L’ORACOLO DI OMAHA

Sono 53 anni che, una volta l’anno di questi tempi, uno degli uomini più riservati (e potenti) del pianeta prende carta e penna e racconta ai suoi azionisti com’è andato l’anno per la sua società di investimento e cosa pensa delle borse e della finanza. Non ci sarebbe niente di strano e non è certo l’unico grande investitore a farlo, se non fosse che sono appunto 53 anni che lui porta ottimi risultati e che in questi egli si è dimostrato il più grande di tutti i tempi: il guadagno che ha procurato a chi ha investito con lui rasenta infatti il 20% composto annuo (senza mai fare un buy-back delle azioni) e le sue partecipazioni spaziano dalle banche alle assicurazioni, passando per l’informatica, l’edilizia, l’elettronica e l’assistenza sanitaria.


UNA LETTERA ATTESA DA TUTTO IL MONDO

I brillanti risultati della sua società holding di investimento, la Berkshire Hathaway, sono soltanto una delle ragioni per le quali oramai a leggere la lettera annuale di questo arzillo 87enne non sono solo i suoi azionisti ma è il mondo intero, per cercare consigli, ispirazione e saggezza.

Le altre ragioni della sua fama stanno nella particolarità del soggetto: oltre che schivo e riservato egli è famoso per la prudenza dei suoi giudizi e la conservativitá dei suoi orientamenti (pur essendo un democratico) oltre che per talune singolari prese di posizione, sulle quali difficilmente sino ad oggi si può affermare che abbia avuto torto. Vediamo perciò insieme quali messaggi Warren Buffett ci lancia questa volta.

IL REGALO DI TRUMP

La lettera esordisce con un esplicito (e ironico) ringraziamento al governo nuovo Presidente americano: dei 65 miliardi di dollari guadagnati nel corso del 2017 Buffett afferma di averne meritati con il suo lavoro soltanto 36. Gli altri 29 miliardi di maggior valore sono dovuti alla riduzione della tassazione sui profitti aziendali, manovra che egli scrive di non condividere, dei quali può tuttavia soltanto ringraziare Donald Trump.

Bisogna per tutta onestà far notare che Buffett è forse ancora più nazionalista di Trump, dal momento che oltre il 90% dei suoi investimenti è effettuato in America.

L’ENORME LIQUIDITÀ ACCUMULATA

Proseguendo nella narrativa, il miliardario segnala chiaramente la questione più macroscopica che riguarda il bilancio della sua holding, che è ovviamente quella dell’enorme liquidità accumulata a fine 2017 sui propri conti bancari: 116 miliardi di dollari (in crescita del 35% sull’anno precedente) che, rapportata ai 490 miliardi di dollari della propria capitalizzazione di mercato, fa il 24% del totale e, soprattutto, è un’enormità se viene rapportata al valore di mercato al 31.12.2017 del totale dei suoi investimenti in azioni (191 miliardi: il 61% di questi ultimi) e al totale di quelli in azioni di aziende quotate in borsa (170 miliardi: il 68%). Un forte segnale di prudenza rivolto al mercato, o un‘ attesa di grandi turbolenze o infine la possibilità che egli stia preparando una grandissima acquisizione.

LE (POCHE) AZIENDE SELEZIONATE

Un’altra chiave di lettura relativa al perché di tutta quella liquidità in cassa risiede infatti nell’accenno che egli fa alla sua preferenza per acquisizioni di società se possibile molto grandi, temperata tuttavia dal fatto che agli attuali prezzi di mercato nel corso dell’anno appena concluso non ne ha ritenuta soddisfacente alcuna. Una costante delle sue (rare) uscite è infatti ripresa anche stavolta nel cenno che riguarda la condanna dell’iperattivismo e i vantaggi del fare poche intelligenti mosse negli investimenti azionari. “Non c’è bisogno di grandi lauree o del linguaggio forbito degli analisti finanziari per selezionare i migliori investimenti, quanto piuttosto di mantenere la calma e la lucidità nel misurare pochi, semplici valori fondamentali nel tempo delle aziende da scegliere” sentenzia l’Oracolo. Molto spesso altrove egli ha precisato che -non importa quanto sforzo venga impiegato- per fare buoni investimenti ci vuole tempo, così come per fare un figlio ci vogliono comunque nove mesi e non si riesce a farlo in un mese mettendo incinte nove mamme!

QUALCHE “COLPO GROSSO” O ECCESSO DI PRUDENZA?

Così vedremo se sta preparando un “colpo grosso” oppure sta solo posizionandosi in una logica di maggior prudenza. Tra le aziende preferite da Buffett quest’anno si è decisamente imposta la Apple, di cui oramai detiene il 3,3% e dove ha investito quasi 21 miliardi di dollari che a fine 2017 ne valevano già più di 28, il più elevato investimento azionario dopo la banca Wells Fargo, di cui detiene quasi il 10% per un controvalore a fine anno di oltre 29 miliardi. Certo le sue scelte hanno quasi sempre fatto centro, facendo della Berkshire una delle poche società che ha battuto la crescita dell’indice di borsa e con una più limitata volatilità (vedi il grafico).

ANCHE I TITOLI A REDDITO FISSO SONO RISCHIOSI

Uno dei principi più celebri e graffianti che l’Oracolo di Omaha ha stavolta voluto riaffermare è relativo al concetto di prudenza (che per lui riveste un aspetto fondamentale nel lavoro che svolge): spesso gli investitori istituzionali usano il rapporto tra reddito fisso e azioni per misurare la rischiosità del loro portafoglio ma non potrebbero commettere un errore peggiore: anche i titoli obbligazionari hanno il rischio delle oscillazioni di prezzo e per di più potrebbero essere non rimborsati. Concetto tanto più vero quanto più è probabile un rialzo dei tassi.

GLI AFORISMI, LE IRONIE E LE IDIOSINCRASIE (PER L’M&A)

Buffett è infine famoso per le sue brevi e graffianti sentenze, che usa intelligentemente per avere facile accesso alla comprensione di chi lo ascolta e riuscire a semplificare i concetti più difficili.

Anche stavolta ne dispensa di copiose, come : “Non è necessario fare cose straordinarie per avere risultati straordinari”, oppure : “devi fare solo poche cose buone nella vita e per tanto tempo, così non ne farai troppe sbagliate”.

Quest’anno la sua idiosincrasia si è concentrata sull’eccesso di fusioni e acquisizioni che spesso vengono sollecitate dagli stessi azionisti al management delle imprese: “è come chiedere a un adolescente immaturo di avere una vita sessuale normale” dice Buffett, “un istante dopo che il management sarà stato incitato a fare acquisizioni troverà sempre buone giustificazioni per farne una”. E non ha esitato a definire “un verme solitario affamato” per l’economia americana il crescente costo delle cure sanitarie (che in effetti negli U.S.A. è salito molto più dell’inflazione: vedi grafico qui sotto).

ALCUNE DELLE SUE FAMOSE MASSIME:
•Quello che abbiamo imparato dalla storia è che le persone non imparano nulla dalla storia

•Le catene delle abitudini sono troppo leggere per essere avvertite finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate

•Niente distrugge la capacità di ragionare come grandi dosi di denaro ottenute senza sforzi

•Nel breve periodo il mercato azionario è una macchina elettorale, nel lungo periodo è una bilancia che pesa il valore reale dell’azienda

•La qualità più importante di un investitore è il temperamento, non l’intelletto. Hai bisogno di temperamento per non provare grande piacere né nel seguire la folla, né nell’andare controcorrente

•Non amo saltare un ostacolo di tre metri. Preferisco guardarmi intorno e cercare un ostacolo di un metro che posso scavalcare

•Nel breve periodo il mercato azionario è una macchina elettorale, nel lungo periodo è una bilancia che pesa il valore reale dell’azienda».

•Le opportunità arrivano raramente. Quando piove oro, metti fuori un secchio, non una ciotolina

•Se non vuoi essere proprietario di un’azione per dieci anni, non pensare nemmeno di impossessartene per cinque minuti. Metti nel tuo portafoglio titoli di aziende i cui guadagni complessivi sono destinati a incrementare negli anni. Così anche il valore di mercato del tuo portafoglio aumenterà

•La chiave per investire non è valutare quanto un’industria può cambiare la società, o quanto è destinata a crescere. Ma è determinare il vantaggio competitivo di ogni azienda e, soprattutto, la durata di quel vantaggio

•È decisamente meglio comprare una società meravigliosa a un prezzo discreto che una società discreta a un prezzo meraviglioso

•Come diventare ricco: sii timoroso quando gli altri sono avidi e avido quando gli altri sono timorosi

•Agli studenti dei licei dico : quando avrete la mia età avrete avuto successo se le persone che speravate vi amassero vi amano

•La differenza tra persone di successo e quelle di grande successo è che le seconde dicono no quasi a tutto

•Ho visto tante persone fallire per problemi di alcool e per i prestiti. Non hai bisogno di chiedere un prestito in questo mondo. Se sei intelligente, riuscirai a fare soldi anche senza.

QUANDO INVESTO È FISSA NELLA MIA MENTE L’IMMAGINE DEL PICCOLO AZIONISTA CHE RIPONE NEI TITOLI DELLA MIA SOCIETÀ UNA PORZIONE CONSISTENTE DEI SUOI RISPARMI. NON POSSO TRADIRLO!

“Ed è proprio su quest’ultimo punto (i rischi e la leva finanziaria che egli conclude la sua lettera on un ennesimo richiamo alla prudenza: non c’è niente di più importante per me che il piccolo azionista che ha fiducia in noi e ripone in titoli della società che io gestisco una quota consistente dei suoi risparmi: ogni giorno quando devo prendere delle decisioni ho fissa nella mia mente l’immagine di quell’azionista”. Signori, il capitalismo popolare americano ha ancora una volta il suo paladino ! (nell’immagine: il congresso dei suoi azionisti dello scorso anno).

Stefano di Tommaso




LE BORSE SONO SOPRAVVALUTATE? (seguito articolo precedente)

Le considerazioni qualitative fatte nell’articolo precedente (tassi di interesse bassi, crescita economica dei paesi emergenti e loro demografia, miglioramento dei profitti aziendali e maggior incidenza dei titoli tecnologici sul paniere dei listini di borsa) portano a pensare che nell’osservare gli sviluppi dei mercati azionari ci si trovi di fronte ad un cambiamento di paradigma nel valutare le aziende, quantomeno quelle che corrono di più. Difficile però generalizzare, dal momento che queste ultime non sono equamente distribuite in tutte le Borse e che anzi, le altre (quelle operanti sui mercati più maturi) possano per lo stesso motivo avere vita sempre più dura.

 

I LISTINI CRESCONO DI PIÙ DOVE CI SONO TITOLI TECNOLOGICI

Wall Street corre anche perché sul totale di quel listino è più elevato il “peso” percentuale dei titoli tecnologici -quelli che oggi sviluppano la maggior capitalizzazione- i quali evidentemente godono di valutazioni molto superiori al normale.

Amazon ad esempio, come si può dedurre dai due grafici qui riportati, venerdì scorso capitalizzava 629 miliardi di dollari con un prezzo dell’azione giunto a 1300 dollari, ma secondo alcuni analisti potrebbe valere quasi l’8% in più (1400 dollari), perché il prezzo obiettivo precedente, di 1200 dollari, non solo è stato superato dai fatti, ma implicava un moltiplicatore dell’EBITDA (margine operativo lordo) di appena 15 volte, mentre quello corretto (atteso per il 2019) si situerebbe intorno a 18 volte.


Qual è la ratio? Ovviamente quella della velocità di crescita degli utili, che per Amazon tende a situarsi intorno al 33% e dunque al di sopra della media di mercato ma anche di quella degli altri cosiddetti FANG (Facebook 28%, Amazon 33%, Netflix30% Google 17%). Ma quanto varrebbe Amazon senza le aspettative di crescita al 33% composto annuo dei suoi profitti? Probabilmente neanche i due terzi di quel numero.


COSA SE NE PUÒ DEDURRE REGIONE PER REGIONE

Dalle osservazioni riportate derivano perciò molte considerazioni pratiche:

  • non è possibile generalizzare circa la sostenibilità degli attuali livelli delle borse perché molto dipende dalla qualità dei titoli che ne compongono gli indici;
  • anzi possiamo immaginare che la selettività degli investitori sulla qualità dei singoli titoli quotati possa soltanto accrescersi nel tempo, accentuando anche -probabilmente- le differenze tra listino e listino;
  • la volatilità dei corsi tuttavia non è pensabile che si mantenga così bassa in eterno, soprattutto pensando a quanta parte delle valutazioni dei migliori titoli tecnologici dipende dal realizzarsi delle attese (un piccolo scostamento tendenziale può determinare una forte differenza di valore);
  • la periodica rotazione dei portafogli degli investitori nel corso del 2017 non ha quasi dato luogo a “sell-out” diffusi, anzi: possiamo affermare che non c’è quasi stata, data la scarsa appetibilità delle asset class alternative, ma neanche qui possiamo scommettere che la situazione non cambi;

AMERICA

Difficile dedurne elementi di pessimismo per i listini Americani (Wall Street e NASDAQ), visto che la corsa delle maggiori società tecnologiche americane non accenna a fermarsi e che questo fatto attira capitali sui mercati finanziari più liquidi del mondo.

Dal momento tuttavia che una buona parte dei guadagni in conto capitale si materializzano quando la liquidità è abbondante, bisogna anche chiedersi come questa cambierà nel corso del prossimo anno prima di emettere un giudizio che derivi esclusivamente dalle considerazioni sopra esposte.

Se la Federal Reserve contrarrà (come ha promesso) la liquidità disponibile sul mercato per contrastare sul nascere i possibili focolai di inflazione, allora saranno soltanto la generazione di cassa fresca delle imprese e i flussi di capitali in entrata a poter sorreggere le borse, buona parte dell’effetto dei quali è già tuttavia risucchiato dal deficit commerciale strutturale americano.

I mercati temono poi l’eventualità che il Presidente emarginato o addirittura rimosso per motivo di salute mentale. Non è una cosa molto probabile, ma grandi forze si stanno commentando nel disegno e, se dovessero farcela, le aspettative di riduzione delle tasse andrebbero in fumo, così come una bella parte della capitalizzazione delle borse.

EUROPA

In Europa ci sono pochi titoli tecnologici quotati in borsa (se escludiamo il Regno Unito), ma le aspettative sulla crescita dei consumi e l’elevata immissione di liquidità (tutt’ora in corso) da parte delle banche centrali ha favorito i listini azionari, mentre due fattori li hanno invece penalizzati (seppur meno che proporzionalmente) : il cambio dell’Euro contro Dollaro e la crescita della bolletta energetica.

Se da un lato non ci si attende né che il Dollaro continui a svalutarsi contro Euro e nemmeno che il prezzo del petrolio continui a salire, dall’altro lato la Banca Centrale Europea ha chiaramente lasciato intendere che non proseguirà in eterno con il Quantitative Easing. Dunque dal punto di vista strutturale non si materializza un’aspettativa per l’Europa di forti crescite delle proprie borse. Qualora tuttavia il piano Macron per l’Europa dovesse trasformarsi in realtà allora sicuramente le borse accompagnerebbero l’accresciuto livello di fiducia degli investitori.

ASIA

In Asia il discorso è diverso, ma più difficile è dedurne una chiara indicazione: la crescita economica, quella dei consumi, dell’industria locale e dei commerci fa da traino al resto del mondo e continuerà probabilmente ancora a lungo a farlo. Le borse non possono che celebrare questo momento dorato e dunque corrono, unitamente alla crescita progressiva del risparmio gestito e della percentuale di quest’ultimo che finisce sui mercati mobiliari.

Ma l’instabilità finanziaria della Cina e, conseguentemente, di molti altri Paesi emergenti limitrofi continua ad aumentare e non è possibile non tenerne conto.

Quanto peserà perciò il rischio finanziario sulle aspettative degli investitori? Quali probabilità ci sono che potrà trasformarsi in panico e conseguenti vendite generalizzate di titoli e valute locali ? Poche, in assoluto, ma non zero.

CONCLUSIONI E CIGNI NERI (O BIANCHI) ALL’ORIZZONTE

L’indagine sulla sopravvalutazione delle Borse non ha portato a grandi motivi per ritenerle semplici vittime di bolle speculative ed eccessi di liquidità, anzi: abbiamo trovato motivi relativamente validi per ritenere che esista una giustificazione razionale ai livelli raggiunti. Non possiamo tuttavia affermare che dal punto di vista macroeconomico esistano altrettante giustificazioni razionali alle attese di ulteriori, mirabolanti impennate dei listini di Borsa, in nessuna parte del mondo.

Esiste in realtà una forza potente che potrebbe scatenare la prossima volata delle borse, che è l’avvio delle prime applicazioni commerciali dell’intelligenza artificiale. Ma bisogna vedere se, quando arriverà, tale forza non dovrà scontrarsi con altri problemi delle borse, ad esempio la mancata tempestiva monetizzazione del debito pubblico globale.

IL POSSIBILE RITORNO DELLO “STOCK PICKING” E DEI TITOLI “VALUE”

La morale delle morali è però tutt’altra: se è difficile generalizzare e formulare previsioni attendibili sui listini globali (dato che dipendono da troppe variabili) è però ipotizzabile che, dopo la grande abbuffata, gli investitori torneranno a optare per un maggior rigore nella selezione dei titoli e che tra questi sceglieranno soprattutto quelli “value” (meno ciclici e con un maggior contenuto di valore intrinseco). Ed è probabilmente lì che potranno realizzarsi buone performances a prescindere da ciò che avviene a livello planetario, soprattutto qualora a tale livello non succederà proprio alcunché.

Stefano di Tommaso




E-COMMERCE, PARCEL & LOGISTICA IN ITALIA

E-COMMERCE E FINANZA

L’ultimo Black Friday ha posto sotto gli occhi di tutti lo sviluppo tumultuoso degli acquisti online. Un fenomeno di cui i “retailers” italiani non stanno molto approfittando. La rivoluzione digitale passa anche dal commercio ma i suoi pionieri non sono certo i nostri connazionali, nemmeno sul mercato interno. Ben poche delle catene commerciali italiane hanno fatto qualcosa per adeguarsi alle nuove tendenze di mercato. Chi guadagna posizioni con il rimescolamento che ne deriva sono le grandi corporations multinazionali come Amazon o Alibaba. E mentre il commercio elettronico avanza esso condiziona anche i servizi ad esso collegati, come quelli della logistica e del trasporto.

 

Non è un vero problema di know-how, dal momento che procurarsi la tecnologia di un “market place” o di un sito di e-commerce è veramente alla portata di tutti. La ragione del ritardato sviluppo online degli operatori nazionali è casomai legata alle dimensioni degli investimenti pubblicitari che sono necessari per avere successo e che non si giustificano se non raggiungono l’intera nazione. Altro motivo del ritardato sviluppo online dei nostri operatori commerciali è poi l’ingiustificato timore di danneggiare i propri punti vendita fisici.

Dunque quando parliamo di ritardato sviluppo del commercio elettronico nel nostro Paese vediamo principalmente cause finanziarie e culturali, che sono due facce della stessa medaglia: se l’Italia vuole alimentare la sua industria deve riuscire a evitare che essa risulti incapace di vendere i suoi prodotti, a partire dal mercato domestico. Le motivazioni finanziarie tra l’altro sopravanzano di gran lunga quelle culturali perchè si può constatare chiaramente che gli operatori che oggi risultano leader nel settore del commercio online sono tutti passati dalle forche caudine di due o tre anni di perdita economica prima di veder affermato il proprio successo online.

in Italia con un mercato finanziario e borsistico assai poco capace di far affluire capitali di rischio a operatori dell’e-commerce che vogliano partire da zero e, più in generale. poco capace di avere a che fare con i rischi e le esigenze tipico delle start-up innovative, è più difficile che qualcuno si avventuri a fare vendite online con i quattrini dei soliti “family&friends” a fare vendite online.

IL “DIGITAL DIVIDE” ITALIANO (L’ARRETRATEZZA NEL MONDO ONLINE)

Dal punto di vista culturale il problema è forse ancora più grave: nonostante che per gran parte degli articoli che si possono reperire in rete esista un risparmio di prezzo dell’ordine del 20-40%, oggigiorno le vendite online in Italia appaiono ridottissime, anche perché solo una piccola parte della popolazione è entrata nell’ordine di idee di cambiare seriamente le proprie abitudini. Questo ovviamente riduce la domanda potenziale e di conseguenza l’attrattivitá del settore per chi ci potrebbe investire.

Nel 2016 soltanto un terzo degli italiani ha fatto almeno una volta shopping online, contro il 52% medio dei Paesi OCSE (cui apparteniamo anche noi). Mentre in rete naviga ancora solo il 69% dei connazionali e tra le aziende italiane solo il 71% di esse ha un proprio sito internet e solamente il 37% del totale è presente sui social networks.

Infine esiste un problema oggettivo: se un operatore è basato in America e propone un articolo o un servizio innovativo è molto probabile il mercato di sbocco per quell’articolo sia il mondo intero. Se lo fa in Italia è possibile che esso non risulti interessante nemmeno per certe aree geografiche dello Stato. Dunque il forte impatto sulle prospettive di business della dimensione del mercato potenziale non può che disincentivare quelle iniziative che non nascono subito globali. Per far decollare queste ultime però servono ancora più quattrini. Insomma non esistono in natura le pari opportunità, tantomeno nel commercio.

PARCEL & LOGISTICS (TRASPORTI E LOGISTICA DEL COLLETTAME)

Esiste poi tutta un’attività di supporto al commercio elettronico (stoccaggio, packaging, distribuzione ecc…) che solo ogni tanto affiora sulle prime pagine di giornali e telegiornali ma i cui investimenti e le cui dimensioni sono spesso ignote ai più.

Amazon quando è sbarcata in Italia ha comperato/ realizzato/ automatizzato un certo numero di piattaforme logistiche per potersi attrezzare per le consegne a domicilio, e ciò nonostante che persino nella situazione attuale si affidi ancora poi a operatori logistici e vettori terzi per le consegne.

Allo scorso Agosto Amazon dichiarava ai giornali di aver già investito oltre € 450 milioni e di aver dato lavoro a circa 2000 persone solo in Italia. Non si può certo investire (in tutto il mondo per di più) se non si dispone dei necessari capitali e finanziamenti per far concorrenza a giganti come Amazon.

In realtà Amazon è un commerciante online sbarcato in borsa già vent’anni fa (1997), e oggi per le sue dimensioni, per la sua visibilità, per la capillarità della propria pubblicità e per mille altri motivi pratici appare essere piu visibile di tanti altri grandi operatori. Amazon è dunque solo la punta di un iceberg ben più massiccio che riguarda gli oligopolisti del commercio elettronico, destinato a costringere numerosissime altre imprese ad adeguarsi alle nuove tendenze. (Nel grafico l’incremento di valore solo fino a Maggio scorso).

Ad esempio i corrieri espressi italiani, già presenti da anni sul territorio e in precedenza attivi per altri tipi di consegna, si stanno attrezzando non poco per beneficiare (e anche per resistere all’impatto) di volumi decisamente crescenti nel settore delle consegne a domicilio. La loro appare come un’attività piena di insidie ma con forti prospettive di crescita e con la necessità di incrementare l’automazione dei processi, per mantenersi competitivi!

COME CAMBIANO LE CONSEGNE B2C (BUSINESS TO CONSUMER)

Innanzitutto parliamo delle consegne ai privati, i quali spesso non sono in casa. Quelle consegne devono perciò adeguarsi a tale fattispecie e necessariamente avvenire fuori degli orari di lavoro più comuni. Poi prendiamo in considerazione tutte le problematiche relative alla consegna, spesso impossibile perché spesso, nonostante essa avvenga agli orari concordati, capita ugualmente che all’indirizzo di destinazione non ci sia nessuno al momento dell’arrivo del corriere, generando un traffico di ritorno per il quale nessuno paga nulla. Parliamo infine delle tariffe di consegna, oggi sempre più stracciate per venire incontro alle esigenze commerciali.

Come fa un corriere espresso a consegnare merce di peso (e valore) molto limitato a costi bassissimi per il cliente senza andare in rosso? Può riuscirvi quasi solo con l’ausilio di grandi volumi e dell’automazione (il rilevamento digitale di ogni passaggio, come: picking, deposito, spedizione, logistica e smistamento, consegna) e deve disporre di grande potenza nei sistemi informativi, che devono oggigiorno “dialogare” con il mittente (soprattutto quando è un colosso come Amazon o Zalando) e deve obbligatoriamente riuscire a mostrarne online il “tracking” (cioè deve far vedere in ogni istante all‘acquirente che si collega al sito della Amazon di turno dove si trova in quel momento il suo pacco).

Dimensioni aziendali e automazione sono dunque elementi essenziali anche per i corrieri espressi perché i conti tornino loro in tasca, sebbene la forte crescita del mercato delle consegne di acquisti online ai privati non accenni a flettere e possa quindi ampiamente giustificare la montagna di investimenti ed efficientamenti che risultano necessari per potervi operare.

Se ne può facilmente dedurre che l’intero settore dei trasporti ne subirà uno scossone rimescolando le carte della competizione e facendo rimanere a galla solo i migliori operatori. Ma per qualcuno di essi sarà anche l’occasione di emergere e fare profitti.

Stefano di Tommaso




HA ANCORA SENSO LA RICERCA DEL VALORE NELL’INVESTIMENTO AZIONARIO? FORSE SOLO NEL SETTORE DELLA ROBOTICA

Esistono ancora dei paradigmi per la selezione delle azioni sulle quali investire in una logica di lungo periodo? Se lo chiede nella sua lettera agli investitori uno dei più famosi gestori di hedge funds d’America, David Einhorn, principal della Greenlight Capital, società di investimenti con circa dieci miliardi di dollari in gestione.

 

Famosissimo campione di poker e arcinoto tra l’altro per aver venduto allo scoperto azioni Lehman Brothers nel 2007, Einhorn è stato sino ad oggi anche un fiero paladino della strategia del cosiddetto “value investing”. Famosa è stata altresì la sua battaglia del 2015 contro l’hydraulic fracturing (o “fracking”) nell’estrazione del petrolio, asserendo che un business che non ha vere barriere all’entrata della concorrenza e al tempo stesso non cresce e non genera cassa, in realtà non vale niente. I tempi gli hanno più volte dato ragione nella sua ricerca di una razionalità che alla fine riesca a prevalere.



VALUE STOCKS CONTRO GROWTH STOCKS

La questione della ricerca del valore nelle azioni quotate è quantomai attuale, sia perché tra i più noti paladini di questa scuola è uno degli investitori più ricchi al mondo (il miliardario Warren Buffet) e poi per il fatto che da diversi mesi oramai la borsa americana ha soprattutto premiato le azioni con il maggior potenziale di sviluppo (le cosiddette “growth stocks”) che in termini concettuali rappresentano spesso la negazione della strategia di investimento nelle “value stocks”. Le azioni “value” troppo spesso esercitano un fascino irresistibile: bassi moltiplicatori del reddito, elevata generazione di cassa, decisa conservativitá nella loro conduzione manageriale sono solo alcuni tra i fattori che le pongono in primo piano tra gli investitori tradizionali.

Tra le growth stocks troviamo invece tipicamente titoli estremamente nuovi e fortemente sopravvalutati, quali Amazon, Netflix, Facebook e Paypal. Per converso tra le value stocks troviamo invece titoli emessi da aziende decisamente più legate all’economia reale, come McDonald, AT&T, Stanley Black&Decker, IBM. Le prime sono spesso valutate dalla borsa per centinaia di volte gli utili attesi, ma sicuramente mostrano -per tecnologia o per la particolare innovatività della formula imprenditoriale, le maggiori potenzialità di sviluppo nel futuro. Le seconde rappresentano una logica più difensiva, basata più sui valori fondamentali che non sulla scia del consenso di mercato, ma ovviamente in una situazione di crescita quasi indiscriminata dei listini le quotazioni delle “value stocks” corrono molto meno delle altre.

È GIUNTO IL MOMENTO DI RIVALUTARE L’ECONOMIA REALE?

Oggi che tutti si chiedono più che in passato se con Wall Street che continua a sfondare ogni precedente record siamo forse arrivati al punto di massima di un “trend” di mercato che oramai va avanti da più di otto anni, il tema della ricerca del valore intrinseco delle aziende quotate torna di grande attualità!

Sia però ben chiaro: David Einhorn è invece palesemente sfiduciato. Se la crescita dei listini si associa ad una volatilità bassissima e ad una strada a senso unico, se l’investimento nei titoli a reddito fisso mostra più che mai tutte le sue criticità per gli schiaffi che può ricevere dal quasi scontato programma di rialzo dei tassi di interesse, forse siamo arrivati in un’era che prevede nuovi paradigmi per gli investimenti, conclude il capo di Greenlight Capital nella sua allocuzione agli investitori.


LA ROBOTICA E L’AUTOMAZIONE INDUSTRIALE

Se tuttavia sino ad oggi la ricerca del valore nelle imprese quotate è stata equivalente al fare consistenti sacrifici rispetto alla performances degli indici di borsa, bisogna anche notare che esistono però delle meravigliose eccezioni come i titoli legati alla robotica, che hanno invece avuto una performance complessiva assolutamente in linea con i migliori titoli quotati. L’indice ETFS Robo-Stoxx Global Robotis and Automation che li rappresenta è attualmente composto da un migliaio di aziende che presentano un P/E medio di 27,5 volte (abbastanza elevato rispetto all’intero mercato per via delle notevoli performance espresse negli ultimi anni ma comunque lontano anni luce dalle centinaia di volte di Amazon o Netflix).

È pur sempre un investimento da valutare in chiave strategica, con orizzonti preferibilmente di almeno cinque anni, ma una recente ricerca di Boston Consulting Group ha evidenziato che la crescita annua stimata per il prossimo decennio del mercato globale della robotica si attesta almeno attorno al 10% annuo. Dunque un comparto di titoli cari ma al tempo stesso che rappresentano insieme tematiche di valore reale e potenzialità di crescita.

All’interno dell’indice l’automazione industriale pesa per quasi il 30%, seguita dal 17% di computer e microprocessori,e poi al pari (9% ciascuno) dai sensori, dalle macchine per l’automazione della logistica e dalle apparecchiature per l’health care. La stampa 3D incide invece ancora molto poco: il 4% del paniere. In termini di Paesi il 43% è rappresentato da società americane, il 27% giapponesi e il 6% tedesche. Le società a media capitalizzazione contano per metà dell’indice, seguite dal 26% delle PMI e dal 24% di aziende ad elevata capitalizzazione.

I RITORNI ATTESI DAGLI INVESTIMENTI AZIONARI PER I PROSSIMI SETTE ANNI APPAIONO IN MOLTI CASI NEGATIVI

Al di fuori di tale comparto però il panorama, per un investitore che arrivasse da un altro pianeta soltanto a Novembre 2017 apparirebbe abbastanza sconfortante. Se da un lato è vero che le innovazioni che si susseguono nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale, nella cura delle malattie e nella costruzione di veicoli di ogni genere comportano una prospettiva di grande efficienza nei costi (che si riflette nella bassa inflazione dei prezzi al consumo) e di continuo stimolo della domanda che fa incrementare il giro d’affari e la profittabilitá delle imprese (e dunque la loro capitalizzazione), dall’altro lato i titoli che più hanno beneficiato di questi trend appaiono oggi tutti lontani dall’economia reale, tutti ipervalutati (Apple, Alphabet, Tesla, Facebook eccetera) e per lo più fortemente collegati a programmi di riacquisto delle azioni proprie che li mantengono artificialmente ai massimi di sempre.


Lo stesso vale per i titoli obbligazionari. Se prendiamo alla lettera i programmi di riduzione della liquidità immessa in passato artificialmente sui mercati dalle banche centrali e prendiamo altresì le loro intenzioni di innalzamento dei tassi di interesse, difficilmente si otterrà un reddito positivo dall’investire oggi in titoli di stato e obbligazioni.

Il punto non è dunque cosa fare se i mercati crollano rovinosamente a causa dell’attuale eccesso di “compiacenza” degli investitori con una situazione apparentemente idilliaca. Anche perché una minor perdita in conto capitale ottenuta dall’aver rotato per tempo i portafogli verso titoli più “difensivi” rappresenterebbe soltanto una classica vittoria di Pirro.

LA DIFFICILE RICERCA DEL VALORE PUÒ NON PORTARE DA NESSUNA PARTE

Il vero punto per gli investitori del risparmio e di fondi pensione è casomai il dove andare a reperire, anche in costanza dei mercati, delle reali prospettive di estrazione futura di valore dagli investimenti possibili.

Cosa difficile in assoluto, se non nelle piccolissime imprese che un domani potranno diventare grandi. Ovviamente però questo genere di investimenti si accompagna ad un bassissimo grado di liquidabilitá e alla possibilità che esse non brillino per trasparenza nei conti e che dunque nascondano delle vere e proprie “fregature”.

Tanto meglio allora potrebbe risultare l’investire negli immobili, oppure nei fondi di private equity e venture capital, i quali anch’essi tuttavia potrebbero risultare in uno stato di eccessiva valutazione al momento dell’eventuale scoppio della bolla speculativa in corso.


MORALE: FOLLOW THE MONEY

La morale sull’eterna questione relativa a dove andare a sbattere il naso l’hanno tuttavia probabilmente già segnata da tempo i mercati borsistici, che a volte seguono logiche completamente indipendenti da quelle degli investitori professionali: oggi seguire i trend (e annusarne la possibile inversione) rischia di contare molto più dell’allocare delle scommesse sulle scelte razionali basate sull’analisi fondamentale.

Ci sono troppe variabili derivanti dai macrotrend in atto: dalla poderosa crescita economica globale al fatto che non è per nulla scontato che la liquidità in circolazione tenderà a ridursi. La crescita dei profitti aziendali potrebbe poi continuare così come il rapido spostamento dei consumi e degli investimenti verso le nuove tecnologie e le modalità di business più estreme. Sono tutte ragioni per le quali sino ad oggi il “growth investing” ha costantemente avuto la meglio sulla ricerca spasmodica del valore. Nessuno ci garantisce che la tendenza non durerà a lungo.

Tornerà sicuramente ancora una volta il momento del “value investing”, poiché anche un orologio fermo due volte al giorno segna l’ora esatta, ma probabilmente tale momento non è esattamente quello attuale. Non almeno sin tanto che non cambierà piuttosto radicalmente lo scenario globale degli altri investitori, apparentemente molto più fortemente orientati al “mordi e fuggi”. Difficile perciò investire controcorrente. Meglio forse restare in campana e, dunque, guardarsi intorno con circospezione. Il ciclo borsistico attuale appare quanto mai maturo.

Stefano di Tommaso