FACEBOOK È SOTTO SCHIAFFO

Mi sono risvegliato da un brutto sogno: accendo la TV e vedo che FB ha perduto in poche ore il 24% della sua capitalizzazione di borsa, cioè circa 140 miliardi di dollari! Allora mi sono chiesto: “cosa succede”? E la risposta l’ho trovata, ma è molto triste.

Innanzitutto FB è sempre stato un titolo performante in borsa: negli anni ha abituato tutti gli analisti finanziari che coprono il titolo a battere sistematicamente le loro stime. A partire dai ricavi, cresciuti significativamente anche al 30 giugno scorso:


Per non parlare del numero di utenti attivi (tanto mensili quanto giornalieri):


Era anche questo il motivo per cui le azioni di FB erano cresciute del 35% dallo scorso 25 Aprile (oltre al fatto che il mercato continua a scommettere sull’intero comparto dei FAANG: Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google). Ma questa volta l’EBITDA non è stato così soddisfacente :

Per non parlare del Flusso di Cassa :


COSA È SUCCESSO DUNQUE?

Come mai un’azienda che cresce nonostante abbia raggiunto lo strabiliante numero di 1,5 mld di persone iscritte in tutto il mondo “peggiora” improvvisamente i suoi risultati? (in realtà soltanto un po’ meno brillanti di quanto previsto). Beh, innanzitutto bisogna tener conto della saturazione del mercato: un’azienda che è riuscita ad avere tra i suoi iscritti praticamente ogni utente adulto utilizzatore abituale in America ed Europa, ci mette più tempo per sviluppare la propria penetrazione in altri mercati, dove esistono peraltro fieri concorrenti (come la Cina di Tencent, il Giappone di Line o la Federazione Russa di Odnaklassiki oggi VKontact)!

La risposta sta però soprattutto nel volume di spese per investimenti che, a seguito dei diktat delle Autorità Pubbliche (e dei “media” invidiosi) relativi a vigilare sul pericolo delle “fake news” (“false” notizie, cioè non supportate dal “consenso” degli altri media) e dell’uso improprio dei dati personali, Facebook è stata costretta ad effettuare a un ritmo sempre crescente, per poter dimostrare la sua buona fede nei sistemi che sono in grado dì individuare “contributi” non ortodossi da parte dei propri utenti:


Lo stesso vale per le spese del personale dipendente, cresciuto del 47% in un anno quasi solo per lo stesso motivo: verificare e monitorare i “post” dubbi della propria clientela! Un esercito di nuovi sceriffi assunti perché costretta a dimostrare di essere in grado di controllare quello che gli utenti dicono! Come direbbe qualche noto politico italiano: praticamente il costo del bavaglio a Internet!

Infine ci sono stati i recenti scandali, dove è apparso che Facebook vendeva i dettagli dei profili dei propri utenti agli utenti della propria pubblicità (vende solo quella) che sicuramente hanno allontanato molti inserzionisti, in particolare in America, che è per FB il mercato più maturo.

MAI MANCARE DI RISPETTO AL “POTERE”

Il che dimostra che -chiunque tu sia- quando sottrai risorse pubblicitarie al quinto potere: il “mainstream” di tv e giornali (vero peraltro solo in parte, visto che il 91% dei ricavi provengono da inserzioni pubblicitarie rivolte agli utenti dei dispositivi “mobili” cioè i telefonini) e soprattutto lasci che la gente scriva ciò che vuole invece di quello che il mainstream vorrebbe che dicesse, poi non ti stupire se i “media” che lo compongono arrivano ad infangarti a dovere! Faccia-libro è chiaramente un “media” alternativo e per questo motivo è sotto schiaffo. E la grande finanza non ne è la vittima, bensì il carnefice.

Stefano di Tommaso




CAPITALI E TECNOLOGIA RIVOLUZIONANO L’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

Tutti si chiedono cosa succederà all’industria dei veicoli da trasporto (e dei loro componenti), innanzitutto perché essa ha vissuto sino ad oggi un certo numero di anni di grande bonanza e adesso mostra qualche segnale di stanchezza nelle vendite e nei prezzi praticati (è da tempo esclusivamente un mercato di sostituzione), ma anche e soprattutto perché ci aspetta che in esso prendano contemporaneamente piede tre diverse rivoluzioni tecnologiche e di mercato che lo influenzeranno moltissimo:

 

TRE DIVERSE RIVOLUZIONI TECNOLOGICHE SONO IN ARRIVO

– la motorizzazione dei veicoli : (sempre più ibrida-elettrica o mossa da nuove tipologie di combustibile (esempio: idrogeno) e sempre meno diesel, anche in funzione delle esigenze ecologiche e di miglior comfort prestazionale (vibrazioni, rumore, accelerazione, frenata, sospensioni, tenuta di strada…)

– la tecnologia di guida dei veicoli: anche grazie alla digitalizzazione e allo sviluppo delle tecnologie ad essa collegate, ci si aspetta che i veicoli in circolazione saranno animati da grandi intelligenze artificiali, sempre più capaci di farli muovere in sicurezza e autonomamente, sfidando la crescente complessità di ogni contesto (dai centri città ai tunnel alla pioggia o neve),

– La condivisione della proprietà dei veicoli: dal momento che è stimato che ogni veicolo venduto venga utilizzato in media pochi minuti al giorno e che la congestione urbana del traffico spinge inevitabilmente a ridurne il numero in circolazione. Un’esigenza che rimodellerà anche il design dei veicoli, le loro caratteristiche di parcheggiabilità, durabilità e autonomia, data la necessità che ne consegue di poter restare in esercizio per il maggior numero di ore al giorno.

È chiaro che si tratta di tre potentissime ventate di novità che ci si aspetta potranno a breve termine cambiare radicalmente i connotati dell’intera filiera produttiva, ma è ancora più evidente che nessun operatore potrà in futuro fare a meno di importanti collaborazioni con quelli attivi in settori industriali completamente diversi dall’industria tradizionale vdell’auto:

I SETTORI INTERESSATI AL CAMBIAMENTO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

– dalla fabbricazione di motori elettrici e dei sistemi di “power train” (gestione della trazione) sempre più efficienti,

– all’industria dei sensori di ogni genere,

– al settore informatico e dell’intelligenza artificiale

– a quello della conservazione dell’energia (batterie e sistemi alternativi, quali le fuel cells),

– fino all’industria dei nuovi materiali, dalla siderurgia al carbonio, al grafene, al vetro e ai nuovi materiali compositi plastici,

– o a quella del design e dell’arredo interno (ivi compresa la pelletteria e gli accessori)

– per finire con l’ergonomia e gli apparati elettro-medicali utili per la prevenzione degli infortuni.

NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA

Se però tutto questo è vero, è altresì realistico pensare che ben poco del panorama industriale nel settore “automotive” prossimo venturo resterà simile a quello attuale!

Con ogni probabilità dunque il “venture capital” e le “fusioni e acquisizioni” (anche e soprattutto trasversali a diversi settori economici) rimodelleranno e ridefiniranno completamente i confini dell’industria dell’auto, i moltiplicatori di valore di ciascun segmento, fino a decretare il successo o la disfatta di vecchi e nuovi gruppi industriali che riusciranno meglio di altri a cavalcare le ondate di rinnovamento sopra descritte.

Il probabile calo delle vendite degli “altri” veicoli e l’avvento di nuove normative che tenderanno a risultare più restrittive nei confronti dei veicoli inquinanti termineranno il lavoro della ridefinizione dell’industria automobilistica. Ovviamente in un tale contesto chi si ferma è perduto!

IL TRIONFO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ma se c’è un comparto che più probabilmente la farà da padrone è quello dell’intelligenza artificiale, sia nell’attirare i maggiori capitali e i migliori cervelli scientifici dati i moltiplicatori di valore che il mercato finanziario gli riserva, che nella pervasività delle innovazioni che esso determina, anche al di fuori dell’industria della mobilità.


Negli ultimi anni la robotica in generale e l’intelligenza artificiale in particolare hanno attratto le maggiori risorse dei capitali di ventura e la Silicon Valley è oggi tutta un fiorire di start-up tecnologiche focalizzate sulla guida autonoma dei veicoli e su tutto l’indotto che tale industria ha generato. Se va avanti di questo passo il cuore dell’industria dell’auto non potrà che spostarsi in California! Il Giornale della Finanza l’anno passato ha già pubblicato 3 articoli sui cambiamenti in arrivo nell’industria automobilistica : a proposito dell’ auto intelligente , a proposito della sua supply chain, e riguardo al fenomeno del car sharing .

Oggi sono però cresciute, con i capitali dei grandi investitori, grandi compagnie completamente dedite alla tecnologia della guida autonoma come ad esempio ZOOX, che ha recentemente raccolto 500 milioni di dollari per continuare a sviluppare un sistema completo di auto elettrica a guida autonoma (di fatto totalmente alternativa a case come Tesla), valutata implicitamente quasi 3 miliardi di dollari nell’operazione di aumento di capitale. Zoox ha assunto 500 risorse super-specializzate per sviluppare un proprio “robo-taxi” in grado di fare tutto da solo e afferma di esserci sostanzialmente già riuscita!

CAPITALIZZAZIONI DA SOGNO

Le più grandi società della Silicon Valley in concorrenza con Zoox sono peraltro dei colossi come Waymo, la società lanciata da Google nel settore della guida autonoma basata sull’intelligenza artificiale con la collaborazione di Fiat Chrysler e molte altre (BMW, HONDA, INTEL e DELPHI. In una recente intervista al capo analista di UBS Eric Sheridan Business Insider riporta che la sua valutazione come società una volta scorporata da Alphabet (la holding di Google) potrebbe toccare I 135 miliardi di dollari! Per fare un paragone la Ford Motor Co. capitalizza in borsa “soltanto” una quarantina di miliardi di dollari!

La General Motors ha invece acquistato CRUISE alla fine del 2017, valutandola 1 miliardo di dollari. Recentemente (fine maggio 2018) Softbank ha investito nella società 2,25 miliardi di dollari con un aumento di capitale che dovrebbe portarla a controllarne il 20% circa, valutandola implicitamente 11,25 miliardi di dollari.

Ci sono in realtà in questo momento oltre 50 società e filiali di altre aziende che hanno dei veicoli a guida autonoma in circolazione per le strade della California, tutte suscettibili di riuscire a vincere, nelle varie sfaccettature, la corsa all’auto intelligente! Ma soprattutto molte di queste hanno in corso il sorpasso della valutazione della loro casa-madre, quando non sono nate in modo del tutto spontaneo.

LA RIGENERAZIONE DEL SETTORE

Dal momento che le prime a investire in queste start-up sono state proprio le case automobilistiche tradizionali, non è difficile ipotizzare una salutare “rigenerazione” di quell’industria, anche perché sino a ieri a causa dell’oligopolio di fatto che ne preservava margini e quote di mercato, il settore dell’auto era rimasto a fabbricare -affinandole- sostanzialmente le stesse autovetture degli anni ‘90. Forse gli azionisti di controllo dei protagonisti della nuova generazione di costruttori di autoveicoli rimarranno quasi gli stessi, ma le risorse umane, le modalità di lavoro e gli stabilimenti produttivi non potranno che cambiare radicalmente nei prossimi mesi e anni, perché la rivoluzione del settore è in pieno corso!

Stefano di Tommaso




APPLE A UN PASSO DAL TRILIONE DI DOLLARI

In una strana e surreale atmosfera di Wall Street che rischia di tornare a celebrare i massimi di sempre pur con un indice SP500 che capitalizza adesso solo poco più di 16 volte gli utili attesi, con un’America che sta ancora facendo i conti per valutare tutte le ricadute positive degli incentivi che il Presidente Trump ha posto per chi produce utili e fa rientrare i capitali in patria, si stanno creando le condizioni necessarie affinché per la prima volta nella storia la capitalizzazione di un’impresa (il valore che la borsa le attribuisce) superi i 1000 miliardi di dollari. E se ciò succedesse ancora una volta la corona di investitore più intelligente andrebbe a Warren Buffett, che ha appena finito di scommettere pesantemente sulle potenzialità dell’azienda caratterizzata dalla mela morsa proprio mentre Apple lanciava un programma di riacquisto azioni proprie da 100 miliardi di Dollari.

 

Indubbiamente per quasi tutti i titoli dell’indice Standard&Poor 500 gli utili per azione sono cresciuti moltissimo (in media siamo a 155 dollari per azione cioè poco meno di un sedicesimo del valore medio) anche grazie alla riforma fiscale che ha contribuito a sgonfiare i timori che le valutazioni di Wall Street fossero troppo alte.

LE FAVOLOSE VALUTAZIONI DEI TITOLI TECNOLOGICI

Ma se si pensa che in America i tassi di interesse stanno già tornando a crescere, che il prezzo dell’energia corre e, con esso, anche i timori di fiammate inflazionistiche, se si tiene conto che i segnali di inversione del ciclo economico si moltiplicano e che Wall Street ha una forte componente di titoli cosiddetti “tecnologici” come le famose FANG (Facebook, Amazon, Netflix e Google), caratterizzate da favolosi moltiplicatori degli utili (in media ben oltre le cento volte con il record di Amazon che supera le 250 volte), la performance delle borse delle ultime settimane non era così scontata, anzi!

UN TITOLO “TECNOLOGICO” CON VALUTAZIONE DA AZIENDA INDUSTRIALE

Eppure esiste un altro titolo tecnologico, anzi il più importante di tutti -Apple- che invece capitalizza soltanto 16 volte gli utili attesi (cioè esattamente quanto la media dell’indice SP 500) ma che mostra ugualmente prospettive di crescita migliori di tanti altri titoli “tecnologici”. Con la solidità dei margini di cui parliamo più sotto c’è facilmente da attendersi una riduzione nel forte divario tra i moltiplicatori dei FANG e quello di Apple ! Per fare un esempio: il titolo Amazon si è rivalutato del 70% nell’ultimo anno, quello di Apple solo del 24%.

Anzi: nonostante le sue vendite siano ancora legate per una parte preponderante ai telefonini, è in forte crescita ed ha un‘altissima marginalità la parte di ricavi Apple riguardanti i”servizi” (che si prevede raggiungeranno da soli quest’anno i 10 miliardi di Dollari, il fatturato di una multinazionale quotata a Wall Street di media taglia, mentre la Ferrari fatturerà quest’anno “solo” 3,4 miliardi di dollari) oltre che la quota di fatturato afferente le vendite online di musica e software a oltre a quella più pregiata- delle vendite “ricorrenti”- come ad esempio l’abbonamento al “cloud” (l’archiviazione remota dei dati), o i servizi di pagamento tramite telefonino e orologio intelligenti.

LA “BRAND IDENTITY”

Ma la vera chiave per convincersi della fortissima identità di marca che Apple ha sviluppato, in buona misura derivante dal successo delle politiche di qualità di prodotto e di attenzione alle esigenze del consumatore che negli anni hanno creato un “ecosistema” di prodotti e servizi che si integrano tra loro e che creano una fortissima “fedeltà”, nell’ordine del 90% della clientela che deve effettuare acquisti di rinnovo, si rivela nella disposizione del cliente a pagare significativamente più cari degli altri i prodotti Apple (balzati nell’ultimo anno dal prezzo medio di 655 dollari a quello di 728).

Questo avviene sia perché l’utente medio riconosce loro una qualità superiore che perché egli considera sempre più irrinunciabili i benefici dell’ecosistema dei prodotti stessi, i quali custodiscono le informazioni personali, le abitudini dell’utente, le immagini e i video nonché, ultimamente, anche tutti i dati biometrici (dal riconoscimento facciale all‘ andamento delle informazioni sotto sforzo sulla circolazione sanguigna o sulle abitudini di fitness e persino del sonno).

I MARGINI SONO DIFENDIBILI

Apple dunque ha edificato negli anni una decisa barriera all’entrata di concorrenti nel suo portafoglio di clientela e si è assicurata la fedeltà di quest’ultima a livelli mai visti da nessuna altra marca, cosa che getta le basi per una sempre maggiore sostenibilità degli elevati margini di cui gode. Il numero 16 ricorre ancora altre volta parlando di Apple perché la quota di mercato delle sue vendite è in media a livello globale al 16% del totale, dunque ancora con decise possibilità di miglioramento negli anni dato tutto quanto esposto, nonostante il telefonino più economico della gamma costi non meno di 340 Dollari, mentre gli utili del primo trimestre 2018 sono saliti del 16% a 65 miliardi di Dollari (dunque $260 miliardi di utili su base annua).

BASSI MOLTIPLICATORI DEGLI UTILI E TANTA CASSA DISPONIBILE

Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che la capitalizzazione di borsa è basata su un moltiplicatore degli utili decisamente “economico” per la natura online, tecnologica e innovativa dei prodotti e servizi offerti, ecco che non è impossibile pensare ad ulteriori forti incrementi di valore delle sue azioni quotate, forte anche della grandissima liquidità accumulata sino ad oggi con la quale Apple può permettersi di pianificare politiche di riacquisto di azioni proprie per molti anni a venire.


Da quando ha iniziato a comprare proprie azioni (2012) fino ad oggi Apple ha già speso 275 miliardi di dollari e, con la quantità di denaro liquido (quasi 270 miliardi di Dollari a fine Aprile) e la generazione di cassa (circa $60 miliardi/anno) che si ritrova, ha già pianificato ufficialmente di spendere almeno altri $100 miliardi senza intaccare minimamente la solidità del titolo o la sua capacità di scommettere su nuove nicchie di mercato (vedi ad esempio l’ingresso nel settore auto con veicoli elettrici e a guida autonoma).

FORTI ATTESE

A una quotazione del titolo di 185 Dollari, corrispondente ad una capitalizzazione di borsa di oltre 930 miliardi di dollari, sono molti gli analisti che prevedono un rapido avanzamento del titolo oltre la soglia dei 200 Dollari per azione e di conseguenza ben oltre i 1000 miliardi di capitalizzazione di borsa dell’azienda di Cupertino in California. Tra questi il più ricco e famoso investitore di tutti i tempi: Warren Buffett che ha staccato di recente in totale assegni per quasi 50 miliardi di Dollari per diventarne socio.

Stefano di Tommaso




AMAZON FA SOLDI CON IL WEB (E NON CON L’E-COMMERCE)

Dopo tutto il polverone sollevato dallo scandalo Facebook sui cosiddetti titoli “tecnologici” (i cui ricavi appaiono fortemente legati all’uso di internet), sembrava segnato il destino delle spropositate valutazioni che il mercato finanziario ha loro sinora attribuito. E invece no. Amazon mostra da inizio 2018 un progresso superiore al 30%!

 


Mostrando i suoi risultati trimestrali infatti Amazon ha battuto ogni aspettativa degli analisti rivelando numeri mai così buoni in precedenza e progressi tali da riuscire a rafforzare del 7% la sua capitalizzazione già elevatissima. Ma anche il fatto che il 10% del suo fatturato e buona parte dei suoi margini provengono dai servizi di rete e dalla pubblicità su Internet.

Per intenderci sul concetto di valutazione elevatissima del titolo, ricordiamoci che Amazon capitalizza in borsa oltre 4 volte il suo fatturato, oltre 26 volte il suo patrimonio netto e oltre 240 volte i suoi profitti, mentre brucia cassa netta tendenziale per circa 12 miliardi di dollari (3 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre). Non esattamente quella che si dice una valutazione prudenziale!

Tutti i giornali riportano oggi i numeri roboanti di Amazon e pertanto vorrei evitare di annoiare i miei lettori facendolo anch’io: di seguito ho raccolto solo un paio delle diapositive che sono state proiettate alla presentazione, nelle quali si vede sì quasi un raddoppio nel reddito operativo, ma anche un flusso di cassa netto che, in funzione della crescita roboante di capitale circolante e investimenti, si è rivelato invece incrementalmente negativo a partire da metà 2017 sino ad oggi.

 

 

Eppure si deve ammettere che la gestione del colosso mondiale del commercio elettronico si è rivelata oculata, che ha battuto ogni attesa degli analisti -in particolare riguardo al numero di iscritti ai suoi servizi “Amazon Prime”: ben 100 milioni di individui, quasi due volte la popolazione italiana- e soprattutto per due elementi che hanno ricollegato più decisamente al rapporto con internet la vera natura del suo business:

  1. Amazon è riuscita ad incrementare a oltre 8 miliardi di dollari annui suoi introiti pubblicitari tendenziali del 2018, quella stessa categoria di entrate che ha letteralmente crocifisso le sue cugine più strette, come Google e Facebook, finite sotto inchiesta per uso improprio delle informazioni personali raccolte dai loro utenti. Questi introiti costituiscono il 4% circa del fatturato e sono più che raddoppiati rispetto allo scorso anno;
  2. Il 5 e mezzo per cento del suo fatturato e ben tre quarti del reddito operativo provengono dagli incassi per i servizi di rete (“Amazon Web Services”) e non dal commercio elettronico!


In pratica Amazon trae quasi il 10% dei suoi ricavi e forse quattro quinti del suo reddito operativo (il dettaglio non mi è noto) da attività di rete non troppo diverse da quelle di Netflix, Google, Facebook e Microsoft.

Il concetto è importante per cogliere la vera natura di Amazon ed è confermato dal confronto tra I multipli di mercato di Amazon e quelli degli altri operatori, tanto nel commercio quanto nei servizi di rete:Come si vede quasi tutti gli altri operatori attivi nella distribuzione di prodotti mostrano moltiplicatori pari a un decimo di quelli di Amazon e Netflix. Cioè questi ultimi sono ancora una volta basati sulle più rosee aspettative. Se si cercava una prova del fatto che il mercato è ancora sopravvalutato eccone trovate due. Evidentemente la liquidità in circolazione è ancora tanta…

Stefano di Tommaso