IL MASSIMO DEI MASSIMI

Uno studio di Bloomberg Magazine mette a fuoco il particolare momento storico dei mercati finanziari. La scorsa settimana il più importante indice di borsa a Wall Street (Standard &a Poor 500) ha toccato un nuovo record: quota 2500.


LE BORSE SALGONO MA LA VOLATILITÀ SCENDE

La notizia del nuovo massimo di Wall Street potrebbe non avere nulla di sensazionale se non fosse che essa giunge :

  • Nel modo più “soft” che si possa immaginare e cioè senza alcuno strappo: è un anno e mezzo che Wall Street non registra uno storno di almeno il 5% sui corsi delle azioni quotate,
  • Con la più bassa volatilità dei corsi azionari mai riscontrata (si veda qui sotto il grafico dell’indice VIX a 10 anni),
  • Quando oramai quasi tutti i più grandi “guru” avevano predetto un’imminente e importante correzione,
  • Mentre i maggiori fondi azionari americani toccano un altro record nelle richieste di disinvestire da parte dei privati: oltre 200 miliardi di dollari dal 2009 ad oggi!


IL RUOLO DEI BUY-BACK

Ma se tutti i fondi azionari vendono per stare dietro ai disinvestimenti allora chi è che compra? Quello che salta fuori frugando tra le statistiche è che sono le stesse aziende che hanno emesso titoli che poi se li ricomprano. I “buy-back” delle aziende americane hanno raggiunto da 2009 ad oggi la cifra stratosferica di tremila miliardi di dollari.


Il fenomeno può far discutere a lungo perché può essere considerato alternativo agli investimenti aziendali in innovazione e capacità produttiva, ma bisogna ricordare che le aziende che comprano i propri titoli lo fanno sulla base degli utili già realizzati e con la liquidità di cui già dispongono. Dunque non si tratta della classica volata dei corsi trainata dalla speculazione, che magari fa tutto a debito e l’indomani mattina, se lo scenario muta, è costretta precipitosamente a vendere.

Certo quello dei Buy-Back è un fenomeno innegabilmente collegato a quella parte della remunerazione aziendale legata alle “Stock-Options”, strumenti che in teoria intendono allineare gli interessi del management con quelli dell’azionariato ma che di fatto rischiano di orientare le scelte aziendali a far crescere le quotazioni anche artificialmente.

MA I RENDIMENTI SONO BUONI

Ma il record delle quotazioni non cancella la buona redditività dei medesimi titoli azionari: tanto per cominciare essi a Wall Street rendono più dei titoli di stato, come mostra il grafico sull’andamento dell’indice prezzo/rendimento (P/E) confrontato con il rendimento dei titoli di stato americani a 10 anni (qui sotto riportato). Quindi non sembrano così sopravvalutati e acquistare quei titoli appare comunque una scelta razionale compiuta dal management, anche ai prezzi attuali:

IL RUOLO DEI GRANDI TITOLI TECNOLOGICI

La cavalcata di Wall Street eccede poi quella di tutte le altre borse mondiali, ma anche perché è a Wall Street che si concentrano le maggiori multinazionali tecnologiche come Facebook, Apple, Amazon Microsoft e Google: le famose componenti del super ristretto club denominato FAAMG. Da sole queste società hanno contato nel 2017 per il 31% della crescita del medesimo indice S&P500 !


Le FAAMG ono anche le società i cui utili crescono più velocemente e quelle che prospettano non soltanto le maggiori capitalizzazioni di borsa della storia (qualcuna di esse, come Apple, è ripetutamente giunta vicino al tetto mai toccato sin’ora dei 1000 miliardi di dollari), ma anche le migliori prospettive nel tempo di ulteriore crescita.

 

LE BORSE DEL RESTO DEL MONDO NON SONO DA MENO

Ma se Wall Street registra la miglior crescita e nuovi record, come stanno andando le altre borse? Nemmeno a casa nostra ci possiamo lamentare un granché: l’indice MIB della borsa di Milano è tornato decisamente a correre nel 2017 raggiungendo quasi i massimi storici del 2014 e del 2015 e questo nonostante il cambio dell’Euro con il Dollaro si sia rivalutato di quasi il 15% nell’ultimo anno (da 1,05 a 1,20).

Se guardiamo all’indice europeo complessivo (Stoxx 600) il quadro appare quasi identico:


Per non parlare dell’indice Hang Seng della borsa di Hong Kong: anch’esso al massimo storico come Wall Street! In Cina, nonostante la stretta ai rubinetti del credito che la banca centrale sta dando per motivi di prudenza, l’economia è cresciuta del 6,9% annuo nel secondo semestre 2017, battendo le stime degli analisti. Non stupisce dunque che la borsa sia così euforica:

CONCLUSIONI AFFRETTATE?

Proviamo perciò a riassumere cio che vediamo: il fenomeno delle quotazioni azionarie giunte ai massimi di sempre si estende a tutto il mondo e si accompagna all’immensa fortuna generata dai grandi titoli tecnologici, principalmente quotati a Hong Kong e Wall Street.

Esso accade in contemporanea al record di disinvestimenti dai fondi azionari da parte degli investitori privati e al crescere di indicazioni di prudenzada parte dei maggiori analisti, i quali però notoriamente lo fanno da oltre un anno e sino ad oggi possono soltanto ammettere di aver avuto torto.


Abbiamo anche notato che persino a questi livelli di capitalizzazione il rapporto prezzo utili è alto ma non esagerato se rapportato alle effettive prospettive di crescita dei profitti.

L’economia mondiale cresce inoltre altrettanto forte nel 2017 (o almeno è questa la prospettiva per l’ultimo scorcio dell’anno in corso) ma indubbiamente la parte del leone nella corsa delle borse la fanno i buy-back delle imprese quotate: un fenomeno particolarmente difficile da interpretare nella sua interezza ma che non può scatenare, di per sé, una corsa al ribasso.


Certo in generale più crescono le quotazioni azionarie e più cresce la possibilità che si verifichi un tonfo delle borse con tutto quello che ne consegue.

Oppure accadrà che la crescita economica globale prosegua la sua accelerazione e arrivi a consentire all’intera umanità di vivere una vita migliore. Certo ad oggi il 2017 sembra essere un anno migliore (soprattutto per chi stava peggio). Persino migliore delle rosee prospettive riassunte dal Fondo Monetario Internazionale nel grafico qui sopra riportato.

Stefano di Tommaso




I PROFITTI E I FONDAMENTALI DELL’ECONOMIA TENGONO ALTE LE BORSE

Siamo arrivati quasi al mese di Agosto e i sapientoni che continuavano a prevedere un disastro imminente sui mercati finanziari ancora una volta sono stati smentiti dai fatti! Ovviamente in una situazione così contraddittoria nessuno può fare previsioni inequivocabili. Anzi, per molte ragioni i mercati potrebbero sperimentare qualche imprevisto temporale estivo! Però quando l’analisi tecnica dell’andamento dei mercati non ci viene incontro non resta che guardare agli elementi fondamentali dell’economia globale. È quello che anch’io intendo fare per commentare la situazione generale e dedurne qualche utile considerazione.

 

Le stime che riguardano la crescita economica mondiale infatti sono tutte in continua revisione al rialzo, mentre quelle che riguardano la previsione di un ritorno dell’inflazione sono assai più controverse perché non sembra esserci alcuna “curva di Phillips” in grado di spiegare più o meno linearmente per quale motivo i prezzi i beni e servizi quasi non si allineano al rialzo mentre l’occupazione e le retribuzioni salgono un po’ in tutto il pianeta.
Persino la Federal Reserve Bank of America ha sentito la necessità di esprimersi al riguardo, correggendo un po’ il tiro e ammettendo che per rivedere un rialzo dei prezzi generalizzato ci vorrà ancora molto tempo.

Questo non significherà necessariamente che i tassi (soprattutto quelli a lungo termine) non potranno salire ugualmente. Troppi i motivi per cui dovrebbero comunque farlo, a partire dal fatto che le autorità monetarie di tutto il globo è da tempo che blaterano in tal senso ma poi hanno di fatto mantenuto gonfi i loro portafogli di titoli acquistati sul mercato, lasciando vicini ai minimi storici i tassi di interesse e addirittura innalzando la liquidità disponibile sui mercati finanziari.

È chiaro a tutti che prima o poi le banche centrali dovranno invertire la rotta e che questo non potrà che elevare i livelli dei saggi di interesse, costringendo i mercati a guardare solo agli elementi fondamentali dell’analisi economica e a chiedersi se le valutazioni implicite che circolano in Borsa sono corrette. Una manovra che può portare qualche sussulto sui mercati.
È altrettanto chiaro però che questo non accadrà tanto presto, almeno sin tanto che i loro uffici studi non spiegano meglio per quale motivo l’armamentario degli strumenti di analisi economica (a partire dalla Curva di Phillips) non funzionano più.

GLI UTILI AZIENDALI

In realtà basta guardare meglio all’esplosione dei profitti delle principali società quotate in Borsa in tutto il mondo e alla crescita complessiva del reddito lordo prodotto dai cittadini di tutto il mondo (in qualche caso, come in Italia, quello netto è più o meno totalmente controbilanciato da un incremento della pressione fiscale).

Non solo sono saliti in tutto il mondo gli utili aziendali riportati nel primo trimestre 2017, ma dalle prime indicazioni che arrivano da J.P. Morgan e Citi Bank sembra che la festa sia decisamente continuata nel secondo. A partire dalle banche e società finanziarie, posizionate per beneficiare al meglio della situazione. Sinanco quelle europee, dopo che sono riuscite a tagliare buona parte degli sprechi e delle inefficienze, adesso vedono che il mercato finanziario fa affluire loro quei capitali che possono permettergli di riprendere a fare il loro mestiere fondamentale: prestare denaro.

Oltre ai titoli finanziari quelli per i quali ci si può aspettare maggiore attenzione da parte degli investitori sono probabilmente i grandi produttori di commodities a buon mercato (ici inclusi i metalli e in particolare l’acciaio), mentre tra i titoli tecnologici sarà sempre più evidente che rimangono sulla cresta dell’onda quelli più liquidi e patrimonialmente solidi e, tra questi, quelli che non hanno deluso le aspettative di crescita.

I FONDAMENTALI MACROECONOMICI

Il Fondo Monetario Internazionale ha incrementato quest’anno le aspettative di crescita economica globale dal 3,5% al 3,8%, ben al di sopra del 3,1% realizzato nel 2016. Le migliori sorprese sono arrivate dall’Europa e dal Giappone, per le quali si prevedeva uno scenario molto più statico ma secondo il mio modesto parere queste si spiegano assai bene con la volata delle rispettive esportazioni, che a loro volta sono generate da una crescita economica anche al di sopra di quanto rivelano le statistiche nelle aree dov’è più si concentra la popolazione mondiale e la sua relativa espansione demografica: i Paesi Emergenti, con l’Asia in testa, Cina e India comprese.

Persino il Prodotto Interno Lordo degli U.S.A. è previsto che quest’anno crescerà di almeno il 2%, sebbene la macchina politico-legislativa americana resti intrappolata nello stallo istituzionale seguìto alle accuse rivolte al neo-Presidente Trump di aver ricevuto un supporto dagli “hackers” russi. Ciò accade nonostante il governo non stia concludendo nulla sul fronte della riduzione fiscale e neppure su quello della spesa infrastrutturale!

Anzi, in tutti i paesi avanzati si rivedono copiose delle nuove quotazioni in Borsa (sulle quali era sceso un certo gelo da parte degli investitori) e continua imperterrita la crescita delle Fusioni ed Acquisizioni, che in tanti casi hanno avuto un ruolo positivo nelle razionalizzazioni da queste provocate e dunque nel miglioramento dei profitti aziendali. Le aspettative sono di ulteriori avanzamenti in tal senso e dunque i fattori fondamentali al lavoro in sottofondo fanno sperare che questo scenario quasi idilliaco possa non venire interrotto.

IL BASSO RUMORE DI FONDO DERIVANTE DALLE TENSIONI GEOPOLITICHE AIUTA LA CRESCITA DEI PAESI EMERGENTI

Dunque osserviamo uno scenario economico globale positivo cui si temeva potesse guastare la festa il riacuirsi delle tensioni internazionali, che invece sembrano essere state quasi quasi un fuoco di paglia. E se neanche la geo-politica rovinerà queste aspettative moderatamente ottimiste allora possiamo sperare che sarà quasi indolore il progressivo disimpegno delle autorità monetarie dagli stimoli imposti sino ad oggi?
Inutile dire che l’ottima salute -nonostante tutti i soloni- che stanno mantenendo i mercati finanziari, non aiuta necessariamente a sollevare dalla povertà le fasce più povere della popolazione, non riduce (anzi aumenta) le disuguaglianze nel reddito e, soprattutto, non cancella i debordanti e in qualche caso -come quello nostrano- addirittura crescenti debiti pubblici.

Però l’elevato livello (consolidato oramai da tempo) dei mercati finanziari può indubbiamente aiutare l’economia globale a migliorare e, indirettamente, a curare -sebbene non a risolvere-  i problemi di chi rimane più indietro. Quantomeno aiuta la crescita dell’occupazione, la speranza che questo aiuti l’inclusione economica dei più deboli in circuiti virtuosi di miglioramento, e lascia maggiori spazi per il futuro affinché gli investimenti proseguano la loro corsa e, con essi, nuove iniziative di spesa infrastrutturale possano tornare a prendere piede. Due elementi fondamentali affinché la grande liquidità che ancora alimenta i mercati possa trasmettere a valle un incremento di reddito che a sua volta può tenere alte le aspettative degli investitori.

In fondo l’incremento degli investimenti e il miglioramento dell’efficienza generale costituiscono la strada maestra che i sacri testi raccomandano per migliorare il benessere economico, insieme al diffondersi della conoscenza e degli interscambi. Se perciò i ricchi diventano più ricchi, è possibile che anche i poveri riescano a migliorare la loro situazione e ciò risulta indubbiamente migliore dell’alternativa!
Stefano di Tommaso




L’EUROPA CORRE E L’ITALIA… CHE FA?

(Il mondo sembra essere giunto a un bivio sebbene l’Asia prosegua la sua corsa, l’Europa sembri andare meglio dell’America, la Gran Bretagna ancor di più, mentre l’Italia… sembra non cambiare mai!)

 

Il nostro Paese -sebbene abbia imboccato il suo secondo anno di ripresa economica- resta a tutti gli effetti il fanalino di coda del convoglio europeo, fatta eccezione per la Grecia, che però non ha mai avuto l’onore di assurgere a quarta-quinta potenza industriale del mondo.

Il treno dell’Europa, invece, corre. Più di quanto gli analisti potessero prevedere. Più della locomotiva americana, sembra, sebbene l’ipotesi sia tutta da verificare a consuntivo, dopo il naturale esaurimento della attuale felice stagione borsistica del vecchio continente, stagione che invece in America sembra già arrivata al crepuscolo.

È POSSIBILE CHE NON SI PROSPETTI ALCUNA APOCALISSE PER LE BORSE

Come al solito però bisogna fare i conti con la realtà dei fatti che è sempre più moderata di come ce la di aspetti (anche quando sembra proprio che tutto stia cambiando), mentre i giornalisti e i commentatori sono costantemente alla ricerca dello “scoop” ed esagerano sempre.

Questo per dire che la borsa americana potrebbe non declinare così tanto come tutti sembrano prevedere sotto i fendenti delle schermaglie politiche per rimpiazzare il presidente più controverso d’America.

 

LE BORSE EUROPEE POTREBBERO CONTINUARE IL LORO TREND POSITIVO

Nel corso del resto dell’anno le borse europee potrebbero invece anche continuare a crescere, anche se meno di quanto tutti pensano debba succedere, così come l’economia italiana potrebbe non andare così male come invece i più vogliono prevedere, in balia di un nuovo populismo che, come minimo, si manifesterà non prima delle elezioni politiche del 2018, sebbene anche questa data si vuole vederla anticipata da chissà quale coalizione.

Da un lato è vero che l’Eurozona, giunta al suo quarto anno di (disomogenea) ripresa economica, potrebbe averne ancora almeno un paio.Bonanza , data anche la bassa inflazione e la tendenza al ribasso del tasso di disoccupazione, giunto in Germania al 4% circa. Dall’altro verso bisogna osservare che un’eventuale fine del ciclo espansivo americano ridurrebbe le speranze di crescita del resto del mondo, nonché le esportazioni europee.

I grandi investitori stanno oggi riducendo le loro posizioni in dollari e sono pronti a scommettere su un’Eurozona che vede rafforzato l’asse franco-tedesco. Di conseguenza l’Euro sale. La cosa non è positiva per le nostre esportazioni ma è anche ovvio che non potrà restare priva di conseguenze: o la Germania lascia che il suo avanzo commerciale corra e in cambio si accolla i debiti dei paesi europei più deboli oppure la Banca Centrale Europea è possibile che per tenere l’Euro basso continui a comperare titoli di stato (anche italiani) facendo così ancora una volta un favore alle borse. Insomma comunque la si giri l’Europa potrebbe cavarsela bene.

LE BANCHE POTREBBERO STUPIRE POSITIVAMENTE

Le borse europee, d’altronde, si aiutavano già da sole. Gli utili aziendali dell’indice Eurostoxx 600 nel primo trimestre 2017 sono in crescita del 14% rispetto al medesimo periodo 2016 e se si guarda ai profitti delle sole società italiane quotate in Borsa il quadro è ancora più roseo: +73% (e sono principalmente banche le società quotate).

Il panorama peraltro sgombra ogni nuvola all’orizzonte delle banche europee (e fors’anche di quelle italiane): in molti si aspettano una loro sovraperformance nel 2017 e quindi un miglior andamento dei loro titoli. E della situazione potrebbero beneficiare anche le banche italiane, tanto per I rinnovati acquisti immobiliari nel Bel Paese (in forte incremento è in corso, almeno sul fronte residenziale), quanto per la riduzione decisa delle insolvenze sul credito concesso più di recente.

È probabile che la continuazione del ciclo positivo in Europa passi da un allargamento delle maglie del credito mentre in America potrebbe succedere l’opposto.

Aspettarsi tuttavia che anche le nostre finanze pubbliche su rimettano anch’esse un po’ in ordine approfittando del ciclo economico positivo sarebbe davvero troppo. Non in questo momento di campagna elettorale permanente, durante la quale come sempre si cercherà di giustificare aumenti della spesa pubblica non compensati da aumenti (oramai quasi impossibili) del gettito fiscale. Anzi: la campagna elettorale è appena iniziata e sarà lunga ancora circa un anno, fino alla data delle prossime elezioni politiche.

L’ITALIA RISCHIA DI NON CAMBIARE MAI

L’Italia in questo rischia purtroppo di non cambiare mai, sebbene chi la ripara dai fulmini sul proprio debito pubblico, l’ombrellone europeo, rafforzato dalle tendenze positive dell’economia continentale, non potrà certo durare in eterno.

Nell’ipotesi più probabile il debito pubblico sarà progressivamente assorbito da una forte tassazione (unità a una sostanziale discesa della spesa e dei servizi pubblici) in cambio di una crescente integrazione finanziaria in Europa, che ci farà però assomigliare ad una sorta di colonia franco-tedesca. In quella peggiore (da un punto di vista meramente economico), l’Italia vedrà vincere il M5S e magari avvierà un percorso di uscita dall’Euro e di svalutazioni competitive, probabilmente in un quadro di moratoria internazionale del proprio debito. Cosa che la farebbe assomigliare ancor di più alla Grecia.

Ma quest’ultima è un’ipotesi piuttosto improbabile a causa del peso che la vicenda potrebbe avere nei confronti di tutto il resto del mondo e dunque dell’impossibilità per il nostro Paese di sfidarne le istituzioni, come ha potuto fare la Gran Bretagna.
È più probabile una lunga e penosa situazione di bassa crescita, che farà del paese del cappuccino, delle marionette e delle pernacchie una sorta di stato-cuscinetto. Un baluardo strategico dell’Europa nei confronti del resto del Mediterraneo, un po’ dentro e un po’ fuori dell’Unione. Perennemente in bilico e costantemente sé stessa.

Stefano di Tommaso

 




MERCATI FINANZIARI: LIQUIDITÀ INNANZITUTTO!

Contrordine: avanti tutta! A volte bisogna ammettere di aver sbagliato e rivedere criticamente le proprie analisi: la liquidità dei mercati finanziari -già da tempo ai massimi- invece di iniziare a scendere cresce ancora e può dunque alimentare un ulteriore slancio verso nuovi massimi.

 

Con la vittoria di Macron alle presidenziali francesi non si può non prendere nota del rilascio ancora una volta di forti dosi di endorfine da parte del sistema finanziario globale, oramai da molti mesi, dopo l’estate 2016, subito a valle dello spavento (durato invero assai poco) conseguito dopo la vittoria della Brexit e in contemporanea all’elezione del più populista di tutti i leaders politici: Donald Trump.

UN FORTE E PROLUNGATO RILASCIO DI ENDORFINE

L’Unione Europea guadagna, con le elezioni francesi, uno dei suoi maggiori sostenitori di uno dei maggiori Paesi “centrali”, quelli che ne potevano avviare la disgregazione e che invece ne sosterranno l’evoluzione. Un messaggio politico importante (di stabilità) che non potrà non trasmettersi ai mercati finanziari, da tempo “dopati” da questo e da molti altri segnali favorevoli allo sviluppo dell’economia mondiale.

Quelle endorfine degli investitori hanno generato uno dei rialzi più sensibili delle borse mondiali nell’ultimo semestre, nonostante esso fosse anche uno dei più improbabili della storia economica, perché arrivato al termine di un lungo ciclo di crescita durato otto anni dal 2008, anno di deflagrazione della crisi di Wall Street, dopo due vittorie politiche “anti-sistema” come la Brexit e Trump, dopo un deciso calmieramento dei prezzi di petrolio e materie prime e in contemporanea ad un forte rimpatrio dei capitali verso i Paesi più sviluppati, cosa che aveva fatto temere per forti conseguenze nei confronti delle economie emergenti.

Invece anche in periferia del mondo è successo l’esatto contrario: le borse dei paesi emergenti sono salite (molto) e le loro valute non ne hanno risentito più di tanto.
Morale: non soltanto i mercati ancora una volta gongolano e riposano su un letto di buone e rassicuranti notizie, ma lo fanno :
– dalla cima dell’Everest, cioè nonostante si trovassero già in situazione di ipercomprato;
– contro ogni previsione con una contemporanea discesa dell’indice di volatilità al livello più basso degli ultimi dieci anni!

MERCATI FINANZIARI: LA VOLATILITÀ SCENDE, LA LIQUIDITÀ SALE

Lo scorso 12 Aprile l’indice della volatilità (quello più noto, riferito all’indice di borsa americano Standard & Poor’s 500) aveva toccato un massimo relativo di periodo (circa quota 16), che faceva pensare all’inaugurazione di una nuova fase di dubbi e sussulti, tanto per il fatto che ai livelli raggiunti dalle borse molti investitori avrebbero iniziato ad alleggerire i loro portafogli, quanto perché solo un mese fa l’inflazione sembrava riprendere corpo e numerosi venti di guerra spiravano in tutte le direzioni del pianeta, alimentando tensioni geopolitiche e il timore di possibili rincari petroliferi.

Invece, soltanto un mese dopo, dobbiamo prendere atto che è successo l’esatto opposto: l’indice della volatilità è sceso a quota 10, i mercati hanno letteralmente ignorato i rischi geopolitici (si legga al riguardo il recente articolo del Giornale Della Finanza :http://giornaledellafinanza.it/2017/05/03/gli-interessi-dietro-la-questione-nord-coreana/ ) nonché le vertigini che potevano scaturire dal camminare su un filo teso tra le vette stratosferiche toccate dalle valutazioni aziendali implicite nei livelli raggiunti delle borse.

Anzi: la loro volatilità è discesa e la loro liquidità è cresciuta, complice anche il fatto che oggi tutte le opinioni sugli utili aziendali e quindi anche sul futuro dei mercati borsistici sembrano essere molto buone. E se il mercato ha esattamente metà dei suoi partecipanti che acquista e l’altra che vende, la sua liquidità cresce! Diverso sarebbe trovarsi in un mercato dove in un determinato istante tutti comprano o tutti vendono: in un tale mercato sarebbe più difficile liquidare la propria posizione o costruirne una, perché sarebbe difficile trovare una contropartita. In un tale mercato -a parità di tutto il resto- la liquidità sarebbe inferiore.

ADESSO COSA ACCADE

Chiaramente, dopo che l’ennesima buona notizia è andata a corroborare il “sentiment” dei mercati, tutti si chiedono cosa succederà dopo. La finanza tende ad anticipare sempre le notizie e non è affatto detto che, subito dopo il loro conclamarsi, esso ne anticipi invece altre di segno negativo, che le statistiche economiche registreranno soltanto molti mesi dopo. “Buy on rumors and sell on news” dicono le vecchie volpi!

È sempre possibile che adesso i mercati vadano giù, ma è relativamente improbabile per i motivi sopra segnalati e altro ancora:

– primo, perché il quadro generale è comunque positivo anche per i mesi a venire , dunque non tale da alimentare fughe repentine;
– secondo, perché la buona liquidità generale favorisce un basso livello di onde del mercato (le stesse registrate dall’indice di volatilità) e dunque il miglior assorbimento di qualunque iniziativa di investitori decisi ad andare controcorrente senza impatti significativi sulle quotazioni;
– terzo, perché i tassi bassi, la tendenza ad ulteriori discese di costi energetici e materie prime (che scoraggia l’inflazione) e il buon ritmo di crescita dell’economia globale sono tutti fattori che spingono dalla parte dell’ottimismo;
– quarto, perché persino gli spread tra centro e periferia d’Europa, così come quelli tra Bund e Bond (europei contro americani) tendono a restare stretti, nonostante il chiaro sfasamento tra l’economia americana e quella continentale;
– quinto, perché l’Euro, passato lo spavento della frattura dell’Unione, accoglie capitali (anche da oltreoceano) e sale oltre ogni aspettativa, superando di slancio quota 1,10 Dollari e dunque minimizzando il rischio che il rialzo di tassi americano possa determinare uno shock valutario e, anzi, alimentando le aspettative di ulteriori interventi della BCE in acquisto di titoli di ogni genere per contenerne la rivalutazione. Cosa che aumenterebbe al tempo stesso la liquidità in circolazione.

LA DISFATTA DEI “CONTRARIAN”

Quel che sembra accadere perciò è una disfatta del partito dei “contrarian”, una forte stabilizzazione delle maggiori variabili economiche, una grande liquidità dei mercati e una parata di buone notizie politiche. Di cigni neri all’orizzonte ne potrebbero apparire molti ancora, ma al momento sembra restare in onda lo spettacolo della “bambola dai riccioli d’oro” (né troppo né poco di tutto), destinato ad ulteriori numerose repliche. Ogni possibile sussulto dei mercati sembra dunque rimandato ancora una volta. All’estate, magari, per la quale manca ancora più di un mese. Un’eternità per i mercati!

 

Stefano di Tommaso