segnalati e altro ancora:

– primo, perché il quadro generale è comunque positivo anche per i mesi a venire , dunque non tale da alimentare fughe repentine;
– secondo, perché la buona liquidità generale favorisce un basso livello di onde del mercato (le stesse registrate dall’indice di volatilità) e dunque il miglior assorbimento di qualunque iniziativa di investitori decisi ad andare controcorrente senza impatti significativi sulle quotazioni;
– terzo, perché i tassi bassi, la tendenza ad ulteriori discese di costi energetici e materie prime (che scoraggia l’inflazione) e il buon ritmo di crescita dell’economia globale sono tutti fattori che spingono dalla parte dell’ottimismo;
– quarto, perché persino gli spread tra centro e periferia d’Europa, così come quelli tra Bund e Bond (europei contro americani) tendono a restare stretti, nonostante il chiaro sfasamento tra l’economia americana e quella continentale;
– quinto, perché l’Euro, passato lo spavento della frattura dell’Unione, accoglie capitali (anche da oltreoceano) e sale oltre ogni aspettativa, superando di slancio quota 1,10 Dollari e dunque minimizzando il rischio che il rialzo di tassi americano possa determinare uno shock valutario e, anzi, alimentando le aspettative di ulteriori interventi della BCE in acquisto di titoli di ogni genere per contenerne la rivalutazione. Cosa che aumenterebbe al tempo stesso la liquidità in circolazione.

LA DISFATTA DEI “CONTRARIAN”

Quel che sembra accadere perciò è una disfatta del partito dei “contrarian”, una forte stabilizzazione delle maggiori variabili economiche, una grande liquidità dei mercati e una parata di buone notizie politiche. Di cigni neri all’orizzonte ne potrebbero apparire molti ancora, ma al momento sembra restare in onda lo spettacolo della “bambola dai riccioli d’oro” (né troppo né poco di tutto), destinato ad ulteriori numerose repliche. Ogni possibile sussulto dei mercati sembra dunque rimandato ancora una volta. All’estate, magari, per la quale manca ancora più di un mese. Un’eternità per i mercati!

 

Stefano di Tommaso