I MERCATI NON CREDONO NEL “LICENZIAMENTO” DI TRUMP

Le preoccupazioni che ci trasmettono i giornali relativa al rischio di nuovi scandali, guerre e sconvolgimenti geopolitici non coincidono con la lettura che delle medesime fanno i mercati finanziari

 

Sono state giornate concitate, le ultime. Non soltanto per l’attentato terroristico costato la vita a così tanti giovanissimi a Manchester, ma anche e soprattutto per le notizie che la stampa internazionale ha riportato con insistenza circa la possibile defenestrazione del 45.mo Presidente d’America, con lo shock emotivo ed economico che il rischio di un nuovo scandalo Watergate ha procurato a chiunque volesse prendere in considerazione quella narrativa.

C’è stata però un’altra narrazione al tempo stesso, quella dei numeri dell’economia, dei mercati finanziari e dei risultati borsistici, che dovrebbe far riflettere le cornacchie pronte a scommettere in una nuova apocalisse politica americana. Quella delle borse valori sembra infatti provenire da un altro pianeta, un mondo assai meno dominato dalla potenza (e dall’orientamento politico quasi unanime) dei grandi media che suonano la grancassa.

Proviamo perciò, prima di credere pedissequamente a tutto ciò che i telegiornali ci propinano (soprattutto quando evocano scenari apocalittici) a fare ciò che gli Inglesi consigliano da sempre: “follow the money”!

UNA DIVERSA NARRATIVA

Ecco che dunque i mercati finanziari negli stessi ultimi giorni di angoscia e panico della stampa restano invece tranquillamente sui valori massimi, a cominciare dall’ampio Indice di borsa Standard&Poor500 (Wall Street):


Come pure per gli indici europei, in particolare il FTSE MIB della Borsa Italiana:


Anche per quanto riguarda l’indice azionario globale (l’equivalente dello SP500 riferito alle borse di tutto il mondo) la situazione è la medesima: ai massimi storici di sempre!

Chiaramente la cosa non si spiegherebbe se non ci fossero degli elementi che nel tamtam giornalistico rimangono puntualmente lasciati indietro: ad esempio il fatto che la svolta di Novembre 2016 (quando appunto il controverso Donald Trump è stato eletto) ha rappresentato l’inaugurazione di una stagione completamente nuova non solo per le borse ma anche per l’intera economia mondiale!

Ed è paradossalmente in Europa che da quel momento in poi è cambiata la musica, come dimostrano i dati relativi all’andamento economico delle Piccole e Medie Imprese pubblicati ieri da Markit riguardo l’Eurozona.

Si potrebbe obiettare che il tasso di cambio del Dollaro in compenso sia in decisa discesa, che gli indici economici americani non sono altrettanto fortemente positivo come quelli del resto del mondo, ma non dimentichiamoci cos’è successo fino all’altro ieri: il Dollaro è stato per molto tempo in decisa e costante crescita e l’economia americana comunque sta ancora oggi viaggiando a ritmi migliori di quelli europei. Dopo una lunga corsa entrambi possono ben giustificare un riallineamento a favore di un vecchio continente che continua a sua volta a macinare risultati eccellenti sotto il profilo dell’export e che sembrava avere accumulato un deciso ritardo -rispetto a Wall Street- riguardo alle valutazioni delle imprese quotate.

COSA SUCCEDE DUNQUE: LE PROSPETTIVE ECONOMICHE GLOBALI SONO POSITIVE O NEGATIVE?

Con il raffeddarsi delle relazioni tra Cina, Russia e America nonché con l’escalation militare in corso davanti alle acque della Corea e in Medio Oriente stiamo correndo verso la terza guerra mondiale oppure è anche questa una manfrina che ci propina la stampa? L’America si appresta a far fuori il suo neo-eletto Presidente o questi finalmente darà seguito alle importanti promesse elettorali riguardo la riduzione della tassazione, la riforma della sanità e la revisione dei trattati commerciali USA con il resto del mondo?

Ovviamente nessuno possiede una sfera di cristallo perfettamente funzionante! Nessuno può prevedere con certezza come evolverà lo scenario geopolitico globale. Ci sono anzi importanti e preoccupanti segnali di possibili crisi all’orizzonte. Ma lasciatemi proseguire: ci sono come sempre d’altronde!

ORO E PETROLIO INVECE NON RIFLETTONO ALCUNA PREOCCUPAZIONE

Se guardiamo agli indicatori economici reali, come la quotazione dell’oro, per esempio, che in qualità di bene rifugio ha storicamente ha raggiunto straordinari livelli di parallelismo con le preoccupazioni degli investitori, troviamo le sue quotazioni ad una sostanziale bassezza, esplicitando solo una lieve tendenza a risalire a partire dalla data delle elezioni presidenziali americane:

Una lieve crescita in linea peraltro con le accresciute (ma limitate) attese di inflazione, lungamente ed esplicitamente desiderate dalle banche centrali di tutto il mondo che, fino a quel momento, temevano di vedere l’economia globale ricadere nello spettro di una stagnazione e deflazione secolare.

Non molto diverso (anzi pressoché identico) lo scenario nello stesso arco di un quinquennio relativo ad un altro indicatore globale di preoccupazione degli operatori economici: il prezzo del petrolio, di cui tutti hanno bisogno.

Se fossero davvero preoccupati, gli operatori economici avrebbero avuto negli ultimi sei mesi un atteggiamento completamente diverso!

Dal momento che però non possiamo prolungare questo discorso all’infinito (né possiamo conoscere davvero il futuro), non resta che porsi un’ultima, grande domanda: i mercati finanziari si trovano realmente in una situazione di “ipercomprato”, oppure i fatti nascondono verità diverse da quelle sbandierate dai media?

WALL STREET È DAVVERO SOPRAVVALUTATA?

Per provare a rispondere ho trovato un’interessante analisi dell’andamento di Wall Street (che, come si è visto sopra, è ai massimi ma non è andata troppo diversamente dall’indice azionario globale) misurato, invece che in Dollari, in oro. Vale a dire mostrando l’andamento del medesimo indice SP500 in relazione al prezzo dell’oro (cercando cioè di riferirla a un valore indipendente dalla valuta in cui è espresso):

 


Interessante, vero? Siamo a meno della metà del suo picco massimo raggiunto alla fine degli anni ’90 al momento dell’esplosione della bolla speculativa riferita alla “new economy” e addirittura al di sotto delle quotazioni raggiunte a metà degli anni 2000, prima della grande crisi del 2007, che nel grafico risulta molto evidente (le aree grigie indicano i periodi storici di recessione dell’economia americana).

Secondo questo particolarissimo metro dunque, la borsa americana ha ancora spazio per correre, sebbene il medesimo non possa -da solo- costituire un elemento determinante.

DIFFICOLTÀ POLITICHE, MA NON L’IMPEACHMENT

D’altra parte la firma da parte americana di numerosissimi accordi commerciali in corso, la ripresa dei profitti delle piccole e medie imprese (che in America erano molto depresse) e la relativa stabilità registrata negli ultimi tempi per i mercati dei paesi emergenti, unitamente ad una situazione generale di tassi bassi, limitata inflazione e stabilità dei prezzi delle materie prime, lasciano ben sperare in un’accelerazione della crescita economica globale, cosa che non può che favorire i paesi più sviluppati, esportatori netti di impianti e tecnologie. E finché la barca va, è probabile che nessuno in America si sogni di ammazzare davvero la gallina dalle uova d’oro, ovvero la presidenza Trump. È più probabile che i giochi politici cerchino di limitarne i risultati, in vista delle elezioni del Congresso che potrebbero ribaltare l’attuale monopolio istituzionale repubblicano.

La morale di questa diversa narrativa ognuno di noi può provare a derivarla autonomamente. La mia è semplicemente una constatazione di fatti, cercando di non inficiarli con le opinioni.


Stefano di Tommaso




MERCATI FINANZIARI: LIQUIDITÀ INNANZITUTTO!

Contrordine: avanti tutta! A volte bisogna ammettere di aver sbagliato e rivedere criticamente le proprie analisi: la liquidità dei mercati finanziari -già da tempo ai massimi- invece di iniziare a scendere cresce ancora e può dunque alimentare un ulteriore slancio verso nuovi massimi.

 

Con la vittoria di Macron alle presidenziali francesi non si può non prendere nota del rilascio ancora una volta di forti dosi di endorfine da parte del sistema finanziario globale, oramai da molti mesi, dopo l’estate 2016, subito a valle dello spavento (durato invero assai poco) conseguito dopo la vittoria della Brexit e in contemporanea all’elezione del più populista di tutti i leaders politici: Donald Trump.

UN FORTE E PROLUNGATO RILASCIO DI ENDORFINE

L’Unione Europea guadagna, con le elezioni francesi, uno dei suoi maggiori sostenitori di uno dei maggiori Paesi “centrali”, quelli che ne potevano avviare la disgregazione e che invece ne sosterranno l’evoluzione. Un messaggio politico importante (di stabilità) che non potrà non trasmettersi ai mercati finanziari, da tempo “dopati” da questo e da molti altri segnali favorevoli allo sviluppo dell’economia mondiale.

Quelle endorfine degli investitori hanno generato uno dei rialzi più sensibili delle borse mondiali nell’ultimo semestre, nonostante esso fosse anche uno dei più improbabili della storia economica, perché arrivato al termine di un lungo ciclo di crescita durato otto anni dal 2008, anno di deflagrazione della crisi di Wall Street, dopo due vittorie politiche “anti-sistema” come la Brexit e Trump, dopo un deciso calmieramento dei prezzi di petrolio e materie prime e in contemporanea ad un forte rimpatrio dei capitali verso i Paesi più sviluppati, cosa che aveva fatto temere per forti conseguenze nei confronti delle economie emergenti.

Invece anche in periferia del mondo è successo l’esatto contrario: le borse dei paesi emergenti sono salite (molto) e le loro valute non ne hanno risentito più di tanto.
Morale: non soltanto i mercati ancora una volta gongolano e riposano su un letto di buone e rassicuranti notizie, ma lo fanno :
– dalla cima dell’Everest, cioè nonostante si trovassero già in situazione di ipercomprato;
– contro ogni previsione con una contemporanea discesa dell’indice di volatilità al livello più basso degli ultimi dieci anni!

MERCATI FINANZIARI: LA VOLATILITÀ SCENDE, LA LIQUIDITÀ SALE

Lo scorso 12 Aprile l’indice della volatilità (quello più noto, riferito all’indice di borsa americano Standard & Poor’s 500) aveva toccato un massimo relativo di periodo (circa quota 16), che faceva pensare all’inaugurazione di una nuova fase di dubbi e sussulti, tanto per il fatto che ai livelli raggiunti dalle borse molti investitori avrebbero iniziato ad alleggerire i loro portafogli, quanto perché solo un mese fa l’inflazione sembrava riprendere corpo e numerosi venti di guerra spiravano in tutte le direzioni del pianeta, alimentando tensioni geopolitiche e il timore di possibili rincari petroliferi.

Invece, soltanto un mese dopo, dobbiamo prendere atto che è successo l’esatto opposto: l’indice della volatilità è sceso a quota 10, i mercati hanno letteralmente ignorato i rischi geopolitici (si legga al riguardo il recente articolo del Giornale Della Finanza :http://giornaledellafinanza.it/2017/05/03/gli-interessi-dietro-la-questione-nord-coreana/ ) nonché le vertigini che potevano scaturire dal camminare su un filo teso tra le vette stratosferiche toccate dalle valutazioni aziendali implicite nei livelli raggiunti delle borse.

Anzi: la loro volatilità è discesa e la loro liquidità è cresciuta, complice anche il fatto che oggi tutte le opinioni sugli utili aziendali e quindi anche sul futuro dei mercati borsistici sembrano essere molto buone. E se il mercato ha esattamente metà dei suoi partecipanti che acquista e l’altra che vende, la sua liquidità cresce! Diverso sarebbe trovarsi in un mercato dove in un determinato istante tutti comprano o tutti vendono: in un tale mercato sarebbe più difficile liquidare la propria posizione o costruirne una, perché sarebbe difficile trovare una contropartita. In un tale mercato -a parità di tutto il resto- la liquidità sarebbe inferiore.

ADESSO COSA ACCADE

Chiaramente, dopo che l’ennesima buona notizia è andata a corroborare il “sentiment” dei mercati, tutti si chiedono cosa succederà dopo. La finanza tende ad anticipare sempre le notizie e non è affatto detto che, subito dopo il loro conclamarsi, esso ne anticipi invece altre di segno negativo, che le statistiche economiche registreranno soltanto molti mesi dopo. “Buy on rumors and sell on news” dicono le vecchie volpi!

È sempre possibile che adesso i mercati vadano giù, ma è relativamente improbabile per i motivi sopra segnalati e altro ancora:

– primo, perché il quadro generale è comunque positivo anche per i mesi a venire , dunque non tale da alimentare fughe repentine;
– secondo, perché la buona liquidità generale favorisce un basso livello di onde del mercato (le stesse registrate dall’indice di volatilità) e dunque il miglior assorbimento di qualunque iniziativa di investitori decisi ad andare controcorrente senza impatti significativi sulle quotazioni;
– terzo, perché i tassi bassi, la tendenza ad ulteriori discese di costi energetici e materie prime (che scoraggia l’inflazione) e il buon ritmo di crescita dell’economia globale sono tutti fattori che spingono dalla parte dell’ottimismo;
– quarto, perché persino gli spread tra centro e periferia d’Europa, così come quelli tra Bund e Bond (europei contro americani) tendono a restare stretti, nonostante il chiaro sfasamento tra l’economia americana e quella continentale;
– quinto, perché l’Euro, passato lo spavento della frattura dell’Unione, accoglie capitali (anche da oltreoceano) e sale oltre ogni aspettativa, superando di slancio quota 1,10 Dollari e dunque minimizzando il rischio che il rialzo di tassi americano possa determinare uno shock valutario e, anzi, alimentando le aspettative di ulteriori interventi della BCE in acquisto di titoli di ogni genere per contenerne la rivalutazione. Cosa che aumenterebbe al tempo stesso la liquidità in circolazione.

LA DISFATTA DEI “CONTRARIAN”

Quel che sembra accadere perciò è una disfatta del partito dei “contrarian”, una forte stabilizzazione delle maggiori variabili economiche, una grande liquidità dei mercati e una parata di buone notizie politiche. Di cigni neri all’orizzonte ne potrebbero apparire molti ancora, ma al momento sembra restare in onda lo spettacolo della “bambola dai riccioli d’oro” (né troppo né poco di tutto), destinato ad ulteriori numerose repliche. Ogni possibile sussulto dei mercati sembra dunque rimandato ancora una volta. All’estate, magari, per la quale manca ancora più di un mese. Un’eternità per i mercati!

 

Stefano di Tommaso