LA RESILIENZA DELL’ECONOMIA REALE


Non c’è commentatore al mondo che negli ultimi mesi non abbia gridato allarme (e a ragione, direi) per i mercati finanziari. Nel primo quadrimestre 2018 questi hanno vissuto infatti un violento risveglio della volatilità e, persino le borse che hanno performato meglio, come quella di Milano, hanno al massimo limitato i danni.

 

Per Wall Street in particolare (che poi dá il tono a tutte le altre borse) il momento non è affatto facile ma bisogna notare al tempo stesso che la congiuntura negativa provocata dal rialzo dei tassi e dalla riduzione della liquidità in circolazione non ha tuttavia nemmeno provocato dei veri e propri crolli.

L’ultima notizia è quella della risalita non solo dei tassi a breve termine americani voluta dalla Federal Reserve, ma anche quella del rendimento dei titoli di stato decennali a stelle e strisce oltre la soglia psicologica del 3% , con il conseguente calo e delle quotazioni del titolo.


Ma quella che potrebbe suonare come una conferma del fatto che i mercati continueranno a scendere in corrispondenza di tassi più elevati a molti è invece apparsa come una mezza buona notizia.

LA “CURVA DEI RENDIMENTI” RESTA POSITIVA

Se la “curva dei rendimenti” infatti (il grafico che registra i rendimenti di mercato per ciascuna scadenza, dalle più brevi alle più lunghe) ha ancora un‘ inclinazione positiva (cioè i tassi sono più alti per le scadenze più lunghe) allora molti analisti tirano un respiro di sollievo: quello che comunemente è indicato come il primo indicatore di recessione (l’inversione dell’inclinazione della curva medesima) oggi ci dice che l’inversione del ciclo economico non sembra essere alle porte, nemmeno per l’economia americana che ha beneficiato sino ad oggi del più lungo ciclo positivo che si ricordi e che ci si aspetta possa essere la prima a registrare una virata.

Di seguito due grafici utili a visualizzare la situazione complessiva: da un lato (sinistro) la curva dei rendimenti, dall’altro (il destro) la performance di Wall Street negli ultimi 18 anni, dove in alto a destra si può cogliere il rintracciamento dell’ultimo periodo ma, al tempo stesso la sua relativa portata rispetto alla tendenza di lungo termine (che sembra ancora positiva).


Qui sotto possiamo vedere nel dettaglio, aggiornata al 24 Aprile, la struttura dei rendimenti americani per ciascuna scadenza:

Questo il “sentiment” comune degli operatori che perciò leggono nelle ultime evoluzioni del mercato finanziario anche dei segnali positivi di riposizionamento su una “normale” risalita dell’intera struttura dei tassi a causa del manifestarsi dell’inflazione, mentre al tempo stesso il fatto che quest’ultima è salita ma non di molto, nonostante un’ottima dinamica dei salari e della riduzione della disoccupazione fa ben sperare in una robusta crescita dell’economia reale senza che essa di “surriscaldi”.

L’OTTIMISMO DELLE AZIENDE. IL CASO CATERPILLAR

Da cosa deriva il relativo ottimismo? Innanzitutto dalle validissime notizie che giungono dall’andamento degli utili delle aziende di tutto il mondo: non sono mai stati così buoni e sembrano relativamente sincronizzati un po’ su tutto il pianeta. Una recente notizia, quella dell’ottima performance della Caterpillar, considerata l’azienda che meglio indica l’andamento dell’economia globale, è stata salutata da tutti come una conferma in tal senso. Di seguito i risultati di CAT:


Ma non solo: le innovazioni tecnologiche avanzano con decisione nell’automazione industriale e, insieme con esse, cresce anche il valore creato dalla “sharing economy” (l’economia della condivisione: quella che permette di ottenere gratis o quasi numerosi servizi in cambio di pubblicità e informazioni) che quasi sempre sfugge alle statistiche sul prodotto globale lordo ma non per questo non esiste.

Il fatto che l’economia globale cresca su base annua ad un ritmo vicino ( o probabilmente superiore) al 4% è testimoniato inoltre dalla dinamica positiva dei prezzi delle materie prime, come si vede nel grafico qui riportato:


IL CICLO ECONOMICO NON SEMBRA A RISCHIO

Queste e altre considerazioni fanno pensare che la volatilità che i mercati finanziari stanno subendo nelle ultime settimane sia in realtà quella tipica delle correzioni che arrivano sempre a metà del ciclo economico: e che perciò quest’ultimo abbia dunque ancora un paio di annetti di buona strada davanti a sè (tensioni geopolitiche permettendo) prima di invertire la rotta.

Certo quando la liquidità complessiva scende e i tassi crescono orientarsi sui mercati diventa molto più difficile, così come la necessaria rotazione dei portafogli che la correzione in corso provoca porterà probabilmente a ridimensionare le valutazioni stellari dei titoli legati a internet quali i FAANG ad esempio (acronimo che indica quelli a maggiore capitalizzazione come FACEBOOK, AMAZON, APPLE, NETFLIX e GOOGLE).

IL DOLLARO POTREBBE ANDARE CONTROCORRENTE

In questa situazione molti investitori decidono “tout-court” di restare liquidi e di non reinvestire in titoli azionari che una piccola parte di quanto avevano in precedenza in portafoglio (cosa che mi porta a credere che deterranno Dollari e che il biglietto verde, di conseguenza, potrebbe anche rivalutarsi, mentre le borse europee sembrano più stabili e meno sopravvalutate e di conseguenza vedranno un minor numero di disinvestimenti insieme, forse, ad un Euro più debole). Dunque la “rotazione “ dei portafogli è parziale e non favorisce che marginale i titoli anticiclici.

Ma bisogna anche notare che sono mesi che sono iniziati il processo di disinvestimento “strategico” dal mercato azionario e quello della rotazione dei portafogli e che dunque non c’è da attendersi dei veri e propri “tonfi” dei mercati americano e asiatici, che pure vedono le loro unghie spuntarsi a causa della forte incidenza sui loro listini dei titoli “tecnologici”.

DIFFICILE FARE “STOCK-PICKING”

Probabilmente è tornato di nuovo il momento di selezionare (con molta parsimonia) l’acquisto di titoli “value” (che esprimono cioè maggior valore intrinseco), sebbene bisogna difendersi dall’elevata correlazione che le borse hanno mostrato di recente tra i tra i titoli dei diversi comparti, lasciando perciò poco spazio alla selezione dei portafogli. Di seguito un grafico al riguardo:


E’ interessante notare che l’indice di correlazione qui riportato non sia andato alle stelle soltanto quando le borse stavano per crollare, ma anche in molte altre occasioni in cui semplicemente gli investitori hanno avuto più paura. Un mezzo buon segno insomma. Insieme ad un avvertimento: in momenti come quello attuale nessuna borsa è davvero in acque sicure, nemmeno quella italiana! (di seguito l’andamento dell’indice negli ultimi 5 anni):

 

Stefano di Tommaso




I PROFITTI AZIENDALI VANNO ALLE STELLE MA WALL STREET TENTENNA

Quest’anno le 500 società che compongono l’indice Standard & Poor della borsa americana ci si attende che dichiareranno mediamente quasi il 20% di crescita degli utili aziendali rispetto al 2017. Si tratterebbe del maggior incremento dal 2010 rispetto al 2009 (l’anno in cui vennero contabilizzati i disastri della crisi dell’esercizio 2008) e, in assoluto, di uno degli anni migliori della storia economica americana.

 

Qui in basso un grafico di Reuters che riporta le stime degli analisti, normalmente un po’ più prudenti di quanto viene poi effettivamente pubblicato (è per questo che le attese vere sono al 19,7%, e non al 17,2% ufficiale):

Ma quello che più conta è che negli stessi prossimi giorni in cui verranno resi noti I dati definitivi dell’esercizio 2017, verranno anche comunicate le prime notizie circa l’andamento prospettico del primo trimestre 2018 e, anche in questo caso, gli analisti si aspettano ulteriori formidabili incrementi rispetto allo stesso trimestre del 2017. Qui sotto uno spaccato delle aspettative per ciascun macrosettore economico:

Fino qui le buone notizie, con l’aggiunta che oggi ci si aspetta forti miglioramenti dei conti non soltanto nei settori che se la passavano peggio l’anno prima (come le energie, che hanno pagato caro il petrolio basso prima e poi la crescita tumultuosa del suo prezzo, oppure le banche, che pagavano il prezzo di tassi troppo bassi fino all’anno prima), bensì anche da quelli per cui il mercato si attendeva già un’ottima performance, come ad esempio l’ “information technology” o le cure mediche, che già andavano benissimo l’anno precedente.

DUE POSIZIONI CONTRASTANTI

Il punto però è che il mercato azionario nel corso del 2017 è appunto cresciuto in media del 20% e che, dunque, quel risultato lo aveva già scontato l’anno prima. Come dire che l’ufficialità della conferma degli utili attesi potrebbe non commuovere affatto Wall Street ma anzi, al contrario, farle dubitare fortemente che le medesime brillanti performances del 2017 (registrate nell’Aprile 2018) potranno risultare ancora migliori nel corso del 2018 (quelle che saranno registrate nella primavera 2019).

E qui -com’è ovvio- gli analisti si dividono in due scuole di pensiero: da una parte quelli che tenendo conto delle buone notizie concernenti l’andamento globale dell’economia reale (da tanto tempo le notizie non erano così positive) ritengono che il super-ciclo economico sia tutt’altro che esaurito (e dunque le borse continueranno a correre anche nel 2018) e dall’altra parte coloro che ritengono che le borse guardino uno-due anni avanti e che le attuali quotazioni azionarie già incorporino le straordinarie attese di profitti in corso (e che pertanto nel resto dell’anno le borse non brilleranno).

LE DIVERSE MOTIVAZIONI

A dare manforte a questa seconda scuola di pensiero peraltro sono i più, e con ottime argomentazioni, quale ad esempio lo scostamento tra i due grafici (utili e quotazioni) che si è accumulato nell’ultimo anno e mezzo:

A dare conforto alla prima tesi (gli ottimisti) peraltro ci sono soggetti molto autorevoli come ad esempio le maggiori banche d’affari del mondo e con un ragionamento che, anch’esso, sembra non fare una piega:

Se infatti le aspettative per l’indice SP500 sono quelle proiettate “dal basso” dagli analisti sulla base degli utili attesi, non si può non tenere conto del fatto che la medesima proiezione con il medesimo approccio “dal basso” per i periodi precedenti ha funzionato benissimo, come mostra il grafico seguente:

D’altra parte i moltiplicatori degli utili attesi, dopo l’ultimo pesante storno di Wall Street e con le prospettive di profitto per I 12 mesi successivi che oggi si vedono, sembrano essere divenuti molto convenienti, come mostra il grafico qui sotto riportato:

Dunque basterebbe una piccola variazione in senso positivo al contesto generale ( che prevede contemporaneamente: prospettive di guerre commerciali, disordini geopolitici, aumento dei tassi di interesse e dei deficit pubblici) perché gli investitori possano tornare ad un relativo ottimismo.

LA CONCORRENZA DEI FONDI MONETARI

Ma un’altra variabile rischi di rovinare loro la festa: la maggior convenienza a tenere in portafoglio strumenti di mercato monetario che non azioni o obbligazioni, come dimostrano i grafici qui sotto comparati:

Se si tiene conto del fatto che i rendimenti di questi ultimi appaiono completamente privi di rischio (tranne ovviamente quello delle quotazioni del Dollaro in cui sono denominati), si capisce perfettamente che, qualora le banche centrali si spingeranno troppo oltre nel rialzare i tassi d’interesse a breve termine, potrebbe aumentare la convenienza per chi investe ad abbandonare i mercati borsistici (che sono quelli che portano risorse fresche alle imprese) per concentrarsi su depositi a brevissimo termine. Il vero nemico dell’investimento azionario non sono dunque le obbligazioni (i cui corsi hanno un’elevata correlazione con quelli dei titoli azionari), bensì i depositi di liquidità a breve durata.

IL DISCRIMINE LO FANNO L’INFLAZIONE E LE BANCHE CENTRALI

È ovvio che, in assenza o quasi di fiammate inflazionistiche la cosa non avrebbe molto senso poiché aumenterebbero i rendimenti reali e dunque il costo netto del capitale, ponendo un freno all’economia. Il rischio è quantomai reale e, anzi, è noto che parecchie delle ultime recessioni sono proprio state scatenate da politiche troppo restrittive delle banche centrali!

La morale è perciò solo una : le borse potrebbero performare ancora bene ma solo se gli aumenti dei tassi programmati dai banchieri centrali troveranno riscontri nell’incremento corrispondente dell’inflazione effettiva, oppure se verranno posticipati.

Altrimenti con quei rialzi non proteggeranno da un’inflazione ampiamente già sotto controllo bensì faranno da freno alla crescita economica, e sarebbe un vero peccato visti i risultati positivi ottenuti fino ad oggi dai medesimi banchieri centrali nella lotta alla disoccupazione!

Stefano di Tommaso




L’ORACOLO DI OMAHA

Sono 53 anni che, una volta l’anno di questi tempi, uno degli uomini più riservati (e potenti) del pianeta prende carta e penna e racconta ai suoi azionisti com’è andato l’anno per la sua società di investimento e cosa pensa delle borse e della finanza. Non ci sarebbe niente di strano e non è certo l’unico grande investitore a farlo, se non fosse che sono appunto 53 anni che lui porta ottimi risultati e che in questi egli si è dimostrato il più grande di tutti i tempi: il guadagno che ha procurato a chi ha investito con lui rasenta infatti il 20% composto annuo (senza mai fare un buy-back delle azioni) e le sue partecipazioni spaziano dalle banche alle assicurazioni, passando per l’informatica, l’edilizia, l’elettronica e l’assistenza sanitaria.


UNA LETTERA ATTESA DA TUTTO IL MONDO

I brillanti risultati della sua società holding di investimento, la Berkshire Hathaway, sono soltanto una delle ragioni per le quali oramai a leggere la lettera annuale di questo arzillo 87enne non sono solo i suoi azionisti ma è il mondo intero, per cercare consigli, ispirazione e saggezza.

Le altre ragioni della sua fama stanno nella particolarità del soggetto: oltre che schivo e riservato egli è famoso per la prudenza dei suoi giudizi e la conservativitá dei suoi orientamenti (pur essendo un democratico) oltre che per talune singolari prese di posizione, sulle quali difficilmente sino ad oggi si può affermare che abbia avuto torto. Vediamo perciò insieme quali messaggi Warren Buffett ci lancia questa volta.

IL REGALO DI TRUMP

La lettera esordisce con un esplicito (e ironico) ringraziamento al governo nuovo Presidente americano: dei 65 miliardi di dollari guadagnati nel corso del 2017 Buffett afferma di averne meritati con il suo lavoro soltanto 36. Gli altri 29 miliardi di maggior valore sono dovuti alla riduzione della tassazione sui profitti aziendali, manovra che egli scrive di non condividere, dei quali può tuttavia soltanto ringraziare Donald Trump.

Bisogna per tutta onestà far notare che Buffett è forse ancora più nazionalista di Trump, dal momento che oltre il 90% dei suoi investimenti è effettuato in America.

L’ENORME LIQUIDITÀ ACCUMULATA

Proseguendo nella narrativa, il miliardario segnala chiaramente la questione più macroscopica che riguarda il bilancio della sua holding, che è ovviamente quella dell’enorme liquidità accumulata a fine 2017 sui propri conti bancari: 116 miliardi di dollari (in crescita del 35% sull’anno precedente) che, rapportata ai 490 miliardi di dollari della propria capitalizzazione di mercato, fa il 24% del totale e, soprattutto, è un’enormità se viene rapportata al valore di mercato al 31.12.2017 del totale dei suoi investimenti in azioni (191 miliardi: il 61% di questi ultimi) e al totale di quelli in azioni di aziende quotate in borsa (170 miliardi: il 68%). Un forte segnale di prudenza rivolto al mercato, o un‘ attesa di grandi turbolenze o infine la possibilità che egli stia preparando una grandissima acquisizione.

LE (POCHE) AZIENDE SELEZIONATE

Un’altra chiave di lettura relativa al perché di tutta quella liquidità in cassa risiede infatti nell’accenno che egli fa alla sua preferenza per acquisizioni di società se possibile molto grandi, temperata tuttavia dal fatto che agli attuali prezzi di mercato nel corso dell’anno appena concluso non ne ha ritenuta soddisfacente alcuna. Una costante delle sue (rare) uscite è infatti ripresa anche stavolta nel cenno che riguarda la condanna dell’iperattivismo e i vantaggi del fare poche intelligenti mosse negli investimenti azionari. “Non c’è bisogno di grandi lauree o del linguaggio forbito degli analisti finanziari per selezionare i migliori investimenti, quanto piuttosto di mantenere la calma e la lucidità nel misurare pochi, semplici valori fondamentali nel tempo delle aziende da scegliere” sentenzia l’Oracolo. Molto spesso altrove egli ha precisato che -non importa quanto sforzo venga impiegato- per fare buoni investimenti ci vuole tempo, così come per fare un figlio ci vogliono comunque nove mesi e non si riesce a farlo in un mese mettendo incinte nove mamme!

QUALCHE “COLPO GROSSO” O ECCESSO DI PRUDENZA?

Così vedremo se sta preparando un “colpo grosso” oppure sta solo posizionandosi in una logica di maggior prudenza. Tra le aziende preferite da Buffett quest’anno si è decisamente imposta la Apple, di cui oramai detiene il 3,3% e dove ha investito quasi 21 miliardi di dollari che a fine 2017 ne valevano già più di 28, il più elevato investimento azionario dopo la banca Wells Fargo, di cui detiene quasi il 10% per un controvalore a fine anno di oltre 29 miliardi. Certo le sue scelte hanno quasi sempre fatto centro, facendo della Berkshire una delle poche società che ha battuto la crescita dell’indice di borsa e con una più limitata volatilità (vedi il grafico).

ANCHE I TITOLI A REDDITO FISSO SONO RISCHIOSI

Uno dei principi più celebri e graffianti che l’Oracolo di Omaha ha stavolta voluto riaffermare è relativo al concetto di prudenza (che per lui riveste un aspetto fondamentale nel lavoro che svolge): spesso gli investitori istituzionali usano il rapporto tra reddito fisso e azioni per misurare la rischiosità del loro portafoglio ma non potrebbero commettere un errore peggiore: anche i titoli obbligazionari hanno il rischio delle oscillazioni di prezzo e per di più potrebbero essere non rimborsati. Concetto tanto più vero quanto più è probabile un rialzo dei tassi.

GLI AFORISMI, LE IRONIE E LE IDIOSINCRASIE (PER L’M&A)

Buffett è infine famoso per le sue brevi e graffianti sentenze, che usa intelligentemente per avere facile accesso alla comprensione di chi lo ascolta e riuscire a semplificare i concetti più difficili.

Anche stavolta ne dispensa di copiose, come : “Non è necessario fare cose straordinarie per avere risultati straordinari”, oppure : “devi fare solo poche cose buone nella vita e per tanto tempo, così non ne farai troppe sbagliate”.

Quest’anno la sua idiosincrasia si è concentrata sull’eccesso di fusioni e acquisizioni che spesso vengono sollecitate dagli stessi azionisti al management delle imprese: “è come chiedere a un adolescente immaturo di avere una vita sessuale normale” dice Buffett, “un istante dopo che il management sarà stato incitato a fare acquisizioni troverà sempre buone giustificazioni per farne una”. E non ha esitato a definire “un verme solitario affamato” per l’economia americana il crescente costo delle cure sanitarie (che in effetti negli U.S.A. è salito molto più dell’inflazione: vedi grafico qui sotto).

ALCUNE DELLE SUE FAMOSE MASSIME:
•Quello che abbiamo imparato dalla storia è che le persone non imparano nulla dalla storia

•Le catene delle abitudini sono troppo leggere per essere avvertite finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate

•Niente distrugge la capacità di ragionare come grandi dosi di denaro ottenute senza sforzi

•Nel breve periodo il mercato azionario è una macchina elettorale, nel lungo periodo è una bilancia che pesa il valore reale dell’azienda

•La qualità più importante di un investitore è il temperamento, non l’intelletto. Hai bisogno di temperamento per non provare grande piacere né nel seguire la folla, né nell’andare controcorrente

•Non amo saltare un ostacolo di tre metri. Preferisco guardarmi intorno e cercare un ostacolo di un metro che posso scavalcare

•Nel breve periodo il mercato azionario è una macchina elettorale, nel lungo periodo è una bilancia che pesa il valore reale dell’azienda».

•Le opportunità arrivano raramente. Quando piove oro, metti fuori un secchio, non una ciotolina

•Se non vuoi essere proprietario di un’azione per dieci anni, non pensare nemmeno di impossessartene per cinque minuti. Metti nel tuo portafoglio titoli di aziende i cui guadagni complessivi sono destinati a incrementare negli anni. Così anche il valore di mercato del tuo portafoglio aumenterà

•La chiave per investire non è valutare quanto un’industria può cambiare la società, o quanto è destinata a crescere. Ma è determinare il vantaggio competitivo di ogni azienda e, soprattutto, la durata di quel vantaggio

•È decisamente meglio comprare una società meravigliosa a un prezzo discreto che una società discreta a un prezzo meraviglioso

•Come diventare ricco: sii timoroso quando gli altri sono avidi e avido quando gli altri sono timorosi

•Agli studenti dei licei dico : quando avrete la mia età avrete avuto successo se le persone che speravate vi amassero vi amano

•La differenza tra persone di successo e quelle di grande successo è che le seconde dicono no quasi a tutto

•Ho visto tante persone fallire per problemi di alcool e per i prestiti. Non hai bisogno di chiedere un prestito in questo mondo. Se sei intelligente, riuscirai a fare soldi anche senza.

QUANDO INVESTO È FISSA NELLA MIA MENTE L’IMMAGINE DEL PICCOLO AZIONISTA CHE RIPONE NEI TITOLI DELLA MIA SOCIETÀ UNA PORZIONE CONSISTENTE DEI SUOI RISPARMI. NON POSSO TRADIRLO!

“Ed è proprio su quest’ultimo punto (i rischi e la leva finanziaria che egli conclude la sua lettera on un ennesimo richiamo alla prudenza: non c’è niente di più importante per me che il piccolo azionista che ha fiducia in noi e ripone in titoli della società che io gestisco una quota consistente dei suoi risparmi: ogni giorno quando devo prendere delle decisioni ho fissa nella mia mente l’immagine di quell’azionista”. Signori, il capitalismo popolare americano ha ancora una volta il suo paladino ! (nell’immagine: il congresso dei suoi azionisti dello scorso anno).

Stefano di Tommaso




BORSE: PREVISIONI&CONSIDERAZIONI PER IL 2018

(dopo il crollo del Bitcoin sarà la volta dei derivati?)

Più di un commentatore mi ha fatto notare quanto l’attuale fase dorata dei picchi borsistici che negli ultimi 12-15 mesi ci siamo abituati a vedere sia strettamente dipendente dalla forte liquidità ancora oggi immessa copiosamente in circolazione da parte delle Banche Centrali di tutto il mondo, a partire dalla Banca Centrale Europea.

Negli ultimi tempi ci siamo riposati sull’idea che l’attuale fase di euforia borsistica, per quanto quasi inspiegabile, possa durare per sempre. E che oramai l’andamento dei mercati dipenda da quello (positivo) dell’economia globale e dei profitti aziendali, più che da fattori distorsivi come il Q.E. (Quantitative Easing). Cosa peraltro parzialmente veritiera, dal momento che la crescita economica globale al di sopra del tasso tendenziale del 4%, così sincronizzata tra le principali economie del mondo, ha sicuramente dato fiducia agli investitori i quali, ovviamente, hanno ricambiato la cortesia ai mercati incrementando tanto l’acquisto di asset fisici quanti la loro quota di liquidità investita in strumenti borsistici.

I MERCATI TUTTAVIA HANNO PERFORMATO PRINCIPALMENTE A CAUSA DELLA FORTE LIQUIDITÀ IMMESSA DALLE BANCHE CENTRALI

Ciò che invece dovremmo forse osservare con più attenzione è quanti anni di espansione monetaria ci sono voluti perché gli effetti del Q.E. si trasmettesse all’economia reale: troppi forse, visto che ancora oggi l’inflazione sembra non fare alcun occhiolino nelle statistiche.

Ma questo vuol dire solo una cosa: che adesso che finalmente una crescita economica sincronizzata nel mondo è finalmente arrivata e che non si è ancora manifestata l’inflazione corrispondente all’incredibile volume di nuova liquidità immessa dalle banche centrali in 9 anni di storia (mi pare di aver compreso che siamo arrivati a un totale di 15mila miliardi di dollari), ci troviamo in un momento particolarmente fortunato che, per definizione, non potrà durare in eterno.

Prima o poi vedremo perciò più inflazione, e comunque vedremo gli effetti del surriscaldamento del mercato del lavoro -già in corso in America- con l’innalzamento della paga media e con la riduzione delle aliquote fiscali. Ed è tutta da vedere se a tale innalzamento corrisponderà quello della produttività del lavoro, peraltro finalmente in lieve crescita anch’esso.

IL POSSIBILE CATCH-UP DELLA PRODUTTIVITÀ

Laddove non i due parametri (costo e produttività del lavoro) non pareggiassero, vedremmo quantomeno un po’ di inflazione indotta dalla positiva dinamica salariale, che andrebbe a sommarsi alla manovra in corso di rialzo dei tassi da parte delle banche centrali. Cosa che potrebbe sfociare nella riduzione del valore atteso dei rendimenti finanziari e dunque in una discesa delle quotazioni tanto del mercato azionario quanto di quello del reddito fisso, con ovvi effetti depressivi sulla crescita economica.

Il meccanismo appena descritto non è tuttavia così automatico come si potrebbe ritenere. La crescita dei consumi che si è evidenziata in America nel mese di Dicembre sembra avviata a sfiorare il 5% su base annua, con la componente degli acquisti su internet volata al +18%. Numeri da anni ‘50 e ‘60 del secolo precedente, che ovviamente premeranno verso l’alto l’indicatore della crescita complessiva. E se ciò avviene in America è decisamente probabile che anche negli altri Paesi OCSE sia in corso qualcosa di simile.

L’ATTEGGIAMENTO DEGLI INVESTITORI (PICCOLI E GRANDI)

Eppure una rivalutazione dei corsi dei titoli così fortemente influenzata sino ad oggi dalla crescita della liquidità disponibile qualche dubbio lo pone sulla tenuta dei mercati finanziari nell’anno che si apre. Quantomeno in termini di volatilità, scesa ai minimi storici di sempre negli ultimi mesi e con buone ragioni per farsi rivedere.

È da tempo infatti che gli investitori, sazi degli ampi guadagni portati a casa nell’anno che si chiude, continuano a far ruotare i loro portafogli, così come continuano a selezionare i titoli detenuti sulla base della cassa generata (o della crescita tangibile del loro valore), o infine continuano a cercare opportunità di investimento alternative in ogni possibile direzione.

Chi ha controbilanciato sino ad oggi le loro vendite? Sembra siano stati soprattutto i piccoli risparmiatori con i loro programmi di investimento legati all‘emulazione dell’indice di borsa o a strumenti dei titoli a reddito fisso. Ma questa asimmetria tra grandi e piccoli investitori ha alimentato fortemente lo sviluppo dei volumi dei contratti “derivati” (vale a dire contratti “futures”, opzioni, pronti-contro-termine, eccetera) con tutti i rischi che un’altra bolla speculativa possa esplodere in quel comparto.

Dire che lo scoppio della bolla avrà effetti di disturbo sui mercati é un vero e proprio eufemismo! Al contrario potrebbe non materializzarsi alcun effetto qualora le banche centrali riuscissero a gestire con grande maestria il trapasso da una politica espansiva a una riduttiva, mentre le tigri asiatiche riuscissero a consolidare la loro crescita economica in un contesto di relativa stabilità.

PRUDENZA!

 

Difficile però arrivare ad affermare che quest’ultima, positiva combinazione di eventi, produrrà a sua volta ulteriori cospicui guadagni in borsa o, addirittura sui titoli a reddito fisso. È più probabile che -se tutto andrà bene- essa produrrà stabilità. Ecco dunque che a guardare oltre le nebbie del nuovo anno si pone l’aspettativa di uno scenario più prudente, che continuerà a spingere gli investitori a cercare nuove frontiere per la loro liquidità (peraltro probabilmente calante). È (quasi) altrettanto probabile che, laddove lo scenario non sia così positivo, non si manifesti alcuno scoppio di bolle speculative ma che sicuramente almeno la volatilità inizi a riaffacciarsi (nel grafico l’andamento -sino ad oggi decrescente sino a toccare lo scorso mese il record minimo- dell’indice VIX di volatilità dei mercati).

Discende da queste considerazioni una certa prudenza nel consigliare l’investimento azionario nell’attesa dei prossimi sviluppi, soprattutto a causa del fatto che le prese di beneficio in borsa fino ad oggi le hanno praticate quasi solo i grandi investitori istituzionali. Il risveglio dell’inflazione o la sensazione di qualche scricchiolio potrebbe generare nei secondi un atteggiamento molto meno compassato, pur in presenza di situazioni non catastrofiche.

Stefano di Tommaso